roberta, vico sanfelice

“Mi puoi scrivere una lettera?” In che senso? “Nel senso che tu hai studiato e quindi saprai scrivere sicuramente meglio di me”. E cosa dovrei scrivere? “Niente, scrivi... amore mio, ti amo, la bambina ti pensa sempre, io non ce la faccio più a stare senza di te, sei nel mio cuore... e altre cose del genere”. Ve bene, ci proverò. Roberta, nel vicolo ci ha vissuto circa due anni, con il marito e la figlia. La mattina apriva sempre tardi la finestra e spesso la sorella le veniva a fare un po’ di compagnia. Una bella ragazza alta, capelli corti con un sorriso sempre pronto e anche un po’ canzonatorio. Nel palazzo di fronte al suo basso vive un uomo di una certa età distrutto dal dolore perché ha perso la moglie da poco. Dopo mesi l’uomo ha fatto amicizia con una donna più giovane dell’est europeo che ha preso il posto della defunta consorte. In pochi giorni l’anziano signore è stato portato per diverse volte a pronto soccorso per sospetto infarto. Roberta è piuttosto attenta e quando vede scendere la barella con l’uomo supino il suo sorriso smorzato diventa sfottò e quasi ammirazione per un vecchio che ha ancora il coraggio di arare i campi dell’amore. Mi guarda con un po’ di dolore e con un po’ di ironia, e mi dice: “Anto’, ma che è?”

Nel corso del tempo passato nel vicolo Roberta mi ha chiesto più volte di scrivere lettere, un continuo andirivieni di lodi e di ammirazione per un marito che la sorte ha visto sfuggito alle circostanze e al lavoro. “Ancora non arriva, non viene, non esce”, e quindi la scrittura può dare i suoi frutti, scrittura difficile anche per un uomo provato dalla sofferenza e dall’umiliazione. Un giorno mi disse: “sai disegnare?”, in che senso? “Nel senso... sai fare un cuore, un angelo, un uomo e una donna che si tengono per mano?”, no, no, il disegno non è il mio forte! Un disegno può rappresentare meglio la passione che invade il corpo e la mente di Roberta, la passione per un uomo che è troppo lontano, che non si sa quando arriverà, che chi sa cosa sta facendo e se continua ad amarmi. A volte “l’inconscio” ti fa fare cosa strane e quindi potrebbe essere che... Vico Sanfelice è sempre pulito, ad attraversarlo l’odore dei panni appena lavati invade anche le narici più insensibili. È l’odore di Patrizia ex guantaia, è l’odore del falegname che da poco ha aperto, è l’odore del rigattiere sullo scalone centrale di fronte al vicolo, è l’odore dell’ex contrabbandiera di sigarette, è l’odore della famiglia benestante che saluta con cortesia, è l’odore di Michele, un’artista, che parla un italiano perfetto ma discute con tutti e a volte si lascia anche sfottere.

Roberta ha spesso la radio ad alto volume, ma non è la sola nel vico, anche altre persone seguono quest’istinto; la musica ti trascina, di lascia sognare, di fa ricordare e ti restituisce il decoro. I neomelodici che raccontano di verità, che raccontano di storie d’amore, di passione, di gelosia, di carcere e di morte. Roberta segue con attenzione, conosce a memoria tutto il repertorio di Franco Ricciardi, di Ciro Rigione, di Carmelo Zappula, di Ida Rendano e di Maria Nazionale, è intonatissima e la sua espressione diventa sensuale, ritmica, ondulatoria ed eccitante. Roberta però conosce la sua dignità, quella di donna sposata, di donna onesta, di donna d’amore. Quando mi chiama per spiegarmi la prossima lettera da scrivere diventa seria, non urla, a volte sorride pensando alla faccia di suo marito nel leggere quelle parole difficili. Quando la settimana scorsa ha visto il marito, lui le ha detto: “mamma mia, mi hai fatto chiagnere con quella lettera, ma veramente ‘e scriv’ tu Amò? si brav, ma arò t’esciuta“: l’amore non possiede né vorrebbe essere posseduto, poiché l’amore basta all’amore?! [+blogger]

4 commenti:

michel ha detto...

lo conosco questo vicolo, si allarga e si stringe in favore di uno o a sfavore di un altro. poi il nome è sbagliato perchè c'è scrito San Felice, ma in realtà è Sanfelice. chi ha messo la targa al vicolo ha sbagliato perch+ crede va fosse il santo invece è l'architetto.

Anonimo ha detto...

buono...

By nigno ha detto...

Una voce fuori dal coro Napoli e Sanità, molti pensano che la gente di questo quartiere è arretrata e sottosviluppata ma non sanno realmente cosa dicono, se la cantano e se la suonano a ritmo di razzismo, incongruenze storiche e geografiche. in un luogo simbolo del "degrado" menti eccelse hanno fatto la loro parte, mille e mille idee sono nate, cresciute e vivono nella sanità. un saluto grande, e per "uniformarmi meglio": un saluto a tutta la fascia dei lettori.

Anonimo ha detto...

la felicità dei poveri è più bella di quella dei ricchi, infatti questi sono depressi, noiosi, istupiditi e boriosi. WW la sanità