acqua tradimento di stato

Quello che è avvenuto il 21 aprile alla Camera dei Deputati è un insulto alla democrazia. Quel giorno i rappresentanti del popolo italiano hanno rinnegato quello che 26 milioni di italiani avevano deciso nel Referendum del 12-13 giugno 2011 e cioè che l’acqua deve uscire dal mercato e che non si può fare profitto su questo bene. I  Deputati invece hanno deciso che il servizio idrico deve rientrare nel mercato, dato che è un bene di “interesse economico”, da cui ricavarne profitto. Per arrivare a questa decisione(beffa delle beffe!), i rappresentanti  del popolo hanno dovuto snaturare la Legge d’Iniziativa Popolare (2007) che i Comitati dell’acqua erano finalmente riusciti a far discutere in Parlamento. Legge che solo lo scorso anno (con enorme sforzo dei comitati) era approdata alla Commissione Ambiente della Camera, dove aveva subito gravi modifiche, grazie agli interventi di Renzi-Madia. Il testo approvato alla Camera obbliga i Comuni a consegnare l’acqua ai privati. Ben 243 deputati (Partito Democratico e Destra) lo hanno votato, mentre 129 (Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana) hanno votato contro. A nulla è valsa la rumorosa protesta in aula dei Pentastellati.

Ora il Popolo italiano sa con chiarezza sia quali sono i partiti che vogliono privatizzare l’acqua, ma anche che il governo Renzi è tutto proteso a regalare l’acqua ai privati. “L’obiettivo del governo Renzi - afferma giustamente R.Petrella - è il consolidamento di un sistema idrico europeo, basato su un gruppo di multiutilities su scala interregionale e internazionale, aperte alla concorrenza sui mercati europei e mondiali, di preferenza quotate in borsa, e attive in reti di partenariato pubblico-privato”. Sappiamo infatti che Renzi vuole affidare l’acqua a quattro multiutilities italiane: Iren, A2A, Hera e Acea. Infatti sta procedendo a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestire i servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa “l’adeguatezza della rimunerazione del capitale investito”. (la dicitura che il Referendum aveva abrogato!) Tutto questo è di una gravità estrema, non solo perché si fa beffe della democrazia, ma soprattutto perché è un attentato alla vita. E’ infatti Papa Francesco che parla dell’acqua come “diritto alla Vita“ (un termine usato in campo cattolico per l’aborto e l’eutanasia). L’acqua è Vita, è la Madre di tutta la Vita sul pianeta. Privatizzarla equivale a vendere la propria madre! Ed è una bestemmia!

Per cui mi appello a tutti in Italia, credenti e non, ma soprattutto alle comunità cristiane perché ci mobilitiamo facendo pressione sul Senato dove ora la legge sull’acqua è passata perché lo sgorbio fatto dai deputati venga modificato. Inoltre mi appello: Al Presidente della Repubblica, perché ricordi ufficialmente al Parlamento di rispettare il Referendum; Alla Corte Costituzionale, perché intervenga a far rispettare il voto del Popolo italiano; Alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), perché si pronunci, sulla scia dell’enciclica Laudato Si’, sulla gestione pubblica dell’acqua; Ai parroci e ai sacerdoti, perché nelle omelie e nelle catechesi, sensibilizzino i fedeli sull’acqua come “diritto essenziale, fondamentale, universale” (Papa Francesco) Ai Comuni e alle città, perché ritrovino la volontà politica di ripubblicizzare i servizi idrici come Napoli (Penso a città come Trento, Messina, Palermo, Reggio Emilia..).

Il problema della gestione dell’acqua è oggi fondamentale: è una questione di vita o di morte per noi, ma soprattutto per gli impoveriti del pianeta, per i quali, grazie al surriscaldamento del pianeta, l’acqua sarà sempre più scarsa. Se permetteremo alle multinazionali di mettere le mani sull’acqua, avremo milioni e milioni di morti di sete. Per questo la gestione dell’acqua deve essere pubblica, fuori dal mercato e senza profitto, come sta avvenendo a Napoli, unica grande città italiana ad aver obbedito al Referendum. Diamoci tutti da fare perché vinca la Madre, perché vinca la Vita: l’Acqua. [alex zanotelli]

comunicato rete rione sanità

Si comunica che per le prossime elezioni Comunali né la Rete del rione Sanità né padre Alex Zanotelli, come solito fare durante le campagne elettorali, indicano preferenze o sollecitano un determinato candidato in favore di un altro. La Rete del Rione Sanità non intende esprimere simpatie per un singolo candidato in quanto, l’insieme di cittadini e associazioni e commercianti che vi fanno parte, sono la semplice espressione una volontà che intende collaborare con tutti senza distinzione né prerogative. [rete rione sanità] 

connivenze

Le uniche parole che sanno dire le Istituzioni dovute all’incapacità di gestire situazioni che vanno avanti da più di 30 anni, sono: “siete conniventi. …voi del rione siete collusi perché non parlate”. Più volte ho ascoltato frasi del tipo: “tanto si ammazzano tra di loro”. In un anno hanno rubato diverse volte nella scuola Angiulli di piazza Mario Pagano, nella scuola Caracciolo e quella della via Fontanelle. Ma i furti sono una caratteristica della connivenza. Anche la paura è una caratteristica della connivenza, così come il lavoro e la rassegnazione. Niente polemiche, altrimenti ci accusano di essere “i soliti piagnucoloni napoletani”, che non hanno voglia di lavorare, che aspettano il posto fisso, che perdono sempre lo scudetto”.

Proseguiamo sottovoce. Partiamo nel definire la criminalità. La criminalità è un tipo di attività umana in cui si manifestano violazioni di regole o leggi per le quali un'autorità costituita può in ultima analisi prescrivere una pena (wikipedia). E’ bella sì, è proprio una bella definizione. Vale per tutti, sì proprio per tutti. Ancora una volta sto facendo una polemica sterile, devo aggiustare la mia tecnica di scrittura, eppure non ci riesco, ci riprovo. Sono aumentati gli scippi e i furti e nel rione, così come sono diminuite le scuole. Negli anni Novanta il solo istituto Caracciolo ospitava circa 1000 studenti, molti provenienti anche dalla provincia e da altre parti di Napoli. Oggi conta pochissimi alunni, è stata accorpata ad altre scuole di Napoli ed è senza un/a preside (nell’istituto alla via S.M. Anteaecula non c’è quasi mai). Solo il quartiere Sanità conta circa 50.000 abitanti. 

Bene bene, sto difendendo troppo questa gentaglia. Riaggiustiamo il tiro. Nel rione non è possibile avere una auto permanente della polizia municipale; un comitato di persone l’ha scritto, l’ha ribadito, ha fatto riunioni con il comandante, ma niente, non è possibile regolarizzare il traffico del quartiere. La stessa cosa è successa con l’ufficio postale, l’unico del quartiere che con i suoi 20metri quadri deve soddisfare le pretese di tutti gli abitanti. Niente da fare, un altro non è possibile, “ma che cosa ve ne fate di un ufficio più grande”? Per cortesia un asilo nido è possibile per tutta questa gente di merda? “Un asilo nido? Ma se voi i figli li fate crescere per strada?”.

Da circa 20anni il comitato Scudillo cerca di riaprire la strada (salita Scudillo), un arteria meravigliosa che collega i Colli Aminei al quartiere Sanità. Oggi più che mai questa strada deve essere riaperta, soprattutto dopo la chiusura del pronto soccorso dell’ospedale  San Gennaro. Le oltre 1500 famiglie che via abitano sono spacciate nel momento in cui necessitano di cure immediate. L’unica strada per raggiungere l’ospedale più vicino è strettissima e per di più quasi sempre bloccata dal traffico e dai camion che scaricano merce. D’altronde se per miracolo quest’ultima è libera bisogna sempre sperare nella discesa Sanità: doppio senso di marcia, è la salita più tragica di tutta la città. Quest’ultima congiunge il quartiere alla via Santa Teresa degli Scalzi che nel fine settimana è impraticabile, la fila interminabile di auto che si vedono da via Sanità, con sosta indiscriminata, fa pensare all’inizio del film “così parlò Bellavista”. L’unico modo per poter salvare una vita sarebbe Salita Scudillo che alla fine giunge a pochi passi dalla zona ospedaliera. “Non è possibile, salita Scudillo resta chiusa altrimenti la povera gente del rione si intossica con le automobili che per evitare il traffico di Capodimonte si riversano tutte nel rione”. Ricordo, quand’ero piccolo, non ci passava quasi nessuno, ma poi al massimo si può pensare ad una zona pedonale?!. “No, perché sei connivente”.

Ho ribadito la definizione di criminalità perché da anni un altro comitato di persone combattone contro i mulini al vento. I candidati politici contro ogni regola (fra poco venite a vedere cosa succede sui muri e sui palazzi storici), attaccano manifesti elettorali dappertutto, perfino sulle edicole votive, sui portali del ‘600 e sui muri del Sanfelice: per caso avete mai sentito che qualcuno di questi ha scontato il suo reato? Ma questo è molto stupido se lo si vuole paragonare alla malavita. Capisco, c’è reato e reato, eppure la definizione è univoca. Ma andiamo oltre.

Non parliamo delle iniziative e degli eventi che oggi si susseguono nel quartiere (basta leggere i giornali), sarebbe troppo lungo, poi aggiusterebbe di nuovo il tiro nei confronti dei diseredati. Le manifestazioni contro la criminalità sono una cosa inventata? Eppure non va bene, non so perché ma c’è qualcosa che non va, qualcosa che va oltre la regolare attività cittadina. C’è un Noi contro un Loro che ha bisogno di essere definito e capito? Che cos’è che inceppa il meccanismo gente/istituzioni? Perché adesso i politici stanno chiedendo il voto? Bhé nella Sanità c’è molta gente, votano molti di loro.

I problemi del rione sono tanti, così come sono tanti i problemi di Napoli e dell’Italia. Mi chiedo se qualcuno conosca un posto povero ed abbandonato dal mondo dove non c’è criminalità, a parte esempi di piccole comunità, credo proprio che non esista. Il quartiere sconta anni d’indifferenza, di eroi che prima seminano e poi scappano, d’intellettualoidi che sentenziano, che applicano stereotipi, che esprimono giudizi e miracoli, che elevano le divinità con il dito medio alzato. Cinquantamila abitanti, la presunzione di conoscere tutti, di conoscere ogni bisogno, ogni situazione, ogni dolore, ogni ragione. La paura, che a Napoli fa 90, è bandita. Ma anche il coraggio e l’impegno sono banditi “perché questa gente è inquinata fin dentro le viscere, nel dna ha la sua inciviltà”.

Vi prego non abbandoniamo l’ospedale san Gennaro dei poveri, ci sono sale nuovissime, apparecchi efficientissimi, reparti che funzionano o che hanno funzionato benissimo… macché la struttura è destinata a morire nonostante alcuni settori siano stati ristrutturati. “Forse è meglio un albergo a 5 stelle”. Allora interveniamo sulle famiglie? “ci pensano la scuole!” ma se l’avete chiuse? “Bhe’ in ragione c’è un dopo scuola che funziona benissimo, una scuola per immigrati, ci sono volontari che si occupano dei senza fissa dimora, della gente distratta, dei conniventi, dei collusi. Infondo Voi, in questa cultura della povertà, ci sguazzate, vi trovate benissimo, fate i vostri bei numeri al lotto, scommettete, giocato d’azzardo, avete i santi dalla vostra parte e ogni tanto qualche furtarello alla fine non fa male”.


Eh sì, le ragioni sono tante e forse pure vere per chi ha voglia di rappresentare la propria oggettività, ma la realtà che ci tocca vivere è un’altra, è l’opposta di quella che vivo io e/o che vive il salumiere giù casa mia. Inciviltà abusata, truffe, raccolta differenziata che non si può fare, “i vicoli sono stretti”, ma in compenso nel caos c’è ordine. Dentro di noi invece il disordine è ambito, le mamme accusano e sono accusate, le proteste non servono più, e se per caso urliamo siamo degli selvaggi. Allora ci viene voglia di parlare, di esprimere le nostre ragioni, le nostre paure. Allora alziamo la voce, ci torciamo la lingua, bestemmiamo, ci arrabbiamo. “Ma no, non potete e non dovete fare questo altrimenti disunite”. E mio padre sfottendomi mi diceva sempre: fattella c’u chi è meglio ‘e te, e pavece ‘e spese. [+blogger]

livio

Scendeva stamattina dalla via san Gennaro del Poveri. Gambe corte, snelle, corpo magro e traballante, lento come una lumaca, barba ispida più del fil di ferro. Urlava per strada. L’andatura di un ubriaco che sognava, la poche persone che passavano lo sfioravano con indifferenza. Sporco, puzzolente, mani incallite e nere, sui baffi inzuppavano segni di muco e sporcizia. Per non cadere si appoggiava continuamente alle auto in sosta… ed è venuto anche il turno della mia vespa.

Olezzo che faceva vomitare, mi aveva chiesto una sigaretta. Livio, dimostrava circa settant’anni, ma era sicuramente più piccolo. Strano, avevo le sigarette, pur fumando pochissimo. Gliene avevo date alcune: il barbone aveva preso l’accendino dalla tasca senza riuscire ad accendere. Urlava parole in romano, in bolognese e efine in napoletano. Finalmente una donna che aveva l’accendino funzionante. Mentre traspirava la sua prima boccata di sigaretta la donna lo guardava dicendo: “Stajo tutto n’trzato oggi”.

In effetti Livio aveva due occhi colore viola e le palpebre arrosate, sopra l’arcata del sopracciglio sinistro una ferita che sembrava essere da taglio. Gli avevo chiesto dove andava?, mi aveva risposto “al sert”. Livio imprecava e bestemmiava e urlava dal dolore, mentre si fermava per riacquistare fiato e stabilità. La figlia non voleva più rivederlo e lui si vergognava di quella situazione. Livio era tossico.

Difficile poter fare qualcosa. Pensavo: se avessi il coraggio di portarlo a casa, lavarlo, togliergli la merda che aveva sotto il culo e le mutande sporche di piscio, non avrei fatto nulla che non avrei fatto a mio padre. Ma il barbone è un altro uomo, io non sento il bisogno di accudirlo, questo compito non mi tocca, lui forse non aveva una famiglia? E la figlia perché non vuole vederlo? Mica siamo tutti come madre Teresa di Calcutta?


Questo deve essere un pensiero normale, un pensiero condiviso, un pensiero che anche gli altri possono comprendere. Non avevo fatto nulla per quell’essere umano perché, per farlo, tutto diventava stramaledettamente difficile. Conclude Frida kahlo: “quando si tratta di mettere in pratica gli ideali più puri e nobili, gli uomini riescono ad essere dei re Mida alla rovescia: trasformano in merda il miele della vita. Trasformano i sogni in incubi, e poi li chiamano dolorose necessità”. [+blogger].    

bike sanità festival

Il 20 maggio di quest’anno nel rione partirà il “Napoli bike Festival”, che per l’occasione sarebbe meglio chiamare, per i nostalgici conservatori, festa della bicicletta. A parte gli scherzi, chi ha voglia di partecipare con i propri figli (e associazioni, comitati, famiglie), lo faccia per dimostrare che l’utilizzo della bicicletta oltre che essere economico e confortante, è anche un mezzo di locomozione efficace che rispetta l’ambiente. Dalle ore 17,00 la partenza è prevista in piazza san Gennaro del Poveri, il percorso chiuso al traffico per l’occasione attraversa via Sanità, per poi proseguire per piazza e via Mario Pagano. In Piazza Cavour i bambini lasceranno le biciclette e gli adulti proseguiranno la marcia ecologica.

Giovedì scorso una enoteca della via Vergini ha organizzato un aperitivo notturno con mostra di alcuni disegni di un artista, evento che si è protratto fin dopo la chiusura dei negozi e del mercato rionale. Gli avvenimenti si susseguono in questi ultimi anni e molte associazioni, che non operano nel quartiere, cercano di organizzare manifestazioni e/o altro che possa attirare l’attenzione dei media nazionali. Essere solo spettatori non serve, se una “rivoluzione” sta avvenendo che sia parte integrante e sfrutti il tessuto sociale del luogo, altrimenti i benefici saranno solo degli altri. Non mi stancherò mai di dirlo, rischiando di essere noioso, il popolo si salva solo se è coinvolto, se è partecipe, se è protagonista.

Guardare al futuro non significa prendere per buono tutto quello che ci viene proposto; in passato le proposte sono state fatte (oggi in verità continuano a farle), dai politici e gli azzeccagarbugli beceramente visti come i salvatori dell’ineffabilità. Questo laissez-faire deve finire. Esso prende in giro i lavoratori, i disoccupati, le mamme, le casalinghe, gli anziani e i giovani creando falsi concetti e mitiche situazioni. Per chi ha voglia di partecipare il 20 maggio, mi riferisco alle associazioni, può intervenire alla riunione del 13 di questo mese all'Info Point, basilica di Capodimonte all'Incoronata ore 18.00. E speriamo che l'evento sia degno delle aspettative. [+blogger]   

notte bianca o bianchissima?

Una nuova notte bianca “invaderà” il rione sanità nei prossimi giorni. Dopo il successo della prima edizione, in piazza Sanità si scende per strada fino a notte fonda senza remore e senza stereotipi. Una cappa di disinformazione avvolge ancora questa eterna e asfittica vallata con i suoi “musei” naturali, attraversata da arterie parallele e perpendicolari che formano la struttura di un cuore umano. Batte ancora più forte e accelera nei momenti particolari il muscolo Sanità, fregiandosi di vantar un numero sproporzionato di bed & breakfast gestiti da non napoletani.

Questa volta però estendiamo la notte bianca anche alla via Vergini, l’ultima volta luci e negozi si sono spenti prima delle venti, solo una povera enoteca ha creduto all’evento. L’importate è che tutti partecipino, che tutti possano sentirsi “protagonisti”; io, come gli altri, devo sentire l’odore di un cambiamento che pacifica e non atterrisce. Oggi l’odore che annuso è solo quello della gentrificazione che fa molto più paura della malavita. Bisogna lavorare sul significato della ricchezza, capire che essa non è così importante, che essa se non va redistribuita non serve a nulla, che se gli altri non possono acquistare è inutile che io produca. E’ una vecchia storia capitalista che deve essere capita senza insegnamenti ma solo con la capacità di comprendere “che se ti fotto sono anch’io fottuto”.

Qualche mese fa ho incontrato un vecchio amico delle scuole elementari, uno con la passione della fotografia e delle videocamere. Ha aperto un negozio nel centro. Ci siamo salutati fuori del negozio, sta ridipingendo le pareti. Si è lamentato perché non può più “mantenere” la sua attività. Mi ha confessato: “vedi a 200 metri un altro fotografo ha messo un offerta sui matrimoni, servizio completo 750€. Ma come si fa? Come si può reggere il confronto?”. L’imbianchino che lavoro nel negozio del mio amico è un indiano che prende 10 euro al giorno. Gli ho risposto “ma se fai lavorare un uomo per una miseria, perché poi ti lamenti che non reggi il confronto con gli altri fotografi?”. 

Questa è la storia della povertà e dell’economia di “massa”. Non dobbiamo commettere lo stesso errore nel rione, cosa che in verità già sta accadendo. È inevitabile la ricchezza sproporzionata, è appetibile. Noi del rione potremmo iniziare una nuova “cultura economica”, un nuovo processo virtuoso fatto di scambio e di solidarietà. Oggi alcune pizzerie del quartiere stanno scoppiando, come altre pasticcerie. Dobbiamo fermare il processo inverso, quelle speculativo, quello politico: a proposito, nella via Arena Sanità tra Concettina e Poppella, se per caso si ferma un politico cosa succede? [+blogger]

mani di pelle Backstage