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rom di gianturco

Questo è l'ultimo articolo che pubblichiamo su questa pagina. Nuovo tempate e nuova grafica con gli aggiornamenti e archivio.  

Noi stiamo dalla loro parte. Questi sono giorni in cui i cristiani fanno memoria della crocifissione di Gesù, senza spesso accorgersi che continuiamo a crocifiggerlo negli impoveriti, negli emarginati e negli ‘scarti’ che sono la ‘carne di Cristo’ come  ama ripetere Papa Francesco. Fra questi dobbiamo collocare i rom, gli ultimi della nostra società. E’ quanto, con il comitato campano con i rom ed altre realtà che operano con i rom, stiamo gridando da tanto tempo in questo nostro territorio campano. Siamo ora sdegnati per l’ ennesimo sgombero del grande campo rom in via S. Erasmo alle Brecce, a Gianturco, nel cuore di Napoli. Un campo dove ci vivono almeno 1.300 esseri umani, in situazioni disumane come gli altri cinquemila rom sparsi in tanti campi disseminati su Napoli e provincia. Ho visto situazioni simili solo nelle baraccopoli di Africa, dove sono vissuto per dodici anni. Abbiamo urlato e gridato per anni la nostra indignazione davanti a un simile trattamento, senza essere mai stati ascoltati. Invece abbiamo dovuto assistere a fenomeni di razzismo di massa come quando la gente ha incendiato i campi rom di Ponticelli o hanno attaccato il campo di Via del Riposo costringendo i rom alla fuga. Abbiamo assistito agli sgomberi del campo rom di Virginia Wolf (Ponticelli) nonché di Torre del Greco e di Torre Annunziata… E’ un continuo Calvario! Lo scorso anno la Procura di Napoli ha deciso lo sgombero del campo di Gianturco perché quella zona è tossica. Il Comune di Napoli ha continuato a chiedere proroghe per guadagnare tempo e trovare soluzioni alternative. Nel frattempo invece sono arrivati nel campo poliziotti, vigili urbani e altri per sollecitare i rom ad andarsene spontaneamente. E’ una tattica questa che non possiamo accettare: è una politica disumana che ha fatto fuggire centinaia di loro. Molti hanno cercato spazi liberi ove collocarsi e così continuano a fiorire i ghetti. L’unica cosa che il Comune ha fatto è la costruzione di un campo attrezzato in via del Riposo (un “lager” così lo definisce Amnesty International), che ospiterà le famiglie scelte dall’assessora alle politiche sociali R. Gaeta.Nessuno sa con quali criteri sono state scelte queste famiglie. E così siamo giunti alla fine di questo Calvario: oggi 7 aprile, le 27 famiglie saranno accompagnate nel campo rom di via del Riposo.

E’ incredibile in questa vicenda il silenzio della Regione, il cui governatore V. De Luca non fa che minacciare, spesso con un linguaggio razzista, di sgomberare tutti i campi rom. Noi abbiamo continuato a chiedere per anni alla regione Campania la convocazione di un Tavolo per chiedere soluzioni alternative per i rom. Troviamo incredibile che né la Regione né il Comune trovino anche case o appartamenti per le famiglie rom, come prevede la politica della UE. Ed è ancora più incredibile per noi che la Prefettura di Napoli abbia 16 milioni di euro per i rom che nessuno sta utilizzando. E’ segno che non c’è nessuna volontà politica di mettere mano al dramma degli ultimi di questa società. Chiediamo al governatore De Luca e al sindaco De Magistris di mettere da parte le loro differenze e di stringersi la mano per dare dignità a questi nostri fratelli e sorelle, in buona parte cittadini europei, che chiedono solo di essere trattati come essere umani. “Voi ci trattate da animali - mi ha urlato addosso giorni fa una donna rom di Gianturco - Voi ci emarginate, ci disprezzate….Noi non siamo animali!” “Ha ragione, Signora - le ho risposto - Ha ragione!”

Ci auguriamo che questa città di Napoli abbia il coraggio di rispondere al grido disperato di questa donna rom. Per questo invitiamo a chi vuol rispondere a questo grido di venire davanti al Comune di Napoli l’11 aprile alla ore 11 per una conferenza stampa sulla situazione dei rom di Gianturco. [Padre Alex Zanotelli e padre Domenico Pizzuti a nome del comitato campano con i rom Comitato di solidarietà dei cittadini di via S.Erasmo alle Brecce]

storia d'amore tredici anni dopo

Mi piacerebbe svelare chi è l'autore che mi ha chiesto di pubblicare questa piacevolissima dedica fatta ad una donna immaginaria. Trovo lo scritto piacevolissimo. In questi tempi di social, il pezzo di carta che stringo tra le mani ha un sapore fiabesco. Ringrazio pubblicamente chi mi ha donato tanta simpatia. 


"Il suo colore è bellissimo, e dopo che mi sono fatto dire che non è presente solo sui suoi capelli e sulla sua faccia, ma che, invece, caratterizza tutto il suo corpo, allora ho incominciato a pensare così:


quando i suoi genitori l’hanno concepita
in quel momento dio, probabilmente, stava
dipingendo le pareti di casa sua.
i suoi genitori non sapendo cosa in quel momento facessero,
anche perché nessuno lo sa,
hanno incominciato a pensare con gli stessi pensieri.
un misto di cromatico piacere ha invaso la loro mente
e, mentre ballavano, hanno intravisto i Campi Elisi.
forgiando il pensiero e combinando migliaia e migliaia di colori
diversi tra loro, sono riusciti a impastare essenza e privazione.
un miscuglio di venature calde si diversificano e si plasmano
nella pelle e nel corpo.
l’araldico piacere invade la sostanza e trasforma,
colorando, la sua tristezza in odore.
dio lo fonde … e leggendo da un vecchio libro ricorda
una atavica canzone:
il rosso del cuore come colore naturale,
il rosso del sangue come naturalmente vivo,
il rosso del tramonto come la natura vuole.
ancora avvolti nel piacere di concepire,
non distinguono la voce di dio che, arrabbiandosi,
decide di increspare ancora di più la madre-tinta,
ne esce una luce vivida,
parossismo di un mito che paragonato alle religioni
si traveste di reale.
all’improvviso i due corpi stanchi di piacere sognarono di sognare.

1) impasta il profumo di incenso
2) usa solo il rosso e l’ ocra (quest’ultimo molto di meno)
3) gira fino a farlo diventare liquido
4) unisci i pensieri di un orgasmo
5) solfeggia con il dio Pan
6) pensa al comunismo
7) invadi le mani
8) vivi senza cognizione di causa
9) lega l’Efebo
10) Cantico dei Cantici


Forse quando leggerai questo ti allontanerai ancora di più e quel poco che mi resta, per sentirti e vederti, sfumerà definitivamente? Ma non voglio più reprimere le mie fantasie e i miei umori. Forse mi riterrai un sentimentale; ti dico che fai bene perché proprio non riesco a liberarmi della materia che mi circonda e plasma la mia esistenza. Così io avrò calmato la mia conoscenza, senza violentare la mia volontà, e tu avrai scelto le tue attese. Quando ero piccolo giocavo sempre con le mie sorelle e con i miei  amici; il gioco cominciava così: color, color, color …". [senzanome]     

tien ‘e penne dint ‘e cerevelle



Lunedi scorso sono stato al cimitero delle fontanelle assieme al mio amico @semioticmonkey , dopo aver visitato il chiostro della basilica di S.M. della Sanità. È stato lui a scattare la foto di cui sopra. Entrando nell’ossario, un guardiano ci ha invitato cortesemente con la mano, precisando che “nun se pava pe trasì”. La prima cosa che mi ha colpito è stato vedere biglietti dell’anm un po’ sparsi dappertutto. Capisco che è difficile trapassare Napoli per arrivare in queste cave di tufo, capisco pure che appoggiare i tickets sulle cape di morte è segno ancestrale, aggiò pavato pe venì fin’a ccà, mo famme ‘a grazia!, ma la penna in equilibrio con tanto di messaggio culturale bèh, questa poi ha sbilanciato ancora di più le mie smanie turistiche/religiose.

Non mi va di vedere una penna o un biglietto dell’anm conficcato nell’occhio di un mio caro estinto. Centinaia i bambini morti durante il colera, centinaia i decessi anonimi dove non venine data degna sepoltura. Qui ho intenzione di soffermarmi. Se il turista s’accatta a cap’e san Gennaro, posso capire che almeno il santo è riconosciuto, poi se è un peccato se la vedrà con la sua coscienze; ma un morto anonimo, uno che ha visto lo scuorne in faccia o, come in questo caso, sulla propria testa, non so quanto possa fare bene al turista che per forza di cose chiamo "cazzuto".

Il rito delle anime purganti riporta il morto, ca se miso scuorne ‘e murì pecché... non è stato nemmeno riconosciuto, nella sua vesta dignitosa, nella sua concezione di essere, di uomo o donna che ha lasciato la sua esistenza. Il lutto si vive, e se nessuno lo fa per te qualcun’altro ti adora per intercessione e per reciprocità. Questo restituisce dignità all’anonimo, segno che solo un uomo può “vincere” la morte, solo una donna può pregare per credere, solo gli esseri umani possono adottare segni magici e farli diventare segni veri.

Il messaggio scritto può essere anche carino per certi aspetti, ma il fatto di essere stato messo lì, in bella posta e per far ridere, come se avessimo un freak da prendere in giro o uno storpio da sfottere, non l’ho trovata una grande idea; neanche per gli incolti visitatori che civettano per le vie delle Fontanelle in cerca di una storia da raccontare. Auri sacra fames. [+blogger]