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quello che immagino

Quando diversi anni fa mi sono diplomato pensavo che, grazie al diploma, avrei sicuramente trovato lavoro. Quando poi successivamente, dopo la laurea, mi sono ritrovato inoccupato e "contento" le differenze le ho sentite realmente, soprattutto la delusione impostami dallo studio. Sempre più disoccupati competenti e sempre meno occupati ignoranti che distruggono il nostro lavoro. Eppure ho sperato che qualcosa potesse cambiare, in primis il mio atteggiamento "passivo".

Questa passività la spiego con un esempio realmente accaduto. Al quarto anno di scuola serale un ragazzo, Luca, ci venne a salutare, era un nostro nuovo compagno di classe che aveva fatto un salto dal primo a quarto anno. Dopo un mese non lo vedemmo più salvo presentarsi alla fine di Aprile accompagnato dal padre e dal preside della scuola. Capimmo che era un raccomandato e che noi lavoratori studenti avevamo sacrificato il nostro tempo per niente rispetto a quello di Luca (nostro amico di "sventura"). L'atteggiamento di noi tutti, senza proferire parola, fu di indifferenza totale.  Luca, un ragazzo abbastanza socievole fu, senza preavviso né combutta, esautorato dai nostri rapporti. Dentro la 4°B qualcosa si mosse nella inconsapevole differenza, Luca continuava a venire a scuola, ma era solo, solo nella classe;  cercava il dialogo, noi parlavamo, non potevamo tirarci indietro, ma quelle parole erano invisibili, incomprensibili; tra di noi c'era amicizia, complicità, mentre con Luca il rapporto era solo formale. Lo facemmo tutti, senza che ci fossimo detti nulla, era  un’ "offesa" tacita nei confronti di Mario il fruttivendolo, di Federico il pescivendolo, di Anna che aveva un negozio di vestiti a buon mercato, di Alfredo pescatore con il padre... Ad un certo punto Luca venne a salutarci, ci disse che aveva capito il nostro atteggiamento, che aveva capito anche il suo, che aveva capito l'offesa; ci disse che non sarebbe più venuto a scuola, che non sarebbe stato giusto arrivare al quinto anno, insomma, aveva capito che eravamo dei lavoratori, che facevamo dei sacrifici enormi per andare tutti i giorni a scuola; e l’aveva capito maggiormente quando vide che Marco dormiva in classe perché era stanco di fare il parcheggiatore abusivo la notte.

Da questa verità, che ho cercato di spiegare brevemente, nasce tutta la mia amarezza. Ecco cosa intendevo: vorrei che questo comportamento prendesse forma, che si estendesse in un continuum di affermazioni, di relazioni, di movimenti, di ribellione; Luca non ha fatto nulla di eccezionale, ha preso soltanto coscienza dell'indifferenza: d'altronde aveva barato, il padre era amico del preside, quindi il gesto di ritirarsi era del tutto normale. Quello che invece non era normale era la tacita protesta che noi tutti facevamo nei confronti di Luca, una protesta che, nella mia mente, dovrebbe estendersi oltre la classe: nel nostro quartiere, nella nostra città, nei confronti di chi ci governa, chi ruba, chi oltraggia continuamente la mia, la nostra vita.
Per contro riconosco che non è facile abbattere le Istituzioni malate, i ladri, i truffatori, anche perché, a volte, lottiamo contro un nemico inconsapevole. E’ diventato così normale evadere, truffare (naturalmente lungi da ogni generalizzazione, vale solo per gli incivili), fare cose di mal affare, anche quando non le facciamo ci sembra strano il contrario.

Un’altra questione da porre nell’immediato, in relazione a queste argomentazioni, è la colpa. Ogni volta che succede uno scandalo la colpa è sempre di un individuo, cerchiamo il capro espiatorio e quando lo troviamo siamo contenti.  Il consigliere della Municipalità ha rubato, l’assessore ha evaso, il presidente della Regione è ladro, il ministro ha peculato ecc, ecc,. Mentre i singoli scoprono le illegalità la maggior parte, che poi è la minoranza, continua indisturbata a rubare: il medico non rilascia le ricevute, il commerciante evade, l’ambulante vende senza permesso (Non me ne vogliano i medici e le altre categorie che sto citando, l’articolo spiega esemplificando). I singoli individui in questa società sono intercambiabili, se un dirigente pubblico ruba lo si sostituisce con un altro dirigente. Il ruolo non è mai messo in discussione, eppure è quello che dà potere, che invita le persone a rubare, a sentirsi invincibili, ad esporsi al di sopra delle parti, un vero giudice della maggioranza.

Quanti sindaci hanno rubato nella storia d’Italia? E quanti ministri? Quanti imprenditori evadono? Quanti hanno portato soldi in Svizzera? Queste sono domande che attualmente fanno ridere. [+blogger]   

vico equense

Domenica scorsa ho preso la mia vespa 150px di anni 26 e assieme a Sara sono andato al mare. Non sapevo esattamente dove, anche perché odio quasi tutte le spiagge di Napoli, non perché siano brutte ma per il fatto che sono state quasi tutte privatizzate e diverse anche abusivamente. Mentre guidavo mi sono ricordato di una bellissima spiaggetta libera a Vico Equense, ci andavo con i miei amici, Stefano, Ciro, Lucia, Antonella, circa 20anni fa. Appena arrivati con la circumvesuviana pochi metri e sulla sinistra si scendeva per circa un chilometro, una faticata non indifferente poi a ripercorrerla in salita al ritorno.

Stavolta stavo con la vespa ed è stato un gioco da ragazzi arrivare. Ero entusiasta, raccontavo a mia moglie le volte che siamo stati in questo bellissimo posto. Ma appena giù, tutto mi è sembrato diverso, anzi no, era davvero tutto cambiato. La spiaggia sotto la conca e gli scogli erano transennati, una sbarra limitava l’accesso, il parcheggio era a pagamento. Ombrelloni dello stesso colore delimitavano la spiaggia. Appena arrivati un tipo ci ha detto se volevamo il pedalò. Subito una donna ci ha chiesto se avevamo l’ombrellone. Intorno, diversi ristoranti avevano chiuso il passaggio con i tavoli all’aperto. C’erano pezzetti di spiaggia. A pochi metri una banchisa delimitava gli scogli e infondo barche, gommoni, e piccoli yachts.

Ci siamo fermati e abbiamo chiesto solo un ombrello che in realtà non avevamo. Desolazione, anche se il mare era ancora chiaro, verde come la vegetazione rimasta sulle colline e i promontori. Sulla spiaggia, ma in verità dei granelli non c’era quasi più nulla, pezzetti di vetro, carte, ruggine… abbiamo pensato di pulire. Alla fine una scenetta mi ha rallegrato vivamente. Mentre cercavo di prendere il sole, un uomo anziano parlava con 3 donne e due bambine, diceva che Napoli è una città sporca, che la gente è maleducata, che c’è inciviltà e prepotenza, mentre quelli di Vico Equense sono molto più civili. Intorno a lui, le donne che con i bambini avevano prima mangiato c’erano carte, bicchieri di plastica, lattine di birra, mozziconi di sigarette… [+blogger]

tradimento


Tutto tace. Dopo settimane di battaglie il pronto soccorso del san Gennaro dei poveri è stato chiuso (tra qualche anno forse chiuderanno tutta la struttura). Dopo l’occupazione pacifica del parco di fronte all’ospedale, oggi quest’ultimo è stato abbandonato e quasi distrutto perché “la sorveglianza è in ferie”. Dopo la riappropriazione dei cittadini dell’ossario delle fontanelle e dopo la battaglia perse per non far riaprire l’ennesimo supermercato anche l’ultimo barbone della Sanità è morto di freddo, il penultimo invece prima di inabissarsi ha bevuto birra sotto una pioggia incessante.

Un tempo avremmo potuto appellarci ad un sud arretrato e retrogrado, oggi la situazione di abbandono è praticamente dappertutto, e così il mitico stereotipo è andato a farsi benedire. Non c’è nessun “benvenuto al nord o al centro”, qui giace la nostra mente di illuminati fannulloni, qui le menti eccelse hanno spesso di produrre sentenze, qui c’è chi si sente fortunato a guadagnare mille euro al mese.

Voler restare a tutti i costi, non lasciare gli affetti. Ieri un mio amico emigrato a Milano, laureato e con tanta esperienza, mi ha detto che non può restare a casa a curarsi la tosse e la febbre, se lo fa non viene pagato e alla fine non può affrontare le spese mensili. Noi buttati come carne da macello, io vegetariano con i sensi di colpa, qui un rione che senza questa gente sarebbe il più ricco di Napoli. Occupazione a parte, malanni permettendo, se lascio questo quartiere mi sentirò come un marito tradito nel giorno delle nozze. [+blogger]                 

potere

“Dovevamo spingerlo fuori della stanza e dirgli di andare a lavarsi”. Steve Jobs era vegano. Ed era convinto che la sua dieta gli consentisse di non usare il deodorante e di non farsi la doccia. Andava spesso in giro scalzo. “Alle riunioni ci toccava guardare i suoi piedi lerci”, ricorda uno dei manager della Apple. Alternava diete alimentari estreme. Passava settimane mangiando solo mele o solo carote. Esplorava gli effetti allucinogeni della privazione del sonno. Spiegava che l’assunzione di Lsd era tra le cose più importanti che aveva fatto nella vita. 

“Era un carismatico ispiratore, ma a volte anche un pezzo di merda”, ha scritto Walter Isaacson, il suo biografo. Quando tornò alla Apple, nel 1997, riuscì a salvare l’azienda, ma licenziò più di tremila persone. Era collerico e arrogante, però quando si trovava in difficoltà scoppiava a piangere: durante un consiglio d’amministrazione o discutendo con un collaboratore. Il New York Times racconta che nel 2007, un mese prima del lancio dell’iPhone, riunì i suoi manager e gli fece una sfuriata. Aveva tenuto un prototipo dell’iPhone in tasca, insieme alle chiavi di casa, e lo schermo si era rigato: “Non voglio mettere in vendita un prodotto che si riga, voglio che l’iPhone abbia uno schermo di vetro e che sia perfetto nel giro di sei settimane”. 

L’unico posto dove produrre uno schermo simile, in tempi così brevi, era la Cina. Insieme a Exxon Mobil, oggi la Apple è l’azienda statunitense che vale di più in borsa. Avrebbe il potere di migliorare le condizioni di lavoro delle migliaia di operai cinesi che fabbricano i suoi prodotti, ma finora non l’ha fatto. In realtà anche noi, i cosiddetti consumatori, abbiamo un grande potere: quello di scegliere cosa comprare. Ma per poterlo esercitare dobbiamo essere informati. Dobbiamo sapere che dietro ogni telefono, ogni computer, ogni televisore che entra nelle nostre case c’è anche una storia di sofferenze e di sfruttamento. Non sempre, ma più spesso di quanto immaginiamo. [giovanni de mauro - internazionale 934]

merce di scambio

Per cortesia, per cortesia, posso essere almeno considerato merce di scambio?

Oggi ero nel centro polifunzionale di via Nuova Poggioreale. Mentre camminavo ho sentito diversi giovani che discutevano del fatto che da tre mesi non prendevano lo stipendio, incerti di cosa dovevano o non dovevano fare, alla fina hanno deciso di risalire e lavorare ancora gratis. Con loro c’era una mia ex collega che ascoltava le storie un po’ perplessa. Ad un certo punto uno di loro le ha rivolto la parola dicendole: “beata te che ti pagano ogni mese”.

Premetto che questa ragazza “fortunata” lavora da diversi anni con un contratto a progetto. Se pur le è rinnovato non è mai previsto però l’aumento. Come per legge non percepisce le ferie, né le malattie, né gli straordinari, ma in compenso deve lavorare otto ore al giorno (senza doverlo spifferare però), etichettata come una fortunata, è ricattata con la più infima delle schifezze: “o lavori in questo modo o vai via, tanto c’è chi sta peggio di te, lo vedi?”.

No, mi dispiace, lei non è neanche più considerato merce di scambio. [+blogger]