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glabalizzazione dell'informazione

LETTERA APERTA AI GIORNALISTI ITALIANI

Caro/a  giornalista, pace e bene! So quanto sia difficile fare oggi il giornalista in Italia, dentro un sistema in cui i media sono nelle mani dei potentati economico-finanziari. Per questo non ti scrivo per chiederti l’eroismo, anche se in Italia abbiamo avuto tanti giornalisti, che hanno pagato con il sangue, il coraggio di dire la verità al potere, sia esso politico, economico-finanziario o mafioso. Ti scrivo solo per chiederti di mettere qualche “sassolino” nell’ingranaggio dell’informazione, facendo passare qualche notizia in più sui drammi dei più poveri, soprattutto del sud del mondo.

Ti confesso che mi fa tanto male vedere come l’informazione in questo paese sia così provinciale, così centrata sui nostri problemi, così persa nei meandri dei pettegolezzi della nostra vita politica e sociale. Come missionario sono profondamente indignato per il pochissimo spazio dato alle gravi crisi che attanagliano il sud del mondo, in particolare dell’Africa, il continente più vicino a noi. (E solo grazie alle testate missionarie, che gira qualche notizia in più e non nel grande circuito dei media) Non riesco a capire come, per esempio, si parli così poco delle tragedie in atto in quel continente. Penso all’attuale guerra civile in Sud Sudan, con migliaia di morti e centinaia di migliaia di rifugiati. Penso alla drammatica situazione della Repubblica Centrafricana, dove si è innescata un’altra spaventosa guerra fratricida. Penso ai bombardamenti in atto nel Sudan contro il popolo Nuba, da parte dell’esercito di Khartoum. Penso a tutta la zona saheliana che vive una stagione di grave instabilità.

Siamo di fronte a immensi drammi umani, a massacri di popolazioni inermi, a milioni di rifugiati che ora premono alle porte dell’Europa. E tutto questo in un incredibile silenzio stampa. Ricevo ogni giorno appelli di missionari che chiedono di far conoscere i drammi dei loro popoli. Ma è quasi impossibile far passare tutto questo nei media nazionali. Siamo di fronte alla “globalizzazione dell’indifferenza” , come ha detto Papa Francesco a Lampedusa.

Caro giornalista, mi appello a te, alla tua umanità, perché tu possa darci una mano a far conoscere il grido di dolore di tanti uomini, donne e bambini. Te lo chiedo perché porto, da una vita, nella mia carne,  la loro sofferenza. Ma anche perché come giornalista, ho pagato caro l’aver detto la verità al potere. Caro giornalista, vorrei che anche tu potessi aiutarci, invitando i tuoi colleghi a fare altrettanto. Se tanti giornalisti della carta stampata, del web, della radio e della televisione dessero solo un piccolo contributo, avremmo un miracolo informatico. Caro collega, non ti chiedo l’eroismo, ma solo un po’ più di coraggio e di passione. [alex zanotelli]


il decreto del fare

Una violazione alla sicurezza sul lavoro. La scorsa settimana, alla Commissione Lavoro della Camera, purtroppo, soltanto una forza politica ha votato contro il D.Lgs. 69 del 21/6/2013 (Decreto del Fare), che, tra i tanti e frettolosi provvedimenti, introduce anche modifiche alla materia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Gli Art. 32,35,38 e 42 di tale Decreto Legislativo di fatto vanno a modificare concetti essenziali come quello del Duvri, delle procedure standardizzate,  del Psc e Pos, della Informazione, della comunicazione degli infortuni gravi o mortali, per ultimo, degli adempimenti per lo smaltimento di agenti chimici inquinanti

In qualità di lavoratore ed RLS non posso esimermi dall’esprimere il più forte e totale dissenso a tale manovra. In un clima politico che ha mostrato il tentativo di barattare il diritto alla salute con il diritto al lavoro (vedi questione ILVA) risulta inaccettabile la modalità di procedere attraverso D.Lgs, e si assiste,  senza alcun confronto con le parti sociali,  alla mancata attivazione della conferenza Stato Regioni, con palese violazione dell’Art. 117 della Costituzione. Inutile evidenziare il puntuale annullamento della Commissione Consultiva Permanente. E se i dati del rapporto annuale INAIL parlano di diminuzione di infortuni è solo perché esiste una diminuzione di offerta di lavoro ed una palese e diffusissima paura alla denuncia dell’infortunio. Lo scrive chi lavora e vive al sud, e come tale assiste sempre più ad una accentuata differenza nord-sud. Non è più possibile assistere ad incidenti mortali, a patologie fantasma ed alla eliminazione del diritto alla salute! Non è più comprensibile il silenzio su questa materia mostrato dalla maggioranza delle forze politiche! Il Decreto del Fare dovrà essere tramutato in legge nella seconda metà di agosto e queste brevi righe vogliono essere un appello per tutti coloro che, operando nei luoghi di lavoro, nelle associazioni e nelle forze politiche, hanno maturato la giusta sensibilità per difendere, per l’ennesima volta l’attacco al diritto alla salute ed al lavoro.  [lucio criscuolo] 

Per ulteriori approfondimenti sul decreto e le sue modifiche scrivete all'autore, l'indirizzo di posta elettronico è: lucio.criscuolo@alice.it

buona pasqua



sta morendo

NAPOLI - Il fagotto di stracci che vedete nella foto non ha neppure la sagoma di un uomo. Ma sotto c'è un uomo. Non si può muovere da un mese, qualcuno dice un mese e mezzo. Non si sposta più da quell'angolo da quando qualche scellerato, forse stanco del suo vai e vieni vagabondo in piazza san Domenico Maggiore, gli ha fatto sparire la sedia a rotelle che gli consentiva di spostarsi in autonomia.

Una bravata, una perfidia, un accanimento. Forse, presto, anche un omicidio. Quest'uomo - come riferisce l'associazione Corpo di Napoli con Gabriele Casillo - infatti non si alza più. Non può cercarsi il cibo. Appartarsi per fare i bisogni. Delira e si percuote. A volte è in grado di accettare la carità, a volte non è neppure in condizione di capire chi vorrebbe aiutarlo ed inveisce: forse è abituato a temere chi si avvicina al suo angolo.

Casillo racconta delle suore di madre Teresa che riescono, a volte, a convincerlo ad accettare qualche cosa. «Vorremmo aiutarlo - ma non si capisce chi debba farlo». Qualcuno ha chiamato il 118, ma lui - gridando in francese - si è rifiutato di salire in ambulanza. E' rimasto in quell'angolo, come una nave spiaggiata, a naufragare sotto gli occhi dei passanti.

Ha l'odore della cattiveria di chi gli ha sottratto l'unico bene, la sedia a rotelle. Chi lo ha visto ancora padrone, almeno, di muoversi, dice che ha un piede malato. Ora si vocifera che abbia una cancrena, e l'odore lo farebbe pensare. Ma il destino di quest'uomo sembra confinato sotto quella coperta. Possibile che non possa essere raggiunto da nessuno? [articolo di chiara graziani]   

stop agli arraffa terra

Appello contro il Land-Grabbing - Muti spettatori, stiamo assistendo ad un’altra operazione di ladrocinio internazionale che, in inglese, è chiamata land-grabbing e in italiano potremmo tradurre  con arraffaterre. E’ una forma aggiornata di neo-colonialismo. Alcune multinazionali dell’agro-alimentare e alcuni gruppi finanziari (banche private, fondi- pensione, fondi di investimento) attratti dai prezzi dei generi alimentari in aumento e dalla domanda crescente di biocarburanti e di prodotti agricoli si sono buttati nel grande affare di acquisire, nel sud del mondo, terre coltivabili e fonti d’acqua associate.

In questi ultimi anni milioni di ettari di terre arabili sono state comperate, a bassissimi prezzi, per produrvi derrate alimentari, mangimi, o biocarburanti che vanno a beneficio degli speculatori, ma a danno degli agricoltori locali e dei pastori ai quali è tolto l’accesso alla terra e all’acqua. Spesso le popolazioni espulse dalla terra sono vittime di sgomberi violenti, lasciate senza risarcimenti adeguati o fonti di reddito. A loro resta spesso solo andare a ingrossare il popolo delle baraccopoli. Si calcola che ,nella sola Africa,  67 milioni di ettari di terra siano stati accaparrati (equivalenti alla superficie della Germania e dell’Italia). L’Eldorado del land-grabbing è oggi l’Africa (anche se il fenomeno è molto presente sia in Asia come in America  Latina). Questo scempio è venuto alla ribalta quando nel 2008 il governo del Madagascar concluse il gigantesco accordo con la multinazionale coreana Daewoo che prevedeva la cessione gratis per 99 anni della metà della terra arabile del paese. L’affare scatenò proteste di piazza che spazzarono via il governo di M. Ravamanana.

Ma in Africa non c’è solo la Corea, ci sono anche le due grandi potenze asiatiche: Cina e India. Quest’ultima ha già investito 2,4 miliardi di dollari per l’acquisto di terre nell’Africa Orientale: Etiopia, Kenya, Madagascar e Mozambico. Particolarmente imponenti gli investimenti indiani per l’acquisto di terre in Etiopia che sta diventando il ‘Brasile dell’Africa’ .L’Etiopia vuole infatti diventare  il più grande produttore di biocarburanti del continente. Altrettanto imponenti gli investimenti dell’Arabia Saudita in Etiopia, per avere derrate alimentari per la propria popolazione. Il miliardario saudita Mohamed Hussein Al Amoudi sta mettendo le mani  su 300.000 ettari oltre quelli che già ha ottenuto a Gambela al confine con il Sudan. La Cina sta arraffando terre un po’ ovunque nel continente africano, in particolare in Sud Sudan che sta attirando l’appetito di molte nazioni (Questo avviene in un’Africa che deve importare ogni anno decine di milioni di tonnellate di derrate alimentari!).

L’Europa non è seconda a nessuno in questo business e l’Italia brilla in questa nuova forma di neocolonialismo.  “L’Italia, è tra i paesi europei, uno dei più attivi negli investimenti europei su terra all’estero, seconda solamente all’Inghilterra-afferma il documento Gli arraffa  terre, redatto da Re: Commo-con Germania, Francia, Paesi Scandinavi, Olanda e Belgio a seguire.”Venti imprese italiane si giocheranno un pezzo di pianeta che potrebbe raggiungere nei prossimi anni oltre 2 milioni di ettari, tra queste le più note sono Benetton, Cir(di Carlo De Benedetti), Eni, Moncada, principalmente impegnate in Mozambico.Tra le banche più coinvolte sono le tre big del credito (Unicredit, Intesa e Monte dei Paschi di Siena). Se in Patagonia si è mossa alla grande Benetton, in Africa stanno arraffando terre parecchie imprese a medie dimensioni, soprattutto in Senegal e Etiopia.

Dietro a tutto questo ‘arraffa terre, ci stanno le grandi istituzioni internazionali. “La Banca Mondiale-afferma la nota organizzazione popolare Via Campesina- è una delle forze trainanti dietro al land-grabbing che permette al grande business mondiale di inghiottire terre e risorse ai danni delle comunità locali.” La Banca Mondiale, in violazione con il suo stesso mandato, sta favorendo gli investitori attraverso prestiti ad hoc e assicurazioni contro le perdite e sta poi persuadendo i governi del Sud del mondo a modificare le proprie leggi sulla proprietà della terra per renderle funzionali agli investimenti esteri. Non possiamo accettare né come cittadini né come credenti questa nuova forma di colonialismo di un’odiosità e pericolosità senza pari. E’ la negazione di diritti umani fondamentali : diritto al cibo e all’acqua! Questo nuovo fenomeno porterà alla fame e alla disperazione milioni di contadini del Sud del mondo. Nella tradizione biblica ci viene sempre ricordato che la “ la terra è di Dio” e quindi deve essere equamente divisa tra tutti perché tutti possano vivere. In nome di questa tradizione ebraico-cristiana, i vescovi africani riuniti a Roma, per il Sinodo Africano (2009) sono stati categorici su questo argomento:” Questo Sinodo invita urgentemente tutti i governi africani ad assicurarsi che i loro cittadini siano protetti contro l’ingiusta esclusione dalla propria terra e dall’accesso all’acqua che sono beni essenziali della persona umana.”

Nello stesso spirito, i vescovi del Kenya, lo scorso agosto, hanno pesantemente attaccato il loro governo, reo di volere offrire 500mila ettari di terre a multinazionali per produrre cibo da esportare o per biocarburanti, mentre tanti in Kenya soffrono la fame. E’ proprio per questo che il gruppo di Giustizia, Pace e Salvaguardia del creato dei missionari/e comboniani/e, riunito a Rio de Janeiro, il giugno scorso, ha deciso di preparare e sostenere una campagna di sensibilizzazione contro questo nuovo crimine contro l’umanità. E la famiglia comboniana intende farlo insieme a tutti coloro che si stanno impegnando su questo tema come la Rete europea degli istituti missionari (AEFJN) che ha sede a Bruxelles. (email:aefjnnews@aefjn.org) Facciamo nostro il grido dei missionari  riuniti durante il Forum Sociale Mondiale (2011) a Mbour (Dakar): "Vogliamo continuare ad impegnarci per assicurare che l’Africa non subisca un altro genocidio in conseguenza del land-grabbing". [alex zanotelli]