Vincenzo Minei volontario della rete Sanità e abitante del rione ha scritto una recensione sul libro di don Antonio Loffredo "Noi del rione sanità", pubblichiamo integralmente la mail inviataci il giorno 3/9/'13
Tra i libri che mi hanno accompagnato questa estate c'era il libro di
Antonio Loffredo intitolato "Noi del Rione Sanità" edito da Mondadori. Il
libro, che l'autore apre con una ipotetica lettera al padre ormai scomparso,
tenta di dare voce e volti a quella che è un'esperienza forse unica nel suo
genere, cioè scommettere sulle risorse in loco, puntando sul recupero della
storia e della bellezza di un quartiere, la Sanità che si è ritrovata nel corso
dei secoli ad essere da passaggio obbligato per il centro di Napoli, ad una
sorta di ghetto nel cuore della città. Ed è proprio per cercare di uscire da
questo isolamento non solo fisico, rappresentato visivamente dal "tremendo
ponte" di età murattiana, ma anche mentale che l'autore del libro, insieme a
quei ragazzi nel frattempo diventati giovani uomini e donne, molti dei quali
conosco personalmente da piccoli, hanno avviato tramite le varie cooperative
che vanno dalla valorizzazione degli antichi cimiteri paleocristiani alla
formazione e all'arte come il teatro e la musica classica.
Scritto in un buon
italiano, con molte licenze verso l'immaginifico, come è nello stile
dell'autore, il libro presenta tuttavia alcune lacune, che è doveroso
sottolineare. Anzitutto, mi dissocio assolutamente dagli attacchi a priori
contro l'autore, che molti hanno accusato di volere trasformare il quartiere in
una bomboniera per cacciare via i locali o chi accusa i componenti della Rete
Sanità (che tra l'altro nel libro non viene nemmeno menzionata nemmeno in poche
righe), di essere solo capaci di rosicare e di parlare. Simili atteggiamenti
non fanno che creare conflitto e divisione. Il dissenso è giusto e doveroso, ma
deve sempre svolgersi in uno spirito costruttivo e non su idee preconcette, il
puro volontariato da una parte e il privato sociale visto come il demonio e il
male assoluto. E riguardo appunto al privato sociale, il cosiddetto terzo
settore, proprio perchè punta a creare lavoro deve avere almeno un minimo di
ritorno economico. Va inoltre rispettato il lavoro di tante persone che nelle
idee e nei sogni del Loffredo ci hanno creduto e ci credono, partendo
praticamente da zero e arrivando ad avere riconoscimenti nazionali spesso
superando i labirinti delle pastoie burocratiche.
E fin qui ho evidenziato i
pregi, passiamo ai limiti: doverose le pagine in cui si nominano suor Rosetta e
suor Lucia, o padre Alex, tuttavia l'autore dimentica di citare la Rete del
Rione Sanità di cui egli stesso fece parte per un periodo (dimenticanza?).
L'iniziativa della scuola di italiano per stranieri che ha sede presso
l'Istituto Ozanam, portata avanti con notevoli sforzi da suor Lucia e di cui
chi scrive fa parte da ormai due anni, va ricordato, è stata un'iniziativa
della Rete, ma non lo scrivo in spirito di polemica, ma solo per aggiungere un
tassello che evidentemente manca.
Quanto alla cosiddetta Operazione San
Gennaro, sul progetto di diciamo così riqualificazione delle catacombe dedicate
al patrono cittadino e che è stata la miccia che ha innescato le polemiche,
siamo sicuri che sia conveniente farci delle piscine o delle discoteche? Certo
non sono d'accordo con chi afferma a priori che il rione "è bello così com'è",
ed è giusto cercare di migliorarlo, ma bisogna partire dalla mente e
soprattutto dal cuore delle persone, solo così si possono ottenere risultati
duraturi. Poi le catacombe, la musica, sono si tutte cose molto belle, ma in un
quartiere che ha una tradizione artigianale che sta scomparendo, non sarebbe
meglio puntare al rilancio degli antichi mestieri di guantai e calzolai,
riadattandoli ovviamente alle nuove esigenze del mercato del lavoro? Va
benissimo il progetto di Comunità Locale, e il modello da seguire potrebbe
essere quello di Messina, purchè sia salvaguardata l'anima autentica del rione,
associandomi alle perplessità di chi teme uno snaturamento del quartiere stesso
tipo quello avvenuto a Taormina.
Sono sicuro che don Antò, da persona
intelligente qual è saprà accogliere queste mie osservazioni, tra l'altro da
lui stesso richieste al sottoscritto con lo spirito giusto senza sentirsi
offeso e, mettendo da parte i risentimenti personali anche chi finora ha
alimentato solo la polemica, possiamo tenere tutti presente che quello che
conta di più è il quartiere e non i piccoli protagonismi personali [vincenzo minei]