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il fuoco della sanità

Quello di qui sopra non è il titolo di un nuovo articolo sulla sanità pubblica (peccato, perché ne avremmo  bisogno), ma quello che l'altro ieri è successo, o meglio non è successo, nel quartiere: è stato impedito di accendere il fuoco di sant’Antuono che ogni anno si prefigge di cacciare il vecchio marcio e di accogliere il nuovo. Centinaia di adolescenti hanno protestato in piazza Sanità contro le forze dell’ordine. Un divieto, se pur giusto, mai applicato negli anni addietro. I roghi, invece, ieri erano un po’ sparsi per tutta Napoli e provincia nonostante la pioggia.

Sono anni che continuo a dire che il “loro” contro il “noi” è una definizione mentale scellerata. Non è possibile pensare alle forze dell’ordine come nemici, così come non è possibile definire la gente del rione tutti ladri e/o camorristi. Imporre un divieto così all’improvviso crea sempre una situazione di disagio, come quella che si è verificata il 17 gennaio scorso, intorno alle diciannove, in piazza Sanità. Sembra che i poliziotti o i carabinieri siano di un altro pianeta e che gli abitanti del quartiere siano di un’altra galassia. L’invasione entra prima di tutto nelle anime, pervade come il fuoco la mente e il chi va là tappa gli occhi e le orecchie. La mente si ferma alla vista di una divisa, così come quando si intravede il ponte della Sanità, i tutori della giustizia sobbalzano di soppiatto.

Bisogna ritornare alla normalità. Quando vedo lampeggiare o suonare una sirena mi guardo intorno e vedo gente con aria tesa…assurdo; così come gli uomini della forza pubblica hanno modi e posture differenti quando sono alla via Sanità, tutt’altro invece sono i comportamenti alla via Luca Giordano. Queste etichette dobbiamo sradicarle prima dalle nostre parole, poi dai nostri atteggiamenti. Ho esagerato un po’ e l’ho fatto apposta scrivendo questo articolo, in realtà non mi sono mai guardato indietro quando un poliziotto mi ha chiesto i documenti. Ma la normalità deve pur arrivare, i pregiudizi fanno male a noi, alle nostre famiglie, ai nostri figli... A perdere siamo sempre noi, neanche il pareggio ci è dato sperare. [+blogger]              

breve resoconto olimpiadi

NUOVA RUBRICA DI SPORT SOCIALE

Bolt vince la terza Olimpiade consecutiva dei duecento m., impresa mai prima riuscita, con 19.78, indurendosi un po' nel finale, davanti al canadese De Grasse ed al francese Lemaitre, primo bianco, poi ancora due europei neri, Gemily e l'olandese delle Antille, Martina. Forse Bolt voleva fare un tempo migliore, ma teniamo conto che domenica Bolt farà 30 anni, che rispetto ad otto anni fa a Pechino ci sono anni e soprattutto infortuni in più, che la pista era stata bagnata dalla pioggia scatenatasi poco prima. In otto anni, da Pechino a Londra a Rio, ripassando per Pechino mondiale 2011, si chiude un ciclo mai visto prima in atletica. La Russia batte a sorpresa ai supplementari le norvegesi bicampionesse olimpiche della pallamano 38 37 ai supplementari e va in finale contro le francesi. Delusione nel volley femminile in parte compensata nell'handball, mentre nel decathlon, dietro lo statunitense Eaton, vanno a medaglia un francese ed un canadese, inoltre nella gara ci sono significativi avanzamenti da parte di movimenti emergenti, come l'Africa, di cui l'algerino Bourada stabilisce il record continentale, Brasile con record nazionale di Araujo, ed anche la piccola isola caraibica di Grenada, con due atleti in gara ed il record nazionale migliorato. Nel giavellotto ancora revival jugoslavo, con oro alla croata Kolak, che si migliora al quarto lancio e col suo personale mette dietro la sudafricana Villoen, che si allena nel paradiso dei lanci nell'altro emisfero, dove tutti si allenano durante il freddo europeo, poi Spotakova, ceca allieva del campionissimo Zelexny, poi un'ottima giovane polacca, Andreiczyk, e la Campionessa europea di Brest, città nella storia atletica bielorussa, la Kholovaskaya. Nei 400 hs, tra i maschi vince l'Usa, naturalizzato, di Trinidad, Stewart, tra le donne Delilah Muhammad, anch'essa Musulmana, davanti alla danese Petersen ed alla connazionale Spencer. Una canadese vince l'oro in una categoria intermedia di peso della lotta libera, davanti ad una kazaka Breme la canadese, se non sbaglio. Tra Cina ed Olanda, con queste ultime in vantaggio al terzo set, si stanno giocando il passaggio alla finale di volley contro la Serbia. [nicola vetrano]


rom di gianturco

NO AGLI SGOMBERI SENZA UNA ALTERNATIVA

Il Comitato Campano con i Rom non può accettare lo sgombero del Campo rom di Gianturco se non si offre loro un’alternativa decente ove abitare. E’ da mesi che sul campo Rom di Gianturco, situato in via Brecce a S. Erasmo(di fatto si tratta di quattro campi), che con circa milletrecento persone, pesa la minaccia di sgombero su ordine della Procura di Napoli. La ragione per tale decisione è che quell’area è una zona tossica. Noi sospettiamo però che dietro a quella decisione ci sia la spinta del governatore Vincenzo De Luca, che pubblicamente ha dichiarato che vuole sgomberare tutti i campi Rom. Il comitato concorda che il campo di Gianturco venga chiuso perché il degrado è tale che calpesta tutti i diritti di un essere umano (donne, uomini e bambini). Infatti quel campo è un pugno allo stomaco per tutti coloro che lo visitano. Quella baraccopoli, simile a tante baraccopoli del Sud del mondo, deve scomparire. Ma a un patto! Che venga offerta a chi ci vive un’alternativa. E’ una violazione dei diritti umani fondamentali sgomberare degli esseri umani dal loro habitat senza offrire loro un sito alternativo ove sistemarsi, inserendoli anche in alloggi popolari. E’ questa la politica voluta dalla UE. Sappiamo che il Comune di Napoli sta lavorando a una soluzione alternativa, ma che potrà ospitare solo trecento persone. E gli altri? Avremo a Napoli la replica della tragedia dei Rom di Giugliano , sgombrati, su ordine della Procura, dai loro campi perché ‘tossici’, e si ritrovano oggi a Masseria del Pozzo , in una zona più tossica della prima. 

Riconosciamo finalmente il nostro razzismo atavico contro questo popolo Rom. Sono loro i più disprezzati, emarginati della nostra società occidentale. Un razzismo sfruttato dalle destre xenofobe europee per guadagnare voti. Non dimentichiamo che sono state le stesse dinamiche a portare al nazismo e al fascismo, pagato da oltre mezzo milione di Rom cremati nei campi di concentramento. Non è questa la strada per costruire un ‘Europa dei popoli, una società più umana ed accogliente. Per questo il Comitato con i rom chiede: 

alla Procura di sospendere lo sgombero del campo di Gianturco (sappiamo che ha già concesso una volta una proroga di due mesi) finché non si trovi una soluzione umana per tutti; 

alla Regione di convocare subito un tavolo di tutte le realtà che si occupano dei Rom per trovare una soluzione non solo per Gianturco, ma anche per gli altri campi Rom dell’area metropolitana (si tratta di 6-7 mila persone!) che vivono in situazioni disumane, in particolare i Rom di Giugliano;

al Comune di Napoli perché trovi in fretta una soluzione alternativa per i Rom di Gianturco. 

Inoltre il Comune si adoperi per la Consulta dei rom ,perché venga ascoltata direttamente la loro voce. 

Abbiamo tutti bisogno, istituzioni come realtà di base, di sederci insieme e insieme trovare soluzioni per dare dignità a questi nostri fratelli e sorelle rom.Ci appelliamo poi a tutte le realtà di base (associazioni, comitati, reti….) perché facciamo causa comune con i rom di Gianturco contro l’imminente sgombero del campo. Ascoltiamo l’appello del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) e della Conferenza delle Chiese Europee (Kek) dello scorso anno: “Dobbiamo costruire nuove relazioni giuste con il rom e impegnarci nel difficile, ma essenziale compito del risanamento e della riconciliazione.” [p.Alex Zanotelli, p.Domenico Pizzuti, past. Dorothea Mueller e past. Leonardo Magrì(Chiesa Valdese) a nome del Comitato Campano con i rom e del Forum antirazzista della Campania]

la volkswagen nera

Sono nato nel rione Sanità, ho 43 anni e vivo nel quartiere da sempre. Mio padre era operaio, mia mamma era casalinga e paralitica. I miei nonni erano poverissimi circondati da non so quanti figli in un basso di vico Tronari. Chi cresceva per strada come mio padre, chi con genitori putativi, chi con la mammana, chi per conto suo. Erano poverissimi; ma avevano tutti una caratteristica particolare, erano onesti; diventati poi artigiani, operai, venditori ambulanti, casalinghe, guantaie. Il più istruito firmava prima con il cognome e poi con il nome. Mio padre emigrò in Germania a 18 anni, dopo 4 anni di lavoro come metalmeccanico, rientrò in Italia per sposarsi portandosi al seguito una volkswagen nera (il maggiolino). Da qual momento divenne il più ricco della famiglia: anche quando aveva 4 figli e una moglie disabile, una casa di 25 metri quadri all’interno di un palazzo sgarrubato e un lavoro da operaio camionista, per i suoi fratelli e sorelle rimaneva il benestante germanese. Insomma una famiglia del quartiere Sanità, di un vicolo della povertà, una famiglia che resisteva al malaffare e alle lusinghe del guadagno facile. E non era l’unica!

Non credo siano cambiati gli ideali di ricchezza, tutti sognavano di vincere un terno al lotto. Mio padre si giocava mille lire a settimana, una “pazzaria” per mia mamma dedita al lavoro di casa e al frigo che non doveva mai essere vuoto. Chi vive oggi nella Sanità è arrabbiato, ha mille idee che possono rivoluzionare il quartiere, vorrebbe che tutti sposassero la sua causa, le sue tesi, così il mio fruttivendolo si lascia ad uno sfogo intimo e tenebroso: “mettiamo due cancelli, uno alla via Vergini, un altro sotto il ponte della Sanità”. E’ la speranza del riscatto abbruttito, selvaggio, è l’avvilimento per chi si compra i voti, per chi promette lavoro, per l’avarizia che sotterra la realtà, per l’indifferenza istituzionale. La differenza tra passato e presente è in quella volkswagen nera che faceva tanto impressione alla gente povera. “In fondo ci stanno bene nella mazzamma”, ogni tanto qualcuno emerge diventando imprenditore, calciatore, truffatore, spacciatore internazionale. Chi resiste è invisibile e, si sa, gli invisibili sono inesistenti, ahi voglia di citare il proverbio “chi allucca gran dolore sente”, questi non sentono neanche la propria moglie che sguscia a letto con un altro.

Questo rione liminale ha talento da vendere, tanto che molta gente dell’altra Napoli sta acquistando case per trasformarle in B&B. La famiglia del rione, la mia famiglia, quella che ha vantato una volkswagen nera non deve chiedere a nessuno, ha lavorato portandosi i maccaroni nel termos rosso nella borsetta di pezza blu, così come i numerosi fruttivendoli, salumieri, macellai, pellettieri, guantai che pur hanno rappresentato una categoria economica e una forza lavorativa. Nonostante mia nonna, in certi periodi dell’anno, dovesse elemosinare per campare, gli occhi della gente però non dovevano mai tradirla per rispetto e dignità. Oggi chi ha paura deve essere compreso non etichettato. Oggi finalmente abbiamo le prove che se ne sbattono di questo rione. Se hai una amante, devi fare l’amore non devi masturbarti. P.S. Non sono contro la masturbazione, sono contro la solitudine. [+blogger]     

internazionale rom

I rom rubano i bambini e gli altri stereotipi sulla minoranza più discriminata d’Europa. Secondo il Pew research center, l’Italia è il paese europeo dove l’intolleranza verso i rom e i sinti è più diffusa. L’istituto di ricerca statunitense ha esaminato l’ostilità nei confronti dei rom in sette paesi d’Europa nel 2014, e in Italia l’85 per cento degli intervistati ha espresso sentimenti negativi verso questa popolazione. Nel 2014 l’Osservatorio 21 luglio ha registrato 443 episodi di violenza verbale contro i rom, di cui 204 ritenuti di particolare gravità, e l’87 per cento di questi episodi è riconducibile a esponenti politici. Gli stereotipi negativi su questo popolo sono molto diffusi, influenzano la percezione collettiva, le politiche pubbliche e hanno contribuito a fare dei rom un capro espiatorio in molte situazioni. Tuttavia alcune ricerche suggeriscono che la maggior parte della popolazione italiana conosce molto poco i rom. Uno studio di Paola Arrigoni e Tommaso Vitale per l’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione ha mostrato che il 42 per cento degli italiani non conosce la cultura rom. I rom rubano i bambini.

La storia che i rom rubano i bambini è molto antica e di tanto in tanto riaffiora nelle cronache dei quotidiani. Nell’ottobre del 2014 in Irlanda, a Dublino e ad Althon, una bambina rom di sette anni e uno di due furono sottratti ai genitori perché avevano i capelli biondi e gli occhi azzurri e le autorità pensarono che erano stati rubati. Ma gli esami del dna confermarono che i due bambini erano figli delle famiglie a cui erano stati sottratti. Il ministro della giustizia irlandese aprì un’inchiesta sull’accaduto, ma l’episodio scatenò un’isteria collettiva, commenti razzisti e una serie di false denunce di bambini rubati dai rom. Episodi come questi sono ciclici in Italia e in Europa. La ricercatrice Sabrina Tosi Cambini nel libro La zingara rapitrice ha analizzato gli archivi dell’Ansa dal 1986 al 2007 e ha preso in considerazione le decine di notizie in cui si denunciavano presunti rapimenti e scomparse di bambini a opera dei rom. Lo studio ha analizzato trenta casi di presunti rapimenti e ha verificato che nessuno di questi casi si è dimostrato vero dopo le indagini della polizia e della magistratura.

Ma spesso i mezzi d’informazione, che hanno dato la notizia del rapimento, hanno invece ignorato gli esiti delle inchieste. Quello che si sa poco, invece, è che molti bambini rom vengono sottratti alle loro famiglie dai tribunali dei minori a causa delle condizioni materiali di indigenza delle loro famiglie. Il rapporto dell’Associazione 21 luglio, Mia madre era rom, ha mostrato che un bambino rom ha il 60 per cento di possibilità in più di altri bambini che sia aperta nei suoi confronti una procedura di adottabilità. I rom non vogliono abitare nelle case, sono nomadi. Solo il 3 per cento della popolazione rom in Italia è nomade, mentre la maggior parte è stanziale (dati della commissione diritti umani del senato). In Italia, quattro rom su cinque vivono in normali abitazioni, lavorano e conducono una vita perfettamente integrata. Si tratta di almeno 130mila persone. Tutti gli altri (un quinto del totale, circa 40mila persone) vivono nei campi, in una situazione di emergenza abitativa. Si tratta dello0,06 per cento della popolazione italiana. L’Italia è l’unico paese in Europa dove esistono i campi, creati dalle autorità per risolvere l’emergenza abitativa dei cittadini rom.

L’idea che i rom amano vivere nei campi perché sono nomadi per cultura è priva di fondamento. Più del 90 per cento di quelli che vivono in Italia è stanziale. In Abruzzo per esempio le famiglie rom vivono in normali appartamenti e conservano la cultura, la lingua e le tradizioni rom. La parola nomadi inizia a essere usata per parlare delle popolazioni rom e sinti alla fine dell’ottocento. Nando Sigonadel Centro studi sui rifugiati dell’università di Oxford ha spiegato a Redattore sociale che “l’utilizzo del termine nomadi serve per giustificare la costruzione dei cosiddetti campi nomadi”, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Secondo Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, “la parola nomade è molto pericolosa” perché giustifica la segregazione delle persone rom in campi speciali isolati dalla città. Nel suo rapporto annuale l’Associazione 21 luglio afferma: “Nel 2014 la costruzione e la gestione dei campi rom continua a essere un’eccezione italiana nel quadro europeo.

Tali politiche hanno comportato voci di spesa elevatissime senza far registrare alcun miglioramento nelle condizioni di vita di rom e sinti, ma ne hanno sistematicamente violato i diritti umani. A Roma nel 2013 sono stati spesi più di 22 milioni di euro per mantenere in piedi il sistema dei campi e dei centri di accoglienza per soli rom”. Sono troppi, devono tornare a casa loro. L’Italia è uno dei paesi europei dove abitano meno rom e sinti, al contrario di quanto percepito dalla popolazione. In Italia abitano 180mila rom, lo 0,25 per cento della popolazione totale, una delle percentuali più basse d’Europa. La Romania è il paese europeo con la maggiore presenza di rom (circa due milioni), seguita dalla Spagna dove i rom sono circa 800mila. Nonostante il numero dei rom in Italia sia basso, nel 2008 il governo italiano ha dichiarato lo “stato di emergenza nomadi” nel Lazio, in Campania e in Lombardia. Ad aprile 2013 la corte di cassazione ha dichiarato illegittimo il piano di emergenza, perché non ha rilevato nessuna relazione tra la presenza dei rom e i presunti pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica denunciati dal governo.

I rom e i sinti sono presenti in Italia da più di sei secoli. Infatti il 50 per cento dei rom che abitano nel paese è di nazionalità italiana. Le regioni dove la presenza rom è più significativa sono il Lazio, la Campania, la Lombardia e la Calabria. In Emilia Romagna più del 90 per cento dei rom è italiano. I rom di più recente insediamento provengono dai Balcani, sono profughi della guerra nella ex Jugoslavia, molti di loro sono apolidi di fatto, non hanno i documenti, perché il loro paese d’origine non esiste più. [fonte: internazionale.it]

in breve

Abbiamo bisogno di riposo. Il rione va in vacanza. Caldo, umidità, stanchezza, mal di stomaco, afa e tutto quello che si “respira” in questi giorni nel quartiere. Le solite cose. Le promesse dei politici. Continua chiusura e riapertura dei CAF. Le strade bucherellate. La pessima informazione. Le notizie di routine. Non si può combattere contro i mostri sacri del giornalismo, la Repubblica, il Manifesto, il Roma, Il Mattino. Sul rione si pubblicano solo schifezze, si scrivono solo dei morti ammazzati, si fa solo sensazionalismo. “La carità pelosa di donna Prassede” è sempre in agguata. 

C’è un signore anziano che da qualche anno vive nella sanità, magro, smunto, biondo, allegro. Ha fondato da solo, scrivendo con una vecchia macchina da scrivere, l’”Associazione Alcolisti Anonimi”. Mi ha detto: “devo tappezzare il quartiere, distribuire fotocopie per cercare di far uscire allo scoperto una condizione tragica e nascosta”. Chi beve tanto sogna la morte. 

C’è un’altra associazione di anonimi. Quest’ultima si è costituita qualche anno fa: l’”Associazione Giocatori Anonimi. Per 10 euro mi sono giocata il mio corpo e la mia stima. 50mila euro in un mese. I soldi della pensione di mia nonna. Ho rubato, scippato, truffato. Riscuoto il soldi della pensione di mio padre morto. Informazione a tappeto anche per noi, si può e si deve uscire da una condizione di malattia, una malattia infantile per un gioco che non finisce mai. 

Niente da fare, la notizia resiste più dell’informazione, il giornalista deve far sussultare gli animi, così come in una commedia tragicomica si deve piangere si deve ridere. Non è la professione che impone certe inadeguatezze, è la svendita della qualità, come il paparazzo che scatta per inerzia, così come l’inserzionista che impone un format televisivo. Ma la gente non è stupida. Come affermava Albert Einstein: “Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”. [+blogger]

i cazzimbocchi di via sanità

Sono anni che i cazzimbocchi della via Sanità saltellano su e giù all’impazzata. Per la strada vere e proprie voragini inghiottono l’indifferenza della Municipalità che, ogni tre o quattro mesi, interviene per otturare le proprie irregolarità. C’è una differenza che proprio non capisco: la strada di viale dei colli Aminei è rifatta quasi ogni anno, da poco una rotonda è stata “inaugurata” dalla presidentessa della III Municipalità. Nel rione Sanità se una donna incinta di pochi mesi osa prendere l’auto rischia un aborto spontaneo per movimenti tellurici improvvisi. Il manto è continuamente imbrattato di asfalto, che puntualmente fa saltare i restanti sanpietrini, creando anomalia e difformità. 

 Provate a percorrere vico Palma: alla fine, dove incrocia via Sanità, girate a destra, abbassate la testa e se le cassette della frutta e della verdura ve lo permettono, sul marciapiede notate un avvallamento strano, una specie di sinusoide che si placa alla testa di un tombino che traballa, anzi direi svolazza, fa rumore, è precario. Se ci cade una persona dentro?, peggio per lui/lei. E se ci cade un/a bambino/a?, colpa della madre e/o del padre. E se ci cade un/a vecchietto/a?, colpa della colf. E se la colf non se la possono permettere?, colpa dei nipoti che lasciano i nonni soli e abbandonati. Insomma come avrebbe detto uno scrittore drammaturgo: “Nessuna domanda è più difficile di quella la cui risposta è ovvia”. [+blogger]

fascio friariello



250 film in 2 minuti e mezzo


la bomba

Assunta Bernarducci è una donna magra, non più giovane, con un addome globoso a mo’ di pera. Attende sempre un figlio, nonostante il marito venga ogni tanto dalla Germania. Abita in Vicoletto S. Gennaro dei Poveri : un capillare mozzo dell’urbanistica cittadina. Il vico si ferma per impotenza ai piedi della collina di Capodimonte, non riuscendo a valicare le centinaia di moto e macchine sequestrate dai vigili e ammonticchiate lì, tra ciuffi d’erba. E’ contornato da case abusive, forse un tempo baracche che venivano spazzate via al primo acquazzone che scendeva, giù dalla collina, a forma di torrente. Assunta abita un basso, due vani, solo letti a castello e brande per i suoi dieci figli che riempiono le maglie vuote di questa rete. Un cucinino che termina in un cunicolo nero: il gabinetto. Lo stereo è sempre acceso e invade il vico con le canzoni di Merola. Oggi sapevo che avrei trovato il fratello di Assunta, dimesso dall’Ospedale S.Gennaro. Tonino è un alcolista e soffre di una delle complicanze più tremende, la cirrosi, l’idrope degli antichi. Nello sconquasso del fegato bruciato dall’alcool, l’addome si riempie di liquido. E’ di Caivano, ma durante la malattia è stato ospitato dalla sorella. Assunta mi aspettava, seria sulla porta con l’ultimo lattante in braccio. C’era il silenzio rispettoso della morte. 

”Me lo hanno fatto portare a casa, non è cosciente”- Appena superata l’entrata, una branda, quasi a sbarrarmi il cammino. Tonino, il volto scavato e violaceo respirava rumorosamente, gorgogliando in fondo alla gola. Una coperta copriva il suo corpo magro, ma non celava quella sferica convessità del suo ventre. I bambini mi guardavano. Sapevo che la mia visita non poteva avere nessun valore e forse questo mi rendeva nervoso. Tolgo la coperta e scopro questo ventre gonfio a sproposito, con la pelle gelida, tesa,lucida, che lascia intravedere un reticolo di vene azzurre. Il rantolo è l’unico suono nel basso. I figli sono appollaiati sui letti a castello e guardano muti. Mi trovo ad usare un termine sbagliato, forse per stizza per la mia impotenza. -“ Ma non lo potevano pungere, in ospedale, per alleviare questa tensione. Tra poco scoppia!” In realtà Tonino non è cosciente e non soffre più, per cui questa manovra volutamente non è stata attuata. Assunta mi guarda in silenzio mentre compio un rituale di visita che non mi convince, ma che so che lei si aspetta. Dalla scollatura della vestaglia ha estratto un lungo seno avvizzito e ha introdotto un nero capezzolo nella bocca del bambino. Le spiego quello che in ospedale le hanno già detto: non c’è altro che aspettare il decesso. Vado via nell’imbarazzo della mia impotenza, senza guardarla negli occhi. Mi avvio verso l’uscita del vicoletto .Qualcuno dalle finestre mi saluta. Alle mie spalle, i passi affrettati di chi mi sta raggiungendo. E’ Assunta: - “ Dottore, scusate, voi avete detto che può scoppiare, volevo sapere se ci può essere pericolo per i miei figli?” [lucio ranieri]