rete "barracano"

I libri e gli interventi mediatici di Serge Latouche cominciano a fare il loro effetto. La “decrescita felice” non è solo un concetto nato dalla pensiero di un filosofo-antropologo. Comincia ad essere uno strumento metodologico di cambiamento sociale ed economico. Un anno fa se ne parlava come di un’esperienza pilota. Oggi alcuni sociologi lo indicano come un modello. Del quartiere Sanità di Napoli se ne parla e se ne scrive in decine di giornali, in centinaia di siti e in migliaia di messaggi disseminati su tutti i social networks. Tutto è cominciato, alcuni anni or sono, con le iniziative di restauro e di riqualificazione delle Catacombe di San Gennaro, promosse da una cooperativa di giovani chiamata “La Paranza”. Sulla scia del successo di questo progetto culturale, un piccolo gruppo di abitanti del quartiere, affiancati da personalità di spicco della vita culturale della città, sacerdoti, artisti, intellettuali, scrittori e cineasti, - nella lista dei “padrini” spiccano, fra gli altri, i nomi di Peppe Barra, Lina Sastri, Erri De Luca, Paolo Sorrentino, Toni e Peppe Servillo e, il più attivo fra tutti, John Turturro - hanno creato la rete Barracano, dal nome del sindaco del Rione Sanità che Eduardo de Filippo a reso celebre nel mondo intero. Paleocontemporaneo Art Shows (PAS), gli Iron Angels, i Guests Angels, gli Urban Angels e gli Events Angels sono una costellazione di associazioni cooperative no profit che, sotto l’impulso del comitato promotore della Rete Barracano, sono riusciti à realizzare in questo mitico rione della città storica una vera e propria rivoluzione culturale. Anche se molti lettori la conoscono per averne seguito le vicende nel corso degli ultimi mesi, avvenimenti recenti degni di interesse giustificano una sua “rivisitazione”. Benché la Rete Barracano avesse da mesi preparato il lancio del loro progetto culturale, i media e il pubblico napoletano ne hanno scoperto la sua esistenza la notte del 2 luglio di quest’anno, - giorno della festa del santo del quartiere, San Vincenzo Ferrer detto “O’ Monacone” - quando nello slargo di Via Vergini, nel cuore del quartiere, i giovani della Rete hanno organizzato il primo incontro informativo con la popolazione del quartiere, conclusosi con il “Concerto-Evento di Beppe Barra” e la sua prestigiosa compagnia. Il loro scopo: coinvolgere la popolazione nel loro progetto per far rinascere il quartiere dal suo degrado economico e sociale.

Le associazioni cooperative della rete Barracano si sono inventati un nuovo concetto di turismo culturale di qualità che, se fosse adottato in tutte le città e borghi storici del nostro paese, potrebbe risolvere in gran parte i nostri endemici problemi di disoccupazione e di sottosviluppo economico e sociale. Gli abitanti del quartiere chiamano questa forma di accoglienza “spalla a spalla”, tradotta dai sociologi della progettazione culturale con l’espressione “convivialità partecipata”. Per dare concretezza ai loro progetti, traendo ispirazione da questa idea, i ragazzi delle cooperative, coadiuvati da alcuni studiosi di antropologia della comunicazione, hanno prima di tutto redatto una sorta di manifesto/guida. Questa “magna carta” progettuale rivoluziona totalmente la logica che caratterizza quasi tutti i progetti e le iniziative che mirano a sviluppare il turismo. Innanzi tutto, il termine stesso “turista” è cancellato, inesistente in tutti i documenti d’informazione. Le persone accolte dai “Guests Angels” sono, per l’appunto, dei guests, vale a dire ospiti del quartiere e futuri probabili membri attivi della Rete, anche se non residenti nel quartiere. Per questa ragione, ogni forma di marketing turistico è bandita e, decisione a dir poco “rivoluzionaria”, tutte le associazioni, che già sono per loro natura no-profit, non fatturano nessuno dei servizi offerti ma accettano solamente doni a sostegno di un programma autonomo di rinnovamento sociale e culturale del quartiere. Gli ospiti, quasi tutti stranieri o residenti all’estero – molti sono i napoletani emigrati, che hanno fatto fortuna nei paesi del nord Europa - sembrano apprezzare il fatto che i loro contributi non sono il prezzo di un servizio reso (l’accoglienza, i pernottamenti, i pasti, le visite guidate, la partecipazione agli eventi, la visita dei luoghi, delle mostre organizzate, ecc.), ma quote di adesione ad un ambizioso progetto il cui scopo, fra gli altri, è quello di sostenere la popolazione di un intero quartiere in un periodo di grave recessione economica. 

“Attenzione!” mi dice Salvatore, uno dei coordinatori della rete delle cooperative. “Non di beneficenza si tratta ma di condivisione partecipata. Il dono di scambio non va confuso con l’elemosina. Questa forma è molto apprezzata dalle Fondazioni straniere che hanno aderito alla Rete. Noi offriamo ad esempio, ai nostri ospiti amici soggiorni a Napoli di eccellente qualità – come lo sono i nostri Beds & Breakefasts, le “guests rooms” che gli “Iron Angels” hanno arredato in molti appartamenti privati della Sanità, i pasti e le consumazioni offerte dalle famiglie, i bar e le trattorie con noi convenzionati, - e i nostri Guests con i loro contributi forfettari in quanto membri della Rete ci permettono non solo di coprire i costi, ma anche di finanziare una serie di servizi resi al quartiere e ai suoi abitanti. Lo sa che con la collaborazione ed il sostegno dei Guests di una impresa svizzera di pulizia, i volontari dell’ “Urban Angels”, per esempio, hanno lanciato il programma “Sanità Risanata” che, oltre alla ripulitura e a leggeri restauri di alcuni edifici, sta realizzando con successo la raccolta differenziata dei rifiuti?” Insomma, questi “angelici” volontari stanno dimostrando che per far rinascere un quartiere a nuova vita non c’è alcun bisogno né di elemosinare sussidi pubblici né di far fare affari alle camorre o dare mazzette ad imprese private. La “terza via” intrapresa dalle cooperative che fanno capo alla Rete Barracano punta su due fonti di una ricchezza che qui a Napoli certamente non manca: l’amicizia e il lavoro.

Nuova, originale e inedita è stata la maniera che i giovani della Rete si sono inventati per lanciare il loro progetto senza chiedere un solo euro né alle autorità pubbliche né a degli sponsor. “Un anno fa, - ci dice Salvatore Russo - siamo entrati in contatto con le associazioni dei napoletani delle città di Ginevra, Zurigo e Basilea. Abbiamo fatto un accordo che prevede l’accoglienza di molti di loro nel quartiere Sanità secondo le “regole” stabilite nel nostro manifesto “spalla a spalla”. Nello stesso tempo, il Rotary Club di Castel dell’Ovo ha promosso una cordata di rotariani napoletani che si sono “gemellati” con quelli di Ginevra, Losanna e Zurigo per organizzare l’accoglienza dei loro membri e conferire ai visitatori svizzeri il titolo di “residenti virtuali del quartiere Sanità”. In pochi mesi i nostri ragazzi hanno organizzato soggiorni, conferenze, visite culturali ed eventi artistici e musicali per varie centinaia di ospiti molti dei quali hanno creato legami di amicizia con la gente del quartiere. Ad alcuni, i più entusiasti, è stato anche conferito il titolo di “residenti virtuali del quartiere Sanità” e se ne tornano a casa col “Passaporto Sanità”, per rivenire a ritrovare dopo qualche mese i loro amici del quartiere. Qui da noi non si parla di “turismo”. Questa parola è bandita dal nostro linguaggio. A Napoli, il turista è un animale da spellare. Un bipede stanco ed impaurito, sperduto nella giungla dei quartieri, alla ricerca disperata di luoghi dove osservare in tre dimensioni quello che ha già visto nelle foto delle sue guide o nelle immagini pubblicitarie delle agenzie di viaggi. I nostri guests il portafoglio se lo possono dimenticare a casa. Non corrono alcun rischio di essere vittime delle bande di “acchiappa turisti”. Capisce adesso perché il nostro progetto ha riscosso un tale successo? Gli eccellenti risultati dell’operazione ci ha obbligati a creare una lista di attesa! E poiché “da cosa nasce cosa”, alcuni dei nostri giovani volontari sono già stati invitati a completare la loro formazione in Svizzera con borse di studio delle fondazioni elvetiche che apprezzano il nostro impegno e la nostra etica.”

Ho chiesto a Alex Zanotelli, uno dei promotori ed animatori della Rete, come spiega il successo folgorante della loro iniziativa. “E’ tutto molto semplice – mi dice. Gli amici stranieri ed italiani, ospiti e sostenitori, che ci accompagnano nel lavoro della nostra Rete scoprono un quartiere abitato da gente che sa sperare e che sa credere nella solidarietà come valore e nello scambio reciproco ed equilibrato come strumento alternativo al dominio del mercato. E’ per questa ragione che essi stessi si sentono coinvolti in “spalla a spalla” che nel Vangelo ha un altro nome: si chiama amore. E l’amore più che un sentimento è una pratica. Una pratica rivoluzionaria.” [fabrizio sabelli]

napoli guatemala



durante le elezioni

Sono anni che durante le elezioni politiche mi chiedo quale partito votare? E alla fine mi rinfranco nel sentire la mia anima tranquilla. Mi richiedo: voto la coerenza, la sensibilità, i fatti, la perseveranza, la giustizia. Nel mio ideale dovrei votare, come la democrazia dice, chi più mi rappresenta: laureato, specializzato, precario, inoccupato, preoccupato, lavoratore, licenziato numerose volte ecc, ecc.

Vorrei votare un partito che nel suo programma avesse scritto: “Gli operai devono guadagnare da 2000 a 2500 euro al mese; ricevere in busta paga i contributi e il TFR da versare per la vecchiaia. Immediato, per la dignità dei più poveri, un welfare che parta dalla cura dei bambini e finisca con quella dei più anziani. Ristrutturazione generale di tutte le barriere architettoniche. Livellamento del benessere: tutti devono poter contribuire allo stesso modo in virtù della ricchezza conseguita abbattendo le disparità. Stipendi ai politici, ai vertici della RAI, ai manager, a chi fa televisione, cinema, calcio ecc, ecc, uguali a tutti gli atri stipendi. Ricchezza avanzata: distribuita in ragione ad una esistenza più comoda e tranquilla.

Bhè, questa è solo una piccolissima bozza che nemmeno per fruscii nascosti sono riuscito a sentire e leggere nei programmi politici. Eppure tutti sanno che è così, che i poveri diventano sempre più poveri e tanti, e i ricchi sempre più ricchi e pochi. Ma, come diceva un prete del rione in passato: l’uomo tiene due teste, una sopra e l’altra sotto. Se ragiona fa funzionare quella di sopra, se invece il pensiero è rivolto alla testa di sotto è n’a capa e cazzo. [+blogger]

carnevale alla sanità



partecipando ad una riunione

Questo pomeriggio ho conosciuto, partecipando ad una riunione nell’Istituto Ozanam, due associazioni e una fondazione che da qualche anno fanno volontariato nel rione sanità. La prima associazione si chiama tutti i colori, la seconda “adda passà a nuttata” e la terza fondazione Alessandro Pavese. In più c’erano: un parroco, una suora, un ricercatore universitario calabrese, ragazzi e ragazzini, una mamma del rione, volontari della scuola d’italiano per stranieri e qualche “intruso”.

La riunione è durata circa due ore e ho potuto capire che negli scopi dei volontari il bene comune è una costante univoca; l’atra è l’aiuto al quartiere. Naturalmente ho spiegato che da diversi anni opera la rete sanità come coordinamento informale di cittadini attivi che, in tutto questo tempo, ha svolto e creato una serie di attività sostitutive: microcredito, scuola d’italiano per stranieri, aiuto ai senza fissa dimora, aiuto ai disabili, collaborazione con le scuole, carnevale partecipato, Puliamo ma Sanità, Cinema ecc ecc.

Ho spiegato, secondo la mia visione e la mia esperienza, “cos’è il rione”, quali realtà permangono, i bisogni effettivi, le esigenze strutturali, le mancanze. Ma, nel contempo, ho ritenuto fondamentale far conoscere la realtà “Sanità e rete Sanità” per unire maggiormente le forze, la possibilità di fare assieme e l’esigenza di farsi conoscere per “comprendere e risolvere”. Ho invitato le associazioni e la fondazione alle riunioni della retesanità credendo, nello spirito della stessa, di coinvolgere chi con gli stessi principi e pensieri ha voglia di prestarsi, di darsi senza riserva, di coinvolgersi nel marasma di un quartiere che disarma volontariamente.

Spero che l’unione faccia la forza. Se come diceva Eduardo, “‘O marjuolo è marjuolo e non ha nazionalità”, così come considerare il rione luogo complesso come ogni altro luogo complesso del mondo, e allo stesso tempo considerare Napoli città problematica così come ogni altra città d’Italia i presupposti, eliminati gli stereotipi e le etichette massmediatiche, inducono a coinvolgere nelle iniziative quanta più gente possibile aldilà del credo religioso, della nazionalità, del colore della pelle, ecc ecc.

Insomma se di pluralità si parla ebbene che sia plurale a tutti gli effetti. Ora aspettiamo di incontrarci per parlare e riflettere, ma più per conoscerci, fare amicizia, spiegarci, far convergere, partecipare. [+blogger]     

sta morendo

NAPOLI - Il fagotto di stracci che vedete nella foto non ha neppure la sagoma di un uomo. Ma sotto c'è un uomo. Non si può muovere da un mese, qualcuno dice un mese e mezzo. Non si sposta più da quell'angolo da quando qualche scellerato, forse stanco del suo vai e vieni vagabondo in piazza san Domenico Maggiore, gli ha fatto sparire la sedia a rotelle che gli consentiva di spostarsi in autonomia.

Una bravata, una perfidia, un accanimento. Forse, presto, anche un omicidio. Quest'uomo - come riferisce l'associazione Corpo di Napoli con Gabriele Casillo - infatti non si alza più. Non può cercarsi il cibo. Appartarsi per fare i bisogni. Delira e si percuote. A volte è in grado di accettare la carità, a volte non è neppure in condizione di capire chi vorrebbe aiutarlo ed inveisce: forse è abituato a temere chi si avvicina al suo angolo.

Casillo racconta delle suore di madre Teresa che riescono, a volte, a convincerlo ad accettare qualche cosa. «Vorremmo aiutarlo - ma non si capisce chi debba farlo». Qualcuno ha chiamato il 118, ma lui - gridando in francese - si è rifiutato di salire in ambulanza. E' rimasto in quell'angolo, come una nave spiaggiata, a naufragare sotto gli occhi dei passanti.

Ha l'odore della cattiveria di chi gli ha sottratto l'unico bene, la sedia a rotelle. Chi lo ha visto ancora padrone, almeno, di muoversi, dice che ha un piede malato. Ora si vocifera che abbia una cancrena, e l'odore lo farebbe pensare. Ma il destino di quest'uomo sembra confinato sotto quella coperta. Possibile che non possa essere raggiunto da nessuno? [articolo di chiara graziani]   

con nessuno

E’ roba vecchia, non ha più scampo, chi “parla” vince sempre, e a vincere questa volta non è stata la politica, ma gli inserzionisti.  L’immagine continua ad avere un ruolo fondamentale nella comunicazione, anche se non così netta da spostare centinaia di migliaia di voti. Infatti, i voti veri per adesso ce l’hanno i grillini che in televisione ci vanno poco. Ma i vincitori assoluti ancora una volta sono loro, gli economisti del mercato, chi dirige milioni di euro per una pubblicità, chi ingaggia il miglior Showman a discapito della vita degli italiani, della giustizia, del lavoro, della medicina, della cultura.  

Per Santoro e la sua troupe era già tutto previsto, facile da capire soprattutto dopo i dialoghi di ieri sera in tv. Non l’ho visto, mi sono rifiutato, ho preferito un film di Stanlio e Ollio. Oggi invece per scrivere quest’articolo mi sono documentato e ho sentito alcune scene, finti screzi, critiche arruffate, stupidità da italianetti. In verità stamattina mi ha più colpito la morte di Mariangela Melato che le insulse critiche fatte a Santoro, a Berlusconi, a Travaglio.

Chi ha confezionato questo pacchetto televisivo formato famiglia ha avuto ragione, ma d’altronde non poteva sbagliare. Sono anni che l’economico surclassa il sociale, sono anni che i produttori dello spettacolo guadagnano su Cogne, su Misseri, sulla carità pelosa, sul dolore degli altri; così come la politica, attualmente, nell’ignoranza più assoluta si china di fronte ai principi economici, allo stesso tempo chi dovrebbe rappresentarci cade nel più disperato bisogno di assistenzialismo privo di un giudizio al di fuori degli interessi privati

Qualcuno in passato diceva che nel marasma completo, nella turpitudine generale, le menti iniziano a staccarsi, si forma un’altra realtà, qualcosa che macina nuovo, linfa vitale, solo che nessuno sa a che prezzo. Per adesso una sola cosa è certa: stanno perdendo i lavoratori, i pensionati, gli invalidi, sta perdendo la vita. [+blogger]          

dov'è il rom?

Mentre il mio cuore dialoga con i 160 scalini della Penninata S. Gennaro, un insolito accordo di fisarmonica, laggiù, alla prima rampa. In quarant’anni di vita, in questo quartiere, queste scale le ho affrontate in maniera diversa. A volte, di prima mattina, in gioventù, volando, (parite ‘na locomotiva, quanno salite), a volte dialogando con chi si affacciava dalle finestre, (venite dottò, ve faccio nu cafè), a volte, tra gli scrosci di pioggia, di portone in portone, per un riparo precario. Le note della fisarmonica s’intrecciano a un motivo che so riconoscere. Ora ne scorgo l’artefice, un rom scuro di volto e d’abito. Gioco a celare l’arrendersi del mio compagno cuore, duratura macchina di un tempo datato. Alterno nascoste e mimetizzate respirazioni, pur di dargli ossigeno e non fargli fare figuracce da chi osserva il mio procedere in salita, vaticinando esausti crolli. Il motivo ora l’ho colto. Le mie labbra accennano a seguire quelle note. Sento uscire parole: “ Besame..besame mucho…” 

La fisarmonica ora sembra avermi raggiunto e insegue versi che non so. La cucina di via Acquarone a Genova, una mattina di sole. Papà si fa la barba sul tavolo di marmo. Sposta il piccolo specchio portatile, per non riceverne il riverbero negli occhi. Sorride, tra la spuma, pennellata sul volto con cura. “ Besame…besame mucho..” Ha la sua tonalità, ferma, baritonale che mi affascina. “ Besame..besame mucho..” La voce di mamma, intonata melodiosa, giovane, gli risponde dall’ultima camera, sul mare. Le note della fisarmonica, ora, le ho perse. Dove si sarà mai cacciato il rom? [lucio paolo ranieri]