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restauro sanità

Ieri pomeriggio ho partecipato ad una delle riunioni di “un popolo in cammino” tenutasi nell’ufficio del parroco della basilica di sanita Maria della Sanità. Dopo aver discusso per qualche ora don Antonio ci ha portato a vedere gli ultimi restauri di un affresco nella cappella di san Gaudioso. Anche per gli occhi di un inesperto il restauro appare straordinario, ammuffito e scolorito prima, splendido e luminoso adesso, la spiegazione del parroco, entusiasta, mi ha ricordato prima don Giuseppe Rassello poi i mille volti della gente del rione.

L’affresco è rinato, così come rinasce la gente. Il restauro riscopre la bellezza, quella bellezza che c’è dietro ad ogni persona che vive la sua storia, che la trascrive ogni giorno, che la porta avanti e la vorrebbe pubblicare. Quelle che si fa per l’arte prima ancora lo si deve fare per la gente; niente di più o niente di meno che raccontare, ascoltare, imparare, considerare. Attraverso la vita vissuta, la storia diventa altro, si spoglia della sua retorica, esiste, si fa vera. Il racconto è arte, così come la bellezza è parte dell’esistenza.

Il restauro è nella fatica, nei lavoratori che non percepiscono lo stipendio, nell’artigiano che non può più tagliare il suo legno, la sua pelle, il suo ferro. Il restauro di un affresco straordinario rende straordinaria l’esistenza, così come la presenza di un racconto che conserva tutta la sua drammaticità e la sua gioia. Un tempo i coniugi Del Peschio, vecchi abitanti del rione che insieme festeggiarono ben 73 anni di matrimonio, mi raccontarono in un intervista la loro storia, passando dalla prima alla seconda guerra mondiale, il fascismo e la democrazia, il voto alle donne, il cappellaio sotto il ponte della sanità, fino alla feste organizzate della “lampetella” (festa di san Vincenzo), e dei balli che formavano la quadriglia (feste che i giovani di un tempo organizzavano in casa).

Ogni bellezza del nostro rione se paragonata alla bellezza della vita ci fa riscoprire ciò che abbiano sempre ignorato. Napoli è il sud del mondo, è il racconto di Giuseppe Marotta che negli occhi dei napoletani vede l’oro, o nelle più tipica canzone di Pino con i suoi mille colori. Tutto questo è nella gente. Senza di essa non ci sarebbe nulla, anzi ci sarebbe il vuoto, ecco perché prima di ogni cosa il rispetto per la dignità altrui è la forma di bellezza più alta che ci possa mai esiste. [+blogger] 

dio è in agonia

Dio è in agonia, così come è in agonia il teatro Sanità. Numerosi spettacoli fatti da dilettanti che avevano imparato a recitare come dei professionisti. Numerose le iniziative, numerosa la gente del rione. La compagnia Sott’o Ponte “chiude” i battenti per un banale capriccio. La stupidità ha le gambe corte. "I ragazzi non avevano voglia di recitare sputandosi in faccia, parlando di bucchini, d’eiaculazione, di rapporti incestuosi." .Carmelo Bene non avrebbe saputo fare di meglio. Al teatro ci si avvicina lentamente. Il teatro non è la televisione, il percorso è ripido, difficile, bisogna capirlo, bisogna convincersi e poi interiorizzarlo.

Ma a qualcuno questa differenza non è piaciuta. Chi sa perché sono sempre gli altri ad essere più bravi. Vincenzo Pirozzi è stato accusato di essere retrogrado, di non essere aperto alle relazioni, di non voler collaborare. "Ma con chi collaborare?, con un  direttore che fa spogliare nudo un ragazzo sul palcoscenico?". Non c’è niente di male, in fondo è arte, ma se la maggior parte dei circa 100 ragazzi non se la sente di fare sesso recitando, questo vuol dire che bisogna ancora lavorare; e lavorare anche con il pubblico che per ora è abituato a leggere Eduardo, Scarpetta, Viviani.

In più di dieci anni di attività i tantissimi giovani che si sono alternati nella compagnia hanno dato vita ad una fervente attività culturale. Mi chiedo perché smantellare tutto? Caro Vincenzo hai sbagliato, sì, hai sbagliato a fidarti di persone che non amano questo rione. “Noi siamo di serie b e per questo facciamo le cose senza senso… e senza soldi”. È prevalsa l’arroganza è l’individualità. In questo modo nessuno vince, domina il tutto contro tutti e la cooperazione tanto amata e scritta a lettere cubitali va a farsi benedire. [+blogger]   

chi ha letto il libro

Vincenzo Minei volontario della rete Sanità e abitante del rione ha scritto una recensione sul libro di don Antonio Loffredo "Noi del rione sanità", pubblichiamo integralmente la mail inviataci il giorno 3/9/'13  
   
Tra i libri che mi hanno accompagnato questa estate c'era il libro di Antonio Loffredo intitolato "Noi del Rione Sanità" edito da Mondadori. Il libro, che l'autore apre con una ipotetica lettera al padre ormai scomparso, tenta di dare voce e volti a quella che è un'esperienza forse unica nel suo genere, cioè scommettere sulle risorse in loco, puntando sul recupero della storia e della bellezza di un quartiere, la Sanità che si è ritrovata nel corso dei secoli ad essere da passaggio obbligato per il centro di Napoli, ad una sorta di ghetto nel cuore della città. Ed è proprio per cercare di uscire da questo isolamento non solo fisico, rappresentato visivamente dal "tremendo ponte" di età murattiana, ma anche mentale che l'autore del libro, insieme a quei ragazzi nel frattempo diventati giovani uomini e donne, molti dei quali conosco personalmente da piccoli, hanno avviato tramite le varie cooperative che vanno dalla valorizzazione degli antichi cimiteri paleocristiani alla formazione e all'arte come il teatro e la musica classica. 

Scritto in un buon italiano, con molte licenze verso l'immaginifico, come è nello stile dell'autore, il libro presenta tuttavia alcune lacune, che è doveroso sottolineare. Anzitutto, mi dissocio assolutamente dagli attacchi a priori contro l'autore, che molti hanno accusato di volere trasformare il quartiere in una bomboniera per cacciare via i locali o chi accusa i componenti della Rete Sanità (che tra l'altro nel libro non viene nemmeno menzionata nemmeno in poche righe), di essere solo capaci di rosicare e di parlare. Simili atteggiamenti non fanno che creare conflitto e divisione. Il dissenso è giusto e doveroso, ma deve sempre svolgersi in uno spirito costruttivo e non su idee preconcette, il puro volontariato da una parte e il privato sociale visto come il demonio e il male assoluto. E riguardo appunto al privato sociale, il cosiddetto terzo settore, proprio perchè punta a creare lavoro deve avere almeno un minimo di ritorno economico. Va inoltre rispettato il lavoro di tante persone che nelle idee e nei sogni del Loffredo ci hanno creduto e ci credono, partendo praticamente da zero e arrivando ad avere riconoscimenti nazionali spesso superando i labirinti delle pastoie burocratiche. 

E fin qui ho evidenziato i pregi, passiamo ai limiti: doverose le pagine in cui si nominano suor Rosetta e suor Lucia, o padre Alex, tuttavia l'autore dimentica di citare la Rete del Rione Sanità di cui egli stesso fece parte per un periodo (dimenticanza?). L'iniziativa della scuola di italiano per stranieri che ha sede presso l'Istituto Ozanam, portata avanti con notevoli sforzi da suor Lucia e di cui chi scrive fa parte da ormai due anni, va ricordato, è stata un'iniziativa della Rete, ma non lo scrivo in spirito di polemica, ma solo per aggiungere un tassello che evidentemente manca. 

Quanto alla cosiddetta Operazione San Gennaro, sul progetto di diciamo così riqualificazione delle catacombe dedicate al patrono cittadino e che è stata la miccia che ha innescato le polemiche, siamo sicuri che sia conveniente farci delle piscine o delle discoteche? Certo non sono d'accordo con chi afferma a priori che il rione "è bello così com'è", ed è giusto cercare di migliorarlo, ma bisogna partire dalla mente e soprattutto dal cuore delle persone, solo così si possono ottenere risultati duraturi. Poi le catacombe, la musica, sono si tutte cose molto belle, ma in un quartiere che ha una tradizione artigianale che sta scomparendo, non sarebbe meglio puntare al rilancio degli antichi mestieri di guantai e calzolai, riadattandoli ovviamente alle nuove esigenze del mercato del lavoro? Va benissimo il progetto di Comunità Locale, e il modello da seguire potrebbe essere quello di Messina, purchè sia salvaguardata l'anima autentica del rione, associandomi alle perplessità di chi teme uno snaturamento del quartiere stesso tipo quello avvenuto a Taormina. 

Sono sicuro che don Antò, da persona intelligente qual è saprà accogliere queste mie osservazioni, tra l'altro da lui stesso richieste al sottoscritto con lo spirito giusto senza sentirsi offeso e, mettendo da parte i risentimenti personali anche chi finora ha alimentato solo la polemica, possiamo tenere tutti presente che quello che conta di più è il quartiere e non i piccoli protagonismi personali [vincenzo minei]

comune e ossario

Comunicato stampa. Sul sito del comune di Napoli è apparsa in bell’evidenza una foto del cimitero delle Fontanelle. A prima vista un’iniziativa positiva di pubblicizzazione di uno dei beni culturali più suggestivi della città. Ma chi clicca sulla pagina non trova un’adeguata descrizione del luogo o la sua storia. Trova invece la pubblicità di una delle tante associazioni che effettuano visite guidate a pagamento al cimitero, con contenuti che sul piano culturale, come si evidenzia dal sito dell’associazione in questione, cioè mani e vulcani, sono molto, ma molto discutibili. 

Dopo un primo contatto, l’assessorato ha dichiarato di ignorare l’esistenza di questa pagina e si è impegnato ad intervenire subito. Ma la pagina è stata eliminata unicamente dall’home page, mentre è rimasta nel sito del Comune. Di fatto, chi va su internet, alla voce cimitero delle Fontanelle, continua a trovare una pubblicità fatta dal Comune di Napoli a favore dell’associazione Mani e Vulcani. Gli interrogativi che nascono da questa pubblicità sono tanti. È un’iniziativa che ha il suo retroterra in uno strumento giuridico sottoscritto dall’Amministrazione Comunale e dall’Associazione Mani e Vulcani? Le altre associazioni che, alcune a pagamento, altre gratuitamente fanno visite guidate, potranno continuare a farlo? 

Quali benefici economici il Comune di Napoli ricava da simili iniziative? Nei mesi scorsi la Rete della Sanità ha presentato un documento di analisi e proposte sul Cimitero delle Fontanelle al Sindaco e all’Amministrazione Comunale: è questa la risposta? La Municipalità, che pure ha espresso impegni sul cimitero, appare totalmente ignorata. Lo stesso si deve dire delle Associazioni e delle forze politiche della Sanità. Bisogna dire, con rammarico, che questo è proprio un brutto inizio per il nuovo assessorato. 

L’Associazione Icare, che da anni è impegnata per la promozione del cimitero, è ben consapevole che il bene culturale è anche una risorsa economica da valorizzare, ma la strada intrapresa dall’Amministrazione sembra francamente sbagliata. Farà quindi il possibile affinché non si scriva un’altra brutta pagina nella storia, già penosa, del rapporto tra il Comune e il cimitero delle Fontanelle. Napoli 12.7.2013 [ICare Fontanelle]