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affondare

“In tutto il tempo che ho passato nel Mediterraneo centrale non ho mai visto niente del genere, mai”, spiega Sebastian Stein, coordinatore di Medici senza frontiere. Il 25 e 26 giugno più di 3.300 migranti sono stati salvati nel tratto di mare che separa la Libia dalle coste italiane. Viaggiavano su 25 gommoni e un’imbarcazione di legno. Un uomo è stato trovato morto e quattro persone erano gravemente ferite. Dall'inizio del 2016 sono arrivate in Italia circa 60 mila persone. [copia e incolla da Internazionale.it

basta!





profughi autoprodotti

Il dramma degli esuli siriani ha raggiunto finalmente il “cuore” dell’Europa. I campi profughi allestiti per loro nei paesi limitrofi alla Siria sono traboccati. Secondo dati diffusi il 9 luglio scorso dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Acnur), i profughi siriani sono oltre 4 milioni, in gran parte concentrati in Giordania (629 mila), Libano (1.172.000) e Turchia (1.800.000); gli sfollati sono circa 7,6 milioni. Alla fine di questa estate decine di migliaia di siriani hanno attraversato i confini dell’Europa, via Turchia in prevalenza.
Perché così tanti profughi siriani e come mai negli ultimi tempi stanno arrivando in massa in Europa? I paesi europei – Francia e Regno Unito in particolare – hanno partecipato, sotto l’egida degli Usa, alla guerra per procura contro la Siria, che ha provocato oltre 200mila morti (Reuters, 7 febbraio 2015). Dopo le iniziali “sfilate” diplomatiche di diversi governanti europei nei campi profughi siriani, per «solidarietà» e «sostegno», questi campi sono spariti dalla cronaca. E soprattutto sono stati tagliati i fondi e i campi sono diventati un inferno per chi ci vive. Quindi molti siriani hanno scelto la fuga – fase due – verso l’Europa.
Questo arrivo in massa, i governi europei non se lo aspettavano. Pensavano che i profughi sarebbero rimasti nei paesi confinanti. E ora litigano tra di loro su come affrontare l’“emergenza siriani”, che si aggiunge alla già problematica questione immigrazione in Europa. Gran parte del dibattito è stato focalizzato sugli effetti di questo esodo verso il vecchio continente ma poco è stato detto circa le sue cause originarie.
Tra gli effetti ipotizzati da vari osservatori: 1) l’ulteriore indebolimento dell'Europa “politica” già traballante dopo la crisi greca; 2) lo scontro sociale all’interno della classe lavoratrice: i migranti/profughi sono potenziali concorrenti sul mercato del lavoro a basso costo; 3) l’allargamento del consenso popolare a favore della destra nazionalista in seno ai paesi Ue;
4) il rischio che tra gli esuli siriani vi siano individui portatori del seme jihadista che potrebbe germogliare in Europa: un tale rischio – vero o presunto – potrebbe indurre i governi a stabilire nuove normative che limitino i diritti, specie per migranti/profughi.
Quali sono invece le cause profonde che hanno portato decine di migliaia di siriani – e insieme a loro afgani, somali, eritrei ecc – ad avventurarsi alla ricerca di un rifugio “sicuro”, incontrando in diversi casi la morte?
Generalmente la fuga dal proprio paese è spesso dovuta alle guerre o/e alla estrema povertà.
Le guerre sono spesso fomentate dai paesi occidentali, Usa/Europa, per motivi geostrategici. Secondo l’Acnur, i tre paesi da dove arriva il maggior numero di esuli nel 2014 sono la Siria, l’Afghanistan e la Somalia, paesi la cui destabilizzazione chiama in causa gli Usa/Nato.
La guerra per procura contro la Siria – appaltata ai sauditi e ai turchi – affidata ad una manovalanza jihadista, ha distrutto il paese e costretto milioni di persone alla fuga dai tagliatori di gola dell’Is (Gruppo Stato islamico), di Al Nousra e altre filiali di al-Qaida. Il ministro degli esteri francesi Laurent Fabius aveva dichiarato nel 2012 che Al Nousra fa «un buon lavoro» in Siria (Le Figaro, 10/12/2014). E di recente un dirigente americano si è stupito per il fatto che Al Nousra abbia attaccato la “division30”, un corpo militare addestrato dagli Usa e mandato in Siria per “combattere” l’Is (The New York Times, 31/07/2015).
La povertà estrema, che spesso costringe la gente ad “esodare”, è in gran parte causata dalla ruberia delle ricchezze del Sud del mondo da parte delle potenze occidentali (neo)coloniali. Oltre a razziare le sue materie prime, si impadroniscono – con la complicità di governi fantocci – anche delle loro terre e dei loro mari, riducendo le popolazioni locali alla fame. Nel 2013 gli “aiuti umanitari” al Sud del mondo sono stati 50 miliardi di dollari; contemporaneamente esso ha sborsato 500 miliardi di interessi sul suo debito estero…
Gran parte del (dis)ordine mondiale – causa principale di guerre e povertà, che costringe all’esodo decine e decine di milioni di persone – è responsabilità delle potenze occidentali. Se queste potenze non rinunciano alla loro logica coloniale nei confronti del Sud del mondo ci saranno sempre più migranti/rifugiati costretti a cercare di sopravvivere altrove, in Europa ad esempio. Né i mari né i muri né le leggi li potranno fermare! [ Mostafa El Ayoubi - fonte nigrizia.it]

guerra ai barconi

Una nuova guerra all’orizzonte, questa volta in Libia. L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, on.le Federica Mogherini, sostenuta a spada tratta dal governo Renzi, chiede mandato per un’azione militare per distruggere i barconi degli scafisti nelle acque libiche e bloccare così l’esodo dei profughi. Il documento europeo che fa da cornice per le tutte le iniziative in tale ambito, il “Crisis Management Concept” e la conformazione della squadra navale “EUNAVFOR Med” lasciano trapelare ipotesi allarmanti. Perché, oltre a abbattere i “barconi”, si ipotizzano anche interventi, via terra e via mare, per distruggere le “strutture” utilizzate per il traffico di esseri umani, come ad esempio i depositi di carburante. Con quale dibattito parlamentare preliminare? Con quali consensi? Con quale scopo questa nuova assurda azione militare? Con il pretesto di salvare i profughi da morte nel Mediterraneo, si preparano altri disastri umani. Perché, anche se riuscissimo a distruggere i barconi degli scafisti, non faremo altro che aggravare la situazione di milioni di profughi sub-sahariani, mediorientali e asiatici. Le denunce di Amnesty International sono già allarmanti in merito alle torture, massacri, abusi e violenze sessuali perpetrate contro i profughi. “Non è più possibile chiudere gli occhi – afferma Philip Luther di Amnesty – e limitarsi a distruggere le imbarcazioni dei trafficanti senza predisporre rotte alternative e sicure. Altrimenti, condanneremo a morte migliaia e migliaia di rifugiati, ma questo avverà lontano dai casti occhi degli europei e dei media”. Quali strategie sta seguendo questa Europa armata e interessata a un’unione più finanziaria che di popoli e diritti? Purtroppo, è la stessa, medesima, via del Processo di Khartoum che prevede di trattare con i governi dei Paesi da cui provengono i profughi e costruirvi campi di raccolta nei Paesi di origine, come il Sudan o l’Eritrea. Perseguendo questa politica, l’Unione Europea, tramite il Fondo Europeo per lo Sviluppo, elargirà entro il 2020, 312 milioni di euro al governo eritreo, senza richiedere il rispetto dei diritti umani! Fondi che sono stati sbloccatigrazie alla visita in Eritrea di una delegazione italiana (24-26 marzo 2015). Chi pagherà questo protagonismo bellico italiano? Saranno proprio i profughi che il governo di Tripoli, vicino ai Fratelli Musulmani, incomincia già ad arrestare e a rinchiudere in nuovi campi di concentramento. Saranno proprio loro, i rifugiati, a pagare il prezzo più alto per questa azione militare, presentata farisaicamente come un’operazione che mira a salvare vite umane! Quanta ipocrisia! “Si pensa di punire chi si occupa dell’ultimo tratto del viaggio – ha dichiarato il generale Fabio Mini – e non i governi degli Stati che alimentano la violenza, la corruzione e la guerra creando le condizioni dalle quali i migranti vogliono fuggire”. Esprimiamo, insieme, il nostro dissenso a questo nuovo intervento armato. Chiediamo all’Unione Europea di non dare copertura a un nuovo intervento armato. Chiediamo che siano poste in essere strategie plurime e coordinate in tema di migranti. Chiediamo all’Unione Europea di far pressione sulla Tunisia e sull’Egitto, perché aprano le loro frontiere per accogliere i rifugiati intrappolati in Libia, e concordi con l’Egitto e la Tunisia l’apertura dei corridoi umanitari per permettere ai rifugiati di arrivare in Europa. Questa sì potrebbe essere una vera soluzione per i profughi e segnerebbe la sconfitta degli scafisti e delle organizzazioni criminali. Ultimo, non certo per importanza, chiediamo ai Paesi dell’Unione Europea e al nostro governo che cessino di vendere armi ai “signori della guerra” in Libia. Perché “la guerra è una follia”. [alex zanotelli mosaicodipace.it]

diritto di cittadinanza













festa di fine anno

La scuola d'italiano per stranieri chiude per le feste di fine anno. Un po' di marezza, poi il divertimento, i canti, i balli. Qualcuno non c'era perché lavorava in nero, altri c'erano perché licenziati dal lavoro in nero, anche noi "professori" facciamo il volontariato in nero. 










senza parole

Fine anno scuola d'Italiano Istituto Ozanam 




Foto di Loshan Fdo

accendiamo i riflettori

Più di 400 servizi sulle nozze di William e Kate, 91 sul matrimonio di Alberto di Monaco e solo 41 sull’emergenza nutrizionale nel Corno d’Africa. Sono i dati del rapporto “Le crisi umanitarie dimenticate dai media, 2011” (Marsilio Editori) realizzato per l’ottavo anno da Medici senza frontiere (Msf) in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia.

Per il 2011, Msf ha deciso di porre l’attenzione su come i telegiornali italiani hanno trattato il tema dell’immigrazione in seguito alle rivolte esplose in Tunisia, Egitto e Libia. E poi ha seguito altri due fronti di crisi: le “crisi sanitarie” (come la malnutrizione in Somalia, la diffusione dell’hiv/aids e le malattie tropicali dimenticate) e le “crisi umanitarie” su cui i riflettori dei mezzi d’informazione italiani si sono accesi solo parzialmente (Costa d’Avorio, Sudan e Sud Sudan, Bahrein, Repubblica Democratica del Congo).
L’Osservatorio di Pavia ha analizzato lo spazio dedicato dalle edizioni serali dei tg Rai, Mediaset e La7 alle crisi selezionate da Msf. Nel 2011, i telegiornali hanno dedicato circa il 10 per cento del totale dei servizi a contesti di crisi, a conflitti e a emergenze umanitarie e sanitarie, e tra questi spiccano naturalmente le rivolte della primavera araba (Libia in primis) e il terremoto in Giappone. E questo spiega l’incremento rispetto al 6 per cento del 2009.
Per la prima volta, Msf ha deciso inoltre di far monitorare come e quanto i tg italiani hanno raccontato l’arrivo in Italia dei migranti in fuga. A questo tema nel 2011 sono state dedicate 1.391 notizie e, anche se non si tratta di una crisi dimenticata, preoccupa il modo in cui è stata rappresentata. Analizzando gli sbarchi in alcune settimane campione, il termine “emergenza” risulta il più diffuso per comunicare il contenuto della notizia, mentre le condizioni medico-sanitarie dei migranti non sono quasi mai il focus centrale della narrazione.
“Il dato più sconcertante è che in questi servizi è praticamente assente la voce dei migranti”, sottolinea Kostas Moschochoritis, direttore generale Msf Italia. “I protagonisti a cui è data voce sono nel 65 per cento dei casi i politici, tra governo e amministrazioni locali. Alle testimonianze dei migranti è stato riservato solo il 14 per cento dello spazio; il 12 per cento alle comunità locali e il 10 per cento alle realtà impegnate nella gestione del fenomeno”, come forze dell’ordine, esponenti religiosi, società civile, organizzazioni. Nelle immagini, inoltre, i bambini che approdano sulle coste italiane sono mostrati in video senza nasconderne il volto.
In tempi di informazione globale, nel 2011 sono stati solo cinque i servizi dedicati alla Repubblica Democratica del Congo (Rdc), 10 alla Costa d’Avorio, 14 quelli sull’hiv/aids, zero quelli sulle malattie tropicali rare che colpiscono la popolazione dei paesi in via di sviluppo. Resta in ombra anche il Bahrein, con solo 24 notizie. All’emergenza nutrizionale nel Corno d’Africa sono state dedicate 41 notizie e 44 al Sudan. Il totale dello spazio dato a tutte queste crisi insieme resta comunque lontano dalle 413 notizie dedicate invece alle nozze reali di William e Kate. Il matrimonio di Alberto di Monaco si è invece guadagnato “solo” 91 servizi.
Di aids, in generale, si è parlato soprattutto in relazione ai viaggi del papa e, a differenza di altri anni, nessuno dei tg ha dedicato una notizia alla pandemia in occasione della giornata mondiale (1 dicembre). L’aids è ormai invisibile. E, altrettanto drammaticamente, viene ignorata la crisi del Fondo globale per la lotta contro aids, tubercolosi e malaria, che avrà effetti devastanti: con l’annullamento dell’ultima tornata di finanziamenti (il Round 11), fino al 2014 non sarà possibile aumentare il numero di pazienti in cura. La “nostra” influenza stagionale è stata invece abbondantemente coperta dai tg con 92 servizi.
“Non siamo sicuri che le parole siano in grado di salvare vite, ma sappiamo con certezza che il silenzio può uccidere. Per questa ragione continuiamo a stimolare i media a parlare delle crisi umanitarie. In questo nuovo rapporto, tra le varie crisi che hanno determinato la primavera araba, abbiamo voluto accendere un riflettore sul Bahrein, crisi pressoché ignorata dai media, ma gravissima ed esemplare dal punto di vista della manipolazione dell’assistenza medica come strumento di identificazione e arresto dei dimostranti”, dichiara Kostas Moschochoritis.
Il caso del Bahrein è emblematico: in ben sette servizi dei 24 totali, si parla del paese solo in relazione al gran premio di Formula 1. Ancora oggi in Bahrein l’accesso alle cure è un problema, e i pazienti continuano a evitare di rivolgersi agli ospedali pubblici per farsi curare, a causa della discriminazione percepita e dei maltrattamenti. Msf chiede di poter tornare in Bahrain dove da marzo non è più autorizzata a entrare.
Ma è la condizione dei profughi dal Mali fuggiti in Burkina Faso, Mauritania e Niger la crisi su cui oggi Msf chiede di accendere i riflettori. “Il Burkina Faso è, dopo la Mauritania, il paese con il più alto numero di profughi in fuga dal Mali dove fornire assistenza medica è estremamente difficile e i maliani continuano ad arrivare ogni giorno mentre gli aiuti internazionali sono lenti e insufficienti. Chiediamo ai mezzi d’informazione italiani di accendere i riflettori su quest’area dimenticata, colpita pesantemente dalla siccità e dall’insicurezza alimentare”, aggiunge Kostas Moschochoritis.
Msf oltre al rapporto, lancia in questi giorni la nuova applicazione gratuita per Android e iPhone: “Msf. Senza mai restare a guardare”, che ha l’obiettivo di aggiornare gli utenti sulle sfide e l’impegno di Msf in difesa delle popolazioni più vulnerabili. [fonte: internazionale.it]