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operazione san gennaro

Ho letto il libro uscito poche settimane fa del parroco della basilica di piazza Sanità, conosciuta come chiesa di San Vincenzo. Aldilà del giudizio personale, ho invece intenzione di soffermarmi sulla questione, che ricorre un po’ in tutto il testo, del turismo nel quartiere. E’ chiaro che l’autore è un fautore della concezione classica del turismo di massa: restaurare le catacombe, le chiese, i palazzi, fare visite guidate per il rione, ecc ecc. Il progetto, don Antonio, lo ha battezzato con il nome di "Operazione San Gennaro": progetti per sfruttare le cave (cave di tufo greco/romane), costruendoci piscine, terme, centri di massaggio, bagni turchi, discoteche... 

Due anni fa ho visitato Taormina: è sensazionale. Il panorama si “apre” nella sua bellezza quasi irreale, le strade sono pulitissime, gli alberi sono perfetti. Mentre si sale con l’auto per raggiungere il centro storico, decine di alberghi ti accolgono attraverso il profumo di gelsomini e fiori di campo, la stazione ferroviaria è perfetta, una pulizia spasmodica. Il centro poi è immaginario, ti sembra di stare in un film di Dino Risi. Ovunque turisti, negozi che vendono souvenir, per parcheggiare l’auto devi spendere una fortuna. Questo splendore turistico è diventato un luogo solo per ricchi, per chi ha uno yacht e milioni da spendere. La sensazione è stata quella, dopo averla visitata, di essermi trovato in un luogo falso. La bellezza di Taormina sbilancia così tanto che alla fine ho creduto di aver visto un luogo costruito da un macellaio che si improvvisa architetto (con tutto il rispetto per le due professioni). Questa città è stata espropriata della sua gente e della sua storia per lasciare posto ai b&b, agli albergatori, ai ristoratori e gli affaristi di turno. Ed è per questo che è diventata brutta. Tutto sa di falsità, di pomposità, così come l’eccessiva maniacale perfezione.

Il rione Sanità, in 5 km quadrati, ha tutto quello che la gente non è mai riuscita a raccontare degnamente. Palazzi straordinari, cave sotterranee, ossari, catacombe, affreschi, chiese, ipogei. E’ il quartiere del Sanfelice, di Totò e di Chiurazzi; è il rione dei monasteri, delle vie, dei vicoli, della Salita del presepe e della discesa dei cinesi. Il quartiere è bello perché è così, perché ci vivono ancora le stesse persone che quaranta anni fa cucivano i guanti per strada, ci vivono ancora i calzolai, gli operai, i falegnami, i cappellai. Se dovesse succedere la stessa cosa che è successa a Taormina sarebbe la fine di questo luogo, la storia sarebbe espropriata, la falsità echeggerebbe nella sua forzatura, nella sua grettezza eccessiva, nella sua ossessionante concezione del bello. 

Ecco perché sono contro l’autore del libro di cui sopra. Non si può e non si deve pensare alla concezione economica incontrollata così come il mercato l’ha imposta. Questo sarebbe la fine di questo meraviglioso rione. Il turismo va pensato attraverso una moderata concezione, attraverso l’equilibrio che può crearsi tra la gente del luogo e lo “straniero”. Se, per esempio, durante un percorso guidato, 30 turisti tedeschi sono obbligati a fermarsi in quella tale pizzeria, in quella tale pasticceria oppure in quel tale b&b, allora questo significa che i 50 mila abitanti del rione continueranno a rimanere nella povertà mentre solo una piccolissima minoranza ne beneficerà con risultati disastrosi e mortificanti, evidente agli occhi di tutti.[+blogger]       

strisce reattive: dove si buttano?

Sono anni che ci battiamo per una raccolta differenziata porta a porta, ma sembra che qui le cose non vadano per il verso giusto. Le vie e i vicoli sono stretti, e con questo?, al massimo un grassone della NU con forme rotonde in latitudine e longitudine resta nel camioncino mentre i suoi aiutanti, messi  di proposito più snelli e longilinei, scaricano e caricano pacificamente. Ma la questione di quest’articolo è un’altra. Insistere tanto sullo smaltimento e recupero dei rifiuti è un bene, ma che succede quando in un piano nazionale sanitario non è previsto lo smaltimento dei rifiuti tossici? Si, si, mi sono espresso bene, mi riferisco proprio ai rifiuti tossici.

Le persone affette da diabete sono in Italia circa 5 milioni. Queste persone hanno diritto, attraverso una prescrizione medica, di strisce reattive, aghi, siringhe ecc, ecc. Ma dove vanno a finire questi rifiuti? Quando un individuo si punge un dito con un ago, il sangue che fuoriesce lo si poggia sulla striscetta appositamente inserita in un misuratore che, scongiurando il peggio, il tutto dopo va a finire nella spazzatura. Rifiuti tossici nella indifferenziata, o peggio in altri posti. Questo perché non è previsto lo smaltimento delle strisce reattive, degli aghi, delle insuline, se non a carico del diabetico.

Ad esempio, un pensionato ammalato di diabete mellito deve, a sue spese, mettersi in contatto con una multinazionale e chiedere come fare per non disperdere nell’ambiente le strisce reattive. Dopo un colloquio se interessate e se frutta, un contratto stabilito annualmente, il bel e buon pensionato ripone i suoi aghi e le sue strisce insanguinate in un recipiente aspettando che un fattorino passa a ritirarle. In effetti la dicitura ci ricorda che: “Tutti i prodotti che entrano in contatto con il sangue umano devono essere trattati come oggetti potenzialmente in grado di trasmettere malattie infettive”.

Il discorso sempre piuttosto grave e se facciamo un po’ i conti ci accorgiamo che: cinquemilioni di diabetici tutti i giorni misurano la glicemia, e spesso anche più volte in un giorno; ma prendiamo per buona una sola puntura serale; 30 strisce reattive al mese con i relativi 30 aghi fanno 60, che moltiplicate per 5milioni, fanno 300.000.000: trecentomilioni di strisce e aghi, ossia rifiuti tossici buttati in modo indiscriminato nella spazzatura, questo alla faccia di tutte le raccolte differenziate, dello smaltimento, del compost, della sensibilizzazione e dell’ecosostenibile*. [+blogger]

*L’articolo pecca di imperfezioni e dati statistici, la pubblicazione nasce dalla sensibilità nei confronti della raccolta differenziata porta a porta e dell’attenzione verso l’ambiente che risente di tutta una serie di problemi mai risolti o risolti in parte. Anche quest’ultimo delle strisce reattive è una questione che se confermata sarebbe piuttosto grave per la salute pubblica. 

stupido nove agosto

Mentre si svuota in silenzio il lavoro, la disoccupazione, la miseria, la propaganda, questo stupido nove agosto porta via il sorriso, la pazienza, la freschezza e la ribellione. Che termine quest’ultimo, sembra uscito da un libro di Jodorowsky o di Carmine Abate: l’uno cammina sempre diritto e a costo di spaccarsi la testa non si sposta; l’altro invece odora e gusta il sapore delle polpette e delle spressate fatte della mamma. 

Il nove agosto porta via le abitudini, l’ombrellone aperto, la spiaggia privata, l’immagine differente nella testa, diverse sono le cose che somigliano.         

Il mosaico del tempo grande o la danza della realtà, questo stupido nove agosto ripete le stesse cose. L’unione stabilisce la passione, la solitudine ha antiche resistenze. Qualche giorno fa una ragazza mi ha detto: “hai un lavoro?, faccio qualsiasi cosa”. Un’altra sua amica ha detto: “faccio qualsiasi cosa per un lavoro”. E la storia si ripete, e con essa i suoi attori non cambiano, un traditore è sempre un traditore, così come un lavoratore è sempre unto dal signore. [+blogger]