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Scrivo un lavoro ogni ora

Feliciano ha svolto, e svolge tutt’ora, così tanti lavori che ad elencarli non basta una giornata intera. Nato, cresciuto e pasciuto nel quartiere, la cosa che più non sa fare è quella di rubare. Ma i lavori, qualsiasi esso siano, quelli sì che sa svolgerli con maestria. Ha uno spiccato senso di praticità ed intelligenza che a paragone con il suo titolo di studio è cosa veramente straordinaria. Ieri sono andato a prendere un caffè a casa sua, mi ha mostrato come ha rifatto la cucina. Qualche mese fa le mattonelle cadevano a pezzi, oggi la stanza è molto accogliente.
Il lavoro che ora più lo impegna è portare le pizze, soprattutto nel fine settimana, da un luogo all’altro del rione. Mentre prendo il caffè mi ha fatto vedere le foto di quando in estate fa il bagnino a Rimini, e in inverno, oltre che scaricare di tir, fa anche l’artista di strada (prevalentemente con l’avvento di qualche festività); poi, in tempi e luoghi differenti, l’imbianchino, il garagista, l’assistente alle vendite di cellulari, il portapacchi, disegnatore di Napoli, assistente agli anziani, piastrellista, accompagnatore di cani, webcontent. Mi fermo qui, impossibile elencarli tutti. Una curiosità, a 35 anni e passa sta pensando di fare il gigolò, il ballerino e per ultimo il trapezista.
Gli eclettici non mi hanno mai spaventato, il che si dica in gergo: “alla fine non sa fare nulla”, invece trovo che sia l’esatto opposto. Naturalmente non ha l’esperienza né la tecnica, ma dalla sua ha la capacità di imparare, arma straordinaria che mette alla prova situazioni difficili. Questo forgiarsi di operosità crea una nuova forma d’interazione che somiglia all’attività di uno scrittore nell’inventare un romanzo. Le bugie si plasmano con un pizzico di verità, oppure una verità esagerata, o una esagerata bugia. Ma bello quanto il don Chisciotte che a fantasia e sincerità non ha eguali.
Se Feliciano ha dalla sua parte la fittizia autenticità è perché lo stato in cui si trova non gli permette di fare calcoli economici. Infatti è una persona povera e di famigli ancora più povera. Di fronte all’esistenza la nostra capacità di elaborazione rompe gli schemi classici (ma pur sempre costruiti), divenendo cosa più semplice, più singola… cosa più autentica. [+blogger]

quando la sanità non fa notizia

E’ accaduto giovedì 31 maggio, qualche sera fa. In piazza Sanità, in quella piazza che da decenni non celebra più la “Festa del Monacone”, improvvisamente si sono accese luci e riflettori sulla basilica; sul piazzale è stata srotolato un tappeto rosso lungo cento metri e in un’atmosfera magica uno sfondo musicale accattivante ha scandito i passi ora di danza ora felpati ora stile passerella di circa 45 tra modelle e modelli di una sfilata di moda. Sì, nel suggestivo antico scenario del rione Sanità c’è stato un evento di surreale contemporaneità: le ragazze ed i ragazzi dell’Istituto medio superiore “Francesco Caracciolo-Salvator Rosa”, guidati da docenti molto creativi e da una preside veramente in gamba (mai espressione fu più appropriata) hanno realizzato un evento di moda unico nel suo genere.
           
Hanno presentato, tra gli sguardi attoniti di centinaia di persone, capi di abbigliamento assolutamente inusuali e frutto di lungimirante fantasia. Giacche da uomo, vestiti da sera femminili, casacche, abiti da sposa e da cerimonia, vestitini da passeggio e via elencando: è sfilata l’attività didattica di un anno scolastico di un Istituto statale superiore dove si studia moda e costume. E ciò che ha caratterizzato la serale passerella della Sanità è stato un messaggio culturale, e non solo, di grande attualità: nel popoloso rione, culla del dialetto e della tradizione più pura, ha sfilato il futuro. Tutti i capi di vestiario erano rigorosamente disegnati e realizzati con materiali riciclati, minuziosamente raccolti, selezionati e catalogati in mesi di ricerca e di lavoro collettivo di un’intera comunità scolastica.
           
Gli abiti hanno sfoggiato, in originali sequenze, multicolori e scintillanti materiali inediti per la moda: tappi di bottiglia, luccicanti spille da balia, pacchetti di sigarette, guanti in lattice da infermieri, cannucce per bevande, piatti e bicchieri di carta, sacchetti di plastica, chiavi, fermacarte, fili elettrici usati, bottoni, chiusure lampo, cucchiaini per il caffé, contenitori per uova, camere d’aria di puro caucciù, lattine…Una sfilata di moda come una metafora: riutilizzare il prezioso rifiuto per dire alla Città e al quartiere che nel rione Sanità ci sono energie e risorse, intelligenze e giacimenti mentali da mettere in campo: risorse nascoste, quasi ignorate e che hanno un futuro, come lo sono i tanti oggetti che la sfilata di moda ha riutilizzato ed egregiamente valorizzato. Tra applausi e grida da maxiconcerti, tra sguardi ammutoliti dalla curiosità e da un coinvolgimento attento, il quartiere – che nelle sue viscere ancora fabbrica guanti e cinture, borse e scarpe – ha lanciato la moda dell’avvenire coniugando la cultura dell’usato e del riciclato, del riuso con un gusto estetico degno dei nomi più affermati della moda.

E’ accaduto a Napoli, è accaduto nel rione Sanità tra un assordante silenzio degli organi d’informazione e nel disinteresse generale di televisioni e operatori cinematografici. Non c’erano boss di camorra da catturare, non bisognava zoomare cumuli d’immondizia; l’evento non evidenziava i pregiudizi - veri o presenti - sul rione Sanità. Non c’era da fotografare il degrado o da documentare arretratezza, inciviltà, crimine. Poche sere fa la Sanità, uno dei più emarginati rioni periferici nel centro storico della Città, ha tenuto in piazza una lezione che ha unito comunità scolastica e Municipalità, popolazione e comunità parrocchiale, autorità comunali, ministeriali e anche qualche degno sponsor, facendo emergere dal ghetto il presente ed il futuro di una realtà sociale che si vuole e si sta riscattando ed ha voluto dirlo sulle gambe, con il corpo con la manualità e la mente di tante ragazze e di tanti ragazzi che a un passo del diploma hanno manifestato impegno, applicazione, voglia di fare e di esprimersi.
           
Lontano da riflettori e da tesi precostituite, da luoghi comuni e frasi fatte, la Sanità è scesa in piazza con la gioia e lo studio e la voglia di esserci di decine di giovani desiderosi di costruire il proprio presente e dando, essi - con la guida di docenti degni di questo nome - una lezione di ordinaria civiltà. Forse per questo è stato un evento oscurato, una notizia non-notizia: un assordante silenzio, l’assenza di fracasso mediatico ha circondato un evento memorabile. Memorabile, basta questa sola parola. [francesco ruotolo]