il cimitero delle fontanelle

Culto liminale tra il reale/quotidiano e la “povertà” di una esistenza che si forgia con un insieme temporaneo e momentaneo. E’ la luce che rischiara le tenebre avvolgendo le contraddizioni. E’ “il passato che ritorna” sottoforma di eloquenza, di preghiera, di torpori. Le anime purganti, così come la vita attraverso un “rito di passaggio”, si intersecano con la gente del rione dando vita ad un vero e proprio dialogo tra pari. Un morto e un vivo (che muore) dialogano nella reciproca intesa di assistere ad un bene comune. Un patto che rinfresca l’anima attraverso una preghiera. Un rinfresco che esaudisce le paure esorcizzandole. Un culto di speranza e di precauzioni.

“Napoletani: quest’ossario che contiene dei nostri antenati le meschine spoglie e questo tempio sorto per pietà di sacerdoti e di popolo can. G. Barbati – fondatore comm. P. Placido sen. d. R. Largitore è ricco funesto della lue asiatica del 1836 è monito di cristiana pietà ai posteri”.

Il Cimitero delle Fontanelle è un bene universale, è qualcosa di più di un luogo sacro... e profano; memoria che deve essere restituita alle gente del rione, storia del popolo che immagina sperando la sue capacità. Il Cimitero delle Fontanelle è un luogo di speranza, dove un defunto non è del tutto defunto, dove l’uomo ha lasciato le sue preoccupazioni e le sue angosce, ridando dignità a chi, trapassato, ormai non c’è più. E’ questo il desiderio di chi prega: ridando dignità al morto rimette il defunto nella condizione di essere riconosciuto tale e, allo stesso tempo, crea quel doppio di preghiera/credenza instaurndo così una particolarissima forma di credenza.

Questi le basi per una gestione che non tutti avrebbero la capacità di portare avanti, per questo chiediamo che l’ossario non sia dato impasto ai leoni.
Attualmente quelle pochissime visite guidate all’ossario delle fontanelle lasciano il tempo all’incompetenza e alla faciloneria. Di questa gente il rione non sa che farsene. Il Cimitero è un bene universale e deve essere gestito direttamente dalle gente del rione tramite i suoi rappresentanti. Nessun imprenditore o presidente di altre associazioni possono o devono poter disporre dell’area cimiteriale, soprattutto se a far da cicerone si ritrovano stambecchi parlanti privi di conoscenza. [+Blogger]

proposta di +blogger

…e se il 13 e 14 aprile ‘08 i sanitanesi scendessero in piazza Sanità e, come per la via crucis, inneggiassero pacificamente l’”Elogio alla Libertà” di Giorgio Gaber?


ELOGIO ALLA LIBERTA'
In uno dei miei rari momenti di lucidità, ho avuto una illuminazione così folgorante, che lì per lì mi ha spaventato. La libertà fa male, anzi, malissimo. Come mi piaceva la mia mamma quando mi diceva “guai a te”: stupendo! E la maestra quando ci bacchettava le mani - toc, toc, - certe nocche… e purtroppo quelle maestre lì non ci sono più. E i bambini crescono con le mani belle lisce, ma deficienti. Purtroppo anch’io ormai da tempo non ho più nessuno che mi dica cosa devo fare… posso fare quello che voglio: sono rovinato! Perché è solo nella costrizione che si aguzza l’ingegno. Mi spiego meglio. Un uomo in catene sa benissimo quello che vuole, vuole togliersi le catene… e allora lotta, ringhia, si dibatte, tende i suoi nervi, tira fuori tutta la sua energia - e spac – libero!, “sono libero, sono libero, sono libero… oh dio come sono libero”. E pian piano i muscoli della sua faccia si rilassano, si afflosciano lasciando intravedere chiari sintomi di una tristezza progressiva e infinita. Dopo un po’ ingrassa anche. Ma è chiaro!, è la lotta per la libertà. E va bene! La libertà fa malissimo a tutti ma i danni maggiori si riscontrano e risultano più evidenti negli spiriti creativi, negli artisti, nei liberi pensatori. “Alt! Qui ci vuole la censura”, sì un bel censore o addirittura, non mi vergogno a dirlo, un dittatore, qualcuno che ci dica cosa dobbiamo fare e cosa non dobbiamo fare. Si, ma chi? La mia maestra, la mia maestra. Va lì dà uno stoc, stoc, sulle dita…”basta sei un negato non devi più scrivere” – “ma come non devo più scrivere, che libertà è questa?!, io vado in america”. Bene!, e così ci liberiamo di qualche cretino. Siamo talmente preoccupati per il sopruso fatto ad un singolo individuo che non ci preoccupiamo affatto per i soprusi che subiscono tutti gli altri individui costretti a tollerare una valanga di cazzate. Se qualcuno mi domandasse se sia meglio una società repressiva dove un genio venga isolato e considerato un imbecille pericoloso, o una società libera, dove qualsiasi imbecille pericoloso possa diventare un genio, non avrei dubbi!, sceglierei la seconda, ma con qualche preoccupazione. Perché se abbiamo già sperimentato quanto faccia male una dittatura militare, non sappiamo ancora quanto possa far male la dittatura della stupidità! [G.G.]