stop campo estivo

Questa volta i 100 e passa ragazzi del rione non ce l’hanno fatta a fare il campo estivo. Non sono bastati gli sforzi dei volontari e della gente che già da diversi anni sostengono questa iniziativa. Peccato! Ogni estate, sette giorni a Posillipo e sette giorni nel rione: condivisione, studio, riflessioni, giochi, animazione, invenzione e creatività. Una cosa non è chiara: il campo si fa a luglio, per dare spazio agli operatori,  quest’anno il bando non prevede tale mese. Quindi non prevede l’apporto degli operatori, ma senza di essi è praticamente impossibile farlo. E’ un controsenso oppure sono io che non capisco determinate regole?


Annovero un’altra “sconfitta”, anche se, dice Milan Kundera, Un uomo in grado di pensare non è sconfitto anche quando lo è sul serio… E noi tutti pensiamo di fare. Di fare come quella mamma che qualche anno fa s’è visto il figlio tornare a casa, “mi dispiace signora i posti sono esauriti, quest’anno ci sono più di 110 ragazzi”. Non indebolita delle argomentazioni si è presentata lei e il figlio un’ora prima che partisse io pullman in piazza san Vincenzo. “Mio figlio sta male, vi prego, vuole stare con i suoi amici e se non ve lo portate, ve lo giuro, lo ricoverano”. Scena o controscena anche se solo si tratta di una finzione, vale sempre la pena di recitarla. [+blogger] 

fesserie ragionevoli

I miei pensieri sono così strani e così assurdi che a volte faccio fatica a ripensarli, li nascondo dentro di me e quando riaffiorano mi vergogno di averli considerati. E’ strano per uno che è abituato a vivere la normalità come fonte d’ispirazione classica, come dettame di vita e di crescita. Eppure non riesco ancora a capire quali emozioni o perversità animano questi multi stadi della personalità. Non credo che io sia l’unico a vivere questi contrasti (se di contrasti si tratta), ma l’illusione della scena che dobbiamo sostenere è immancabilmente più marcata e legittima rispetto a quello che ci passa per dentro. Ecco perché: un re e una regina, un capo di stato e di governo, un prete e un vescovo, un famoso industriale e un grande attore, una pornostar e un fachiro dicono tutti ragionevolmente fesserie per contrasti. [+blogger]     

guerra ai barconi

Una nuova guerra all’orizzonte, questa volta in Libia. L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, on.le Federica Mogherini, sostenuta a spada tratta dal governo Renzi, chiede mandato per un’azione militare per distruggere i barconi degli scafisti nelle acque libiche e bloccare così l’esodo dei profughi. Il documento europeo che fa da cornice per le tutte le iniziative in tale ambito, il “Crisis Management Concept” e la conformazione della squadra navale “EUNAVFOR Med” lasciano trapelare ipotesi allarmanti. Perché, oltre a abbattere i “barconi”, si ipotizzano anche interventi, via terra e via mare, per distruggere le “strutture” utilizzate per il traffico di esseri umani, come ad esempio i depositi di carburante. Con quale dibattito parlamentare preliminare? Con quali consensi? Con quale scopo questa nuova assurda azione militare? Con il pretesto di salvare i profughi da morte nel Mediterraneo, si preparano altri disastri umani. Perché, anche se riuscissimo a distruggere i barconi degli scafisti, non faremo altro che aggravare la situazione di milioni di profughi sub-sahariani, mediorientali e asiatici. Le denunce di Amnesty International sono già allarmanti in merito alle torture, massacri, abusi e violenze sessuali perpetrate contro i profughi. “Non è più possibile chiudere gli occhi – afferma Philip Luther di Amnesty – e limitarsi a distruggere le imbarcazioni dei trafficanti senza predisporre rotte alternative e sicure. Altrimenti, condanneremo a morte migliaia e migliaia di rifugiati, ma questo avverà lontano dai casti occhi degli europei e dei media”. Quali strategie sta seguendo questa Europa armata e interessata a un’unione più finanziaria che di popoli e diritti? Purtroppo, è la stessa, medesima, via del Processo di Khartoum che prevede di trattare con i governi dei Paesi da cui provengono i profughi e costruirvi campi di raccolta nei Paesi di origine, come il Sudan o l’Eritrea. Perseguendo questa politica, l’Unione Europea, tramite il Fondo Europeo per lo Sviluppo, elargirà entro il 2020, 312 milioni di euro al governo eritreo, senza richiedere il rispetto dei diritti umani! Fondi che sono stati sbloccatigrazie alla visita in Eritrea di una delegazione italiana (24-26 marzo 2015). Chi pagherà questo protagonismo bellico italiano? Saranno proprio i profughi che il governo di Tripoli, vicino ai Fratelli Musulmani, incomincia già ad arrestare e a rinchiudere in nuovi campi di concentramento. Saranno proprio loro, i rifugiati, a pagare il prezzo più alto per questa azione militare, presentata farisaicamente come un’operazione che mira a salvare vite umane! Quanta ipocrisia! “Si pensa di punire chi si occupa dell’ultimo tratto del viaggio – ha dichiarato il generale Fabio Mini – e non i governi degli Stati che alimentano la violenza, la corruzione e la guerra creando le condizioni dalle quali i migranti vogliono fuggire”. Esprimiamo, insieme, il nostro dissenso a questo nuovo intervento armato. Chiediamo all’Unione Europea di non dare copertura a un nuovo intervento armato. Chiediamo che siano poste in essere strategie plurime e coordinate in tema di migranti. Chiediamo all’Unione Europea di far pressione sulla Tunisia e sull’Egitto, perché aprano le loro frontiere per accogliere i rifugiati intrappolati in Libia, e concordi con l’Egitto e la Tunisia l’apertura dei corridoi umanitari per permettere ai rifugiati di arrivare in Europa. Questa sì potrebbe essere una vera soluzione per i profughi e segnerebbe la sconfitta degli scafisti e delle organizzazioni criminali. Ultimo, non certo per importanza, chiediamo ai Paesi dell’Unione Europea e al nostro governo che cessino di vendere armi ai “signori della guerra” in Libia. Perché “la guerra è una follia”. [alex zanotelli mosaicodipace.it]

napule è mille culure


Ascoltando la canzone di Pino Daniele la squadra del Napoli diventa altro, acquista freschezza, poesia, armonia. Il calcio è inquinato purtroppo così come ogni aspetto della società dove i termini del linguaggio economico sostituiscono l’essenza. Guardando una partita, chi perde è solo il tifoso, chi fa del suo bisogno un modo per dimenticare. Quest’anno la squadra ha deluso, ma mantiene una costante, anche in passato è successa la stessa cosa. Fuori l’allenatore, fuori i giocatori con poca passione, fuori i tecnici.

La città si fa inghiottire dal Vesuvio che da troppo tempo è in silenzio. Anche l’intolleranza ha perso le sue assurdità. Il calcio Napoli scende nell’inferno come una provinciale fino ad innalzarsi, per contro, nell’azzurro blu di volare. La musica rallegra così come “Giulietta è na zoccola”; gli scambi invece raggelano, impietriscono, fanno schifo. Chi guarda spera. Intanto si allargano le maglie, si fanno accordi, disaccordi, neanche il tempo di abituarsi che subito un giocatore lascia. Sì, va bene, il calcio è cambiato così come cambia la società, ma un tifoso che ama la sua squadra, beh io quello non sono tanto sicuro che è cambiato.

Quest’anno siamo rimasti all’asciutto, per divertimento abbiamo tifato Barcellona, cantiamo ancora “Maradona è meglio ‘e Pelè”, ci siamo svegliati senza Pino Daniele e senza Francesco Rosi. Le mani sulla città e anche sul nostro quartiere le stanno mettendo gli altri, che da Posillipo, dal nord Italia, dall’Inghilterra, dalla Scozia, dalla Francia, stanno acquistando case per creare B&B. Napoli vince come la sua squadra la super coppa, Napoli dei poveri ha sempre vinto. Senza calcio si vive comunque, così come senza spreco e senza surplus. Forza Napoli [+blogger]

internazionale rom

I rom rubano i bambini e gli altri stereotipi sulla minoranza più discriminata d’Europa. Secondo il Pew research center, l’Italia è il paese europeo dove l’intolleranza verso i rom e i sinti è più diffusa. L’istituto di ricerca statunitense ha esaminato l’ostilità nei confronti dei rom in sette paesi d’Europa nel 2014, e in Italia l’85 per cento degli intervistati ha espresso sentimenti negativi verso questa popolazione. Nel 2014 l’Osservatorio 21 luglio ha registrato 443 episodi di violenza verbale contro i rom, di cui 204 ritenuti di particolare gravità, e l’87 per cento di questi episodi è riconducibile a esponenti politici. Gli stereotipi negativi su questo popolo sono molto diffusi, influenzano la percezione collettiva, le politiche pubbliche e hanno contribuito a fare dei rom un capro espiatorio in molte situazioni. Tuttavia alcune ricerche suggeriscono che la maggior parte della popolazione italiana conosce molto poco i rom. Uno studio di Paola Arrigoni e Tommaso Vitale per l’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione ha mostrato che il 42 per cento degli italiani non conosce la cultura rom. I rom rubano i bambini.

La storia che i rom rubano i bambini è molto antica e di tanto in tanto riaffiora nelle cronache dei quotidiani. Nell’ottobre del 2014 in Irlanda, a Dublino e ad Althon, una bambina rom di sette anni e uno di due furono sottratti ai genitori perché avevano i capelli biondi e gli occhi azzurri e le autorità pensarono che erano stati rubati. Ma gli esami del dna confermarono che i due bambini erano figli delle famiglie a cui erano stati sottratti. Il ministro della giustizia irlandese aprì un’inchiesta sull’accaduto, ma l’episodio scatenò un’isteria collettiva, commenti razzisti e una serie di false denunce di bambini rubati dai rom. Episodi come questi sono ciclici in Italia e in Europa. La ricercatrice Sabrina Tosi Cambini nel libro La zingara rapitrice ha analizzato gli archivi dell’Ansa dal 1986 al 2007 e ha preso in considerazione le decine di notizie in cui si denunciavano presunti rapimenti e scomparse di bambini a opera dei rom. Lo studio ha analizzato trenta casi di presunti rapimenti e ha verificato che nessuno di questi casi si è dimostrato vero dopo le indagini della polizia e della magistratura.

Ma spesso i mezzi d’informazione, che hanno dato la notizia del rapimento, hanno invece ignorato gli esiti delle inchieste. Quello che si sa poco, invece, è che molti bambini rom vengono sottratti alle loro famiglie dai tribunali dei minori a causa delle condizioni materiali di indigenza delle loro famiglie. Il rapporto dell’Associazione 21 luglio, Mia madre era rom, ha mostrato che un bambino rom ha il 60 per cento di possibilità in più di altri bambini che sia aperta nei suoi confronti una procedura di adottabilità. I rom non vogliono abitare nelle case, sono nomadi. Solo il 3 per cento della popolazione rom in Italia è nomade, mentre la maggior parte è stanziale (dati della commissione diritti umani del senato). In Italia, quattro rom su cinque vivono in normali abitazioni, lavorano e conducono una vita perfettamente integrata. Si tratta di almeno 130mila persone. Tutti gli altri (un quinto del totale, circa 40mila persone) vivono nei campi, in una situazione di emergenza abitativa. Si tratta dello0,06 per cento della popolazione italiana. L’Italia è l’unico paese in Europa dove esistono i campi, creati dalle autorità per risolvere l’emergenza abitativa dei cittadini rom.

L’idea che i rom amano vivere nei campi perché sono nomadi per cultura è priva di fondamento. Più del 90 per cento di quelli che vivono in Italia è stanziale. In Abruzzo per esempio le famiglie rom vivono in normali appartamenti e conservano la cultura, la lingua e le tradizioni rom. La parola nomadi inizia a essere usata per parlare delle popolazioni rom e sinti alla fine dell’ottocento. Nando Sigonadel Centro studi sui rifugiati dell’università di Oxford ha spiegato a Redattore sociale che “l’utilizzo del termine nomadi serve per giustificare la costruzione dei cosiddetti campi nomadi”, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Secondo Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, “la parola nomade è molto pericolosa” perché giustifica la segregazione delle persone rom in campi speciali isolati dalla città. Nel suo rapporto annuale l’Associazione 21 luglio afferma: “Nel 2014 la costruzione e la gestione dei campi rom continua a essere un’eccezione italiana nel quadro europeo.

Tali politiche hanno comportato voci di spesa elevatissime senza far registrare alcun miglioramento nelle condizioni di vita di rom e sinti, ma ne hanno sistematicamente violato i diritti umani. A Roma nel 2013 sono stati spesi più di 22 milioni di euro per mantenere in piedi il sistema dei campi e dei centri di accoglienza per soli rom”. Sono troppi, devono tornare a casa loro. L’Italia è uno dei paesi europei dove abitano meno rom e sinti, al contrario di quanto percepito dalla popolazione. In Italia abitano 180mila rom, lo 0,25 per cento della popolazione totale, una delle percentuali più basse d’Europa. La Romania è il paese europeo con la maggiore presenza di rom (circa due milioni), seguita dalla Spagna dove i rom sono circa 800mila. Nonostante il numero dei rom in Italia sia basso, nel 2008 il governo italiano ha dichiarato lo “stato di emergenza nomadi” nel Lazio, in Campania e in Lombardia. Ad aprile 2013 la corte di cassazione ha dichiarato illegittimo il piano di emergenza, perché non ha rilevato nessuna relazione tra la presenza dei rom e i presunti pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica denunciati dal governo.

I rom e i sinti sono presenti in Italia da più di sei secoli. Infatti il 50 per cento dei rom che abitano nel paese è di nazionalità italiana. Le regioni dove la presenza rom è più significativa sono il Lazio, la Campania, la Lombardia e la Calabria. In Emilia Romagna più del 90 per cento dei rom è italiano. I rom di più recente insediamento provengono dai Balcani, sono profughi della guerra nella ex Jugoslavia, molti di loro sono apolidi di fatto, non hanno i documenti, perché il loro paese d’origine non esiste più. [fonte: internazionale.it]