l'ossario chiarisce

Prendiamo atto della rispostadell’Assessore e del riconoscimento che si è trattato di un errore, naturalmente anche per noi la questione è chiusa. Non abbiamo nulla contro le diverse associazioni che a pagamento  fanno visite guidate al cimitero delle Fontanelle, anzi siamo fermamente convinti che il bene debba essere gestito in forma d’impresa culturale e dare lavoro. Proprio per questi motivi abbiamo deciso di limitare ad una sola visita mensile le nostre visite guidate gratuite.
Ciò nonostante riteniamo di dover cogliere l’occasione per rinnovare alcuni rilievi critici.  In primo luogo, nei confronti delle altre associazioni che, a nostro parere, attraverso le loro ripropongono stancamente quella visione della città cosiddetta postmoderna che si è affermata negli ultimi decenni: una Napoli decaduta, nell’immaginario collettivo, da città dei lumi, della musica e delle scienza a superstiziosa ed esoterica città della morte.  Ciò è per noi fonte di grande rammarico poiché, come noto, da tempo l’associazione I-care fontanelle si sforza di promuovere una diversa impostazione, finalizzata ad analizzare e comprendere il ruolo del cimitero nella più ampia vicenda storica della città. In secondo luogo e soprattutto, i nostri rilievi critici e il nostro rammarico si rivolgono nei confronti del Comune che, in modo costante attraverso le diverse amministrazioni, ha dimostrato di non voler affrontare il problema della gestione del cimitero e, più a monte, di rifiutarsi di prendere atto che si tratta di un cimitero, storico, ma pur sempre un cimitero. Inoltre le informazioni sul cimitero proposte dal sito del Comune sono a dir poco approssimative e ciò è un vero peccato, dato che si tratta di un sito istituzionale che avrebbe tutti gli strumenti, economici e culturali, per essere di alto profilo. Pigrizia, ignoranza. Forse solo superficialità.
Infine, cogliamo la disponibilità dell’Assessore a incontrarsi con le associazioni del quartiere sul futuro del cimitero delle Fontanelle. L’esperienza ci porta a essere scettici, ma con ottimismo e tenacia andiamo avanti. Il documento della Rete della Sanità, già a conoscenza dell’Assessorato, può fornire la base di un prossimo incontro. [Rocco Civitelli - Ass. I care ]


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Ho qualche dubbio sul primo punto.
Non sono molto d’accordo sul primo punto dell’articolo. In questo caso sarebbe meglio che se ne occupasse il Comune. Attraverso la sua gestione creare posti di lavoro e di responsabilità per il Cimitero delle Fontanelle. Già diverse e troppe associazioni hanno mostrato intenzione di voler occuparsene, di voler speculare senza averne le competenze e i permessi previsti. La dice lunga l’errore commesso sul sito del Comune di Napoli. L’assessore previsto deve assumersi la responsabilità istituzionale, per tali errori bisognerebbe dimettersi. Bisogna che i beni pubblici siano pubblici e non privati, come l’assurda gestione del sottosuolo di Napoli, del tutto impropria e illegale, che sta facendo arricchire una, due, al massimo tre persone. [+blogger]  

[s]miracolo italiano

Non so cosa credere maggiormente se al miracolo di san Gennaro oppure alle parole pronunciate ieri sera da Silvio Berlusconi. Sarebbe bello che tutti potessero avere la possibilità di fare quello che ha fatto l’ex presidente del consiglio, monopolizzare tre reti per difendersi da un terzo grado di giudizio. Ci sono ragazzini che marciscono in galera per aver commesso uno scippo, gente che lavora e che non viene pagata, sarebbe bello far parlare tutti quei “salariati” disoccupati o inoccupati (anche con la laurea) che ad un colloquio di lavoro si sentono dire: “400 euro mensili, una giornata intera di lavoro… c’è gente che è disposta a lavorare per meno”.

Ho chiesto anche io il miracolo a san Gennaro. Mio padre è stato licenziato diversi anni fa, dopo aver lavorato 40 anni con la stessa azienda, senza ricevere il trattamento di fine rapporto  né i contributi pensionistici. Ma purtroppo il sangue non si è liquefatto. La storia è più complicata e tragica ma avrò il tempo di scriverla (se ne avrò voglia) la prossima volta. La televisione ieri ha trasmesso la [s]democrazia in diretta, stamattina il [s]miracolo napoletano.


La passione, l’affetto, la verità si misurano con il consenso, così come lo schermo proietta la sensazione che migliaia, milioni di persone annuiscono come automi. Tutti dettano il proprio accordo, le riprese creano senso pacifico e di affratellamento così come, ad esempio, la telecamere accesa 24 ore su 24 sulla tomba di padre Pio. Quello di Berlusconi è un linguaggio seminatrice, è un  fallo di Priapo che crea la situazione magica. Il sangue di san Gennaro fa applaudire “inconsapevolmente”. La sintonia digitale è solo una sensazione, la realtà e il pensiero sono ben altro. Tutti possiamo credere a Berlusconi; tutti possiamo credere al miracolo del sangue; tutti possiamo lavorare per 400 euro al mese. Viva la libertà. [+blogger]                   

il credo a ma'lula

Stamane, al primo caffè, la tv parlava dei cecchini, che imperversano a Ma’lula, occupata dai ribelli siriani. Ricordo quella mattina, che ci arrivai. Montagne, nude come scogli infuocati, rosse di ferro. Grumi di case, cubi malconci di calce e mattoni, sgretolati dal vento, in bilico su crinali impossibili. Capre e capre a brucare erba invisibile. Un sole rovente, incessante, esasperante sul tuo corpo, che non ha più liquidi per sudare. Bambini dagli occhi enormi, muti, sorpresi di te, che ti seguono, tendendoti una mano che non sa chiedere. Si scende, per un viottolo, in una voragine infernale. Quale paura, quali orrori, spinsero i monaci a costruire un convento, così celato? Il Mar Sarkis ti ricorda che S. Sergio, come un'infinità di altri santi, è di qui. Paolo l'hai lasciato, a terra, a Damasco, fulminato da Dio. 

La Siria possiede più di un centinaio di insediamenti paleocristiani, a ricordarti che Gesù stava a pochi passi da qui. Il cristianesimo vive in un reticolo di musulmani sciti e sunniti, curdi, armeni. Il monaco, che ci accoglie, ci porta su, per gradini sconnessi, a una terrazza che dà sul azzurro del cielo. Il convento de Mar Taqla o santa Tecla è difronte, chiuso in caverne irregolari, quasi bocche fameliche. Il vento caldo del deserto lascia sabbia negli occhi e tra i denti. Il monaco mi porge un bicchiere d'acqua, che si appanna, tanto è fredda la sorgente, una verde fessura nella parete rocciosa della chiesa. - "É l'unico luogo, al mondo”, - ha una voce calda, in un italiano quasi perfetto, che sa stupirti – “dove si parla ancora l'aramaico dei tempi di Cristo. É tramandato solo oralmente. Ne abbiamo perso la grafia. Ora, sentirete dalla mia voce il suo Credo, con la sua stessa sonorità di linguaggio" Ricordo quel suono. [lucio paolo ranieri]

giù le armi

Per bloccare l’attacco alla Siria, per scongiurare il flagello di un’altra guerra, papa Francesco ci chiama domani 7 settembre a una giornata di preghiera e di digiuno. Un’occasione per ribadire al governo italiano il no all’acquisto dei caccia F-35 e a una spesa militare annua di 26 miliardi di euro. Il nostro dev’essere un “no” secco alla guerra in Siria. Dovremmo aver capito dalle guerre in Iraq, Afghanistan, Libia e Mali che questi interventi armati, che hanno ucciso civili innocenti, donne e bambini, non hanno risolto nulla. Basta con la guerra! «L’intervento americano in Siria nasce nell’illusione di una “guerra lampo” – ha scritto il massimo poeta arabo, il siriano Adonis. Rischia invece di sfuggire di mano, di aizzare il conflitto e di ripetere il peccato mortale in cui sono scivolati sia l’opposizione armata sia il regime siriano. La guerra è un’attrazione demoniaca».
Per questo ascoltiamo il grido accorato di papa Francesco: «Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come a un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione». Ed esorta la comunità internazionale «a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in Siria, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana». Anche noi oggi ci uniamo a papa Francesco e a tutti gli uomini/donne di buona volontà per dire “no” a un attacco militare contro la Siria che mieterebbe altre vittime innocenti oltre ai centomila morti e ai sei milioni di rifugiati siriani. «Troppi interessi di parte – ha scritto il papa al leader russo Putin – hanno impedito finora l’inutile massacro!».
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama ha già deciso l’attacco. Aspetta solo il consenso del Congresso. Non così il presidente francese Hollande che è già pronto. Purtroppo Obama è prigioniero del “complesso militarindustriale americano”(così lo definiva Eisenhower, presidente Usa negli anni ’50), che investe oltre 700 miliardi di dollari all’anno nella difesa. Queste armi servono a difendere lo stile di vita del 20% del mondo che consuma l’80% delle risorse del pianeta. La guerra è insita in questo nostro sistema di morte. Ma noi non ci rassegniamo, siamo anche noi prigionieri di quell’antico sogno del profeta Isaia: “Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, non impareranno più l’arte della guerra”.
Per questo, credenti e non credenti, ma amanti della pace, accogliamo l’invito di papa Francesco a digiunare, possibilmente insieme, davanti alle chiese o nelle piazze. E i credenti di tutte le religioni si ritrovino nelle chiese, nei luoghi di culto, nelle sinagoghe e nelle moschee, a pregare l’unico Dio, che è il Dio della vita e non della morte. Ma non basta pregare e digiunare se non ci impegniamo a costruire la pace nella quotidianità con un impegno serio. Noi italiani siamo chiamati a: accettare la nonviolenza attiva e viverla nelle nostre relazioni familiari, sociali, culturali, religiose; premere perché il governo italiano non accetti di partecipare alla guerra in Siria e non permetta l’uso delle nostre basi militari per questo attacco; rifiutare che il governo italiano spenda 26 miliardi di euro nella difesa come ha fatto lo scorso anno (3 milioni di euro ogni ora!); annullare l’acquisto dei 90 cacciabombardieri F-35, che ci costeranno 15 miliardi di euro; rifiutare che Sigonella (Sicilia) diventi la capitale mondiale dei droni e Niscemi (Sicilia) diventi il più importante centro mondiale delle comunicazioni militari.
Solo così questa giornata di preghiera e di digiuno potrà essere efficace e far ripartire con forza in questo paese, un movimento unitario per la pace (non è concepibile che le varie realtà che operano in Italia per la pace non riescono a creare un unico grande movimento!). La Pace può e deve sbocciare sulla faccia della Terra. [alex zanotelli - articolo del 6/9/'13 fonte nigrizia.it]

chi ha letto il libro

Vincenzo Minei volontario della rete Sanità e abitante del rione ha scritto una recensione sul libro di don Antonio Loffredo "Noi del rione sanità", pubblichiamo integralmente la mail inviataci il giorno 3/9/'13  
   
Tra i libri che mi hanno accompagnato questa estate c'era il libro di Antonio Loffredo intitolato "Noi del Rione Sanità" edito da Mondadori. Il libro, che l'autore apre con una ipotetica lettera al padre ormai scomparso, tenta di dare voce e volti a quella che è un'esperienza forse unica nel suo genere, cioè scommettere sulle risorse in loco, puntando sul recupero della storia e della bellezza di un quartiere, la Sanità che si è ritrovata nel corso dei secoli ad essere da passaggio obbligato per il centro di Napoli, ad una sorta di ghetto nel cuore della città. Ed è proprio per cercare di uscire da questo isolamento non solo fisico, rappresentato visivamente dal "tremendo ponte" di età murattiana, ma anche mentale che l'autore del libro, insieme a quei ragazzi nel frattempo diventati giovani uomini e donne, molti dei quali conosco personalmente da piccoli, hanno avviato tramite le varie cooperative che vanno dalla valorizzazione degli antichi cimiteri paleocristiani alla formazione e all'arte come il teatro e la musica classica. 

Scritto in un buon italiano, con molte licenze verso l'immaginifico, come è nello stile dell'autore, il libro presenta tuttavia alcune lacune, che è doveroso sottolineare. Anzitutto, mi dissocio assolutamente dagli attacchi a priori contro l'autore, che molti hanno accusato di volere trasformare il quartiere in una bomboniera per cacciare via i locali o chi accusa i componenti della Rete Sanità (che tra l'altro nel libro non viene nemmeno menzionata nemmeno in poche righe), di essere solo capaci di rosicare e di parlare. Simili atteggiamenti non fanno che creare conflitto e divisione. Il dissenso è giusto e doveroso, ma deve sempre svolgersi in uno spirito costruttivo e non su idee preconcette, il puro volontariato da una parte e il privato sociale visto come il demonio e il male assoluto. E riguardo appunto al privato sociale, il cosiddetto terzo settore, proprio perchè punta a creare lavoro deve avere almeno un minimo di ritorno economico. Va inoltre rispettato il lavoro di tante persone che nelle idee e nei sogni del Loffredo ci hanno creduto e ci credono, partendo praticamente da zero e arrivando ad avere riconoscimenti nazionali spesso superando i labirinti delle pastoie burocratiche. 

E fin qui ho evidenziato i pregi, passiamo ai limiti: doverose le pagine in cui si nominano suor Rosetta e suor Lucia, o padre Alex, tuttavia l'autore dimentica di citare la Rete del Rione Sanità di cui egli stesso fece parte per un periodo (dimenticanza?). L'iniziativa della scuola di italiano per stranieri che ha sede presso l'Istituto Ozanam, portata avanti con notevoli sforzi da suor Lucia e di cui chi scrive fa parte da ormai due anni, va ricordato, è stata un'iniziativa della Rete, ma non lo scrivo in spirito di polemica, ma solo per aggiungere un tassello che evidentemente manca. 

Quanto alla cosiddetta Operazione San Gennaro, sul progetto di diciamo così riqualificazione delle catacombe dedicate al patrono cittadino e che è stata la miccia che ha innescato le polemiche, siamo sicuri che sia conveniente farci delle piscine o delle discoteche? Certo non sono d'accordo con chi afferma a priori che il rione "è bello così com'è", ed è giusto cercare di migliorarlo, ma bisogna partire dalla mente e soprattutto dal cuore delle persone, solo così si possono ottenere risultati duraturi. Poi le catacombe, la musica, sono si tutte cose molto belle, ma in un quartiere che ha una tradizione artigianale che sta scomparendo, non sarebbe meglio puntare al rilancio degli antichi mestieri di guantai e calzolai, riadattandoli ovviamente alle nuove esigenze del mercato del lavoro? Va benissimo il progetto di Comunità Locale, e il modello da seguire potrebbe essere quello di Messina, purchè sia salvaguardata l'anima autentica del rione, associandomi alle perplessità di chi teme uno snaturamento del quartiere stesso tipo quello avvenuto a Taormina. 

Sono sicuro che don Antò, da persona intelligente qual è saprà accogliere queste mie osservazioni, tra l'altro da lui stesso richieste al sottoscritto con lo spirito giusto senza sentirsi offeso e, mettendo da parte i risentimenti personali anche chi finora ha alimentato solo la polemica, possiamo tenere tutti presente che quello che conta di più è il quartiere e non i piccoli protagonismi personali [vincenzo minei]

chiariscono anche gli altri

L’articolo di Mastandrea mi ha fatto pensare a un problema centrale degli intellettuali italiani, almeno dal mio punto di vista: l‘incapacità di entrare in contatto reciproco con l’uomo comune. Ovviamente l’autore aveva delle buone intenzioni, e altrettanto ovviamente si è servito piuttosto degli esperti dotti che delle persone su cui voleva scrivere. Ha attraversato il quartiere assieme a Ermanno Rea, ha discusso con Padre Alex Zanotelli, e infine ha tratto le sue conclusioni secondo uno schema abbastanza “provato”, cioè secondo quella alleanza di sentimentalismo e denuncia che io, come straniero, trovo spesso nei confronti del giornalismo sul popolo. 

Come ha menzionato Stefano de Matteis, autore del celebre libro sull’ “antropologia della città del teatro”, l’autocoscienza della borghesia napoletana non si è mai realizzata a pieno. Invece di rispecchiarsi nei comportamenti e nelle strategie del popolo la borghesia ha preferito il compromesso (le canzoni dolci, le cronache) , come dice de Matteis, evitando così allo stesso tempo di riconoscere se stessa e di autocriticarsi. In questa linea di un assistenzialismo “rosa”, privo di autocoscienza e altresì lontano dal prendere atto delle risorse del ceto basso, vedo anche l’articolo recentemente apparso sul “Manifesto”. E’ da diversi mesi che abito e studio nel rione Sanità. [Ulrich Van Loyen]