amaeodia

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Ama il calcio - Odia il razzismo.

elsa morante

«Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.

Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.

Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare». [Elsa Morante, Opere, vol. I, Mondadori - Meridiani, Milano 1988. E’ un articolo che Elsa Morante ha scritto descrivendo Benito Mussolini]

microcredito scuola caracciolo

Chi ha detto che i ragazzi hanno rimosso il futuro? Chi va dicendo, sulla base di improbabili sondaggi, che i ragazzi delle scuole superiori, e in particolare quelli dell’Istituto Caracciolo, sono disinteressati a qualunque prospettiva riguardante il loro futuro - e si badi, non scoraggiati o pessimisti ma proprio indifferenti - avrebbe avuto una bella smentita ieri assistendo all’incontro sul “Microcredito al rione Sanità” organizzato dal Professor Dario Spagnolo con la collaborazione del Comitato tecnico del “Microcredito al rione Sanità”.

Certo, nella scuola molto si deve alla motivazione e all’atteggiamento positivo degli insegnanti: vediamo che quando c’è la fiducia nei ragazzi e la capacità di dialogare con loro portandoli sul terreno concreto dell’esperienza, in altre parole quando l’insegnante, come fa Dario Spagnolo, riesce a collegare la scuola alla vita, i ragazzi “rispondono”. Così, abbiamo visto alcuni di loro, ragazzi e ragazze, realmente interessati a comprendere l’iniziativa, a valutare gli esempi introdotti da Alessia Agrippa (una ragazza anche lei, poco più grande di loro, stagista di Banca Etica) e da Antonio Montieri e Italo Russo, bancari in pensione entusiasti volontari del Comitato. Ed è stato davvero sorprendente trovare in alcuni ragazzi competenza e linguaggio adeguato all’argomento, per formulare le domande che si sentivano scaturite da un interesse molto vivo. Certo, dei sessanta ragazzi presenti è stata una piccola parte a dare una partecipazione così incoraggiante: ma sono quelle minoranze che aprono la strada al cambiamento, ed è su questi ragazzi che dobbiamo contare per non piangerci addosso e dare della città e del quartiere un’immagine positiva, di speranza.

A noi adulti la responsabilità di sostenere battaglie per una scuola pubblica di qualità, dove docenti famiglie e società civile possano integrarsi a sostenere, insieme, i ragazzi e la loro visione di futuro. In questo senso l’iniziativa promossa dalla Rete del rione Sanità con Banca Popolare Etica e Associazione Marco Mascagna risponde appieno ad una finalità educativa, nel senso di educazione civica, che dalla scuola si estende al quartiere. Si ricorda che il Comitato per il Microcredito offre assistenza e consulenza il martedì e il giovedì dalle 17.30 alle 19.00, presso l’Istituto Adler, via Supportico Lopez 8 [anna maria laville].

aiuti subumani



La guerra non finirà mai, la gente deve essere trattata così altrimenti la ricchezza si dilata e i soldi iniziano a sfuggire di mano. Fintantoché ci sono persone di serie B e C tutto è possibile; fintantoché un bambino ricco caca differentemente da un bambino povero, oppure piscia, vomita, sorride, ti schiatta un pugno in faccia, ti sbava sulla camicia o sulle mutante differentemente da un bambino che invece non gli manca un cazzo, allora la giustizia divina, terrena, filosofica, e metteteci pure satanica, è resa vana dalla incoscienza che per coerenza fa sbraitare: “miserabili quelli lì, nati nella sfortuna”… e digeriti dalla tua insulsaggine.

la super civiltà



L’Italia è un paese che ripudia la guerra. Nel 2006 l’Italia ha esportato armi piccole e leggere per 434 milioni di dollari. Intercettazioni telefoniche hanno portato alla luce che la Beretta, prima produttrice di armi in Italia, traffica con l’Iran e il resto del mondo. "Le nostre sono pur sempre missioni di pace".

...ascoltarne uno

Mi chiamo Annamaria Malavasi e il mese di Maggio compio 89 anni. “Sono diventata partigiana, dopo l’8 Settembre 1943, a Reggio Emilia, facevo trasporto munizioni, stampa, vettovagliamento. Poi, in montagna, mi hanno insegnato le armi, come usarle e accudirle. Il mio nome di battaglia ere Laila”. Lo presi da un romanzo su una ragazza che combatteva al posto al posto del suo fidanzato ucciso. Era una bella ragazza? “Si, ma noi eravamo state educate severamente, anche nel modo di vestire”. Però sfruttavamo la nostra bellezza. Quando, con le armi addosso, passavo al posto di blocco in bicicletta mi mettevo la gonna stretta, e fingevo di abbassarmela, loro, fessacchiotti, fischiavano e io passavo”. Le è mai capitato di uccidere? “Certo”. Che sensazione dà? “La donna è sempre donna. Ma nel momento del pericolo anche la donna accetta le regole della guerra. Non è facile. Nata ed educata per dare la vita, in guerra la vita la togli. E’ importante che non siamo diventate combattenti per spirito d’avventura. Ci furono torture orrende. Nella mia formazione avevo una ragazza, Francesca, che era incinta, ma era lo stesso così magra, che scappò dalla prigione passando tra le sbarre del finestrino da bagno. Per raggiungerci camminò scalza nella neve per 10Km. Quando il bambino nacque lo allattò da un solo seno perché il capezzolo dell’altro le era stato strappato a morsi da un fascista. Ho visto ragazze con le parti intime bruciate dai ferri da stiro”.

Quanto contava l’amore? “Niente. L’importante era aiutare. Io ero anche fidanzata, lo lasciai quando mi disse che fare la partigiana mi avrebbe resa indegna di crescere i suoi figli. Era un mondo maschilista. Soltanto tra i partigiani la donna aveva diritti, era un compagno di lotta. Si dormiva insieme, per terra, nei boschi, ma se uno mancava di rispetto veniva punito. La resistenza ci ha fatto capire che nella società potevamo occupare un posto diverso”. Si è più sposata? “No. Però in montagna, avevo trovato un ragazzo... Lui sì, lo avrei sposato se non me lo avessero ucciso, aveva una mentalità aperta, ma uomini così non è ho più trovati”. Chi era? “Si chiamava Trolli Gianbattista, nome di battaglia Fifa, anche se era coraggiosissimo. E’ morto nella battaglia di Monte Caio nel 1944, a 23 anni. L’ho saputo solo 6 mise dopo, quando a primavera la neve si sciolse e il corpo fu ritrovato. E’ sepolto al cimitero di San Bartolomeo. Gli porto ancora i fiori... Dev’essere stato importante per me, se mentre ne parlo lo rivedo davanti. L’unico nostro bacio è stato d’addio”. Vuole dire qualcosa alle donne d’oggi? “i diritti paritari garantiti dalla Costituzione non sono stati un regalo, ma un riconoscimento per ciò che le donne hanno fatto nella guerra di Liberazione. Difendere la Costituzione significa difendere la possibilità di garantire un futuro di libertà e democrazia ai figli delle donne”.

Ci sono generazioni che hanno fatto (L’Italia, la grande guerra, la resistenza, il sessantotto). Altre che hanno visto (Genova, l’11 Settembre, L’Iraq). Poco prima di essere ucciso a 27 anni nella guerra di Spagna, Alistair Noon, poeta inglese omosessuale e comunista, scrisse: “
Caro Robert, so bene che combatto per qualcosa che non durerà. Nessun futuro è per sempre. Combatto per aver un passato perché un po’ della mia vita riposi intatta nell’accaduto”. Oggi l’Anpi, l’Ass. Nazionali Partigiani - che ha reso possibile l’intervista - conta 150 iscritti (ma da 2006 accettano anche i non partigiani). Nel 2000, dieci anni fa, i partigiani viventi erano 29mila. Oggi sono 10-12mila. SAREBBE BELLO SE, PER LEGGE, OGNUNO FOSSE OBBLIGATO AD ASCOLTARNE UNO. [giacomo papi]

crescereinsieme


Sportello di Consulenza Psicologica e Sociale

Nel cuore della Sanità, presso l’associazione “Crescere insieme” in Piazzetta S. Vincenzo n. 25, apre un centro rivolto a genitori e ragazzi. Il Centro offre gratuitamente: Sportello Di Consulenza Psicologica: Consulenza Psicologica e/o Psicodiagnostica Individuale, Familiare e di Coppia. Consulenza Psicologica per Minori e Genitori. Sportello Sociale: Informazioni su corsi di avviamento professionale tenuti da Regione, Comune ed Enti Privati. Sostegno alla Genitorialità attraverso attività formative. Consulenza rivolta a gruppi di formatori, educatori, volontari che lavorano con i gruppi. Consulenza per le tossicodipendenze

Il centro è aperto lunedì e giovedì: ore: 16:00/19:00. Ogni sabato l’associazione organizza una giornata di aggregazione e convivialità, attraverso animazione, preghiera e condivisione. N.B. L’associazione “Crescere insieme” è disponibile a chiunque abbia possibilità e voglia di donare qualche ora del suo tempo in attività di volontariato. “In una realtà sorda ai problemi del prossimo,noi possiamo aiutarti”. Per informazioni: associazione “Crescere Insieme”, Piazzetta S. Vincenzo alla Sanità, n. 25, Napoli. Tel./ Fax 081/7413064, e-mail: crescere.insiemenapoli@virgilio.it

napoli spettacolare

È impressionante vedere le immagini di guerriglia, di distruzione, di abbandono, di “impossibilità”. I telegiornali nazionali non fanno altro che mandare immagini di sparatorie, di agguati, di vergogna, di indifferenza. Napoli è la città predestinata a questo scempio mediatico ed invulnerabile, incline ad ogni forma di civiltà e di responsabilità. Secondo alcuni intellettuali la nostra città non può essere spiegata, non ci sono argomentazioni, essa è un caso a sestante fuori ad ogni normale caratteristica “scientifica”. Napoli è persa nel vuoto, nel distacco, nell’omertà. Chi subisce questa forma di separazione forzata è la gente, le persone che hanno paura, che vivono nel terrore, nel caos, nella disperazione. Noi restiamo a guardare intrappolati nella nostra “cultura” e chi ci capisce qualcosa è un genio.

Io non sono sicuramente un genio ma vivendo costantemente la città, il mio quartiere, il caos, che sbilancia Napoli, non lo noto, forse non avrò la capacità di vederlo, sono un incosciente, ma la mia esperienza mi suggerisce una altra spiegazione. Non è vero che Napoli è arretrata, che la gente è bigotta, incline alla malavita, alla camorra; le persone di Napoli sono stanche e, mentre le istituzioni rimangono indietro, esse invece vanno avanti organizzandosi e unendosi in modo autonomo. Vivono nel silenzio e nella paura, ma progrediscono nel quotidiano, nel fare, nel costruire alternative. La faccia della malavita è la stessa dell’imprenditore che evade le imposte, che esporta i capitali, che imbroglia sul cemento, che incanta per viltà.

Lo stesso fenomeno avvenne nel 1943. Napoli si difendeva da sola, faceva le barricate, cacciava i tedeschi, sacrificava la sua gente per la terra. Questo sostituirsi allo stato non è stato mai riconosciuto. Le persone morte sono morte per caso, le bombe lanciate per caso, la fame vissuta per stupidaggine. Nella letteratura c’è la famosa nave saccheggiata dai napoletani, non la vita persa di Nicola, Mariano, Roberto e Patrizia. La lacerazione mediatica è frutto della transizione storica, vedere solo per fare sensazione, per la spettacolarizzazione, per l’audience, per la pubblicità, per vendere più armi. Napoli serve anche a questo tipo di economia. [+blogger]


voglia di raccontare

Lidia mi chiama più volte sul cellulare “aiuto, ho voglia di raccontare, di denunciare, di farmi ascoltare”. Quando parla è sempre un po’ agitata, mi spiega quello che le è successo, e io non ho voglia di commentare. Una storia vera ed assurda. Mi spiega partendo dalla fine “hanno scritto una sentenza insensata, hanno dichiarato di tutto, ma com’è possibile?”.

“Ho un figlio borderline. E’ stato ricoverato diverse volte, in casa mi minacciava, avevo paura per le altre due mie figlie adolescenti. Mi sono affidata a dei servizi sociali, e forse questo è stato il mio grave errore. Gli esperti hanno dichiarato che io sono la causa di tutto, del male di mio figlio, di quello che gli è successo. Mi hanno accusato di essere una madre pessima, solo per il fatto che mi vesto decentemente, questo sarebbe sinonimo di trascuratezza verso i miei bambini. Nel frattempo mio marito muore tragicamente in un incidente stradale, i medici del servizi sociali hanno dichiarato la morte poco chiara, come se l’avessi indotto io ad ammazzarsi. Solo perché negli ultimi tempi io e mio marito ci siamo divisi, questo è bastato per formulare una presunta accusa di noncuranza. Mio figlio è stato denunciato da una ragazza per molestie, riesce a scappare illudendo i sorveglianti, me lo ritrovo una sera a casa, mamma mi hanno liberato. Chiamo i carabinieri, non voglio aggravare di più la sua situazione, gli dico che si è pentito, infondo è sempre un malato mentale. Gli assistenti sociali mi chiamano e mi riaccusano un'altra volta. Mi dicono che denunciare è stato una follia e che loro adesso non possono far più niente. Intanto anche la sentenza di primo grado mi accusa, il giudice scrive di una mamma poco affidabile, strana, eccentrica, e forse malata. Faccio fatica a spigare alle mie figlie cosa sta succedendo. Per fortuna la loro intelligenza è superiore alla media".

Non posso e non voglio spiegare di più. Solo queste poche righe bastano per farsi una idea. Le odissee non finiscono mai, la gente è distrutta, giudicata, maltrattata. Una delle sue due figlie cerca di parlare un po’, di difendere la madre spigandomi che ama anche suo fratello. Piange. Lidia invece non si commuove, è forte, è una mamma che non ha voglia di lasciare da sole le sue figlie. Deve lavorare, pensare al suo “bambino” malato, deve difendersi dalle accuse, deve vivere. Lidia è una donna giovane, ma forse questo è il suo problema. Il suo aspetto fisico la tradisce. La crisi ti deve debilitare, ti deve distruggere, ti dive abbattere. Non devi più crescere, non devi più sacrificarti, non devi più illuderti. L’amore non ti serve più, non c’è più spazio per te nella società, debilitati, non aggiustarti più i capelli, non metterti più il rossetto, non andare più a lavorare: forse, vedrai, che il giudice si commuoverà. [+blogger]

lodo elvis

Elvis è morto a 6 anni, a Napoli, ucciso dal monossido di carbonio sprigionato da un braciere alla carbonella, estremo ed unico rimedio contro il gelo, dopo che l’Enel aveva staccato l’erogazione di energia alla sua povera abitazione, per morosità. Era un bambino educato, ordinato e da grande sognava di fare l’ingegnere, secondo la sua maestra. La madre, Manuela, capoverdiana, è in coma. Per i politicanti di governo Elvis a Manuela costituivano una minaccia per la sicurezza del paese. Discutendo di questo immane dramma con mia figlia, mi sono sentito dire: “Papà, se la politica non riesce a salvare la vita ai tanti, ai troppi Elvis, allora la politica non serve a nulla”. In modo semplice ed immediato ha colto l’essenza ultima e vera della Politica con la P maiuscola.

Una Politica che, adesso, deve prendere fra le braccia il corpicino di Elvis e portarlo, con delicatezza, al cospetto di Cristo e gridare tutta l’indignazione possibile, tutto il dolore possibile, versare tutte le lacrime senza risparmiarne alcuna. Poi, con risolutezza, la Politica dovrebbe prendere con mano le migliaia di Elvis costretti a vivere nei tuguri dell’ipocrisia e della menzogna e accompagnarli a scuola, in scuole allegre, colorate, sicure e poi accompagnarli a casa, in case vere, modeste anche, ma dove non vengano mai a mancare l’aria, la luce, l’acqua, il caldo, cibo sano, beni inalienabili della persona.

Mi risulta che in Francia esista una legge di Stato che impedisce al proprio Ente di staccare del tutto l’erogazione di energia e l’obbliga a lasciare un tot di watt. Chiedo ai nostri deputati e senatori di proporre con urgenza una legge simile anche in Italia e di battersi per l’immediata applicazione, con la stessa rapida efficienza con cui fu approvato il Lodo Alfano. Ovviamente, se approvata, una legge simile non potrà che chiamarsi Legge Elvis.

Nel frattempo propongo all’Enel di predisporre la stipula di “Contratti di solidarietà”, con cui l’utente, volontariamente, potrebbe pagare una percentuale in più di energia (1, 5, 10%) da destinare agli indigenti. Che la Politica con la P maiuscola si manifesti in tutto il suo splendore, prima che sia troppo tardi per altri Elvis, perché un bambino non è mai responsabile della sua condizione. [natale sorrentino, pubblicato a dicembre 2009 www.openworldblog.org/2009/12/14/lodo-elvis/]

senza titolo

PER LE STRADE


PER ESSERE


vittoria degli immigrati

Oggi [ieri] alle ore 13.00 sei dei nove rifugiati della nave da carico “ Vera D”, sono stati rilasciati dal CIE (Centro di identificazione ed espulsione) di Brindisi , su istanza del giudice, perché presunti minori. Abbiamo accolto questa notizia con un urlo di gioia: giustizia fatta per gli immigrati, una vittoria per gli attivisti napoletani che hanno difeso passo passo i nove immigrati. Il nostro impegno è iniziato quando il 7 aprile la nave da carico “Vera D”, che batte bandiera liberiana, aveva attraccato al molo 51 nel porto di Napoli, dichiarando di avere a bordo nove immigrati clandestini (erano saliti segretamente ad Abidjan, in Costa D’Avorio). Per motivi di sicurezza, la “Vera D” è stata bloccata dalle autorità portuali fino al 12 aprile, quando gli attivisti anti-razzisti ne sono venuti a conoscenza.

Da quel momento gli attivisti hanno iniziato a presidiare la nave perché non salpasse, dato che il Ministero degli interni vuole che gli immigrati vengano respinti. La lunga trattativa fra la compagnia della nave e gli attivisti si è conclusa nel cuore della notte di quel 12 aprile. Alcuni attivisti , accompagnati da un legale, sono saliti a bordo per incontrare i nove immigrati. Tutti hanno chiesto l’asilo politico e sei di loro si sono dichiarati minorenni. Subito dopo è stato presentato un esposto alla Procura della Repubblica e all’autorità portuale, dove si richiedeva il diritto di asilo, nonché la tutela dei sei minori. Così i nove clandestini (cinque nigeriani e quattro ghaneani) sono sbarcati alle ore 12.00 del 13 aprile. Una bella vittoria questa, in un’Italia che ha votato il “Pacchetto Sicurezza” di Maroni, un’Italia che sta respingendo i disperati della storia. E’ straordinario che il Comune di Napoli abbia dato la disponibilità ad accoglierli.

I nove immigrati sono stati poi trasportati all’Ufficio dell’Immigrazione della Questura di Napoli. Abbiamo presidiato l’Ufficio per tutto il pomeriggio, proprio perché temevamo un colpo di mano. Le trattative tra gli attivisti, i sindacalisti e i rappresentanti del Comune di Napoli con la Questura di Napoli, hanno continuato senza sosta. I nove immigrati sono stati esaminati all’ospedale e trovati tutti maggiorenni: 18 anni di età. Questa notizia ci aveva fatto infuriare perché ci sembrava ovvio che almeno tre erano minorenni. A posteriori, posso dire che la trattativa è stata una farsa ben recitata , perché la decisione era già stata presa dal ministro Maroni a Roma, e alla Questura toccava solo ubbidire. Alle ore 20.00 tentiamo l’ultimo incontro con il dirigente dell’Ufficio. Fu un momento durissimo. Ci disse che i nove dovevano essere trasportati al CIE di Brindisi. Insistemmo sul fatto che c’erano dei minorenni. ”Se ci sono dei minorenni - replicò il dirigente - me ne dispiace.” A quel punto persi le staffe. “Come può un pubblico ufficiale - urlai - dire se ci sono… Ma in che paese viviamo?” ‘Devo ubbidire”, mi rispose. Uscimmo con tanta rabbia in corpo.

E ci disponemmo davanti al portone dell’Ufficio, da dove dovevano uscire i nove per essere trasportati a Brindisi. La Questura inviò un primo scaglione della Celere, guidato da una donna tutta sorrisi. Nel frattempo, altri attivisti arrivavano: eravamo circa un centinaio. Allora inviarono un secondo squadrone della Celere, armato di tutto punto. Ci confrontammo così , faccia a faccia, per mezz’ora. Poi l’ordine di caricarci. Tentammo di resistere, ma fummo travolti. Alcuni di noi riuscimmo a svincolarci e a ritornare davanti al portone. “Dovrete passare sul mio corpo – urlai - voi non potete portare dei minorenni in un lager. ”Uno spintone mi fece barcollare e cadere. “Vergognatevi! - dissi al Dirigente dell’Ufficio Immigrati. “Vai via, sobillatore!”- mi gridò, mentre le gazzelle della polizia sfrecciavano via portando gli immigrati. Ero talmente scosso che mi misi a piangere. Quello che avevamo subito era poca cosa in confronto al grido di dolore dei nostri fratelli, anzi figli, africani. La notizia, oggi, che la Questura di Brindisi ha riconosciuto che ben sei di loro erano minorenni e che sono stati liberati, ci conforta e ci fa sentire che non abbiamo lavorato invano. [alex zanotelli]

una banale caduta

Ieri pomeriggio alla via sanità tre adolescenti, senza casco, camminavano su di una scooter zigzagando tra gli altri motociclisti. L’ultimo passeggero, poteva avere 10/11 anni era seduto sulla sella e, cercando di non cadere, si aggrappava al suo compagno avanti che a sua volta si stringeva il guidatore. Tutti e tre non raggiungevano i 35 anni di età. All’improvviso l’ultimo ragazzino si sbilanciava ulteriormente, facendo sbandare la moto che per fortuna non urtava nessuno ma perdeva impietosamente il suo passeggero. L’uomo/bambino cadeva a terra, un botto “naturale” ma spaventoso, dritto con mani e pancia sulla strada. Un urlo che non veniva sentito subito dai suoi compagni di viaggio che proseguivano. Solo dopo si accorgevano del compagno perso per la via. Quest’ultimo veniva aiutato da un signore a rialzarsi, batteva le mani, sembrava stordito, successivamente intravisto dai suoi amici e dalla folla.

Ho pensato che si fosse fatto davvero male. Guardando bene la faccia del l’uomo/bambino mi sorprendeva il fatto che, appena rialzatosi, il suo viso fosse più intendo a nascondere l’imbarazzo che il dolore che gli procuravano le mani, mosse vertiginosamente su e giù. Credo che anche la pancia un po’ gli facesse male. Gli amici scooteristi, dopo poco, visto che non mostrava paura, sembrava che non si fosse fatto nulla, incominciavano a sfotterlo, a prenderlo in giro per la sua banale caduta. L’uomo/bambino, riprendendo lo stesso posto sul motorino, continuava la sua folle camminata. Dolorante, soffiava sulle sue mani che gli bruciavano, ma un eroe comunque nel praticare la sua normale attività.

Cari genitori, mi complimento con voi e con la vostra sensibilità. Vostro figlio, l’uomo/bambino che avete concepito circa 10 anni fa, aveva rischiato di morire tra l’ilarità dei suoi coetanei. Complimenti per l’amore che provate per quest’uomo, bambino troppo presto per essere un adulto che si imbarazza del suo dolore. Complimenti per la vostra sensibilità, la vostra umana responsabilità. Se questo è insegnare, se la linea sottile che trapassa la vita e la morte non ha nessun valore per voi, allora sentitevi pure fieri di aver fatto un figlio eroe. Avete creato un bambino che, a vostra immagine e somiglianza, un giorno si vergognerà del vostro dolore, dei vostri mali, delle vostre speranze… di averlo messo al modo. [+blogger]

mi scappa, che faccio?

Il Cardinal Bertone in Cile ha affermato che la pedofilia è sinonimo di omosessualità. In questo forse non si è sbagliato, anche se così facendo ha condannato ancora di più la chiesa e i preti. Il segretario del papa non ha tenuto conto di un fatto abbastanza importante. Nella stragrande maggioranza i preti pedofili sono anche omosessuali, mentre i laici no. Il padre che violenta la figlia piccola, lo zio sporcaccione con le nipoti, lo “spione” della porta accanto ecc, ecc, hanno solo questo problema, di essere violenti e quindi un pericolo per la società. Gli ecclesiali, invece, sono quasi sempre anche omosessuali, basta vedere le cronache, leggere i giornali o altre fonti. Ieri ne discuteva uno ascoltatore su radio24.

Allora perché? Non è sbagliato forse affermare che le privazioni sessuali portano alla rovina del mondo? Non è sbagliato forse affermare, come fa Alejandro Jodorowsky nel libro “I Vangeli per Guarire” che dio è incarnato nel nostro sesso?, nel piacere che ci aiuta a vivere?, a gioire, amare e godere? Le privazioni portano alla guerra, alla sopraffazione, alla depressione, alla rovina… alla bomba atomica. Non c’è bisogno di prendere in giro gli atei come fa padre Livio Fanzaga direttore di Radio Maria: Gesù Cristo non l’ha fatto con San Tommaso.

Ecco un esempio di depressione “abulica” infarcito di incoerenza. I preti cattolici imponendosi per legge la castità rompono un equilibro naturale che è presente in tutti gli uomini. Sant’Alfonso all’età di 70anni parlava ancora dei suoi turbamenti sessuali. Vergognarsi per una cosa così semplice è un atto che il nostro corpo non riesce ad accettare, si ribella alle incoerenze della privazione e sfoga alterando l’equilibro psichico. Non è un trattato scientifico ma questo che scrivo è frutto di una normale costatazione.

Ora la differenza è netta e abbastanza evidente. La pedofilia è un atto ignobile senza giustificazioni, ma forse servirebbero centri di assistenza per guarire da questo male. Una diretta conseguenza tra pedofilia e omosessualità non è stata mai accertata scientificamente, mentre i turbamenti atipici sessuali sono una diretta conseguenza di astensioni e deficienze corporee. Quando ti scappa devi andare in bagno per forza altrimenti di cachi sotto. [+blogger]

abboffati di mazzate

Uscivo dalla metropolitana di piazza Cavour erano verso le 15,15 circa, ho visto che molta gente guardava verso il parco giochi dove di solito sostano moltissimi bambini e mamme. Questa volta però l’isola era vuota, c’era solo una persona di circa 60/65anni a terra, disteso sul fianco, con la dentiera cadutagli dalla bocca e un rivolo di sangue che gli macchiava una parte della faccia. Pensavo fosse morto. Poi ho avuto modo di vedere che alzava il braccio e le spalle. Un altro signore più in là, aveva circa 40 anni, stordito e traballante, con un taglio sulla fronte e diverse ecchimosi sulla faccia. Dopo pochi minuti è arrivata l’auto dei carabinieri. Nel frattempo un giovane, confortato dalla vista dei carabinieri, si è staccato dalla folla e ha cercato di aiutare il più anziano, indicando anche l’altro uomo che ne frattempo è stato raggiunto dalle forse dell’ordine.

Entrambi abboffati di mazzate. Mi sono avvicinato e ho visto che la bocca del più anziano continuava a sanguinare, mentre si puliva con il fazzoletto, il sangue gli uscivano in continuazione. Il più giovane gridava verso i carabinieri: “perché, perché, siamo italiani, italiani”, l’altro, invece, era stordito. È arrivata anche l’ambulanza. Ho chiesto prima ad un ragazzo, mi ha detto che erano stati dei ragazzi di zona a picchiarli. Poi un'altra ragazza, che forse non era del rione, mi ha “confermato” che i due malmenati erano mezzo ubriachi e che, mentre giocavano i bambini, hanno incominciato a svestirsi denudandosi.

Dalla voce del più giovane ho avuto modo si sentire che erano stati picchiati da due marocchini. Non sapevano il perché e cosa avessero fatto. In realtà i due sembravano poco lucidi anche per la ferite riportate . Il più anziano ha mostrato i documenti ai carabinieri e poi ai medici dell’ambulanza, ma non aveva fiato per parlare. L’altro si è presentato parlando in Italiano, con accento napoletano. Mentre insieme venivano portati nell’ambulanza, un ragazzo di colore gridava che erano suoi amici, che erano bravi e cercava di spiegarsi rivolgendosi ai carabinieri. Diceva: “sono miei amici, sono buoni”, ma dopo un po’ è stato allontanato.

Sgomento. Sono triste. Quell’uomo anziano avrebbe potuto essere mio padre. Dentro si prova una rabbia incolmabile. Ma c’è l’incertezza della paura, “il sapere di non sapere”, il chiacchiericcio che disarma e ti fa credere negando. Non so chi siano i colpevoli, se realmente i due, ubriachi, si denudavano alla presenza di bambini mentre giocavano, oppure se due marocchini hanno cercato di derubarli e, non ricavando niente, li hanno abboffati di mazzate. Non so se giusto quello che scrivo, ma una cosa è certa: la violenza fa schifo! [+blogger]

il chiacchiericcio...

Questa Pasqua abbiamo saputo una cosa sul conto di papa Benedetto XVI che un anno fa non sapevamo: che è stato coinvolto nell’insabbiamento di due casi di stupro e molestie sui bambini, avvenuti uno in Germania e l’altro negli Stati Uniti. A questo punto è difficile distinguere la sua carriera da quella di tanti altri vescovi e cardinali colpevoli di aver ignorato o insabbiato gli abusi compiuti dai loro sottoposti sul corpo e sull’anima di persone giovani e vulnerabili. Il Vaticano ha passato la settimana santa a replicare a queste accuse, ma non può cancellare i fatti. Il caso tedesco è quello più chiaro, in quanto direttamente legato all’allora cardinale Joseph Ratzinger. Ecco i fatti: un sacerdote di nome Peter Hullermann è stato giudicato colpevole di aver stuprato i bambini di almeno tre famiglie di Essen alla fine degli anni settanta. Il parroco dichiarò che le famiglie “non avevano voluto sporgere denuncia”, e così il caso finì davanti a Ratzinger. Il cardinale decise di non denunciare il sacerdote ma di spedirlo in terapia, consentendogli di restare in attività, e quindi di compiere nuove molestie.

Dopo, infatti, quel sacerdote violentò molti altri bambini. Nel 1986 fu giudicato colpevole da un tribunale tedesco, ma la sua condanna venne sospesa. Per difendere il papa la Santa sede ha detto che lui non ne sapeva nulla e che la responsabilità era del suo vice di allora, Gerhard Gruber. Poi però lo psichiatra consultato all’epoca ha dichiarato al New York Times di aver più volte contattato l’ufficio del cardinale Ratzinger per avvertirlo che quel sacerdote era un “pericolo” per i bambini.

Si è saputo inoltre che il futuro pontefice aveva ricevuto in copia un memorandum sui motivi per cui il violentatore era stato mandato in terapia. In quel memo c’era scritto che il sacerdote sarebbe tornato al suo lavoro pastorale quasi subito. “Né il Vaticano né l’arcidiocesi tedesca hanno mai detto che al cardinale Ratzinger era stata inviata una copia del memorandum sull’assegnazione di padre Hullermann a un altro incarico”, scrive il New York Times.
Il papa ha reagito alle notizie facendo attaccare il quotidiano statunitense dai suoi sottoposti e facendo definire “chiacchiericcio” le nuove rivelazioni. Il caso statunitense è più complesso. Riguarda gli abusi commessi nel Wisconsin su duecento bambini sordi da parte di un certo padre Lawrence Murphy. Gli stupri, le molestie e gli abusi sono andati avanti per decenni e le gerarchie ecclesiastiche si sono rifiutate di intervenire. Come ha riferito il Milwaukee Journal Sentinel, Murphy “entrava di notte nel dormitorio, li portava in uno stanzino e li molestava”. Ci sono voluti
vent’anni (e duecento vittime) prima che il caso arrivasse a Roma nel 1996. Alcuni degli abusi erano avvenuti dentro il confessionale, quindi doveva occuparsene il capo della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger. I principali colpevoli di questi abusi sono stati gli arcivescovi locali, che sapevano tutto e non hanno fatto niente. Ma quando il caso è arrivato all’attenzione di Ratzinger, nel 1996, la Congregazione ha preso tempo, non ha allontanato il colpevole dal sacerdozio e quando Murphy stava ormai per morire, ha chiesto alle autorità ecclesiastiche di interrompere il processo canonico. Ratzinger ha dovuto gestire il caso di un sacerdote che aveva abusato per decenni di duecento bambini sordi. Perché non ha pensato di doverlo risolvere rapidamente? Doveva proprio preoccuparsi del rischio di uno “scandalo dilagante” e dell’“esigenza di segretezza”?

Era proprio necessario esortare l’arcivescovo a sospendere il processo in considerazione della malattia e della morte imminente del responsabile? Posso parlare solo per me che sono un cattolico omosessuale ancora legato alla verità dei Vangeli e alla sacralità della chiesa. E dico: non mi sarei mai comportato così. E allora vorrei fare una domanda ovvia: come può il papa avere una qualche autorevolezza morale su qualsiasi tema fino a quando non spiegherà questi eventi e non si dichiarerà responsabile e pentito o si dimetterà? Un papa privo di autorevolezza morale non ha senso. Certo, ha il potere ecclesiastico. Ma il potere ecclesiastico senza autorevolezza morale sottolinea il vuoto di un clero che vuole solo perpetuare se stesso senza render conto del suo operato. È consapevole il papa che nessun genitore riuscirà mai a immaginare di far parte dello stesso universo morale di un uomo del genere? Naturalmente papa Benedetto XVI non si dimetterà. E non si pentirà in pubblico. È tutto “chiacchiericcio” alimentato dai nemici della chiesa. Sono cose del passato. E le anime e i corpi violati che restano lì - le vittime segnate per sempre da questi abusi di potere - dov’erano in questa Pasqua?

Dovranno chiedere giustizia allo stato e guarigione a Dio. Al di là del tradimento, ci resta la nostra fede, anche se non possiamo più fidarci delle gerarchie della chiesa. La sua autorevolezza morale è finita. La nostra battaglia morale, invece, va avanti, fino a quando troveremo salvezza in un Dio che ama i bambini e non li violenta. [Andrew Sullivan - Internazionale 841]

non nominare il nome di dio


roberta, vico sanfelice

“Mi puoi scrivere una lettera?” In che senso? “Nel senso che tu hai studiato e quindi saprai scrivere sicuramente meglio di me”. E cosa dovrei scrivere? “Niente, scrivi... amore mio, ti amo, la bambina ti pensa sempre, io non ce la faccio più a stare senza di te, sei nel mio cuore... e altre cose del genere”. Ve bene, ci proverò. Roberta, nel vicolo ci ha vissuto circa due anni, con il marito e la figlia. La mattina apriva sempre tardi la finestra e spesso la sorella le veniva a fare un po’ di compagnia. Una bella ragazza alta, capelli corti con un sorriso sempre pronto e anche un po’ canzonatorio. Nel palazzo di fronte al suo basso vive un uomo di una certa età distrutto dal dolore perché ha perso la moglie da poco. Dopo mesi l’uomo ha fatto amicizia con una donna più giovane dell’est europeo che ha preso il posto della defunta consorte. In pochi giorni l’anziano signore è stato portato per diverse volte a pronto soccorso per sospetto infarto. Roberta è piuttosto attenta e quando vede scendere la barella con l’uomo supino il suo sorriso smorzato diventa sfottò e quasi ammirazione per un vecchio che ha ancora il coraggio di arare i campi dell’amore. Mi guarda con un po’ di dolore e con un po’ di ironia, e mi dice: “Anto’, ma che è?”

Nel corso del tempo passato nel vicolo Roberta mi ha chiesto più volte di scrivere lettere, un continuo andirivieni di lodi e di ammirazione per un marito che la sorte ha visto sfuggito alle circostanze e al lavoro. “Ancora non arriva, non viene, non esce”, e quindi la scrittura può dare i suoi frutti, scrittura difficile anche per un uomo provato dalla sofferenza e dall’umiliazione. Un giorno mi disse: “sai disegnare?”, in che senso? “Nel senso... sai fare un cuore, un angelo, un uomo e una donna che si tengono per mano?”, no, no, il disegno non è il mio forte! Un disegno può rappresentare meglio la passione che invade il corpo e la mente di Roberta, la passione per un uomo che è troppo lontano, che non si sa quando arriverà, che chi sa cosa sta facendo e se continua ad amarmi. A volte “l’inconscio” ti fa fare cosa strane e quindi potrebbe essere che... Vico Sanfelice è sempre pulito, ad attraversarlo l’odore dei panni appena lavati invade anche le narici più insensibili. È l’odore di Patrizia ex guantaia, è l’odore del falegname che da poco ha aperto, è l’odore del rigattiere sullo scalone centrale di fronte al vicolo, è l’odore dell’ex contrabbandiera di sigarette, è l’odore della famiglia benestante che saluta con cortesia, è l’odore di Michele, un’artista, che parla un italiano perfetto ma discute con tutti e a volte si lascia anche sfottere.

Roberta ha spesso la radio ad alto volume, ma non è la sola nel vico, anche altre persone seguono quest’istinto; la musica ti trascina, di lascia sognare, di fa ricordare e ti restituisce il decoro. I neomelodici che raccontano di verità, che raccontano di storie d’amore, di passione, di gelosia, di carcere e di morte. Roberta segue con attenzione, conosce a memoria tutto il repertorio di Franco Ricciardi, di Ciro Rigione, di Carmelo Zappula, di Ida Rendano e di Maria Nazionale, è intonatissima e la sua espressione diventa sensuale, ritmica, ondulatoria ed eccitante. Roberta però conosce la sua dignità, quella di donna sposata, di donna onesta, di donna d’amore. Quando mi chiama per spiegarmi la prossima lettera da scrivere diventa seria, non urla, a volte sorride pensando alla faccia di suo marito nel leggere quelle parole difficili. Quando la settimana scorsa ha visto il marito, lui le ha detto: “mamma mia, mi hai fatto chiagnere con quella lettera, ma veramente ‘e scriv’ tu Amò? si brav, ma arò t’esciuta“: l’amore non possiede né vorrebbe essere posseduto, poiché l’amore basta all’amore?! [+blogger]

un gay per il vomero

Un consigliere della V Municipalità, quartiere alto della Napoli “perbene”, ha intenzione di avviare una crociata contro una agenzia di viaggi per gay. Andrea Fonsmorti nella sua lungimiranza ha spigato che “L’idea di una agenzia di viaggi per gay è ripugnante… La prima è che è un chiaro segnale autodiscriminatorio che inneggia al turismo sessuale e questo rappresenta uno scempio per la cittadinanza vomerese… In secondo luogo, ricordiamo come le comunità omosessuali puntino particolarmente sul Vomero per mettere in risalto le proprie attività di marketing sessuale”.

Basta commentare quello che ha scritto, altrimenti finisco per fargli pubblicità. Insomma una vera lezione di civiltà arriva dai quartieri alti della città, ecco perché il Ministro degli Interni ha lanciato un’altra provocazione per Napoli: “un sindaco leghista, by ciuccio bianco azzurro”.

Il rione Sanità, sceso negli inferi perché sta sotto alla collina del Vomero, pacato per la normalità e una intelligenza senza precedenti, qualche settimana fa ha pubblicato un articolo uscito sulla rivista loop (http://quartieresanita.blogspot.com/2010/03/ni-hombres-ni-mujeres.html). Ora provo a riassumere brevissimamente, attraverso le frasi dell’autrice, quello che c’è scritto nell’articolo, parlando della comunità TTTI argentina (travestis transgender transxuales intersex).

“Lohana si definisce un travesti, una donna, socialista, indigena, grassa, povera, di colore, lavoratrice, e ancor di più, che nulla vuole salvo creare un mondo in cui essere accettata. …il punto di partenza delle rivendicazioni TTTI è il rifiuto del dualismo e di tutte le logiche binarie, l’abbandono del punto di arrivo a favore di un punto di partenza che si ribella alle opzioni esistenti anche nelle Istituzioni… In questo gioco la resis-trans cessa di essere un territorio travesti per diventare uno spazio politico trasversale. Una creazione politica la cui forma è una tangente di cui si conosce l’inizio la non la fine, in cui muovere passo dopo passo a partire dalle certezze che il presente non può essere salvato, e del desiderio di sogno e di amore…

Sono quasi certo che il signor consigliere non ha capito un granché, al di là delle logiche foucaultiane, temi del genere li possiamo capire solo noi abitanti dei bassifondi partenopei. Che sballo, il quartiere sanità che filosofeggia, parlando di una logica umana binaria, tema affrontato da grandi pensatori intellettuali del passato. Il rione che discute di temi internazionali, temi che riguardano le grandi città europee e del mondo. Per fortuna che i vomeresi non sono tutti così. [+blogger]

ieri… dell’angelo

Era intorno all’una di notte di eri 5 aprile. Sulla strada che da Pomigliano porta a Casalnuovo, fino a Poggioreale, una miriade di corpi bianchi camminavano sotto la pioggia, instancabili e fieri. Qualcuno si distingueva per il rosso, qualcun’altra per l’azzurro. Le 4 frecce di posizione accese scongiuravano il pericolo. La pioggia incessante, sigarette accese, braccia unite l’un l’altra, un passo frettoloso e pacato, una meta da raggiungere per onore, per disincanto, per devozione.

Decoro, malattia, credenza, dedizione, paura, un limite che spezza, che travalica la magia, la resistenza, la saggezza. Corpi che si consumano nella purezza, che si stringono nell’incanto per l’altissima, che imitano, che si inchinano all’antico, al nulla, alla superstizione. Culto ed economia, preghiere e moneta che scricchiola, che si illumina, che arrugginisce nel fango e nella miseria. Preghiere simili, canto di onnipotenza, resistenza arteriosa e subdola, piedi sporchi simili al ricordo del venerdì santo, attesa snervanti e allegre, vittime della natura e della incoronazione.

La madonna dell’arco inchioda i suoi fedeli, li rende schiavi di una immensa passione, di una finzione storica che è uguale a tutte le altre. Un culto di sangue, di iniziazione, di ricordi e di trapasso. La vita si illumina, scorre piacevole come un incanto, si rafforza, si allunga, si trasforma. Ieri sera il traffico lasciava il posto ai battenti, sotto il ponte della sanità, una festa di luci e di gente che guardava, suonava, rideva, piangeva.

L’ultimo atto di una vita in un teatro scuro e senza luci, un ritmo che ama gli sguardi, che li desidera, li cerca implorando la purezza. Tutti in bianco per irradiare, chiedere, ballare, muoversi ad un ritmo meraviglioso, cocente, virile… si balla sempre più forte, una musica incalzante, che affanna, che fa ansimare, sudare, stancare ed infine, sverginare. [+blogger]


buona pasqua… fantastico!

Le dichiarazioni del presidente della nostra circoscrizione sono eclatanti e sensazionali, finalmente i nostri rappresentati municipali sono andati da chi di competenza per “rimodernare” il quartiere. Tutti i consiglieri hanno firmato una lettera, data 01/04/2010, indirizzata al prefetto, al capo dei vigili urbani, al direttore dell’asl. Si legge: “…rilevante problema da risolvere è il traffico, il parcheggio selvaggio alla via vergini, via Sanità, san Gennaro dei Poveri dove, importantissimo, esiste un pronto soccorso… alla via Fontanelle, piazza Mario Pagano, ecc.

Chiediamo soprattutto la presenza di vigili urbani che multano le automobili in caso di sosta vietata. Una zona pedonale più ampia per i diversamente abili possibilmente controllata e sicura. Pronto intervento NU con la presenza di ausiliari che multano chi scarica, accanto ai cassonetti dell’immondizia, materiale illegale come tv, armadi, tavoli, computer vecchi, amianto.

Chiediamo la riapertura della Salita Scudillo, arteria importante e caratteristica del rione chiusa da più di vent’anni. Riapertura del Cimitero delle Fontanelle, ossario storico e tra i più suggestivi del mondo, sono stati spesi diversi milioni di euro per restaurarlo senza un risultato concreto. Chiediamo una sedia a rotelle per la signora … che non ha le gambe, da più di 10 mesi combatte per averla. Chiediamo che mai più debba succedere che una mamma ed un bambino non italiani muoiono di freddo e asfissiati per colpa della povertà.

Chiediamo garanzia per le persone e per la vita sociale, rispetto e dignità, chiediamo alternative valide. Chiediamo garanzie minime per la gente, per i lavoratori, per i malati, per i “diversi”, per gli immigrati, per le casalinghe, per i senza fissa dimora (questa parte è superflua, ma noi la vogliamo ribadire con forza)”.

In calce alla lettera, con caratteri diversi e usando un formato più piccolo, anzi direi piccolissimo, c’è scritto:
pesce d’aprile”. [+blogger]

la lega di fanzaga

Molti preti e vescovi accusano padre Alex Zanotelli di confondere la politica con il credo cattolico, meglio starsene chiusi in convento a pregare per i morti che a protestare per una centrale nucleare che fa nascere bambini storti e con una cozza al posto del cervello. Togliamo pure l’acqua e la luce alla mamma di Elvis e facciamoli morire di freddo tanto poi saranno le preghiere a salvarli dalla città di Dite.

Renzo Bossi ha 21 anni ed ha vinto le elezioni a consigliere regionale in Lombardia: è uno dei più giovani politici mai esistiti nella storia dell’Italia Unita. Cruciani ne “la zanzara” (radio24), intervistandolo si è fatto spiegare cos’è la bandiera italiana, ossia cosa vale per lui ma la risposta, come prevedibile è stata indefinita, mettendo in risalito la padania e la sua squadra di calcio che vorrebbe sfidare, nella città di Milano, l’Italia di Lippi.

Noi abbiamo le incoerenze in casa, ma non le sfruttiamo a dovere e con i dovuti “ringraziamenti”. I leghisti dichiarano che oggi sono un partito forte perché la coerenza e la determinazione li contraddistingue. Un leghista medio riconosce un Italia a metà, anzi, uno solo terzo, (il nord, senza centro, ne sud), quindi sarebbe coerente che lo stipendio che percepisce per fare il consigliere, il presidente della Regione, il sotto segretario, il Ministro, fosse di due terzi decurtato perché a versarglielo sono gli italiani che abitano “sotto lo stivale”.

Non riesco a capire se il papa sia diventato leghista o se il partito padano sia stata colpito da una crisi mistica di valori cristiani. Mi scuso, ho lasciato una preposizione incompiuta, quella che ho iniziato scrivendo questa articolo. Voglio dare un consiglio a Zanotelli: padre ascolti Radio Maria, il suo “collega”, padre Livio Fanzaga, ha commentato così la vittoria di un leghista in Piemonte e della Polverini nel Lazio: “Bonino, Bresso, il cattolico non è fesso”. La politica non è cosa da preti! [+blogger]

dialogo tra sordi...

Il fatto che il governo di Silvio Berlusconi possa imporre alla televisione Pubblica la sospensione di alcune trasmissioni è allarmante. Che poi la Rai ubbidisca a questo perverso divieto, accettando di perdere milioni di euro, dimostra la sua totale soggezione alla politica. Tutto questo rivela come in Italia si stia affermando una specie di putinismo strisciante, nel quale lo zar di turno pretende di imporre il suo volere a tutti. Tuttavia definire la sospensione dei talk show come la “morte dell’informazione” mi sembra esagerato. Questi programmi peccano di un vizio antico del sistema televisivo italiano, da sempre infestato dalla politica: sono un palcoscenico per la partitocrazia. Una ribalta riservata a un ristrettissimo giro di addetti ai lavori, al massimo un centinaio di persone. Quasi l’80 per cento sono maschi tra i 45 e 65 anni, cioè rappresentativi di una piccola fetta della popolazione. Sono facce note da quindici anni e dicono cose scontate.

C’è Maurizio Gasparri che ripete da anni gli stessi ritornelli, Antonio Di Pietro che dà del mafioso al premier, Fabrizio Cicchitto che si scaglia contro gli ex compagni della sinistra, Pier Ferdinando Casini che si esercita nell’abusato ruolo del terzista. Ci sono Ignazio La Russa che smentisce le divisioni interne al Pdl, Francesco Rutelli, approdato al suo quinto partito, Rosy Bindi e Maurizio Lupi che s’interrompono a vicenda e Daniele Capezzone nel nuovo ruolo di chierichetto del Cavaliere. Ci sono Pier Luigi Bersani e Roberto Castelli che si smentiscono a vicenda. Ogni tanto si fanno vedere anche Vittorio Sgarbi e Daniela Santanchè, che non rappresentano nessuno, ma garantiscono scintille. Che i talk show non siano lo specchio della realtà italiana lo dimostra la scarsa presenza femminile. Anche nei salotti “di sinistra” di Floris e Santoro le donne, che sono la maggioranza del paese, vengono discriminate in modo eclatante: di solito ce n’è una ogni tre uomini. Nel talk show femminile di Ilaria D’Amico la percentuale scende al 5 per cento. Anche la società civile è assente.

Avete mai visto in studio una di quelle maestre delle elementari a cui il paese deve tanto? Un artigiano strozzato dalla crisi? Un laureato precario costretto a lavorare per 800 euro al mese in un call center? Uno dei milioni di pendolari che ogni mattina affollano i treni italiani? Ogni tanto qualche economista collegato via satellite aspetta pazientemente il suo turno per dire la sua in non più di un minuto. Anche i giovani sono ignorati: di ospiti sotto i 35 anni non se ne vedono praticamente mai. moderatori, che a volte si comportano come delle dive, non cercano l’approfondimento pacato ma i colpi di scena e la rissa verbale, utili a far salire l’audience: prima va in onda la predica di Travaglio, poi Belpietro può attaccare a testa bassa. In molte trasmissioni un confronto civile sembra impossibile. L’invadenza della politica è un’anomalia tutta italiana. La cancelliera tedesca Angela Merkel nell’ultima legislatura è andata in tv una sola volta: una scelta che è stata criticata anche dai suoi elettori. Molti giornalisti che oggi attaccano giustamente l’atteggiamento prepotente e censorio della politica sulla tv hanno contribuito alla crescita di questo fenomeno malato. Perché, invece di lamentarsi soltanto, non si decidono a invitare meno politici e ad aprire i loro salotti alla società civile, alle donne, ai giovani, alle forze creative del paese? [gerhard mumelter - internazionale 839]