auguri "inutili"

Certo non possiamo dire ai napoletani “non sparate i botti di fine anno”. L’augurio è quello di festeggiare, magari usando qualche piccolo petardo, le famose “stelletelle” di Natale, al massimo una Botta Gialla, insomma il nostro modo culturale di salutare il vecchio e accogliere il nuovo. A Napoli anche il fuoco di Sant’Antuono rappresenta questa trasposizione, liberarsi del marcio, del putrefatto, dell’avariato e ricevere il pulito, il nitido, l’inusitato. Sarebbe sciocco proibire questo culto come sarebbe altrettanto stupido far scoppiare una bomba di Lavezzi o di Quagliarella o, quella più antica, di Maradona. Perdere una Mano, un braccio, le dita e rimanere invalidi per tutta l’esistenza non ripagherebbe dell’emozione provata all’istante, quel momento che traspone la “gioia di un rumore grande” in quella più tragica di una menomazione perenne. Noi della redazione blog rione sanità vi inviamo gli auguri più cospicui, calorosi e in parte anche inutili. [+blogger]


circumsanità

Giovedì 24 dicembre, stazione della circumvesuviana di Castelcisterna, luogo di periferia, al confine tra due comuni sconosciuti dell’hinterland napoletano, Brusciano e, appunto, Castello di Cisterna, dove, dimenticato dalle alte sfere provinciali, l’abusivismo edilizio continua la sua inarrestabile corsa, attraversando “oneste” amministrazioni comunali e commissariamenti per infiltrazioni camorristiche. Poco più in là Marigliano, dove ignari agricoltori fino a qualche anno fa accettavano di sotterrare strani materiali in cambio di qualche soldo in più che la terra si rifiutava di dare. E così in tutta l’area dell’Agro Nolano, fino ad arrivare ad Acerra, disegnando quello che ormai è tristemente noto come il “Triangolo della morte”, l’area con uno tra i più alti tassi di tumori in Campania. Supero i tornelli all’interno della stazione e mi affretto al binario 2, linea Baiano – Napoli. Sotto gli occhi compiacenti degli addetti alla biglietteria, i soliti furbi di turno si attaccano come ombre alle mie spalle o a quelle di qualcun altro per superare, sprovvisti di biglietto, i tornelli. La mia sorpresa per il gesto, e soprattutto per l’indifferenza della gente presente, diventa oggetto di scherno per l’autore di questa geniale furberia. Dopo essermi inutilmente arrabbiata e aver cercato di far valere invano le mie ragioni mi appresto a raggiungere il binario, dal quale mi dividono 3 rampe di supertecnologiche scale mobili che si attivano appena qualcuno vi si avvicina... il treno, che nei giorni (semi)festivi riesce ad arrivare persino in orario, è all’insegna dell’ultima moda in fatto di design a scapito della funzionalità. I posti sono ridotti al massimo, riuscire a sedersi durante i giorni lavorativi è diventato ormai un lusso per chi sale a partire dalla stazione di Brusciano in poi. Il viaggio però non è noioso, se si pensa ai giochi di equilibrio che bisogna saper fare per tenersi in piedi ogni volta che il treno frena. Evidentemente anche i macchinisti non sono ancora avvezzi a cotanta velocità! Ma oggi è un giorno speciale, è la vigilia di Natale e il treno è semivuoto. Mi chiedo se sia un gesto generoso del destino per addolcire queste poche ore che mi separano dalle ferie natalizie o semplicemente un modo ironico per ricordarmi che tutti gli altri sono a casa. Tra le poche persone a bordo riconosci qualche faccia familiare, i pendolari di tutta una settimana, che conosci ormai da anni. Si accenna un saluto ma ci si siede distanti l’uno dall’altro per evitare qualsiasi conversazione. Sono le 8.00 del mattino, ancora non è l’ora dello scambio di opinioni. Il treno prosegue e poco alla volta si popola di gruppetti di amici, signore nel pieno delle loro facoltà fisiche e intellettuali, uomini d’affari e anziani in fuga dalla noia. L’ambiente comincia a riempirsi di voci e di programmi sulla cena della sera. Gli argomenti sono futili e banali come vuole questo giorno, ma non importa. Tutti sorridono, tutti si lasciano le preoccupazioni alle spalle. Oggi non conta se il tuo contratto sta per scadere, oggi non importa se non ce la fai a pagare il mutuo, oggi non guarderai i volantini delle offerte per risparmiare sulla spesa. Oggi è un giorno speciale. Il treno prosegue, attraversando le periferie desolate dei comuni vesuviani, tra i mari di cemento e le distese di campi, tra le serre improvvisate e i cantieri per nuove strade, case, case, case... Alla stazione di Volla il brusio che ormai invade il treno assume un tono diverso, tra la confusione delle voci se ne distingue una più alta e agitata. Tutti rivolgono lo sguardo in direzione opposta alla mia. Faccio finta di niente, continuo a leggere il mio libro, sarà il solito gruppetto di ragazzini scalmanati, ma quella voce insiste, si amplifica e comincio a distinguere le parole. Mi giro anche io come gli altri e vedo una scena che ho visto ormai troppe volte. (Ma oggi non doveva essere un giorno speciale?) Il controllore intima ad un gruppo di rom di scendere dal treno, loro rifiutano, lui alza la voce sempre di più, comincia ad imprecare in napoletano, li spinge verso il fondo della carrozza, li ammucchia, li isola, li ghettizza. Il treno prosegue. L’uomo di fronte a me ripone la sua borsa sul posto libero accanto per fare in modo che nessuno di questi “barbari” lo occupi, e chiede a me di fare lo stesso. Lo guardo esterrefatta mentre sbuffa per la disapprovazione. I toni si fanno confusi e sempre più alti, non conta che abbiano il biglietto o meno. Questi rom devono scendere alla prossima fermata. Non basta dir loro che hanno un cattivo odore, che sono dei ladri, delinquenti, che vengono qui a rubarci il lavoro. Non basta neanche far notare al controllore che dovrebbe limitarsi a fare il suo dovere, ormai non sente ragioni. Alla stazione di Botteghelle, sotto gli occhi soddisfatti di alcuni dei viaggiatori e quelli increduli e inermi di altri, quei rom vengono scacciati in malo modo, con spintoni e calci. I furbi della stazione di partenza sorridono, le conversazioni banali riprendono, il controllore ritorna alla cabina di guida, è felice, sa che dovrà lavorare solo alla prossima invasione di rom. Loro scendono e attendono il prossimo treno. Scendo alla stazione di Piazza Garibaldi, dai finestrini del treno che avanza verso il capolinea, l’unico rom superstite mi sorride e mi mostra il suo biglietto. Alla prossima fermata per lui non comincerà un giorno speciale, ma solo un altro giorno di ordinaria discriminazione. [sara la pendolare]

rambo economico

Si è tanto discusso di situazioni paradossali, assurdità commesse nel rione, incongruenze, ingiustizie, sopraffazioni. Purtroppo è ancora poco quello che riusciamo a dire e, soprattutto, quello che riusciamo a fare. Come qualcuno afferma: “sono solo parole!” E’ anche vero però che molte persone si sono avvicinate con cautela e discrezione, rivolte parole di ammirazione per un rione che sembra essere distrutto, una Sodoma contemporanea traballante e invincibile. C’è poi la questione nazionale, l’Italia traballa tra le truffe/vittorie di Valentino Rossi e le “occupazioni” degli operai in cassa integrazione o licenziati. La povertà del piccolo Elvis e di sua mamma, morti per “miseria”, e la ricchezza di chi ha appartamenti vuoti al Vomero, a Posillipo, nel centro storico. È una contraddizione vecchia quanto il mondo, ma reale come la neve che in questo momento trafigge il nord. La solidarietà non basta! Dovremmo tutti cambiare mentalità, uscire dall’ipocrisia e dalla misericordia e avvicinarci al calore umano, vivere situazioni estreme, indossare i panni degli altri, sentire il dolore degli altri, amare come amano gli altri. Non andare in chiesa solo la notte di natale o a pasqua per bere l’acqua santa, scendere per strada senza scarpe; immaginare che l’uomo, che da più di 20 anni dorme sotto il portone della chiesa di Costantinopoli, stia volando su Napoli pisciando addosso a tutti senza distinzione. Lasciare perdere la morale. Non ha senso fare la carità, sentirsi buoni, commiserevoli, pudichi, meglio vivere una situazione di sesso estremo che abboffarsi la pancia con il capitone, l’insalata di rinforzo, la minestra, il pesce, le vongole, lenticchie, cotechino, frutta secca, dolci, liquori, ecc, ecc, ecc,. Non è questo che ci insegna la morale, siamo abituati a giudicare male le situazioni che non ledono i diritti a nessuno come l’omosessualità, la povertà, l’immigrazione, l’esibizionismo, mentre lo sfarzo, la spudoratezza, la ricchezza ultima è sinonimo di prestigio, di “normalità”, di ammirazione. Ci hanno abituati a sentire frasi come “devi farcela da solo”, oppure “sopravvivere e contare su se stessi”, come se l’uomo fosse nato isolato, senza rendersi veramente conto che se non si socializza si muore. L’uomo è un animale sociale e usa un collante molto forte per aggrapparsi all’indefinito e alla morte. Ed è proprio questo il fine ultimo dell’articolo: la morte naturale; quella che nessuno può controllare, nessuno può evitare, nessuno può sfuggire; ed è questo continuo dominio della paura, paura soprattutto occidentale, che si delineano scenari grotteschi e contorti fatti dall’uomo invincibile o dal Rambo economico. Meglio sottomettere, vivere nel piacere, nello spreco, nel consumo sfrenato, meglio farsi amico la morte, coccolarla; meglio evitare la paura [non]avendo vergogna. Se si ha vergogna si è deboli, se si è deboli non si può vivere in questa società, se si vince si diventa onnipotente, una moltitudine di persone di osannano, ti chiamano, ti vogliono. Tutti hanno il desiderio di imitare Cristo, uno sprecone nato nel lusso, molti imitano san Francesco e anche gli postoli pescatori. Insomma la realtà è sempre vera!
Per fortuna non tutti si lasciano abbindolare da questo senso del valore e della smodatezza. Per fortuna nel rione ci sono mamme che ogni giovedì lasciano le proprie famiglie per accudire i senza fissa dimora; per fortuna che c’è Crescere Insieme che da più di 20 anni cura i disagiati e le persone che hanno problemi con la droga; per fortuna che ci sono le suore dell’Istituto Ozanam; alcune associazioni della Rete Sanità che si battono per i diritti del quartiere; per fortuna che ci sono i ragazzi del parco Rita Parisi a San Gennaro dei Poveri; per fortuna che c’è Alex Zanotelli; per fortuna che ci sono i volontari invisibile del rione, di Napoli, della Campania, del sud… [+blogger]

"zombie" l'alba dei morti viventi

Certo non è proprio un felice anno quello che si profila. Si parla di uscita dalla crisi, di “ripresa”, di “rally delle borse di fine anno” e altre idiozie del genere. Comincio con un esempio. Nel deserto accade uno strano fenomeno: la distorsione della percezione delle distanze. Immagini che un punto, ad esempio una duna particolarmente alta, disti da te circa 100-150 metri, tu ti avvicini e dopo un ora di cammino ti ritrovi a guardare la stessa duna che dista gli stessi metri che tu avevi stimato all’inizio. Non diventa né più grande ne più piccola e sembra allontanarsi alla stessa distanza con la quale tu ti avvicini. E’ una illusione ottica che ti fa comprendere quanto tu sia piccolo e insignificante di fronte all’immenso spazio del deserto. Ecco che gli imbonitori di turno ci fanno credere che la ripresa è vicina: eccola lì a portata di mano: bisogna solo crederci. Ma è un’illusione. Come quella duna nel deserto. Mentre c’è chi già intravede la fine della recessione, le statistiche ufficiali descrivono un Natale che verrà ricordato per la scarsezza dei regali. Lo conferma l’Istat che, evidenziando come siano oltre 500mila i posti di lavoro persi soltanto nel terzo trimestre del 2009, lascia pochi dubbi sulla pesantezza della crisi e sui suoi effetti. Dietro i proclami dei vari top manager che parlano di “fabbriche scarsamente profittevoli” di “riconversione di aree produttive” si nasconde il dramma di intere famiglie ridotte al fallimento (a Termini Imerese, tra diretti e indiretti, la Fiat occupa 3000 persone). Ma non è tutto: Il lavoro sta subendo trasformazioni epocali, così come diventa epocale il divario tra i più ricchi e i più poveri del mondo. Il rapporto dell’ILO (International Labour Organisation) conferma che la disoccupazione mondiale è passata nel 2009 da 190 milioni fino a 240 milioni di unità, il numero di lavoratori poveri che guadagnano meno di due dollari al giorno in aumento fino a 1,4 miliardi di unità (il 45% degli occupati mondiali); il numero di quelli con lavoro privo di reti di salvataggio, in incremento fino al 53% del totale. Il rapporto tra redditi dei top manager e retribuzione media - che era di 30 volte nel 1979 - giunge oggi a superare le 200 e perfino le 400 volte (Fonte ILO). L’Italia si colloca fra i paesi più diseguali, i quali restano Stati Uniti e Regno Unito, con una forte accentuazione delle sperequazioni nella composizione interna dell’allocazione delle risorse (della diseguaglianza distributiva della ricchezza prodotta). Nel caso italiano, vedono tra il 1993 e il 2006 il reddito disponibile equivalente reale aumentare del 2,6% per le famiglie dei lavoratori autonomi e solo dello 0,6% per le famiglie degli operai e dello 0,3% per quelle degli impiegati (Fonte CGIL). Secondo un rapporto del centro studi di CONFINDUSTRIA si sottolinea che il tasso di disoccupazione arriverà quest’anno all'8,6% e nel 2010 al 9,3% – affermano gli imprenditori – livello che non veniva più toccato dal 2000. La situazione tratteggiata dal centro studi è dunque critica, anche perché il deficit pubblico italiano nel 2009 si attesterà al 4,9% del p.i.l., scendendo nel 2010 al 4,7%. Il debito salirà al 114,7% quest'anno e al 117,5% nel 2010, (era del 105,7% nel 2008). Il livello del deficit per il 2009, sottolinea Confindustria, è attribuibile principalmente alla dinamica delle entrate che, per la prima volta dal dopoguerra, sono stimate in diminuzione: 1,4% rispetto al 2008.
Ma c'è di più. A continuare è anche il calo dei consumi degli italiani. Nel 2009, secondo le stime, si riducono dell'1,9%, accelerando il calo dello 0,9% che si avuto nel 2008.
Nei giorni prima di Natale ero in autobus e sentivo un signore lamentarsi delle strade cittadine perennemente piene e trafficate da gente dedita allo shopping natalizio. “E poi dicono che c’è crisi!”, concludeva. E’ vero. Quante volte ci siamo detti: “Ma quale crisi! E allora cosa ci fa tutta sta gente per strada e in auto?”. Ripeto: è una giusta considerazione. MA E’ UN’ALTRA ILLUSIONE! Questa volta tipica, non delle zone sahariane, bensì delle grandi metropoli mondiali. Qui faccio un altro esempio, questa volta avvalendomi di un noto film di Romero: “Zombie, L’alba dei morti viventi”. A un certo punto del film, gli zombie si riversano nei grandi centri commerciali statunitensi. Alla domanda: ”perché molti di loro vanno lì?” la risposta: “Assecondano un istinto, una reminiscenza di quando erano vivi: questo era un posto importante per loro ed ora anche da morti tornano qui”. Ecco la risposta: siamo diventati zombie, persone che vivono reminiscenze passate senza capire che sono morte da tempo, (in senso metaforico) e si aggrappano ai resti di una tradizione consumistica per esorcizzare la loro morte sociale (sancita per decreto dai potenti) e per godersi l’illusione di un barlume di vita, magari spendendo poco, nulla o tutto dei pochi spiccioli del bilancio familiare Forse esagero, lo so … . Ma alla fine gli zombie risultano oggettivamente invincibili e inestinguibili e col tempo si evolvono. [abu abbas]

un bisogno pubblicitario?

Ieri sera parlavo con una mia amica, Francesca, trapiantata a Bologna per lavoro, a Napoli era disoccupata con troppe qualifiche da nascondere. Mi aveva riferito che, guardando il nuovo spot che aveva girato il Cardinale Sepe accompagnato da Massimo Ranieri, non aveva potuto far a meno di provare una grande tristezza intrisa di una consapevole realtà. Mi aveva spiegato che allontanatasi per così tanto tempo e vivendo “dentro” un altro luogo la percezione del giudizio verso la sua città si era alterata leggermente e la recettività delle parole sentite in tv erano diventate altre. “Non è possibile, adottare un bambino napoletano?: ma che significa?”.
Prima di questa conversazione avevo ascoltato radio1 verso le 23,30, conduceva la trasmissione Maurizio Constanzo. La protagonista, Filomena, era una donna che viveva in Lombardia, precisamente in provincia di Varese. Questa giovane signora intervistata stava spiegando che da poco aveva avuto 3 gemelli e in contemporanea il marito aveva perso il posto di lavoro, mentre lei si “arrangiava” a fare pulizie a casa di una sua conoscente. Nel spiegare questa situazione aveva chiesto aiuto al conduttore e, alla fine del suo triste racconto, non aveva esitato a lasciare nome, cognome, indirizzo, numero civico, c.a.p. del posto dove viveva per un aiuto economico. Essa chiedeva anche pannolini, bene di prima necessità per i neonati e altro che l’aiutavano per il sostentamento della crescita dei suoi gemellini, esortata anche da Costanzo a “resistere” e ha chiedere per una giusta causa.
Queste due storie, la pubblicità del cardinale e Ranieri e quella di Filomena, hanno in comune due variabili costanti: da una parte la povertà di una città che [non] chiede aiuto tramite esponenti che sbagliano il messaggio; dall’altra un conduttore che incoraggia ad aiutare una donna che chiede sostegno per la sua situazione. Da una parte uomini di Napoli che devono adottare altri figli, dall’altra una mamma che non ce la fa a mantenere i suoi gemelli rischiando di farli morire di fame. La storia potrebbe continuare attraverso una via ingarbugliata, fatta di situazioni paradossali e incoraggianti, mitiche e deplorevoli. La situazione ha una consuetudine: parlare di qualcosa che desta l’attenzione... non si adottano i napoletani; si può aiutare, invece, una famiglia povera.
L’Italia vive contraddizioni straordinarie, fatte di scene, retroscene, situazioni paradossali e inconvenienti vari. Se fossimo un po’ più attenti alla comunicazione avremmo sicuramente capito che storie di questo tipo, purtroppo, ce ne sono molte e di diversa natura. La cosa che più preoccupa sono le definizioni che etichettano in un crescente di confusione e indeterminatezza. Le consuetudini fanno parete di una determinata società e della sua cultura. Se avessimo la consapevolezza che la sola parola può distruggere un intero popolo, avremmo capito che adottare un bambino napoletano può essere un bisogno mediatico? [+blogger]

monito per i medici

Stamani nella Istituto di igiene Mentale (UOSM) alla via S.M. Antesaecula i dottor Nicola Ponsillo mi ha spiegato la sua idea per un nuovo sito internet da costruire ex-novo. Visto il notevole successo del primo (www.aipsimed.org) il prossimo progetto, nell'idea della pluralità, dell’informazioni e della partecipazione, vuole essere una sorta di blog dove tutti possono accedere con facilità, solo che al posto di scrivere svariati argomenti esso ha una caratteristica monotematica: fare pagelle per i medici; riportare analisi, farmaci, prescrizioni e metterle a confronto con altre uguali o differenti. Insomma, una sorta di monito o di grande fratello sui medici, sul loro comportamento e sulla loro deontologia professionale. Un’idea brillante che in Italia non esiste ancora, almeno nelle mie conoscenze. Un blog che denuncia, richiamando l’attenzione, che elogia il medico di “periferia” così come quello del grande ospedale. Un sito che accolga le lamentele e gli onori, il rispetto per il malato e la dignità di chi ha dedicato tutta la vita alla medicina.
Ho scritto questo piccolo post perché credo che aiutare gli altri e noi stessi sia la prima regola fondamentale della unione e della solidarietà. In rete ci è permesso di pensare, di dire, di costruire e di parlare; costruiamo la nostra storia non la leggiamo così come ci viene “raccontata”, non la subiamo ma la interpretiamo, la facciamo nostra, la “unifichiamo”. Purtroppo il nostro governo si accinge a mettere i sigilli anche a questo al luogo liquido, la rete internet da libera è indipendente diventerà criptata e saccente. [+blogger]

l'avvoltoio

Mettiamo il caso che decideste o il Buon Dio, per voi, di andarvene all’altro mondo, guardatevi , allora, dall’Avvoltoio. Chi sarà mai questo essere? Sì, pensiamo di averne conoscenza nei film che abbiamo visto. Non è quell'infame uccello, ma un essere umano. E’ una comparsa quasi obbligatoria degli ultimi giorni dei mortali che vivono nelle nostre città. Non si sa perché appaia e chi lo chiami. Forse un parente, forse un conoscente fa girare questo nome nella camera dove voi state spirando. Il vostro medico, che vi conosce da anni, ha compreso i limiti prossimi della vostra vita e purtroppo l’inutilità di quelle cianfrusaglie medicinali in suo possesso che nulla possono contro le porte aperte del fato. Ma c’è chi può, più di lui. E’ una carta segreta che gira in questi momenti dolorosi come un jolly ed ecco che improvvisamente ve la trovate ai bordi del letto. Non avete scampo! Dovete soggiacere a questa ultima prova. E’ la comparsa di un personaggio che entra nella commedia della vostra vita con l’appellativo di Salvatore. Si dicono di lui cose fantasiose, addirittura degli “alzati e cammina” evangelici. Per contattarlo non è facile: risponde una voce bionda di una segretaria forse bruna che vi consiglia di incontrarla di persona. Il professore è occupato all’Università. Non sarà semplice persuaderlo ad una visita domiciliare, in quanto il professore non scende mai a questi livelli, propri del medico della mutua. Comunque viene stabilito il giorno e l’ora in cui dovranno andarlo a prendere sotto il portone di casa. Il primo contatto sarà disastroso, saluterà appena e mostrerà di avere notevoli difficoltà nel trovare posto nel sedile angusto della vostra auto che avrà inondato di lavanda francese. Vestito scuro con cravatta firmata, occhiali orlati d’oro. Un tamburelleggiare delle sue mani sul cruscotto evidenzierà un padellone di orologio, grandi marche. “Ma dove mai abita?”, sarà la prova fonetica della sua voce, pronta a denunciare una perdita di pazienza, sciupando il suo tempo preziosissimo per la scienza. L’auto si aggirerà nel traffico e all’arrivo: “ Possibile al quarto piano, senza ascensore?“ Ma salirà ingoiando l’affanno .“ Ringrazio il mio footing mattutino”. Dirà, paonazzo, sulla porta d’entrata di casa vostra. Passerà le due file di parenti, amici, coinquilini, portierato, schierati ai lati del corridoio, non vedendoli. “ Dove sta il malato?” chiederà ancora spazientito, scorgendovi, infine, boccheggiante sul vostro letto. Voi inconsapevolmente lo potreste scambiare per il funzionario delle pompe funebri che viene a prendervi le misure. Ma lui si siederà sull’unica poltrona della vostra camera, stenderà le gambe e chiederà: “Si, grazie, un caffé, se me l' offrite, lo prendo subito. ”Un drappello dei vostri cari si dirigerà in cucina per esaudire questa prima richiesta. Sorseggiando il caffé, chiederà poi a voce alta: “Chi è il medico curante?” E quando qualcuno dei presenti, a bassa voce, e con un po’ di vergogna, pronunzierà il nome del medico, dalla mimica del suo volto si giocherà il futuro di chi vi ha curato per un’intera vita. Se apparterrà alla categoria dei magnanimi potrà dire: “Un bravo ragazzo!” Naturalmente all’indirizzo del vostro medico ultrasessantenne. Ma altre contratture dei muscoli mimici lasceranno dubbi spaventosi sulla fama cittadina del vostro medico. Un parente gli offrirà un malloppo di cartelle cliniche dove c’è tutta la vostra vita di malato. Troppo tempo a scartarle ed a leggerle. Per cui le restituirà immediatamente e chiederà di suggerirgli la vostra malattia con: “Ma insomma che ha?” Un silenzio imbarazzante lo costringerà ad aprire la sua borsa. No, non è come quella del vostro medico, enorme, piena di carte e scartoffie, di medicine per l’occorrenza. E’ una borsettina quasi femminile che racchiude un minuscolo fonendoscopio e un ricettario, niente più. Si alzerà e verrà verso di voi. “ Seduto”, vi intimerà e subito correranno a sorreggervi i più cari dei vostri cari. Vi sentirete osservato dai suoi occhi a riflessi dorati, sentirete le sue mani fredde infossarsi nella vostra carne. Se avrete acquisito nella vostra vita un minimo di intuito, vi accorgerete che lui non starà pensando a voi, ma a qualcos’altro, la sua amante, l’uscita di una nuova potente auto. A visita terminata vi abbandonerà e ricupererà la poltrona. I volti dei cari chiederanno domande silenziose di speranza, ma lui, amimico, guardando il muro bianco, pronuncerà la frase: ”Abbiamo perso troppo tempo… Cercheremo di ricuperarlo”. E questa frase dividerà tutti i presenti in due fazioni: Quelli per il medico curante, increduli al nuovo arrivato, e fedeli a lui e la fazione di quelli contro, che improvvisamente faranno traboccare antichi rancori verso questa figura quanto mai casalinga. Il ricettario del professore ora compare dalla borsa: è fatto di fogli che sono il doppio di grandezza di quelli del medico della mutua e hanno una decina di righe di attributi del nostro. E’ il momento delle analisi da farsi. Ne sono state fatte a montagne, con regolarità negli ultimi giorni. Non le consulta minimamente. Redige una lunga fila di analisi banali ed altre con sigle sconosciute, che metterebbero a dura prova un analista. Ma l’analista è il suo, di fama e serietà non comuni. Anzi ne scrive l’indirizzo sulla ricetta. Ora tocca alla prescrizione delle medicine salvatrici. Qui la mano autorevole si scatena su omonimi ed altro, compreso gli onnipresenti “lavaggi”, essenziali per le credenze popolari. Ma è la quantità che fa la sua grandezza. E quanto a questo è imbattibile. Un cesellatore dell’ovvio. “Iniziate subito“ ordina e qualcuno strappando la ricetta di mano già scende per le scale a saltelloni. Siamo all’epilogo. Il nostro si alza, da un colpo al fondo giacca; sembra togliersi la polvere di dosso accumulatesi nel frattempo. “Manderò un mio assistente a controllare”. Una tossettina richiede il pagamento. “Professore mi dica? Il parente economo si inchina a mo’ di paggio. “Facciamo, per voi, quattrocento euro. Per piacere, l’assegno lo intesti alla mia segretaria, la Claretta”. Avrete ancora il tempo di chiedervi per quale malattia ve ne state andando. Già, Lui si è dimenticato di dirvelo. Ma lo avrà capito? Ed è a questo punto che l’avvoltoio spiccherà il volo a cerchi larghissimi nel cielo azzurro, intravisto dalla vostra finestra. [Lucio Paolo Raineri]

oroscopo preventivo

Il segno dei Pesci

Per voi dei pesci, e soprattutto per le donne, quest’estate potreste avere problemi con la legge e rispondere di atti osceni in luogo pubblico. Lo sfondo vi sembrerà irreale ma vi assicuro che sarà tutto vero. Un vecchio colonnello in pensione vi accuserà di aver fatto il bagno nuda/o e, data la pressione della anziana moglie, vi trascinerà in tribunale per farvi condannare. Badate bene a non truffare o a dire false testimonianze; come nel film “Vacanze ad Ischia” dove Peppino De Filippo, avvocato dell’accusata, si inventa un costume color carne per far credere l’innocenza della propria cliente, allo stesso modo il giudice, la pubblica accusa, il cancelliere (insomma tutti maschi) di fronte alla prova di un corpo esile e bellissimo rasentano il paradosso e l’ambiguità, anche le vostre sensazioni nei confronti di chi semina odio o assurdità rischierà di infrangersi conto un muro illogico dove il paradosso cancella l’intelligenza e la doppiezza innesca finte realtà.



Il segno dell’Acquario

Patricia Verdugo, diversi anni fa ha pubblicato, in Italia esce nel 2003, un libro dal titolo “Salvatore Allende” anatomia di un complotto organizzato dalla Cia. Se per caso, caro acquario, sta studiando un po’ il sud America, ti consiglio di leggere questo libro, non per farti diventare “comunista” o rivoluzionario o peggio ancora anarchico, ma perché le vicende narrate dalla scrittrice hanno un nonsoché di fenomenale e di attuale. Un presidente che si difende e di fende il suo popolo, il popolo (militare) che lo attacca e complotta la sua uccisione. Paragonando le tue azioni a quello che stai ascoltando e vedendo in questi ultimi tempi, non resterai deluso se ad incarnare questo spirito ribelle sarà il programma del Grande Fratello di Calane5 o gli anatemi di Feltri, o le accuse fatte e subite del nostro primo Ministro. Morale del libro: un uomo viene ammazzato crudelmente dallo stato! Morale delle bagarre italiana: la stupidità si è fatta crescere le ali.

terremoto 80

Mercoledì sera intorno alle 23,30 radiorai3 trasmetteva un bellissimo documentario sul terremoto del 1980 che colpì la Campania e altri centri limitrofi. Le interviste erano soprattutto fatte a Napoletani che in quegli anni vivevano una condizione tragica e paradossale. Dopo la grande paura tutti incominciarono a fare e a disfare, oltre alla confluita solidarietà, s’intromise anche la speculazione e l’abuso edilizio. Speculare era (ed è) un fatto italiano e, come direbbe Marcel Mauss, un “fatto sociale totale”. Nelle interviste alcune persone si ricordavano che Napoli, in quegli anni, era diventata “povre e fierr” (polvere e ferro); chi aveva occupato una scuola alla via Posillipo aveva avuto la casa ristrutturata in pochi mesi e chi invece l’aveva fatto al rione Sanità aveva aspettato più di 10 anni. I containers a San Gennaro dei Poveri rimasero per circa 15 anni, alcuni fino a poco tempo fa, mentre alla raccolta dell’olio e del formaggio partecipavano molte persone benestanti. In quegli anni le attività scolastiche soprattutto elementari e medie si fermarono completamente, molti ragazzi e ragazze venivano promossi, causa terremoto, con il 6 politico e i programmi non venivano seguiti né finiti. Insomma, si può dire che la casse dirigente campana si era formata attraverso la mancanza d’istruzione che finiva (e ha finito) per diventare mancanza di professionalità e competenza.
Attualmente noi stiamo subendo queste carenze, carenze fatte di persone che non sanno scrivere bene l’italiano, magari eccellono con l’inglese e il francese, ma la distinzione tra sintassi e regole grammaticali, quella proprio non ha ragione d’essere. Molti studenti copiano da internet la tesi di laurea, un copia e incolla qui, un altro lì, ed è fatta la ricerca “scientifica”. Molti sopravvalutano la loro cognizione, scrivendo un curriculum zeppo di palle come, sono uno scienziato, con tre lauree, master, ricercatore, opinionista, giornalista, esistenzialista, verista e anche un po’ farmacista. Insomma, si è sempre un po’ più competenti degli altri, poi ci tocca ascoltare “strafalcioni linguistici” da gente che guadagna milioni di euro in tv o assurdi comizi fatti di rivendicazioni mitiche che inneggiano culture inesistenti.
In somma la nostra classe politica e dirigenziale rispecchia quasi appieno carenze dovute al terremoto dell’80, e non solo; migliaia di posti strategici e di responsabilità sono occupati da altrettante migliaia d’incapaci inconsapevoli del male che recano a noi e alle loro famiglie. Un esempio su tutti può illustrare con spietata lucidità il degrado culturale del nostro paese: da quando hanno “liberalizzato” i contratti di lavoro, contratti diventati ingestibili e con leggi non applicabili, come il contratto a progetto, quello ad aria, ad acqua, a gas, e a prestazione (bellissima quest’ultima definizione, sembra fatto a posta per la puttana o il puttano di turno), queste nuove forme di lavoro hanno distrutto totalmente l’economia; in Italia, in passato, i giovani si dovevano occupare dei “vecchi”, oggi è esattamene il contrario, se non ci fossero i “vecchi” genitori, i giovani soccomberebbero dietro un lavoro ad intermittenza, fatto di magne stasera c’ rimano Dio c’pensa (Oggi mangi domani invece Dio ti aiuta). È un paradosso a luci alterne, i brogli del terremoto, sisma naturale ed imprevedibile, hanno causato una crisi costruita e razionale, fatta di posti di lavoro a raccomandazione, scritti nel libro paga dei contribuenti e gestiti da camorristi e affaristi di prim’ordine. Lo spettacolo ha stravolto le regole dell’immagine attraverso il film di Rosi, “le Mani sulla Città”, che ha delucidato inequivocabilmente che la pezza di formaggio reggiano era puntualmente grattugiata anche dal più ricco napoletano in crisi di astinenza e dedito, anima e corpo, a padre Pio da Pietrelcina. [+blogger]

a chi tanto... a chi niente...

Venerdì 12 Dicembre intorno alle 23 un ragazzo arriva al pronto soccorso del vecchio Pellegrini (zona Montesanto, Napoli) mentre gli sanguinava la gola, una emorragia da gemizio ematico in loggia tonsillare. Gli praticavano prima una Ugurol, ma visto che il sangue non si fermava, dopo un quarto d’ora una altra fiala coagulante. Dalle 23 all’1 di notte il ragazzo veniva tenuto sotto osservazione e alla fine praticavano una causticazione chimica del locus sanguinante. Insomma una cosa piuttosto grave tanto da consigliare, per diversi giorni, coagulanti e una fibrolaringoscopia. Insomma un paziente da ricovero, ma il medico aveva ritenuto dimetterlo per mancanza di posti letto. Tempo di attesa ambulatoriale per l’esame della laringite: 2 mesi (con tanta fortuna).
Domenica 15 Dicembre in serata dopo un comizio Silvio Berlusconi veniva colpito al volto con una statuetta da un mitomane dissociato. Correva all’ospedale San Raffaele di Milano dove venivano praticate cure mediche immediate - dai 7 ai 10 medici in osservazione, una lastra facciale per controllare rotture o altre lesioni; veniva trasferito in reparto Maxillo Facciale per ulteriori approfondimenti; poi una tac per controllare se il corpo contundente avesse sfiorato altre parti della testa; trasferito in reparto adeguato per gli esami del sangue, visto che ne aveva perso un po’, controllo delle piastrine, dei globuli, della pressione arteriosa, fino ad arrivare alle analisi del diabete. Ricoverato in un reparto adeguato con medici che, per tutta la notte, l’avevano visitato e misurato la pressione in un continuo monitoraggio. Ricovero d’urgenza.Queste due storie sono vere, solo che la prima non era possibile conoscere, in quanto avreste dovuto trovarvi nella Pigna Secca, alle ore 23 circa, di venerdì 12 e, in particolare, nel pronto soccorso dell’otorinolaringoiatria dell’ospedale; mentre quella del presidente del consiglio ha fatto il giro del mondo in pochi minuti, visto su internet a “trecentosessantagradi”.
Adesso, una semplice e singola constatazione percuote la mia mente perversa, visto che sono un mangiatore di sangue e che mi rendo conto che le qualità dei gruppi sanguigni sono differenti: l’uno senza proteine e con un colore rosso scuro che rasenta la malattia, l’altro con vitamine in abbondanza, carboidrati e di un rosso limpido di squisita fattezza. Mentre il ragazzo di Venerdì dal sangue scuro veniva dimesso il presidente, dal sangue chiaro, veniva curato con tutti gli annessi e i connessi; mentre il ragazzo aspetterà due (se tutto va bene), mesi per farsi una fibrolaringoscopia, il presidente avrà già cavalcato le ali della beatitudine in qualche paese esotico pronto per avere un’altra statuetta (questa volta però di Totò) sul labbro o in testa e chiedere l’immunità parlamentare per le ferite infertegli. Mentre il ragazzo potrà morire avendo il vantaggio che un privilegiato dall’alto della sua torre lo beatifichi, un altro barbone ricoverato in un reparto (per fortuna), adagiato sopra una barella conterà le sue malefatte per essere nato in un paese che fa della disuguaglianza un vanto, forma di riconoscimento velato, precostituito e alterato dai fatti. Tutto ciò fa credere che siamo tutti eguali di fronte all’apparenza ma che invece la morte di uno qualunque è sicuramente più importante del ferimento del nostro primo ministro. Morale della verità: il Presidente aveva il diritto di essere curato! Cosa dire? Simme Tutti Purtualli! [+blogger].

tv in bianco e nero

In effetti il legislatore mi ha obbligato a un’innovazione tecnologica da me non richiesta, con tanto di aggravio di spesa. Secondo tutte le leggi economiche, secondo la teoria marxista dello sviluppo delle forze produttive, secondo tutte le leggi della concorrenza ecc. Ogni innovazione tecnologica si sostituisce alla precedente in modo diacronico, ovvero coesistono per un certo lasso di tempo entrambi i modelli tecnologici e via via il più evoluto sostituisce il più vecchio. Nel frattempo io ho la possibilità di scegliere! Posso ancora ascoltare un 33 giri, andare in calesse nel bosco di Capodimonte, giocare a calcio replay col commodore 64 senza che il governo me lo impedisca. Col Digitale terrestre io non posso più usufruire del segnale analogico. Ne sono privato per decreto legge, inoltre creare una tv indipendente senza frequenze analogiche è un processo molto più complesso in quanto l’etere risulta digitalizzato e privatizzato “de facto”. In tutto il resto d’Europa, ad esempio in Gran Bretagna tutti ricevono il segnale digitale, ma circa il 70% degli utenti si avvale ancora dell’analogico. Inoltre la difficoltà di ricezione in alcune zone ha fatto correre ai ripari Mediaset, Rai e La7, creando una società chiamata Tivù Sat che si avvale di un satellite. Qui sta l'aspetto comico e grottesco: pensiamo ad un abbonato a Sky che risiede in una zona fuori dal campo di ricezione Rai, Mediaset, La7. Si troverà, per poter ricevere tutte le emittenti in chiaro e non oscurate, (infatti alcuni programmi non vanno sul satellite) ad avere tre decoder e quattro telecomandi. Il tutto per non creare il decoder unico (cosa tecnologicamente fattibile) visto che già vendono tv con il DTT incorporato (In effetti non c’è acronimo più appropriato: il DTT, solo che invece di uccidere le zanzare uccide gli esseri umani ridotti ad insetti davanti allo schermo). Questo è il destino di noi poveri consumatori teledipendenti, per far sì che si glorifichi invece "il destino di un Cavaliere." Personalmente ho abolito il televisore e ascolto solo la radio e usufruisco di internet e dei miei 4 quotidiani al giorno per informarmi. [Abu Abbas]

"se potessi ..."

Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione, dice una canzone di Giorgio Gaber. Fatta magari di carta e pesticidi con gli indumenti sporchi, stropicciati e senza odore. Una rivoluzione di canna di bambù per sfruttare meglio la terra che mi è stata regalata e che ho distrutta col mio odore. Se potessi mangiare un’idea darei un gran calcio nel culo ai delegati del quartiere, ai mentitori di strafottutte idiozie. Se potessi mangiare un’idea mi libererei dei professori della Caracciolo e lascerei l’insegnamento ai ragazzi con i motorini e gli occhiali a palla. Se potessi mangiare un’idea farei dirigere un camion donne nell’ex dormitorio alla via Cristallini per ripulirlo e lucidarlo in onore di tutti i diseredati.
Non ha senso citare le parole di un grande scrittore se poi queste ultime non possono essere ricordate. Nel rione resta solo l’ultimo commerciante che con le sue belle scarpe nuove canterà un inno claunesco. Una melodia che impressiona anche i più increduli. Dice Fellini ne “I Clowns”: Poi c’è ancora una monaca nana. Sarà stata alta 30 centimetri. Parlava sempre da sola. Aveva una gran fretta. Diceva che doveva fare tutto lei perché i santi si fidavano soltanto di lei. Stava un po’ al convento, un po’ al manicomio. Così come il fruttivendolo di fonte casa mia, da anni grida che la sua bottega si allaga, si riempie di acqua putrida, si infettano le pere e le ciliegie. Il meccanico ha smesso di scassare le moto, adesso le ruba guadagnando il suo prestigio. Sì, se potessi mangiare un’idea farei il clown per Fellini, sbagliando le battute e stringendo ogni volta i miei coglioni.
Nel rione ogni luogo somiglia di più all’altro. La storica via Cinesi, le salite o discese dove il povero Marcello fa cadere centinaia di arancia, deturpate da un progetto scellerato… speriamo che non si farà. Non ha senso il luogo o il tempo, ha senso l’illusione di una santa che cerca gloria nelle unghie del Signore. Le buche che mettono a repentaglio la vita di molte persone non vengono riempite, il quartiere vive una condizione limite, una condizione di frontiera fatta di voti e degrado politico. Bisogna usciere da questa cappa, bisogna lavorare soprattutto sulle mentalità contorta di quelle poche persone visibili, mentre dobbiamo lasciare spazio agli invisibili, alla gente comune che guarda, che da sola protesta, che vive in un’aspirale perversa, che conosce, che ha voglia di fare e di condividere. Potrei citare centinai di persone del rione, anche se spesso le cose sono dette e poi muoiono, bisogna dare spazio ai “diseredati”, ai senza fissa dimora, a chi parla ma è come se stesse in silenzio, a chi ha da dire e ha voglia di “mettersi in mostra”.
L’ho ripetuto molte volte, bisogna restituire la storia alle persone comuni, bisogna proporre altri nel discorso, non devono parlare sempre le stesse persone, così la società si invecchia, come è vecchia la nostra, vecchia di mentalità e di proposte. Ancora stiamo a discutere se uno straniero possa vivere nel nostro paese; ancora discutiamo del divorzio, della pillola, dei preservativi, del viagra. Il nostro quartiere è il nostro paese, paese di geni, di grandi registi, di cultura; paese di luridi approfittatori e di sporchi lavoratori, paese di politici che spoliticano, paese di poeti e di santi maledetti… paese di stupidi, villici e nobel! Se potessi mangiare un’idea farei la mia rivoluzione... così come un clown girerei per il mondo portandomi dietro il mio manicomio. [+blogger]

digitale liquido

E così anche in Campania, entro la fine del dicembre ’09, avverrà lo switch off, ovvero il tanto atteso e decantato passaggio dalla trasmissione analogica del segnale tv a quella digitale, cioè molto più “contratto”, in grado di occupare “meno spazio”. Ciò comporterà la moltiplicazione dei segnali, perché per ogni “banda”, ovvero frequenza, se prima ne passava uno solo, ora ne passano diversi. Solo che… gli stessi soggetti che prima possedevano le frequenze analogiche, cioè Rai e Mediaset, si sono impossessate di un numero esorbitante di frequenze digitali: continuando a condizionare il mercato. Quindi, sotto quest’aspetto le cose non sono cambiate di molto. Tuttavia, col digitale è proprio cambiato lo scenario generale della comunicazione tv in Italia. Il digitale, in testa ai politici che avrebbero voluto regolamentare in senso pluralistico l’offerta televisiva in Italia, avrebbe potuto aprire il mercato ad altri competitors, in grado di misurarsi con i giganti presenti già sul mercato. Ciò sarebbe avvenuto moltiplicando le frequenze, permettendo ad altri gruppi di comprarle. Anche perché c’era un precisa sentenza della Corte Europea dell’Aia, che recepiva un’istanza del Parlamento Europeo, anti monopolio, che ingiungeva a Rai e Mediaset di liberare ciascuno un canale. C’era inoltre l’annosa questione di Tele Elefante, le cui frequenze, legittimamente acquistate, nonostante i ripetuti pronunciamenti dei vari Tribunali italiani e in sede UE, erano occupate abusivamente da Rete 4: la quale, con la protervia pari solo alla sfacciataggine, di che se ne può strafregare della legge, le ha mantenute tutti questi anni. In Italia, com’è noto, è venuto un altro operatore tv: è il Murdoch di Sky, la pay tv. Questo signore, chiamato comunemente Jaws (fauci, ovvero pescecane), si è preso il Tele+ di proprietà della finanziaria francese Vivendi, già fusa con la fallita Stream Tv, e, d’accordo con Silvio Nostro, vi si è dedicato, facendole raggiungere risultati eclatanti: fino al 2008 con 4 mln di abbonati. L’accordo tra questi due imprenditori prevedeva una non interferenza tra la tv cosiddetta generalista, che trae profitti dalla sola pubblicità, e quella on demand, cioè a pagamento. Non è quindi un operatore che lavora sull’”orticello” di Berlusconi: del resto questi non gliel’avrebbe mai permesso, come fece con Mondadori allora proprietario di Rete 4 e l’altro editore Rusconi fondatore di Italia 1, facendoli fallire e ricomprandole con il fondamentale appoggio finanziario della BNL craxiana, presso cui godeva di un credito illimitato. Ma la tv generalista è “morta”.

Oggi, con la moltiplicazione degli strumenti di comunicazione, le domande del pubblico che “consuma” intrattenimento si sta velocemente orientando su forme non più precostituite di offerta, cioè statiche, “vecchie”, come sono quelle della tv generalista: ovvero varietà, reality, talk show, talent show (tipo X Factor o Amici ), tv del pianto, film, sport, ecc.; ma sono estremamente mirate e specializzate. Ecco quindi che è proprio la pay tv, la più appetibile. Ed è sulla base di questa considerazione che i rapporti tra Murdoch e Brlsk sono fortemente cambiati. Dalla “pace perpetua” sono passati alla guerra senza esclusione di colpi. Perché anche Silvio Nostro ha messo su la sua pay tv, la Premium. Però aveva davanti a sé un gap non indifferente, perché ha iniziato in ritardo. Allora che ha fatto? Ha mobilitato il “suo” Governo, quello da lui presieduto, e che dovrebbe essere al servizio della generalità degli italiani, a combattere Sky, in nome e per conto di Mediaset. Il Governo, nella persona del sottosegretario Paolo Romano, di provenienza Fininvest, che ne ha coordinato la politica, ha portato avanti una serie di misure anti Sky: ha più che raddoppiato la tassa sul porno, che rappresenta il 10% dell’intero fatturato Sky; ha raddoppiato l’Iva sull’abbonamento base; sta creando il TivuSat, una struttura satellitare che irradia il segnale delle generaliste in modo da farle “uscire” dal bouquet di Sky; ha dato indicazioni alla Rai di uscire da Sky, in modo da costringere anche chi è abbonato a Sky, a comprare il Decoder Digitale. E perché? Perché è il Decoder che permette l’accesso a Premium Tv di Mediaset. Cioè: anche chi già potrebbe, via satellite, vedere i programmi Rai, che non sono solo quelli delle tre Reti, ma altri e talvolta più interessanti palinsesti, è costretto ad un aggravio di spesa, per mettersi in condizione di acquisire Premium. Più in generale, mentre Mediaset, attentissima al dato profittuale, sta sperimentando altre forme di comunicazione, come quella della IPTV, cioè la tv tramite internet, la Rai, ha bloccato quel po’ di sperimentazione che aveva pur incominciato, limitando gli investimenti nel settore. Mediaset perciò è interessatissima alla Telecom. Romani dice che per difenderne l’italianità, vorrebbe limitare il potere della spagnola, Telefonica, il vero proprietario di Telecom: in realtà solo dallo scorporo della Rete degli impianti di ricezione Telecom (ovviamente osteggiato da Telefonica e dall’attuale management) dalla telefonia, Mediaset potrebbe comprare ciò che le serve senza la massa proibitiva di debiti della società nel suo complesso. Rete fissa su cui farebbe passare la tv di Internet; ovviamente targata Mediaset. Non solo. Tutte queste operazioni di Rai non sono a costo zero per l’Azienda di stato: l’uscita da Sky dei canali Rai in chiaro ha portato una perdita secca, per mancata audience, di circa 300mila€. E l’AD di Rai, di nomina politica, Mauro Masi, interrogato a più riprese sulla non economicità dell’operazione sia d’uscita che di TivuSat, ha risposto solo di “avere l’appoggio del Presidente Berlusconi”. Più chiaro di così… [francesco capozzi]


una bella doccia

Quanto costa in termini ambientali una bella doccia calda? Secondo uno studio del 1999 della Water research foundation, il consumo di acqua di un’abitazione dipende per il 27 per cento dallo sciacquone, per il 22 per cento dalla lavatrice e per il 17 per cento dalla doccia. La quantità esatta dipende dalle abitudini di ciascuno, ma difficilmente si scende sotto il centinaio di litri che, secondo la Alliance for water efficiency, è il minimo per una doccia di cinque minuti. Se si usa un rompigetto, il tempo sotto l’acqua può più che raddoppiare a parità di volume idrico impiegato, raggiungendo i 12 minuti. D’inverno si usa un po’ più d’acqua, perché di solito la si lascia scorrere finché non raggiunge la temperatura giusta. In realtà, l’acqua che esce dai rubinetti è solo una minima parte di quella consumata da un americano medio (oltre 6.800 litri). La maggior parte va nella produzione di beni. Per produrre una lattina di cola, per esempio, servono 125 litri d’acqua. Per calcolare l’impronta ambientale di una doccia bisogna aggiungere il consumo di energia. L’acqua calda rappresenta un quarto dei consumi energetici di un’abitazione, e le docce consumano il 37 per cento dell’acqua calda domestica. Quanta energia venga consumata dipende anche dal termostato del boiler. Bisogna poi considerare che serve energia anche per le operazioni di raccolta e potabilizzazione, e poi di depurazione e scarico. Come comportarsi? Fare la doccia solo se serve, scrive Slate, e farla breve. Installare un rompigetto e controllare l’efficienza della caldaia. [Internazionale 821]


lacrime napulitane

Se la Mussolini può sbraitare contro un video che nessuno deve vedere, non possono fare altrettanto i parenti della vittima del rione sanità. Se le richieste e i rinvii a giudizio per i politici sono dettate da una magistratura corrotta, non possono fare altrettanto gli immigrati e i “delinquenti” comuni che affollano le carceri di tutta Italia. Se gli imprenditori gestiscono le loro imposte, evadendo ed eludendo, e spostando milioni di euro in banche straniere, non possono fare altrettanto gli operi e gli impiegati che “finanziano” lo stato, i lavori pubblici, e tutto quello che riguarda il nostro paese. Allora se ci sono due pesi e due misure perché non si dovrebbe delinquere? Perché sequestrare la moto ad un ragazzo (con una multa salatissima), che non può pagare l’assicurazione, quando poi quest’ultima intima il contraente a non fare incidenti perché rischia l’estromissione da tutte le altre imprese assicurative? Perché se io pago dazio Riccardo Cocciante se la cava con una amnistia? Questa non è democrazia. Questo “geniale” termine è stato così estromesso che il concetto definisce da solo qualcosa che non è mai esistito. Un popolo che da solo si auto-governa con leggi auto-lesive e contro ogni buon senso civico. È a dir poco paradossale. Un popolo che fa le leggi contro il popolo, che si auto-distrugge e rinasce sulle ceneri sporche e incatramate. La Rai la paghiamo tutti, ma in tv ci va sempre la stessa gente, questo sarebbe già da solo un buon motivo per fare una rivoluzione. La politica la paghiamo noi, così come tutti i deputati e senatori, eppure noi non possiamo scegliere chi mandare in parlamento. Quando andiamo alle urne ci dicono di votare l’uno o l’atro, basta, niente di più semplice e di più immediato. Se noi del rione Sanità protestiamo perché nel quartiere non ci sono forze dell’ordine, non ci sono vigili che fanno multe, non ci sono carabinieri per far rispettare il senso di marcia, nessuno ci ascolta (poi ci chiamano anarchici), e se invece questo problema si sposta verso Milano 2 o 3 ed è il presidente della Regione a porre questo quesito allora la legge interviene subito con le sue belle norme e normicine. Alcune associazioni di Miano hanno reso ben noto che la discarica è abusiva, che non può essere fatta, che gli stessi ingegneri ed ecologisti hanno dichiarato che gli ospedali, le case, e le strade sarebbero intossicate dall’esalazione e dal percolato, ma questo non basta, c’è bisogno di Bertolaso per creare un piano regolatore munnezza napoletana. Allora mi chiedo e vi chiedo? Chi ha il potere di regolare? Forse che le mie lacrime sono meno lacrime di quelle del presidente del consiglio? Forse il mio tumore è meno tumore di quello di un senatore? Forse la mia scopata e meno scopata di quella di un ex nota attrice televisiva? Capisco! Non siamo noi ad essere razzisti, siete voi ad essere del rione sanità. [+Blogger]

esseri umani o rifiuti tossici?

Appello aperto a quanti lo condividono. Ancora una volta le Istituzioni preposte a varare e portare avanti politiche di responsabile accoglienza e giusta integrazione degli immigrati presenti nel nostro Paese e indispensabili al funzionamento della nostra economia si sono rivelate gravemente inadempienti e latitanti. Con l’aggravante di aver mostrato a diverse centinaia di esseri umani inermi, molti dei quali regolari e senza alcuna pendenza penale, solo il loro volto crudele, repressivo e disumano. Non ci sono parole adeguate per dire la nostra indignazione, il nostro sgomento e per esternare la nostra viva protesta e amara delusione. Perché, ci chiediamo, tanto zelo, tanto tempismo, tante energie e risorse non sono stati mai impiegati per reprimere quella criminalità comune e organizzata tanto diffusa che avvelena e tiene in ostaggio il nostro territorio in tutte le sue varie espressioni, quella economica in particolare, con imprenditori agricoli spregiudicati e caporali cinici? Perché si è atteso che la situazione di San Nicola Varco degenerasse e incancrenisse senza che chi doveva e poteva varasse progetti praticabili e concreti per delocalizzare il Campo?

Non si poteva distribuire i suoi occupanti in destinazioni degne di esseri umani, di lavoratori, di persone ree solo di essere venute in Italia alla ricerca di una sistemazione impossibile nei loro Paesi di origine? E’ degno di un Paese civile, progredito, democratico, sviluppato, trattare, come è stato fatto a San Nicola Varco, esseri umani come rifiuti da smaltire senza indicare loro neppure una “discarica” dove andare? Perché si continua a fare i forti con i deboli mentre si girano gli occhi altrove dinanzi ai potenti e ai prepotenti di turno? Vogliamo ancora sperare e chiedere alle Istituzioni preposte, sia politiche che civili e religiose, di riparare al male atto e al torto arrecato. Consentite a quanti sono stati gettati nella disperazione di poter trovare a breve una onorevole e dignitosa sistemazione nelle vicinanze del loro lavoro che si svolge quasi tutto nella Piana del Sele. E’ in gioco la civiltà dell’Italia, la credibilità degli Enti locali, la coerenza del Mondo cattolico. Soprattutto la nostra umanità, se ancora ce ne resta una briciola… [OASI – IL PORTICO – CASA NAZARET – VOLTO SANTO – GESU’ REDENTORE]

stamani a borgo vergini

Sembra una scena surreale… Domenica scorsa una folla di donne, bambini, uomini affollava via Vergini, gli stand di numerose associazioni esibivano le loro idee, i manufatti, i progetti… Il “latrato” di chi si batteva per intitolare il ponte della Sanità a Maddalena Cerasuolo, oppure chi discuteva “animatamente” contro l’indiscriminato aumento della tassa della spazzatura, e poi chi parlava di problemi scooter, chi di parcheggio selvaggio, chi di vivibilità e differenziata. Insomma una quartiere alternativo, per certi aspetti. Visto stamani sembrava invece uno dei luoghi più pericolosi del mondo. Tre camionette della polizia, diverse automobili dei carabinieri e vigili urbani in poco più di 100metri. Uno schieramento di forze estreme, in assetto antisommossa, un bel vedere per i giornalisti e i curiosi. Invece c’era il PM Sergio Amato per un sopralluogo. Insomma, la favola potrebbe continuare. In che modo? Inizio: Un ricco imprenditore, dirigente di una multinazionale, denunciato da un suo vicino di casa per elusione fiscale… Se un giorno sentissimo questa affermazione da un telegiornale potremmo pensare sul serio che la criminalità organizzata non sarebbe poi così imbattibile. [+Blogger]


Antefatto: BORGO DEI VERGINI, quartiere di Rione Sanità, a Napoli. Attualmente in cronaca, per l’assassinio, a freddo ,fuori di un bar. Normalmente non è presieduto da Guardie Comunali e Carabinieri in divisa. Il fatto si protrae da anni. Oggi 01-12-2009 h.8,45. Scorgo con sorpresa, tra il grondare della pioggia, cinque auto dei Carabinieri e altrettante delle Guardie comunali. C’è movimento di palette, controlli, capannelli di curiosi muti. Non posso non esimermi dall’accostarmi a un’auto di una guardia comunale e fare una domanda: “Scusate, ma questa parata a che serve? Non sarebbe meglio essere presenti nel quotidiano. In una simile occasione, più di un anno fa, un suo collega, alla stessa domanda, mi rispose: “Ci vedite oggi e mo’ nun ce vedite cchiù”- E così è stato. “Il signore lascialo a me…venga, venga”. E’ una voce imperiosa, alle mie spalle, che soccorre una risposta che non arriva. E’ una guardia comunale, anziana, gallonata. Il tono di voce è di quello incazzato che mi deve sopraffare e correggere di brutto. “Lei non capisce niente, anche se è da quarant’anni, come dice, di lavorare in questo quartiere. Stamane per essere qui, con cinque vetture, abbiamo lasciato Napoli scoperta e a grave rischio.-“ Il tono è di quello che mi vuole trascinare in una lite. Non ne sono il tipo. Dai marciapiedi la gente ci osserva, non intuendo l’argomento. Nessuno si accosta. “Ma non siete in 1800, come si legge?”. “Caro signore, lei non sa quante persone oggi, in Napoli, hanno cambiato residenza e quanti atti dobbiamo consegnare. Tra controlli e altro, faccia lei il calcolo.”- Gli chiedo se può abbassare la voce, non sono sordo. Ma penso che voglia raggiungere gli altri. “Non si potrebbe deferire a impiegati comunali tutto ciò e lasciare a voi il controllo della città? Arrivo, tutte le mattine, da Marano e il quadrivio di Capodimonte , una porta della città, è privo di vigili e per di più i semafori sono spenti”. Sento la pioggia sul volto,le lenti sono bagnate, ma non desisto. “A Capodimonte non ci possiamo essere più e se i semafori sono spenti, è perché non pagano la ditta di manutenzione. Pensi che in centrale abbiamo armadi pieni di radio ricetrasmittenti che non possiamo usare da anni, perché non sono state saldate alla ditta. E il giorno che le potremo usare, dovranno essere tutte rinviate alla fabbrica per rimettere i nostri nuovi codici, che nel frattempo sono cambiati.” “Fatevi aiutare dai Carabinieri, non potete lasciare una città sguarnita“. Qui, s’incazza, scusate il termine. “Si vede proprio che non capisce niente, siamo noi ad aiutare i Carabinieri“. Desisto e mi allontano, senza salutarlo, mentre blocca un motociclista che gli passa accanto. [Ranieri Lucio Paolo]