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La morte sui social

Una nuova forma di elaborazione del lutto sostituisce in parte il lamento rituale e la tristezza individuale. Una condizione di "benessere" e condivisione che trasporta il caro estinto nel mondo dei morti. Faccine tristi, che lacrimano, che piangono ininterrottamente, un segno di preghiera, una poesia, una foto, scritte con "ciao mamma, ciao papà, caro zio, caro amico...". 

Una condizione esistenziale scandisce l'ultimo rito di passaggio, la forma prende un nuovo corpo immateriale, l'effetto è quello di lenire il dolore rimandandolo a pezzetti nel cyberspace. Lo scandalo della morte condivisa nell'etere, che attraversa confini inimmaginabili, così come il pensiero, è forma ancestrale che unisce la sorte, che si adopera per definirla, per resisterla, per vincerla.

Una forma di dolore collettivo che lenisce all'aumentare dello spazio. La solidarietà placa il dispiacere, da sempre essa rende gli uomini più forti e la vita meno dura. Dio si manifesta alle persone, prima attraverso la condivisione affettiva, oggi anche con la condivisione digitale. La vita liquida è permanente, è vita reale, è gruppo di scambio nella buona e nella cattiva sorte.

Internet è la nostra vita, ci rende più forti e forse meno soli. In realtà si può anche affermare il contrario, che la visibilità, proprio perché liquida, è inesistente. Un fatto è certo. Ogni forma di comunicazione scandisce una rottura, una forma di concretizzazione che legittima e unisce, proprio per questo essa è collante sociale per l'esistenza. Che sia un bene o un male questo dipende dalle circostanze, che sia indispensabile è una verità. [+blogger]

ragionier total

Io, ragionier Total, non sono diverso da voi, ne voi siete diversi da me. Siamo uguali nei bisogni. Disuguale nel loro soddisfacimento. Io so che non potrò mai avere nulla più di quanto oggi ho…fino alla morte. Ma nessuno di voi potrà avere nulla più di quanto ha. Certamente molti di voi avranno più di me…e tanti hanno meno. E’ nella lotta legale o illegale, per ottenere ciò che non abbiamo, molti si ammalano di mali vergognosi, si riempiono il corpo di piaghe, dentro e fuori. 

Tanti altri cadono, muoiono, vengono esclusi, distrutti, trasformati. Diventano bestie, pietre, alberi morti, vermi. Così nasce l’invidia e in questa invidia si nasconde l’odio di classe. Che è composto in egoismo e quindi reso innocuo. L’egoismo è il sentimento fondamentale della religione della proprietà. Io sento che questa condizione mi sta diventando insopportabile. Così come lo sta diventando per molti di voi. [flavio bucci, detto total] 

non parliamo più

La politica italiana ha raggiunto un limite e con esso anche i vecchi mass media che stanno influenzando i nuovi social network. Ho cantato vittoria per la libertà di internet, ma sembra che tutto possa essere oscurato. Se il potente di turno mette i soldi noi cambiamo idea?!. La logica economica/finanziaria per ora è la padrona assoluta. La politica è al servizio di quest’ultima e il linguaggio cambia a seconda degli interessi e delle prospettive. Non siamo noi ad essere inquinati è chi legittima che impone come normalità lo sfruttamento e con esso tutta una serie di interessi personali. E allora, come ha detto lo scrittore De Silva a Repubblica, la politica può fare realmente qualcosa ma non in queste condizioni.

Se continuano a parlare e a scimmiottare, i nostri politici non concluderanno mai niente. Affermazioni e smentite sono all’ordine del giorno, quello che è stato detto ieri non vale oggi. Bisogna che incominciamo ad esprimerci con i segni, con il linguaggio muto, cosicché tutti ma proprio tutti possano capire inequivocabilmente, anche chi non comprende l’italiano. Un esempio. Referendum sull’acqua pubblica: il 90% degli italiani ha votato si, espresso parere favorevole affinché l’acqua non diventi privata. Oggi la privatizzazione è in atto, la GORI in Campania gestisce quasi tutti l’area idrica, è la società è stata fatta grazie ad un escamotage: costituita per metà pubblica e per metà privata.

In realtà non bisogna cambiare né fare una politica del cambiamento, basta che si faccia quello che per anni è stato promesso, già questo basta per “muovere” le basi della coscienza. Il punto più critico è proprio quello della smentita o della modifica. Se una cosa si deve fare e se questa stessa cosa è di importanza cruciale, il lavoro, gli stranieri, la scuola ecc. ecc., allora bisogna che tutti partecipino, che tutti condividano, che tutti sappiano come e in che modo si sta facendo.

Altro esempio: Renzi ha dichiarato che ad Agosto i pensionati che prendono meno di 3000 euro hanno diritto ad un rimborso tra i 600 e gli 800 euro. Se si esprime in un “linguaggio universale” tutti sanno che i pensionati che prendono meno di questa cifra hanno diritto al rimborso. Invece non è così. Il nostro presidente del consiglio ha omesso l’importo minimo. In effetti quelli che hanno questo rimborso sono veramente pochi. La stragrande maggioranza percepisce una pensione di 1420 euro, ma il rimborso parte da un minimo di 1440 euro. Se il segno sotto i tremila è: _ così, oppure /, o * beh allora c’è poco da sbagliare o da modificare.


Bisogna cambiare linguaggio e con esso anche la mentalità. Fintantoché nelle nostre promesse e citazioni vige la logica del mercato, del linguaggio economico, allora abbiamo la capacità di cambiare tutto e di rigirare la frittata ogni volta che lo riteniamo valido. Il principio di individualità ha succhiato e annientato la codifica sociale e di solidarietà, ha sprigionato linfa infetta per legittimare e normalizzare ogni aberrazione. Ecco perché propongo un nuovo metodo politico non più basato sulle parole né sui fatti, bensì sull’universalità della comprensione. [+blogger]