il carnevale del rione


chi rosica non risica

Il fioraio, il macellaio, la pizzeria e il negozio di scarpe hanno chiuso. Queste attività commerciali sono state rimpiazzate da agenzie di scommesse, pubblicizzate su tutti i canali sportivi. È un controsenso, mentre il lavoro scarseggia aumentano le attività per buttare meglio i soldi?! Due euro non sono poi così tanto, se ne possono sempre vincere 200. Qui nel quartiere, così come del resto in tutta Napoli e anche nelle altre città italiane, grandi e piccole, giocare per vincere è un hobby psicologico, un fattore quasi naturale, dopo la finzione (si scherza). Ma nei momenti di crisi le alternative non sono mai errate anche se deleterie. Dov’è finito il gioco del lotto? Ha cambiato nome, adesso si chiama lottomatica. La speranza è rischiosa e la si porta appesa ad un filo; chi non risica non rosica, e chi rosica può arrivare fino all’osso. Ma in tempi di decadenza, come la decadenza del nostro nuovo Governo, si deve per forza sognare avendo una buona dose d’illusione dalla parte giusta. Non è poi così sbagliato vincere dei soldi per mangiare. Dalla parte di un senza lavoro, con prole, vincere un terno secco è come avere una benedizione. Chi l’ha realmente ottenuto è andato scalzo, il lunedì dell’angelo, a Madonna dell’Arco.

Non può e non deve fare scalpore il poveretto che butta 5 euro per far vincere il suo inganno. Del resto in ogni momento storico vale la massima: Mors tua vita mea. L’accanimento del bisognoso è parte integrate della speranza, è la vita che si ribella alla privazione. Ma non giocano anche i ricchi? Una canzone di diversi anni fa diceva pressappoco così: “il ricco è un mendicate che chiede di continuo senza mai dare nulla in cambio”. La possibilità di vincere è uguale a zero, così come la probabilità che in definizione non esiste. Non esiste il 50% di possibilità, è una finzione. La probabilità non esiste ed è spiegata in tutti i libri di statistica. Una moneta ha una testa ed una croce. Lanciata nell’aria, quando la raccogliamo, la parte visibile è una sola, o la testa o la croce. Questo ci indica che, per il 50% possiamo raccogliere la monete con la testa capovolta e viceversa. Ma non ci dice che è probabile per il 50%, ci dice che possiamo raccoglierla; infatti, se indichiamo un valore assoluto, ad esempio, 100 volte lanciamo la moneta nell’aria e la raccogliamo, la probabilità che esca solo la testa o solo la croce è pari a zero o 100. Io posso lanciare una moneta è raccogliere per ben 100 volte o solo la testa o solo la croce e non c’è nulla che può provare il contrario. [+blogger]

glabalizzazione dell'informazione

LETTERA APERTA AI GIORNALISTI ITALIANI

Caro/a  giornalista, pace e bene! So quanto sia difficile fare oggi il giornalista in Italia, dentro un sistema in cui i media sono nelle mani dei potentati economico-finanziari. Per questo non ti scrivo per chiederti l’eroismo, anche se in Italia abbiamo avuto tanti giornalisti, che hanno pagato con il sangue, il coraggio di dire la verità al potere, sia esso politico, economico-finanziario o mafioso. Ti scrivo solo per chiederti di mettere qualche “sassolino” nell’ingranaggio dell’informazione, facendo passare qualche notizia in più sui drammi dei più poveri, soprattutto del sud del mondo.

Ti confesso che mi fa tanto male vedere come l’informazione in questo paese sia così provinciale, così centrata sui nostri problemi, così persa nei meandri dei pettegolezzi della nostra vita politica e sociale. Come missionario sono profondamente indignato per il pochissimo spazio dato alle gravi crisi che attanagliano il sud del mondo, in particolare dell’Africa, il continente più vicino a noi. (E solo grazie alle testate missionarie, che gira qualche notizia in più e non nel grande circuito dei media) Non riesco a capire come, per esempio, si parli così poco delle tragedie in atto in quel continente. Penso all’attuale guerra civile in Sud Sudan, con migliaia di morti e centinaia di migliaia di rifugiati. Penso alla drammatica situazione della Repubblica Centrafricana, dove si è innescata un’altra spaventosa guerra fratricida. Penso ai bombardamenti in atto nel Sudan contro il popolo Nuba, da parte dell’esercito di Khartoum. Penso a tutta la zona saheliana che vive una stagione di grave instabilità.

Siamo di fronte a immensi drammi umani, a massacri di popolazioni inermi, a milioni di rifugiati che ora premono alle porte dell’Europa. E tutto questo in un incredibile silenzio stampa. Ricevo ogni giorno appelli di missionari che chiedono di far conoscere i drammi dei loro popoli. Ma è quasi impossibile far passare tutto questo nei media nazionali. Siamo di fronte alla “globalizzazione dell’indifferenza” , come ha detto Papa Francesco a Lampedusa.

Caro giornalista, mi appello a te, alla tua umanità, perché tu possa darci una mano a far conoscere il grido di dolore di tanti uomini, donne e bambini. Te lo chiedo perché porto, da una vita, nella mia carne,  la loro sofferenza. Ma anche perché come giornalista, ho pagato caro l’aver detto la verità al potere. Caro giornalista, vorrei che anche tu potessi aiutarci, invitando i tuoi colleghi a fare altrettanto. Se tanti giornalisti della carta stampata, del web, della radio e della televisione dessero solo un piccolo contributo, avremmo un miracolo informatico. Caro collega, non ti chiedo l’eroismo, ma solo un po’ più di coraggio e di passione. [alex zanotelli]