Visualizzazione post con etichetta padre. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta padre. Mostra tutti i post

potere

“Dovevamo spingerlo fuori della stanza e dirgli di andare a lavarsi”. Steve Jobs era vegano. Ed era convinto che la sua dieta gli consentisse di non usare il deodorante e di non farsi la doccia. Andava spesso in giro scalzo. “Alle riunioni ci toccava guardare i suoi piedi lerci”, ricorda uno dei manager della Apple. Alternava diete alimentari estreme. Passava settimane mangiando solo mele o solo carote. Esplorava gli effetti allucinogeni della privazione del sonno. Spiegava che l’assunzione di Lsd era tra le cose più importanti che aveva fatto nella vita. 

“Era un carismatico ispiratore, ma a volte anche un pezzo di merda”, ha scritto Walter Isaacson, il suo biografo. Quando tornò alla Apple, nel 1997, riuscì a salvare l’azienda, ma licenziò più di tremila persone. Era collerico e arrogante, però quando si trovava in difficoltà scoppiava a piangere: durante un consiglio d’amministrazione o discutendo con un collaboratore. Il New York Times racconta che nel 2007, un mese prima del lancio dell’iPhone, riunì i suoi manager e gli fece una sfuriata. Aveva tenuto un prototipo dell’iPhone in tasca, insieme alle chiavi di casa, e lo schermo si era rigato: “Non voglio mettere in vendita un prodotto che si riga, voglio che l’iPhone abbia uno schermo di vetro e che sia perfetto nel giro di sei settimane”. 

L’unico posto dove produrre uno schermo simile, in tempi così brevi, era la Cina. Insieme a Exxon Mobil, oggi la Apple è l’azienda statunitense che vale di più in borsa. Avrebbe il potere di migliorare le condizioni di lavoro delle migliaia di operai cinesi che fabbricano i suoi prodotti, ma finora non l’ha fatto. In realtà anche noi, i cosiddetti consumatori, abbiamo un grande potere: quello di scegliere cosa comprare. Ma per poterlo esercitare dobbiamo essere informati. Dobbiamo sapere che dietro ogni telefono, ogni computer, ogni televisore che entra nelle nostre case c’è anche una storia di sofferenze e di sfruttamento. Non sempre, ma più spesso di quanto immaginiamo. [giovanni de mauro - internazionale 934]

allo stadio

Ieri, dopo circa 12anni, sono riandato allo stadio. Me lo ricordavo più grande: la prima cosa che ho notato è che si era rimpicciolito, tutto era più vicino e più reale, mi sono sentito un po’ imbarazzato. Difficile non essere allegri quando 30mila persone cantano e intonano canzoni e sfottò, la sensazione piacevole ti rimane addosso per tutta la serata, a parte il pareggio con il Cesena e una mediocre figura del Napoli.

Mi ha sorpreso vedere le diverse azioni “pericolose” (poche in realtà) e quelle fallose dei giocatori in campo. Ogni qual volta c’era un fallo nell’immediato pensavo: adesso vedrò se c’è o non c’è la punizione. In effetti, ero convinto che subiti dopo avrei rivisto la ripetizione o la moviola. Mi ha dato molto fastidio che i giocatori non ripetevano l'azione, non mi davano il tempo di capire e giudicare.

L’altra cosa, invece, che mi ha divertito molto è stato il fatto che diversi tifosi sembravano avere una piccolissima trasmittente collegata alle orecchie dei giocatori del Napoli. Dalla tribuna un tale urlava: “passa a Maggio” e come per magia la palla veniva passata a Maggio, un altro tifoso diceva: “crossa” e la palla dopo un decimo di secondo attraversava tutto lo specchio della porta avversaria. 

Abituato a vedere le partite di calcio in tv, dove la realtà è multipla, dove la mente per certi versi si dissocia, si reifica, e dove il pensiero viaggia più veloce dell’immagine, dentro di me si è realizzata una sorta di verità virtuale, che ha superato di gran lunga la mia mente. Questo, chiamiamolo così, dilemma se associato alle miriadi di notizie e al bombardamento mediatico crea un nuovo giudizio, una nuova attenzione, una nuova disperazione.

E’ qui il nocciolo della questione. I Mass media possono salvare il mondo, impedire crisi economiche e finanziare, sfamare tre miliardi di persone, impedire le guerre e, se me lo consentite, anche le catastrofi naturali. Attualmente se solo i tg nazionali avessero parlato dei 27kilomentri di tubicini in pvc sparsi sotto il manto erboso dello stadio di Torino (Juventus Stadio), che servono per riscaldare il terreno ed evitare che si ghiacci, solo questo sarebbe bastato a capire l’assurdità umana dove arriva seguendo un linguaggio economico. 

Un tale sistema perverso mi fa pensare a quelle torture scientifiche attuate in molti Paesi del mondo, (penso ai piccoli colpetti sotto i piedi che servono a indolenzire e stritolare la mente); solo che al posto degli umani (anche se mi sorge un dubbio a riguardo) noi torturiamo l’ambiente, la natura, l’aria, l’acqua. Tutto ciò per una partita di calcio! Ripenso alla moviola e al perché i giocatori, quando ero allo stadio san Paolo, non hanno ripetuto le azioni… almeno solo quelle fallose, cazzo. [+blogger]             

nulla di più

Piazza sanità, una coppia di srilankesi con tre figli, un’altra che si è sposata da poco: per far venire in Italia suo marito ha dovuto sborsare 8000 euro. Vivono assieme in una casa di circa 30metri quadri. 400 euro al mese più 30 euro condominio a parte luce, il gas, ecc ecc. La prima coppia guadagna circa 700 euro al mese, lui fa il portiere di un albergo di notte, lei la sguattera per il quartiere. L’altra coppia, gli sposini, la donna lavora alle dipendenze di una vecchia baldracca di corso Vittorio Emanuele, lui per adesso non conosce la lingua e sta a guardare la moglie. Assieme le coppie guadagnano circa 1400 euro che devono ripartire per la casa, il condominio, le spese per le cure mediche, per mangiare, per mandare soldi ai parenti, per vivere, per amare nella felicità.

Una delle donne spesso mi chiede dove può comprare a buon prezzo il detersivo, la frutta, l’olio, i vestiti per i figli. Hanno lasciato i pareti stretti, hanno lasciato la loro infanzia, fanno l’amore per corrispondenza, si sposano per “successione”.

Queste persone emigrano dalla povertà, si fittano case che costano più di quello che guadagnano, si fidano delle “sanzare” povere che spiluccano soldi, accettano lavori sottopagati. Vivono una condizione ibrida in un paese straniero, vivono in un rione povero dove lo sfruttamento non è compreso abbastanza, vivono per dichiarare guerra alle monetine che ti permettono di campare. E’ la storia di Eduardo e del suo vicolo?, è la voglia forse di imparare una nuova lingua? E’ forse la forza della sincerità che ti trascina via, che ti lascia indietro, che ti fa capire che l’esistenza è solo questa? Malgrado tutto c’è la vita, se la sporchiamo o no, questi sono problemi nostri e non solo, se invece una persona è costretta a lasciare il paese d’origine è perché la sua terra ha deciso di non essere più “sfruttata”.

Mi avvicino con discrezione e spesso sento il loro disagio, è un disagio che vivo anche io qui a Napoli, da Italiano, un disagio che mi trapassa, mi respinge, che ritorna come ritorna il nostro passato. Vi consiglio di vedere un film: “Almanya – La mia famiglia va in Germania”. Non si parla di srilankesi ma di turchi che emigrano in Germania. [+blogger]

il risultato più importante della rete

Una cosa è certa, se la Rete Sanità non avesse fatto un granché dalla sua costituzione, e se invece si fosse concentrata solo sulla scuola d’immigrati dell’Ozanam bhé, questa iniziativa da sola varrebbe il premio della “solidarietà” riconosciuta dalla gente del rione e dalle sue numerose associazioni. Un centinaio d’immigrati seguono i corsi d’italiano il lunedì e il giovedì dalle 19,00 alle 20,30. Suor Lucia, invece, insegna tutti i giorni di mattina e di pomeriggio.  Il 22 dicembre abbiamo festeggiato con una tavolata degna del più classico teatro di Viviani, come testimoniano le foto di cui sotto. L’anno scorso hanno superato l’esame di terza media 9 studenti su 12 (2 dei quali non si sono presentati). Quest’anno si prevedono nuovi esami, si spera che la scuola possa diventare essa stessa sede d’esame. E’ questo, a parer mio, il risultato più importante della Rete Sanità. Ci sono altri volontari? Benvenuti! [Suor Lucia, Gennaro, Giovanna, Sara, Tiziana, Anna Maria, Andrea, Antonio, Battista, Carmela, Francesca, Giada, Stefano, Cinzia]





con un operaio

Stamattina mentre montavano i nuovi infissi di casa, ho discusso con l’operaio specializzato che tra una stuccata e un’avvitata, mi ha spiegato la sua bellissima esistenza. Mi ha detto: “ho trent’otto anni, due figlie stupende e sono divorziato. Amo le mie due bambine di dieci e sette anni, con loro sono un po’ all’antica, non cammino mai per casa con gli slip e se faccio la doccia mi preoccupo bene di chiudere la porta a chiavi”.

Con orgoglio mi ha raccontato della sua “giovinezza”: “a vent’anni ho avuto un sacco di ragazze, avevo un fisico invidiabile perché facevo palestra, poi sono partito e per lavoro ho girato tutta l’Italia. Io non ho nulla da rimpiangere, ho sempre guadagnato e speso ma con moderazione, senza mai sprecare i soldi. Adesso sono felice, quello che ho mi basta”.

Gli ho chiesto qual era il suo mestiere originario, mi ha risposto l’imbianchino. “Ho lavorato con diverse ditte al Nord poi ho deciso di trasferirmi di nuovo a Napoli e adesso (sempre con orgoglio scandendo bene le parole) lavoro in proprio”. Quando riesci a guadagnare in un mese? Mi ha detto che quando c’è lavoro anche 2000 euro ma se c’è crisi a malapena 1000. …ed è felice!

Ecco cosa fa dire ad un’operaio/artigiano sono ricco, sono felice, sono anche un po’ borghese. “Vedo la Pay Tv, mi piace il calcio, sono tifosissimo del Napoli. Gli ho chiesto ancora: ma qui sei tu il capo che guida i lavori?, “no, adesso questo lavoro lo faccio alle dipendenze, sto aiutando a mettere gli infissi, poi il mio lavoro successivo e quello di stuccare tutto”.

Lavoro dipendente; media mensile 1300 euro al mese; girare l’Italia; due figlie; un divorzio; partita di calcio; poco spreco; felicità! [+blogger]