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il quartiere ritorna non il passato

Riviviamo così nella sostanza a contatto con il passato che ritorna. Prima nella nobiltà attraverso le effigi, poi nella povertà di un misero operaio, adesso nell'inefficienza che s'improvvisa scalmanata e scaltra. Bollono i progetti, si liquefa così come il sangue di san Gennaro e santa Patrizia. Ordalia di una misericordia che non fa scena: l'impatto del cittadino stanco di essere deriso, capace di urlare, di difendersi così come per darsi degna sepoltura. E' l'inizio di una fine già scontata, la solita battaglia, le solite conclusioni, i soliti eroi. 

Tutti hanno attraversato questo rione: politici, preti, affaristi, speculatori, imbonitoti, maghi e ciarlatani. Dentro una triste verità, ma anche una recrudescenza attiva, un sentir l'anima che implode, che balla, canta, che gira, salta, rigira, sgomenta si spegne. Nell'istante vomita latrati di bile, poi ruggisce, così come gli animali difendono la loro prole. Passato e presente si forgiano, si convertono, si piacciono. Passato e presente rivivono nella costruzione di un ideale afflitto. E’ il quartiere che ritorna e non il passato. E’ il conflitto che costruisce, che si oppone, che scalpita. Il nemico è sempre pronto, è sempre forte, è sempre ricco. Con i soldi tutto è possibile?, tranne comprare la pura e semplice verità. [+blogger]

le intermittenze della morte

“A proposito, non resistiamo a rammentare che la morte, di per sé, da sola, senza alcuno aiuto esterno, ha sempre ammazzato molto meno dell’uomo”. Così Saramago nella sua invenzione affronta un problema di straordinaria importanza anche se nessuno ha voglia di occuparsene. L’affermazione dello scrittore portoghese si riferisce alla crudeltà degli esseri umani, che non hanno il benché minimo senso della percezione mortale se non quella d’aver solo e singolarmente paura. Stavo in spiaggia e un signore con i figli si è divertito a prendere un pesciolino, che era quasi a riva, con il secchiello. 

L’ha mostrato ai più piccoli, alla moglie, ai suoceri, e dopo poco ho visto che rovesciava il secchiello buttando via il pesciolino stecchito. Così come se la sua paura fosse stemperata di fronte alla morte di un essere vivente che non dava fastidio a nessuno, che non era buono da mangiare, che aveva avuto la sfortuna di trovarsi lì per caso, il signore con la sua bella famiglia avrebbe sicuramente mostrato ben altra dimestichezza se il pesciolino avesse fatto la stessa identica cosa ad uno delle sua famiglia. La crudeltà di ammazzare agnellini, delfini, foche, maiali, farfalle, lucertole e bambini è solo statistica, come diceva Charlie Cheplin, non c’è nessuna differenza, quello che conta è la nostra definizione.

A Napoli se vai al cimitero ti vengono i brividi solo a guardalo, se vedi un piccolo cimitero di montagna la cosa è differente. Io a Poggioreale mi spavento, qui in un cimitero nei pressi di Capo D’Orlando la cosa non mi impressiona più di tanto. Noi la morte la distruggiamo con le nostre definizioni, che in realtà non sono niente, non hanno un briciolo di prova, quello che sappiamo è che morte non è stata ancora definita, non si sa cosa sia, si sa solo che il corpo si consuma, che non ci si muove più, non si parla, non si fuma, non si fa l’amore ecc ecc. Ma allora perché abbiamo così paura?

Ci divertiamo a cacciare, ad imbalsamare un uccello e metterlo sul comodino in bella posta solo perché sappiamo che un giorno anche noi saremo “imbalsamati”. L’insensibilità è una componente che ristabilisce la nostra superiorità e la consapevolezza di non morire mai.  A Napoli il cimitero di Poggioreale fa paura solo perché dobbiamo continuare a vivere e definire la nostra “realtà”, se non fosse così la morte sarebbe priva di fondamenta. La disumanità è scritta sullo Zingarelli, è presente nella nostra quotidianità, è “normale”, quello che non è normale, e per questo non è capito, è la cattiveria di cavare gli occhi ad un passero per farlo cantare, di ingabbiare un elefante, di ammazzare pulcini, di imprigionare cani, gatti, aquile, di sterminare rettili, aquatici, bambini, donne, uomini… [+blogger, capo d’orlando]

il risultato più importante della rete

Una cosa è certa, se la Rete Sanità non avesse fatto un granché dalla sua costituzione, e se invece si fosse concentrata solo sulla scuola d’immigrati dell’Ozanam bhé, questa iniziativa da sola varrebbe il premio della “solidarietà” riconosciuta dalla gente del rione e dalle sue numerose associazioni. Un centinaio d’immigrati seguono i corsi d’italiano il lunedì e il giovedì dalle 19,00 alle 20,30. Suor Lucia, invece, insegna tutti i giorni di mattina e di pomeriggio.  Il 22 dicembre abbiamo festeggiato con una tavolata degna del più classico teatro di Viviani, come testimoniano le foto di cui sotto. L’anno scorso hanno superato l’esame di terza media 9 studenti su 12 (2 dei quali non si sono presentati). Quest’anno si prevedono nuovi esami, si spera che la scuola possa diventare essa stessa sede d’esame. E’ questo, a parer mio, il risultato più importante della Rete Sanità. Ci sono altri volontari? Benvenuti! [Suor Lucia, Gennaro, Giovanna, Sara, Tiziana, Anna Maria, Andrea, Antonio, Battista, Carmela, Francesca, Giada, Stefano, Cinzia]





massimo e pino