In una crisi generale dell’immondizia,
della raccolta differenziata che a Napoli stenta a crescere, dove a Posillipo
nel bidone giallo della plastica è stato trovata la testa di un pesce spada, continuo
a non capire perchè se noi cittadini vogliamo auto organizzarci per mantenere
più pulita la città, e in particolare il rione, non possiamo farlo. E’ un paradosso pensare che l’ASIA non paga i
dipendenti, che non ci sono abbastanza macchine per il trasporto, che non
arrivano soldi per pagare la gestione, e se poi dei cittadini si auto
organizzano, creando anche qualche posto di lavoro, questo non è dato farlo
perché la legge lo vieta. Se è così allora come ha fatto il parroco della
Sanità? Quale formula è stata trovata per gestire i rifiuti? Diteci, per
carità, come avete fatto, così cercheremo di farlo anche noi. In fondo è
interesse di tutti e non una semplice competizione commerciale.
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rifiuti autogestiti
Qualche giorno fa ho letto sulle
pagine de “Il Mattino” che il parroco della basilica di S. M. della Sanità, in
accordo con il COMIECO e il comune di Napoli, ha firmato un protocollo d’intesa
per la gestione della carta e del cartone, progetto sperimentale che fa ben
sperare per una raccolta dei rifiuti più sostenibile. Anche se non mi spiego
come l’accordo sia stato fatto visto che la legge lo vieta. L’unica società a gestire
i rifiuti a Napoli è l’ASIA, non c’è possibilità di raccogliere i rifiuti,
raccogliere i rifiuti è un reato. Ma se così non è, e se come ritengo, sia
giusto che i cittadini aiutino chi di competenza a raccogliere l’immondizia, a
tenere pulita la città, allora anche noi ci proponiamo per questo tipo di
attività. Sono anni che chiediamo di raccogliere le lattine vuote, la plastica,
l’alluminio, ma ci è stato sempre vietato, “non si può fare, per farlo bisogna
essere una industria accreditata con tutte
le carte in regola”.
verso rio +20
Salviamoci con il pianeta terra! E’ incredibile notare quanto in questo paese, si parli di banche,
borsa, finanza e quanto poco di ambiente. Il governo Monti è tutto proteso
sulla crescita dimenticando che il Pianeta Terra non ci sopporta più. E’ inconcepibile
il silenzio che ha circondato la Conferenza sull’Ambiente di Durban (Sudafrica)
tenutasi lo scorso dicembre. Silenzio prima, durante e dopo quell’importante
vertice. “Gli abitanti di questo Pianeta - ha detto giustamente a Durban il
noto politologo Noam Chomsky - sono affetti da un qualche tipo di follia
letale.”
Sembra quasi che il problema del surriscaldamento che è
stato al centro delle trattative a Durban, non lo si vuole affrontare in
pubblico dibattito. E’ un tabù! Eppure è il problema più grave che ci
attanaglia tutti: il Pianeta Terra non ce la fa più con Homo sapiens.
Giustamente il teologo australiano Paul Collins ha scritto nel suo recente
libro Judgment Day: “Ritengo che la
generazione che va dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi sarà tra le
generazioni più maledetta della storia umana: mai prima di oggi esseri umani
hanno talmente degradato e danneggiato il Pianeta Terra.”
Eppure questa gravissima crisi ecologica sembra quasi che
non ci tocchi, non ci interroghi, non ci preoccupi. Dopo la Conferenza dell’Onu
di Rio del 1992 (il Vertice della Terra) che aveva suscitato così tante
speranze, l’umanità non ha fatto altro che ignorare o sottovalutare il dramma
ecologico. Abbiamo perfino lasciato decadere, quest’anno, il Trattato di Kyoto.
La comunità scientifica mondiale, che si esprime tramite l’IPCC, ha continuato
ad ammonire tutti che la situazione va peggiorando. Tutti i tentativi fatti per
arrivare ad un accordo sia a Copenhagen (2009), come a Cancun (2010) e a Durban
(2011) sono falliti. “Questa conferenza di Durban - ha scritto Giuseppe De
Marzo, presente al vertice - finisce senza accordi vincolanti e una volta
scaduto Kyoto niente potrà sostituirlo, stando così le cose. Dovremo aspettare
il 2015 o addirittura il 2020.”
Ma non
abbiamo dieci anni a disposizione per salvarci! La comunità scientifica ritiene
che la temperatura potrebbe salire di 3-4°C entro la fine del secolo. Per
evitare tale disastro dobbiamo tagliare l’80% delle emissioni di gas serra
entro il 2050. Purtroppo i governi sono oggi prigionieri dei potentati
economico-finanziari, come dei potentati agro-industriali che traggono enormi
profitti da questo sistema. La finanza poi, che è il vero governo mondiale,
vuole guadagnare anche sulla crisi ecologica con la cosiddetta green economy, l’economia verde. E’ la
finanziarizzazione anche della crisi ecologica. “Che dobbiamo fare?” è la
domanda che ci viene spesso rivolta.
Dobbiamo prima di tutto rimettere in discussione il nostro
modello di sviluppo e il nostro stile di vita che costituiscono la causa
fondamentale del disastro ecologico. Secondo, dobbiamo informare più che possiamo
utilizzando tutti i mezzi perché la gente prenda coscienza della gravità della
crisi ecologica. Mi appello anche ai sacerdoti perché nelle chiese parlino di
tutto questo: è un problema etico morale e teologico. Terzo, dobbiamo
impegnarci a tutti i livelli: a livello personale
e familiare con uno stile di vita più sobrio, riducendo la dipendenza dal
petrolio e potenziando il solare, e a livello locale (Comuni) con il riciclaggio totale dei rifiuti opponendoci
all’inceneritore. A livello nazionale con
un bilancio energetico (mai fatto in Italia!) che riduca del 30% le emissioni
di gas serra entro il 2020. E a livello mondiale
con la costituzione di un Fondo per aiutare i paesi impoveriti a far fronte ai
cambiamenti climatici (sarà l’Africa a pagarne di più le conseguenze!).
Questo lo potremo ottenere tassando le transazioni
finanziarie dello 0,05% (la cosiddetta Tobin
tax). Sempre a livello planetario con il riconoscimento non solo dei
diritti dell’uomo ma anche dei diritti della Madre Terra come ha fatto l’Ecuador.
E’ questa la maniera migliore per prepararci alla grande conferenza che l’Onu
ha indetto a Rio de Janeiro dal 18 al 23 giugno prossimo. Con RIGAS (Rete
Italiana per la Giustizia Ambientale e Sociale) chiediamo ai rappresentanti di
tutte le associazioni, comitati, reti, comunità cristiane che operano in difesa
dell’ambiente di ritrovarsi a Roma il 17 febbraio alle ore 15 al Teatro Valle. Uniamoci
per assicurare che Rio + 20 diventi una grande mobilitazione popolare in grado
di fronteggiare la grave crisi ecologica. La speranza viene dal basso, dalla
cittadinanza attiva. Come ce l’abbiamo fatta per l’acqua, dobbiamo farcela per
salvare il Pianeta. Diamoci da fare perché vinca la vita di tutti gli esseri
umani insieme con il Pianeta Terra. E’ un unico impegno: salvare la Vita! [alex
zanotelli]