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sandra la prostituta

Ricordo la prima volta che vidi l’organo genitale femminile. Lavoravo in una macelleria, andavo avanti e indietro perlustrando tutto il quartiere portando carne fresca. In pausa, una persona che lavorava con me mi fece vedere la rivista “le ore, vecchio giornalaccio utilizzato da reconditi sbavatori. Quando lo aprì, mostrandomi in primo piano l’apertura angolare delle cosce di quella che io presumevo essere una donna, mi spaventai così tanto che ebbi l’impressione di aver visto un pezzo di “locena” avariata. (La “locena” se non ricordo male, è quel pezzo di carne che si stacca dall’arrosto, ha venature di nervo e grasso e le sue prime fette tagliate possono essere paragonate ad un filetto con l’osso – mi perdoneranno gli amici macellai per questa spiegazione molto approssimata).

Ritornando al mio vecchio e sbiadito ricordo, quelli erano gli anni che in vespa raggiungevo, alla via Marina, alcune prostitute giovani e belle che per lavorare mettevano in mostra la loro seduzione. Io e il  mio amico Roberto, ragazzo di parrucchiere che somigliava a Nick Kamen, dopo diverse settimane diventammo amici di Sandra che volle chiarire subito che con noi non avrebbe mai fatto nulla. Sandra era bella, credo che avesse più di 30 anni, un profumo meraviglioso, capelli brillantinati e minigonna mozzafiato. Portava calze di colore verde, proprio come Shirley MacLaine nel film Irma la Dolce.

A Roberto venne la varicella, presa per essere stato troppo gentile con la signora del piano di sopra, che per lui rappresentava la donna  più bella del mondo. In un balzo di eccessiva gentilezza l’aiutò a portare l’unica borsa che aveva in mano con dentro una sola scatola di pomodoro e 5 uova fresche. Intrufolandosi in una casa buia e sprangata si fece forte dicendo che aveva avuto tutte le malattie da bambino.

Presi coraggio e andai da solo alla via Marina rimanendo subito deluso perché non riuscii a trovare Sandra. Dopo un po’ la vidi uscire da un auto, si avvicinò e subito mi chiese dov'era il mio amico. Le spiegai tutto per filo e per segno facendola sbellicare dalle risate. Forte di questa circostanza ebbi il coraggio di chiederle perché faceva questo lavoro; e lei continuando a ridere mi disse che aveva un figlio adolescente, che abitava in un luogo della provincia di Napoli malfamato e ricco solo di prepotenti. Aveva paura che il figlio potesse perdersi frequentando quell’unico ambiente possibile. Aveva soprattutto paura che il figlio potesse spacciare. Mi sembrò nobile la sua spiegazione, ma in realtà non era l’unica: ce n’era un’altra molto più consistente che riascoltai anni dopo. Sandra mi fece giurare di non dire mai nulla e così farò anche adesso, non svelerò il segreto che mi confessò con avidità e vergogna facendomi capire che la sua non era una missione salvifica ma una semplice condizione della sua esistenza. [+blogger]     

due pulci

Due pulci si incontrano, un maschio e una femmina. Dopo un po’ nasce una pulcetta che per sopravvivere in seguito deve succhiare sangue. Comodamente e in pace vive sulla pelle di un cane domestico. Se il padrone di questo cane s’accorge della pulce la prende, la scaraventa a terra e la brucia, in un rogo depuratore, come nel ‘500 si faceva con le streghe. Che colpa ne ha la pulce? Ha forse deciso il suo destino? Perché deve essere bruciata e uccisa? E’ così nata naturalmente, in un ciclo vitale, non ha il diritto di mangiare e di vivere forse?, è forse colpa sua se il suo organismo si nutre di sangue? 

Le streghe, si sa, facevano la stessa fine anche se non succhiavano sangue, ma era pur sempre una colpa nascere e crescere così, e un tributo di pericoli costanti che minacciava la società doveva pur essere stanato. Gli animali hanno una colpa ancestrale nei confronti degli uomini, è così!, altrimenti non si spiga la crudeltà di quest’ultimi. Ma gli uomini sono crudeli anche con gli uomini stessi, qualcuno crede che i neri sono per metà essere umani, altri pensano che gesù cristo è biondo e con gli occhi azzurri, e altri ancora si illuminano nel desiderio di reincarnarsi. 

Passaggi e [ri]passaggi. Le pulci soffrono la loro esistenza così come le streghe i neri e gesù cristo. Forse questa esistenza non l’abbiamo voluta noi, o forse si? A condurre siamo delle vere pippe, ci intossichiamo, ci mortifichiamo, inquiniamo, pensando al dopo, ad un’altra vita. E no! Purtroppo è esattamente il contrario, distruggiamo perché sappiamo che dobbiamo fare la stessa fine, in fondo la pulce non sa di una altra esistenza, mentre a noi è dato sapere, elucubrare, inventare, sbalordire. Soffriamo di onnipotenza che è poi la nostra più infima debolezza. [+blogger]

calda giornata di luglio

Umidità, calore, temperature alte, i vecchietti non ce la fanno, i bambini sono nervosi. Qui nel rione la vallata respira freschezza solo nella basilica di santa Maria della Sanità, entrate un attimo e il refrigerio è assicurato. Senza lavoro la noia ti fa guardare la televisione malvolentieri, un canale dice una cosa, un altro ne dice una differente, eppure stanno parlando dello stesso argomento. Gli operai muoiono. Il 2012 può essere considerato l’anno delle morti bianche silenziose. Ieri una tv ha detto: “Vittorio Rozza, 54 anni, è morto cadendo da una impalcatura”; e, sempre ieri, un'altra tv ha commentato: “un ragazzo di colore è sopravvissuto dopo aver visto tutti i suoi “amici” morire su di un gommone”. 

Notizie stupide, come la vecchiette che si sente sola, come un paralitico che ha voglia di correre… correre? ma che voglia matta, avessi detto mangiare?, bere?, dormire? Le cose ci appartengono solo quando sono nostre, poi gli “eroi” esistono sempre, come quelli che provano dolore, quelli che si vergognano, quelli che rispettano. Rispetto: sembra una parola uscita e inventata dall’ultimo dei guappi napoletani. Tutti abbiamo visto gli Europei di calcio, ma chi ha cambiato canale leggendo ad ogni inizio di partita respect. Non vale per gli uomini, figuriamoci per gli animali. 

Ma adesso non stiamo parlando di “bestie”, ma di persone, di vita, di concretezza. Un anziano signore che conosco da tempo mi dice spesso: “quello che tu sei io sono stato e quello che io sono tu (forse) sarai”… Oggi ha piovuto un po’ e così l’afa si è tramutata in mal di testa. Una persona che avevo imparato a voler bene sta male. Ma basta parlare di rispetto, i guappi sono passati, oggi c’è lo spread, Belen, iPhone, il campionato di calcio, la wifi. Cambiamenti. Tutto passa, il vecchio non ha torto, e non ha torto neanche chi ha voglia di morire. [+blogger]

la grande abbuffata


81.988.268

A febbraio sono state registrate 81.988.268 ore di cassa integrazione, un aumento del 49 per cento rispetto a gennaio e del 16 per cento rispetto allo stesso mese del 2011. È un segnale della gravità della situazione occupazionale in Italia. La riforma del lavoro proposta dal governo rischia di peggiorare la situazione. 

I lavoratori precari costeranno di più in termini di contributi ma, in assenza di un salario minimo, il maggiore carico contributivo può ricadere sul dipendente sotto forma di salario più basso. Anche le norme sull’entrata nel mercato introducono pochi miglioramenti. Il contratto di apprendistato si applica solo ai giovani fino a 29 anni, mentre più del 50 per cento dei lavoratori precari ha almeno 35 anni. Manca anche il gradualismo nelle tutele: il loro aumento con l’anzianità incoraggerebbe i datori di lavoro a offrire da subito contratti a tempo indeterminato e a investire nella formazione dei dipendenti. 

La riforma dell’articolo 18 apre un nuovo fronte tra licenziamenti economici individuali e licenziamenti disciplinari. Questi ultimi offriranno un maggiore compenso e la possibilità di reintegro, ma la distinzione tra i due è molto labile. L’ultima parola spetterà ai giudici. Tutto questo rende l’esito dei licenziamenti ancora più incerto. Infine, non si estende la copertura degli ammortizzatori sociali ai lavoratori precari e a progetto, né c’è il riordino degli strumenti esistenti. 

Questa riforma affronta i principali problemi del mercato del lavoro italiano, ma siamo alla solita formula gattopardesca: cambiare tutto perché nulla cambi. [tito boeri, fonte: internazionale 942]

buongiorno caf

Il caf è un ufficio gestito che serve per aiutare la gente a compilare documenti vari gratuitamente, tra cui dichiarazione dei redditi, pagamento ici, isee, imposte ecc, ecc. Qui nel rione ce ne sono diversi, nascono e pullulano soprattutto in campagna elettorale. Senza togliere niente alla “buona” azione che questi uffici offrono in cambio di un semplice, anzi direi, semplicissimo voto, il risparmio però di fare file e file chilometriche è sicuro.

È bizzarro sapere a elezioni finite che, nel mese d’agosto, una donna che ha figli diversamente abili è stata letteralmente scaraventata fuori per una semplice e quanto mai innocua pratica risolutiva. Il perché ci è stato nascosto, a ragione o a torto, un ufficio di competenza non ha nessun diritto di non compire il proprio dovere.

Sarebbe da denunciare. Chi vende il pane non può farlo solo a chi gli è simpatico. Naturalmente si può dire che non siamo in zona elezioni. Avrei voluto vedere il contrario. Ma per dovere di cronaca dobbiamo anche riferire che quest’articolo è stato scritto grazie ad una fonte che non vuole apparire ed è proprio per questo che chi scrive non ha intenzione di discriminare tutta la categoria. Se quello di cui sopra è vero va circoscritto ad uno ed un solo caso, previa responsabilità di chi ha fatto o subìto il danno.