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rom di gianturco

Questo è l'ultimo articolo che pubblichiamo su questa pagina. Nuovo tempate e nuova grafica con gli aggiornamenti e archivio.  

Noi stiamo dalla loro parte. Questi sono giorni in cui i cristiani fanno memoria della crocifissione di Gesù, senza spesso accorgersi che continuiamo a crocifiggerlo negli impoveriti, negli emarginati e negli ‘scarti’ che sono la ‘carne di Cristo’ come  ama ripetere Papa Francesco. Fra questi dobbiamo collocare i rom, gli ultimi della nostra società. E’ quanto, con il comitato campano con i rom ed altre realtà che operano con i rom, stiamo gridando da tanto tempo in questo nostro territorio campano. Siamo ora sdegnati per l’ ennesimo sgombero del grande campo rom in via S. Erasmo alle Brecce, a Gianturco, nel cuore di Napoli. Un campo dove ci vivono almeno 1.300 esseri umani, in situazioni disumane come gli altri cinquemila rom sparsi in tanti campi disseminati su Napoli e provincia. Ho visto situazioni simili solo nelle baraccopoli di Africa, dove sono vissuto per dodici anni. Abbiamo urlato e gridato per anni la nostra indignazione davanti a un simile trattamento, senza essere mai stati ascoltati. Invece abbiamo dovuto assistere a fenomeni di razzismo di massa come quando la gente ha incendiato i campi rom di Ponticelli o hanno attaccato il campo di Via del Riposo costringendo i rom alla fuga. Abbiamo assistito agli sgomberi del campo rom di Virginia Wolf (Ponticelli) nonché di Torre del Greco e di Torre Annunziata… E’ un continuo Calvario! Lo scorso anno la Procura di Napoli ha deciso lo sgombero del campo di Gianturco perché quella zona è tossica. Il Comune di Napoli ha continuato a chiedere proroghe per guadagnare tempo e trovare soluzioni alternative. Nel frattempo invece sono arrivati nel campo poliziotti, vigili urbani e altri per sollecitare i rom ad andarsene spontaneamente. E’ una tattica questa che non possiamo accettare: è una politica disumana che ha fatto fuggire centinaia di loro. Molti hanno cercato spazi liberi ove collocarsi e così continuano a fiorire i ghetti. L’unica cosa che il Comune ha fatto è la costruzione di un campo attrezzato in via del Riposo (un “lager” così lo definisce Amnesty International), che ospiterà le famiglie scelte dall’assessora alle politiche sociali R. Gaeta.Nessuno sa con quali criteri sono state scelte queste famiglie. E così siamo giunti alla fine di questo Calvario: oggi 7 aprile, le 27 famiglie saranno accompagnate nel campo rom di via del Riposo.

E’ incredibile in questa vicenda il silenzio della Regione, il cui governatore V. De Luca non fa che minacciare, spesso con un linguaggio razzista, di sgomberare tutti i campi rom. Noi abbiamo continuato a chiedere per anni alla regione Campania la convocazione di un Tavolo per chiedere soluzioni alternative per i rom. Troviamo incredibile che né la Regione né il Comune trovino anche case o appartamenti per le famiglie rom, come prevede la politica della UE. Ed è ancora più incredibile per noi che la Prefettura di Napoli abbia 16 milioni di euro per i rom che nessuno sta utilizzando. E’ segno che non c’è nessuna volontà politica di mettere mano al dramma degli ultimi di questa società. Chiediamo al governatore De Luca e al sindaco De Magistris di mettere da parte le loro differenze e di stringersi la mano per dare dignità a questi nostri fratelli e sorelle, in buona parte cittadini europei, che chiedono solo di essere trattati come essere umani. “Voi ci trattate da animali - mi ha urlato addosso giorni fa una donna rom di Gianturco - Voi ci emarginate, ci disprezzate….Noi non siamo animali!” “Ha ragione, Signora - le ho risposto - Ha ragione!”

Ci auguriamo che questa città di Napoli abbia il coraggio di rispondere al grido disperato di questa donna rom. Per questo invitiamo a chi vuol rispondere a questo grido di venire davanti al Comune di Napoli l’11 aprile alla ore 11 per una conferenza stampa sulla situazione dei rom di Gianturco. [Padre Alex Zanotelli e padre Domenico Pizzuti a nome del comitato campano con i rom Comitato di solidarietà dei cittadini di via S.Erasmo alle Brecce]

chiudere subito il parco

Chiudere immediatamente il parco di piazza Cavour, la situazione è gravissima (vedi foto di cui sotto). Il bambino sta rischiando la vita ad una altezza di oltre due metri. Spalliere d'appoggio staccate, gomme protettive rialzate, ferri e plastica contundenti che sbucano da sotto terra, giochi semi distrutti e l'altalena per i disabili sparita. Pericolosissimo per i bambini che continuano a giocare indisturbati. Bene impegnasi per non far chiudere l'ospedale san Gennaro o per le notti bianche... ma questa situazione è assurda! Intervenire subito.[+blogger]  

"I giochi per bambini nel parco del Poggio ai Colli Aminei sono stati chiusi per molto di meno."   





 




 


 







benedetto rione sanità

Lo strabiliante successo che da diversi anni sta vivendo il rione: il quadruplicarsi del flusso turistico, le numerose associazioni che spuntano come funghi, le guide inventate, i negozi tinti e pinti (il migliore, il più buono, il più bello), pone una riflessione se non sul metodo almeno sulle cause principali del fenomeno “virtuoso”. Ideologia a parte, non è sbagliato che migliaia di turisti visitano ogni anno il cimitero delle fontanelle, le catacombe, le chiese, gli ipogei, i palazzi. Così come non è sbagliato che una attività commerciale sfondi per una invenzione o una prelibatezza. Ma le cause di un luogo storico ed artistico come il quartiere sanità non possono essere messe in relazione con il commercio, non c’è nessuna affinità tra arte ed economia, o no?

Questa una domanda cruciale quando visito luoghi turistici. Mi viene in mente il film “Mortecci” diretto da Sergio Citti, dove il povero Lucillo Cardellini (Sergio Rubini), è costretto a suicidarsi perché reduce dalla guerra. Credendolo deceduto in battaglia, nel suo paese d’origine edificano un museo in suo onore. Unica attività lucrativa, dove un po’ tutti ci campano, quando i parenti, i sindaco e il prete si accorgono che il soldato non è trapassato ma vivo lo processano e lo costringono a morire.

Ciò che mi fa sospettare è il fatto che oggi i media parlano del rione considerando in primis la camorra, poi una pizzerie ed infine una pasticceria. Non che ci sia una relazione tra queste tre entità, ma se le cause del successo, escludendo la prima, sono da attribuire al commercio, alla invenzione di un luogo storicamente di frontiera, al tarallo partenopeo, al caos dei motorini bhè allora il sospetto che l’artificio superi il buon senso non è poi così sconsiderato.

Un luogo ha le sue origini. Le pietre, le vie, i vicoli, le piazze hanno tutte una “identità” che si plasma con la gente. Il fruttivendolo sa cosa prendere al mercato, più arance e meno kiwi, anche il salumiere vende più mozzarella e meno prosciutto, e finanche il tabaccaio sceglie le sigarette secondo i gusti. Ma forse sto esagerando, solo che le differenze e le somiglianze di un territorio si imparano guardando i cittadini di quel posto, se puoi si giudica con attenzione è ancora meglio. La genesi di un rione che ha visto così tanti capò senza distinzione tra le diverse appartenenze, ha posto una diversa interazione che in un modo o nell’altro è sopravvissuta. Ma come spesso si scrive, quartiere senza una organizzazione, al contrario, questa mancanza ha creato una nuova forza comunicativa, qualcosa che nasce per identificazione, per riconoscenza, per amore.

Se un adolescente è morto per sbaglio, io non posso pensare che anche mio figlio muoia. Ho paura, sono preoccupato, cerco soluzioni, ma non posso andare via da casa, non ho né la possibilità né la voglia. Perché devo andare via io?!, andassero a fare in culo loro. Ma cosa faccio per ovviare alle mie preoccupazioni? Cerco delle strategie, le cerco per combattere e perché ho paura. Tremo perché mia figlia è andata a scuola, ma che faccio?, non la mando? Ho fiducia nelle istituzioni? Mi sento abbandonato, che per molti al massimo è solo una bella scusa, venite qui a vivere poi ne parliamo; io il coraggio di rimanere ce l’ho, voi fate solo i turisti per caso.         


Anche se sono uscito fuori tema, quello che mi va dire è che quando vediamo, camminiamo, fotografiamo questo benedetto rione Sanità, ci prendiamo l’anima del posto, la espropriamo delle sue caratteristiche, la esaltiamo come quando ci regalano un nuovo telefonino. E’ buono il fiocco di neve, è buona la pizza, la gente sembra indifferente, ma infondo sono abituati… poi finisce che il ricordo è solo un oblio, che sono stanco attraversando tutti questi i vicoli, e che il nuovo smartphone è già vecchio. [+blogger]      

per ben sperare



livio

Scendeva stamattina dalla via san Gennaro del Poveri. Gambe corte, snelle, corpo magro e traballante, lento come una lumaca, barba ispida più del fil di ferro. Urlava per strada. L’andatura di un ubriaco che sognava, la poche persone che passavano lo sfioravano con indifferenza. Sporco, puzzolente, mani incallite e nere, sui baffi inzuppavano segni di muco e sporcizia. Per non cadere si appoggiava continuamente alle auto in sosta… ed è venuto anche il turno della mia vespa.

Olezzo che faceva vomitare, mi aveva chiesto una sigaretta. Livio, dimostrava circa settant’anni, ma era sicuramente più piccolo. Strano, avevo le sigarette, pur fumando pochissimo. Gliene avevo date alcune: il barbone aveva preso l’accendino dalla tasca senza riuscire ad accendere. Urlava parole in romano, in bolognese e efine in napoletano. Finalmente una donna che aveva l’accendino funzionante. Mentre traspirava la sua prima boccata di sigaretta la donna lo guardava dicendo: “Stajo tutto n’trzato oggi”.

In effetti Livio aveva due occhi colore viola e le palpebre arrosate, sopra l’arcata del sopracciglio sinistro una ferita che sembrava essere da taglio. Gli avevo chiesto dove andava?, mi aveva risposto “al sert”. Livio imprecava e bestemmiava e urlava dal dolore, mentre si fermava per riacquistare fiato e stabilità. La figlia non voleva più rivederlo e lui si vergognava di quella situazione. Livio era tossico.

Difficile poter fare qualcosa. Pensavo: se avessi il coraggio di portarlo a casa, lavarlo, togliergli la merda che aveva sotto il culo e le mutande sporche di piscio, non avrei fatto nulla che non avrei fatto a mio padre. Ma il barbone è un altro uomo, io non sento il bisogno di accudirlo, questo compito non mi tocca, lui forse non aveva una famiglia? E la figlia perché non vuole vederlo? Mica siamo tutti come madre Teresa di Calcutta?


Questo deve essere un pensiero normale, un pensiero condiviso, un pensiero che anche gli altri possono comprendere. Non avevo fatto nulla per quell’essere umano perché, per farlo, tutto diventava stramaledettamente difficile. Conclude Frida kahlo: “quando si tratta di mettere in pratica gli ideali più puri e nobili, gli uomini riescono ad essere dei re Mida alla rovescia: trasformano in merda il miele della vita. Trasformano i sogni in incubi, e poi li chiamano dolorose necessità”. [+blogger].    

i rovesci dei lavoratori

È da diversi anni ormai che nella busta paga non ci sono più la tredicesima, il trattamento di fine rapporto, le ferie, gli straordinari, per non parlare della quattordicesima mensilità. I contratti di lavoro, flessibilissimi, hanno sradicato dal “linguaggio comune” i diritti dei sottoposti facendo percepire che le differenze non esistono. È altrettanto palese che le paghe mensili sono diminuite, che accettare un lavoro oggi è una virtù, per non dire fortuna, che rinunciare invece è da scellerati.

Queste che oggi possono chiamarsi sottrazioni, sono state il sale della pluralità, dei diritti che attualmente si rovesciano prepotentemente nella normalità. Ho sentito dire ad una mia amica che ha dovuto rinunciare al suo contratto a tempo indeterminato, previo ricatto e licenziamento, “se vado in ospedale devo prendermi una mezza giornata di ferie”. Tutto nella totale abitudine, così come rinunciare ad avere uno stipendio equo, la liquidazione, i trasferimenti, ecc ecc.


Quello che mi fa più paura è che nel linguaggio comune i diritti di cui sopra sono spariti. La percezione di una occupazione continua e costante è definita prestigiosa. Il lavoro, ossia la fatica fisica e mentale, dei lavoratori è inesistente. La percezione dei diritti, così come le loro definizioni, sono sparite dalla mente, dal linguaggio, dalla normativa. Quello che resta, e che hanno voluto che restasse, è la gratitudine che oggi c’è nei confronti di chi vende i rovesci dei lavoratori. [+blogger]     

intrappolati nel rione san gennaro

Purtroppo il San Gennaro dei Poveri chiude le porte. Lo storico ospedale muore nell’indifferenza e nella sterile protesta dei suoi dipendenti. Dopo la chiusura del pronto soccorso diventato PSAUT, dei reparti attrezzati e ristrutturati, ora tocca al reparto maternità nonostante funzioni benissimo. E’ la solita storia, quando le cose vanno bene meglio abbatterle. Il rione sanità, unico quartiere che dopo la chiusura forzata del pronto soccorso ne ha organizzato un altro “clandestino”, conta circa 60mila abitanti; nel solo rione san Gennaro ci sono 6 mila persone intrappolate dal traffico di via San Vincenzo. Per arrivare al Cardarelli la strada è unica, l’ambulanza deve percorrere per forza questo tratto di strada, tra i più intasati del rione. Unica via di fuga sarebbe la Salita Scudillo che da anni però è chiusa per negligenza.


A nulla sono bastate le proteste dei cittadini tacciati di pressapochismo. L’ospedale del Mare, costato milioni di euro (senza essere terminato), è stato costruito sulla zona rossa vesuviana. Da anni le amministrazioni di quest’area producono sforzi in piani di evacuazione nel caso il Vesuvio dovesse eruttare: voglio ricordare che è uno dei vulcani più pericolosi al mondo. Niente da fare, le cose le dobbiamo fare noi, così come è successo per il cimitero delle Fontanelle e per il parco Rita Parisi occupato dalla gente del rione e solo dopo riaperto al pubblico, anche adesso bisognerebbe agire di “forza”; bisognerebbe sfondare il muro della salita Scudillo, riaprire un’arteria bellissima del rione sostituendoci alle Istituzioni. Come dicono in alcuni Paesi dell’America latina: “prima occupiamo poi  discutiamo”. [+blogger] 

imposizioni politiche

Insieme, esautorando le Istituzioni, i governanti, gli amministratori. Troppe le differenze tra la dignità e la finzione. Vorrei votare, riscattare la mia precarietà, la mia inoccupazione, la mia solitudine politica. Invece non mi è concesso, la legge elettorale m’impone di votare altri, non mi è dato scegliere, ma le imposizioni non mi sono mai piaciute. Le possibilità non hanno ragione d’essere, la verità è sempre altra, è sempre la mia, non è mai degli altri. Brutte e assurde generalizzazioni buone solo a dividere.

Ho lasciato la scuola d’obbligo a 11 anni, per poi riprenderla a 20, la serale. Terza Media con la sufficienza, diploma sempre serale per lavoratori, 5 anni meravigliosi e 54 su 60. Quattro anni e mezzo di sociologia, vecchio ordinamento, 100, bingo… ho fatto tredici al totocalcio si fa per dire. A vent’anni non azzeccavo due parole d’Italiano correttamente, mettevo la “a” al posto delle “ha” e viceversa con la “e” e la “è”. Prima degli studi: il barista, il tappezziere, il venditore di sigarette, l’idraulico, il calzolaio, il macellaio, l’operaio, il cameriere. Durante gli studi: in un bup, la guida turistica, il pubblicista, il libraio, il filmaker. Dopo gli studi: il ricercatore, il filmaker, il pubblicista, la guida turistica, in un bup, il cameriere, l’operaio, il macellaio, il calzolaio, l’idraulico, il venditore di sigarette, il tappezziere, il barista.

Un percorso a ritroso, come la nostra società, la nostra politica, la volontà di non votare. 1milione e 200milalire il salario di mio padre 20 anni fa, 600 euro il mensile di un precario oggi. E’ l’inverso che primeggia, è la vita e il contrario della vita, è il tutto come l’esatto opposto, è la voglia di farcela contro la disillusione. Per chi voto oggi? Non voto. Anche se mi sforzo di essere capito, anche se gli altri si arrabbiano senza spiegare il perché, vorrei poter scegliere liberamente, esprimere la mia forza attraverso ciò che mi rappresenta realmente. La forza di chi si “arrangia” e viene etichettato come camorrista, la forza di chi vive in un rione stereotipato, ghettizzato per la sua bellezza e le sue possibilità.

Niente, nessuno mi affascina, senza voler fare la vittima, e sì parlo proprio di fascino, quello che manca alla nostra politica; il fascino del dialogo, della praticità, dell’efficienza, del linguaggio popolare. Tecnicamente non significa nulla, ma aver fiducia negli altri, nel dialogo, nella comprensione è la cosa più bella che una persona possa mai considerare. [+blogger]  

durante le elezioni

Sono anni che durante le elezioni politiche mi chiedo quale partito votare? E alla fine mi rinfranco nel sentire la mia anima tranquilla. Mi richiedo: voto la coerenza, la sensibilità, i fatti, la perseveranza, la giustizia. Nel mio ideale dovrei votare, come la democrazia dice, chi più mi rappresenta: laureato, specializzato, precario, inoccupato, preoccupato, lavoratore, licenziato numerose volte ecc, ecc.

Vorrei votare un partito che nel suo programma avesse scritto: “Gli operai devono guadagnare da 2000 a 2500 euro al mese; ricevere in busta paga i contributi e il TFR da versare per la vecchiaia. Immediato, per la dignità dei più poveri, un welfare che parta dalla cura dei bambini e finisca con quella dei più anziani. Ristrutturazione generale di tutte le barriere architettoniche. Livellamento del benessere: tutti devono poter contribuire allo stesso modo in virtù della ricchezza conseguita abbattendo le disparità. Stipendi ai politici, ai vertici della RAI, ai manager, a chi fa televisione, cinema, calcio ecc, ecc, uguali a tutti gli atri stipendi. Ricchezza avanzata: distribuita in ragione ad una esistenza più comoda e tranquilla.

Bhè, questa è solo una piccolissima bozza che nemmeno per fruscii nascosti sono riuscito a sentire e leggere nei programmi politici. Eppure tutti sanno che è così, che i poveri diventano sempre più poveri e tanti, e i ricchi sempre più ricchi e pochi. Ma, come diceva un prete del rione in passato: l’uomo tiene due teste, una sopra e l’altra sotto. Se ragiona fa funzionare quella di sopra, se invece il pensiero è rivolto alla testa di sotto è n’a capa e cazzo. [+blogger]

sta morendo

NAPOLI - Il fagotto di stracci che vedete nella foto non ha neppure la sagoma di un uomo. Ma sotto c'è un uomo. Non si può muovere da un mese, qualcuno dice un mese e mezzo. Non si sposta più da quell'angolo da quando qualche scellerato, forse stanco del suo vai e vieni vagabondo in piazza san Domenico Maggiore, gli ha fatto sparire la sedia a rotelle che gli consentiva di spostarsi in autonomia.

Una bravata, una perfidia, un accanimento. Forse, presto, anche un omicidio. Quest'uomo - come riferisce l'associazione Corpo di Napoli con Gabriele Casillo - infatti non si alza più. Non può cercarsi il cibo. Appartarsi per fare i bisogni. Delira e si percuote. A volte è in grado di accettare la carità, a volte non è neppure in condizione di capire chi vorrebbe aiutarlo ed inveisce: forse è abituato a temere chi si avvicina al suo angolo.

Casillo racconta delle suore di madre Teresa che riescono, a volte, a convincerlo ad accettare qualche cosa. «Vorremmo aiutarlo - ma non si capisce chi debba farlo». Qualcuno ha chiamato il 118, ma lui - gridando in francese - si è rifiutato di salire in ambulanza. E' rimasto in quell'angolo, come una nave spiaggiata, a naufragare sotto gli occhi dei passanti.

Ha l'odore della cattiveria di chi gli ha sottratto l'unico bene, la sedia a rotelle. Chi lo ha visto ancora padrone, almeno, di muoversi, dice che ha un piede malato. Ora si vocifera che abbia una cancrena, e l'odore lo farebbe pensare. Ma il destino di quest'uomo sembra confinato sotto quella coperta. Possibile che non possa essere raggiunto da nessuno? [articolo di chiara graziani]   

denunciamo tutti

"Il peggior peccato contro i nostri simili non è l'odio, ma l'indifferenza: 
questa è l'essenza della disumanità" [George Bernard Shaw]

Il Comune di Napoli: quante raccomandazioni per i cittadini: sono già due settimane che abbiamo mandato decine di mail ambiente@comune.napoli.it e diverse telefonate fatte all'ASL (anche da parte del direttore della UOSM Istituto di Igiene Mentale distretto 49) per la rimozione dell'amianto (vedi link), anche Repubblica (vedi nell'area blog rione sanità di facebook) ne ha parlato ma nessuna risposta ancora né qualcuno che ci abbia contattato. 
Ci sono foto e filmati sia sull'area fb del quartieresanità sia sul blog e youtube, GRAZIE PER L'ATTENZIONE. Vorrei sapere chi consigliere della III Municipalità ha denunciato tavole di eternit buttate così per strada in modo indiscriminato, se il referente del comune ha segnalato alle autorità di competenza,    per cortesia dateci un riferimento è vergognoso che se ne occupino i cittadini e non le istituzioni, lo stiamo segnalando da più di una settimana, RISPONDETECI. parte una denuncia alla procura. Altro link di riferimento. [+blogger]

stupidità indifferenziata

"Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, 
mentre il contrario è del tutto impossibile". [W. A.] 


Ecco cosa c'era per le strade del rione ieri l'altro, oltre all'amianto 
(quest'ultimo non è stato ancora rimosso). 

'o marjuole è marjuole...



calda giornata di luglio

Umidità, calore, temperature alte, i vecchietti non ce la fanno, i bambini sono nervosi. Qui nel rione la vallata respira freschezza solo nella basilica di santa Maria della Sanità, entrate un attimo e il refrigerio è assicurato. Senza lavoro la noia ti fa guardare la televisione malvolentieri, un canale dice una cosa, un altro ne dice una differente, eppure stanno parlando dello stesso argomento. Gli operai muoiono. Il 2012 può essere considerato l’anno delle morti bianche silenziose. Ieri una tv ha detto: “Vittorio Rozza, 54 anni, è morto cadendo da una impalcatura”; e, sempre ieri, un'altra tv ha commentato: “un ragazzo di colore è sopravvissuto dopo aver visto tutti i suoi “amici” morire su di un gommone”. 

Notizie stupide, come la vecchiette che si sente sola, come un paralitico che ha voglia di correre… correre? ma che voglia matta, avessi detto mangiare?, bere?, dormire? Le cose ci appartengono solo quando sono nostre, poi gli “eroi” esistono sempre, come quelli che provano dolore, quelli che si vergognano, quelli che rispettano. Rispetto: sembra una parola uscita e inventata dall’ultimo dei guappi napoletani. Tutti abbiamo visto gli Europei di calcio, ma chi ha cambiato canale leggendo ad ogni inizio di partita respect. Non vale per gli uomini, figuriamoci per gli animali. 

Ma adesso non stiamo parlando di “bestie”, ma di persone, di vita, di concretezza. Un anziano signore che conosco da tempo mi dice spesso: “quello che tu sei io sono stato e quello che io sono tu (forse) sarai”… Oggi ha piovuto un po’ e così l’afa si è tramutata in mal di testa. Una persona che avevo imparato a voler bene sta male. Ma basta parlare di rispetto, i guappi sono passati, oggi c’è lo spread, Belen, iPhone, il campionato di calcio, la wifi. Cambiamenti. Tutto passa, il vecchio non ha torto, e non ha torto neanche chi ha voglia di morire. [+blogger]

diffondete



l'ascensore impazzita

Non è il titolo di un film di Dario Argento, l’ascensore del ponte della Sanità è realmente impazzita. Sale e scende solo quando lo dice lei e decide di andare in ferie anche se non le è permesso. Succede che ogni  mese, circa, l’ascensore si guasta, la gente che arriva e la trova chiusa impreca e i politici locali (4 soldi in tutto) s’attribuiscono le lodi solo quando essa riprende la “corsa”. Ma quando si ferma nessuno sa perché, di chi è la colpa, e se colpa non c’è, perché non s’aggiusta subito?

Niente da fare, l’ultima volta sentito un tecnico, il guasto era cosa di una settimana al massimo, ma ci impiegarono 4 mesi per aggiustarla; adesso invece è solo guasta, così come si legge sul cartello che hanno infisso sulla porta dell’entrata, sotto e sopra il ponte della Sanità. Cosa vuoi fare, se il regista di cui sopra ha intenzione di girare realmente un film siamo pronti a raccontargli tutti i retroscena, le “macagne”, l’insensatezza, che fa da padrona, così come la stupidità che rende realistica ogni affermazione senza cognizione di causa.[+blogger]        

l’odore di un pronto soccorso

Nell’ospedale san Gennaro dei Poveri si respira aria di povertà, di disagio, di disperazione. Gli occhi di una signora sofferente affermano la mancanza di un’esistenza comune. I reparti vuoti, lo sconforto, la volgarità, l’assistenza, l’umanità, l’odore di un pronto soccorso, nell'immediato, ti rimane addosso per sempre.   

Ricordare indebolisce. Frantumare ogni movimento, così come si frantumano le ossa di un’anziana affetta da artrite reumatoide deformate. Nel pronto soccorso non c’è "acqua", un medico è troppo scrupoloso, così come un portantino imbacuccato. Gli ammalati di diabete ansimano, le donne incinte fremono, la vita secca, rianimazione perfetta, sala operatoria inusitata, stanze alte arieggiate, dipinte a metà.

Qui tutti si ricordano: c’è chi è morto e chi invece è sopravvissuto miracolosamente. È sempre l’ospedale che ospita catacombe bellissime, degne dell’ultimo uomo del rione, di un don Chisciotte incartapecorito, e di un geriatra imbroglione. Screpolature tufacee, liquidi maleodoranti, macchie di caffè, vecchi infermieri zoticoni. Chi si è salvato, però, ha respirato girasoli. [+blogger]   

fermento

La citazione è “obbligatoria” quando ha un senso compiuto, specialmente se fa capire esattamente di che cosa si sta parlando. E’ il caso di scrivere una massima di Ettore Petrolini: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco ma sono in tanti”. Una giustificazione eccellente sia sotto il profilo morale che materiale. Ed è un discorso che va a pennello, in modo quasi perfetto, con il rione sanità.

Quartiere operaio, di sporchi rossi, di “razza” superata, di arretratezza psicologica. L’incontro con la politica e la storia è determinate, così come la violenza, la camorra, la superstizione. Ciò che mette più tristezza è l’ambiguità che ha violentato la bellezza: è bellezza pensare che un abbraccio riveli un’amicizia; credere che un caffè bevuto assieme includa stima, che attraverso una partita di calcio si possa sentire la propria storia.

L’affetto economico ha reso tutti schiavi della virtù e chi cambia prospettiva è un sottile inquisitore. Agire per sopravvivere e per essere ricordati, lasciare che gli altri ti avvinghino per fiducia, lasciare che i cani strappino al povero la sua povertà. Chi ha poco deve pagare la sua ignoranza, eh, sì, perché di ignoranza pura si tratta, ignoranza bieca e stupida.

E’ certo che anche il denaro ha la sua bellezza. Non è la speranza che intestardisce, non è la mancanza che immiserisce. E’ la differenza che impartisce gli ordini e la comunicazione, così come le passioni e i sentimenti. Chi si entusiasma ha poco, quel poco gli viene tolto con un sorriso, sorriso dolce, buono, amico. C’è una cosa che ho, come un cretino, dimenticato di dire: a volte a qualcuno viene dato il resto, esso ha un nome, si chiama politica! [+blogger]    

partita e osservazioni

Ieri al campetto del Seminario A. Ascalesi di Capodimonte si è svolta la prima partita del torneo interculturale organizzato dalla scuola di italiano Samb e Diop, che si è svolta tra le squadre di Africa 1 e 2 composte dai ragazzi in maggioranza africani che frequentano la scuola al Centro Missionario in via dei Tribunali. La partita è stata giocata con vero spirito agonistico, molti di quei ragazzi, arrivati a Lampedusa come tanti altri su un barcone di fortuna erano già buoni giocatori nei loro paesi, come Agostino, nigeriano, fuggito dal suo paese dopo che alcuni membri della mafia locale gli avevano bruciato la sua officina meccanica. Ha giocato a buon livello nella squadra nella sua città, Benin City e ha segnato molte delle reti che hanno permesso alla sua squadra, in pettorina gialla di vincere per 10-3. Altro personaggio è un allenatore sudanese, mister Baker, che ha anche giocato alcuni minuti dando il cambio a giocatori più stanchi e che, per la sua mole, muoveva abbastanza agilmente. 

Quando siamo saliti sul pulman nel viaggio di andata, ci sono stati due episodi spiacevoli: due signore napoletane molto "benpensanti" quando hanno visto quei ragazzi neri come l'ebano salire sul pulman, subito hanno associato straniero uguale ladro, magari neanche se lo immaginano lontanamente l'inferno che hanno passato per arrivare da noi, e quello che passano quotidianamente per avere un minimo di sopravvivenza col rischio di essere espulsi dalla sera alla mattina. 

Il secondo episodio, e questo l'ho sentito bene perchè ero abbastanza vicino, è stato quando sul pulman sono saliti alcuni giovanotti che avevano tutta l'aria di essere dei bulletti abituali, ma forse mi sbaglio, che hanno preso in giro gli africani con i soliti sfottò. Le due signore sono in qualche modo giustificate dal momento che appartengono ad una generazione non abituata a vedere persone di colore diverso, a parte, forse, i soldati neri americani, ma è sulle nuove generazioni che bisogna fare prevenzione, poichè è ormai una realtà saremo sempre di più un paese di immigrazione e, nonostante lo spread e la crisi economica, dobbiamo sforzarci di vivere insieme e cercare di creare opportunità e cittadinanza per tutti e per fare ciò due mezzi sono indispensabili: conoscere la lingua del paese ospitante, e, perchè no, anche lo sport, il calcio in particolare che, quando è libero da soldi e interessi, ma è puro divertimento, è un mezzo formidabile di aggregazione. 

Stiamo cercando per l'Ozanam di mettere su una squadra di srilankesi e una italiana in occasione delle prossime partite. Diamo quindi un calcio ai pregiudizi in nome dello sport e della solidarietà umana e perchè no, cristiana! [vincenzo minei]

roma bene

Le lacrime di una ministra sono servite a far pagare ai pensionati e alla povera gente i debiti dei politici che tra voli statali, puttani e puttane di turno, soldi illeciti, privilegi e casta, hanno sbancato l’Italia. La situazione lavorativa è drammatica e sgomenta l’inverosimile, e se oggi sempre la stessa ministra afferma che “chi licenzia lo fa comunque”, domani non ci sarà neanche più il problema di chiederselo.    

Vent’anni e più di partiti allo sbando, il PD è vergognoso, il PDL da brivido, l’insostenibilità delle persone che vivono con 500euro al mese, con uno scarto di 6.999.999.500 se confrontato con il reddito della Severino. Certo quest’ultima ha detto che guadagnare soldi non è peccato, come dire che la “Proprietà non è più un furto”. Nevrosi del danaro figlio, marito, amante, amato, moglie e sacerdote.

“Negli Stati Uniti il problema del licenziamento non si pone proprio”: si ricordano solo quello che vogliono e non parlano mai del conflitto d’Interesse che se paragonato con gli Usa a confronto L’Italia è uno stato totalitario. Tutti annegati (i signorotti s'intende), sperando che sullo yacht non resti solo il cane a scodinzolare come nella “Roma Bene” di Carlo Lizzani. [+blogger]