uno srilankese

Cosa spinge uno srilankese a suicidarsi dopo tre mesi di depressione? Nel vico Canale, perpendicolare alla via S. M. Antesaecula e alla via Cristallini, ieri un ragazzo di vent’anni si è tolto la vita, era un ragazzo di colore, era uno di quelli che forse non ne voleva sapere dell’Italia, uno che forse non ne voleva sapere di stare lontano dalla sua famiglia. Chissà?!

Certo, questi vengono qui a rubarci il lavoro. Dopo il lavoro non c’è più niente: non ci sono i sentimenti, non c’è la nostalgia, non c’è l’affetto, non c’è la passione. Partire per raggiungere un paese ricco è sempre una cosa buona invece lasciare gli affetti, la famiglia, la propria ragazza è pur sempre un fattore secondario.

Quindi noi continuiamo a fare del bene, chi vieni qui è un ospite. Tutto deve essere lasciato indietro sia l’italiano confuso sia quello non capito. Il dialetto napolsrilankese: le finali sbagliate, i verbi confusi, le parola distorte, le finali saltate. Solo un buon napoletano riesce a sbagliare le finali come un immigrato.

Lasciare i proprio vent’anni, lasciarli nella solitudine, nell’indifferenza, nella repressione. Una piccola suora mi telefona e, con un po’ di vergogna, mi dice: “è morto, suicida… così te lo volevo far sapere”. [+blogger]

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La storia di ognuno di noi è così compressa, così difficile che non bastano esperienze, frequentazioni, condivisioni per esprimere tutto quello che realmente c'è dentro.

Anonimo ha detto...

il solito paradosso: ci aspettavamo delle braccia per lavorare, ma sono arrivati degli esseri umani.

Pierre ha detto...

considerazioni esatte e precise. bravo.