Intervista ad Alex Zanotelli
Quando pensiamo ai diritti fondamentali pensiamo alla libertè e all’egalitè (Rivoluzione francese), perfino alla ricerca della felicità (Costituzione USA), all’uguaglianza (Costituzione Repubblica Italiana art 3). In che senso tu definisci l’acqua un diritto umano fondamentale?
Penso che la riflessione sull’acqua oggi, parlo di riflessione giuridica, oscilla dal diritto al bene comune. C’è chi enfatizza di più il bene comune e chi il diritto. Credo che ambedue gli aspetti però siano necessari. Se non ricordo male i ragazzini quest’estate, al campo che abbiamo fatto al rione Sanità, dicevano che il diritto è “quella cosa che ti permette di vivere”, e se è così allora aria e acqua, siccome chiaramente sono due elementi senza i quali l’uomo non può vivere, diventano diritti umani fondamentali. L’acqua in questo senso è ancora più fondamentale del cibo perché posso stare tre settimane, un mese senza mangiare ma senz’acqua dopo due tre giorni sono morto. Si deve sottolineare però che deve essere un diritto fondamentale per tutti gli esseri umani, non solo per alcuni. E invece già oggi c’è una cattivissima divisione dell’acqua. Assistiamo al fatto che più di un miliardo di uomini, grosso modo, non ha accesso all’acqua. È questa una violazione profonda dei diritti umani perché ogni uomo, ogni donna ha diritto ad un minimo di acqua. L’Onu ritiene che
Nel Cantico delle Creature Francesco chiamava l’acqua sorella e creatura del Signore, insieme a frate sole, sorella luna, le stelle, frate vento e frate focu. La definiva: “...utile, et humìle, et preziosa, et casta...” In che senso tu definisci negli appelli l’acqua come “creatura” sacra? In che senso questa francescana intuizione, questa visione poetica, può essere proposta oggi?
Non parlerei di visione poetica. Penso che quella di Francesco era una visione che considerava la sacralità delle cose, usiamo questa parola. Ed è importante e fondamentale richiamarci a quest’aspetto. Un aspetto che è sparito oggi giorno. Oggi, con questo tipo di civiltà che ci ritroviamo, con la stravittoria del mercato, con la stravittoria del concetto del profitto, abbiamo reso tutto merce mentre la visione del Cantico delle Creature, ma direi soprattutto la visione delle religioni primarie (non primitive come le abbiamo chiamate) come per esempio la religione degli indios del nord america, quella degli aborigeni australiani, dei bantu dell’africa, conduce ad un concetto della realtà entro cui viviamo molto sacrale. Basterebbe leggere le lettere ai presidenti degli Stati Uniti dei capi indio nelle quali si diceva: “tu mi chiedi questo pezzo di terra ma sappi che questa terra è sacra, che questo fiume è il sangue di mio padre…” cioè si coglie il concetto profondo che quello che c’è è sacro, è vita. E questo è un qualcosa che le religioni primarie hanno preservato. Molto meno lo hanno fatto quelle che sono le religioni oggi. Per cui io dico che è fondamentale non solo ritornare a Francesco ma ritornare alla prima bibbia che Dio ha dato agli uomini, per i credenti almeno, e non è la bibbia scritta: è quello che noi chiamiamo il creato dove tutto è sacro cioè… le foglie hanno una saggezza incredibile, l’albero ci parla… Dobbiamo entrare in un’altra ottica, vedere la realtà con altri occhi altrimenti siamo destinati ad autodistruggerci. Infatti stiamo andando davvero alla distruzione della terra; fatta da noi proprio perché abbiamo mercificato tutto. Per cui il richiamo di Francesco diventa fondamentale e ci invita ad andare oltre Francesco, ad un altro modo di guardare le cose.
Il tuo appello definisce l’acqua (insieme all’aria) una risorsa indispensabile per la vita. In che senso deve essere un bene comune e non privato? Che cosa significa per te bene comune? Non c’è il rischio che sia inteso come qualcosa che tutti possono prendere e dunque sprecare, vendere?
Qui è importante sottolineare, se prima sottolineavamo l’aspetto del diritto, l’aspetto dell’acqua come bene comune. Io spesso quando vado in giro a parlare chiedo alla gente: “Andate al prossimo Consiglio Comunale vostro e chiedete al Consiglio Comunale che cosa rimane di comune in questo Comune. Non c’è più nulla. Mentre quelli che sono i nostri Comuni, i Consiglieri Comunali, dovrebbero essere coloro che reggono le comunità locali. Ormai hanno svenduto tutto, non c’è più nulla che ci unisce. Una volta per esempio la gente era unita, da che cosa: dal bosco che avevano, da che so io, l’acqua… da tutta una serie di fattori determinanti per la vita della gente, che erano in comune e che appartenevano a tutti. Se noi non ritorniamo a questi concetti basilari del bene comune siamo destinati davvero al fallimento totale. Ecco perché è così importante l’impegno sull’acqua. Quando si parla di beni comuni si pensa soltanto all’acqua, all’aria. Ma davvero non è solo questo… la conoscenza è un bene comune… per esempio io in questo periodo ho riflettuto a lungo sul fattore così fondamentale delle sementi. Le sementi una volta erano in mano alla gente. Si seminava, da quelle sementi si otteneva tutta una serie di semi… c’era una ricchezza enorme di semi, veramente bella come biodiversità, si avevano centinaia e centinaia di semi alcuni anche molto resistenti. Cos’è che è avvenuto oggi. È avvenuto per esempio che alcune multinazionali, praticamente 5 multinazionali, tra cui la più potente è sicuramente la “Monsanto”, hanno in mano in sostanza le sementi da vendere e hanno ridotto la diversità a pochissimi semi per ognuna delle specie che abbiamo, pochissimi! Che poi quando si semina il contadino cosa fa, soprattutto il povero contadino, non può tirarci più fuori il seme da quella seminagione che ha fatto e deve ritornare dalla multinazionale ha ricomprarselo. Questo vuol dire che in effetti l’agricoltura è nelle mani di pochissime persone, poche multinazionali, che i semi sono sempre più ridotti a pochissimi, che distruggiamo la biodiversità e perdiamo una ricchezza e qualche cosa che appartiene a tutti mentre l’umanità da quando coltiva aveva sempre preservato questo. La lotta per l’acqua come bene comune deve essere l’inizio per il recupero di questi beni comuni alle comunità locali altrimenti davvero non c’è futuro… neanche per la nostra democrazia… cioè se non c’è qualche cosa che ci unisce su cui noi possiamo decidere, su cui la comunità locale possa decidere, è chiaro che non c’è futuro. E oggi tutte le cose importanti ce le hanno già tolte, noi non decidiamo ormai quasi più su nulla...
Le firme per Il referendum “L’acqua non si vende” si sono raccolte; anche molti insegnanti del Movimento di Cooperazione Educativa hanno firmato. Ora si dovrà passare alla fase più difficile: far arrivare alla gente il messaggio, di un bene insostituibile (inalienabile, indisponibile) a rischio: come la scuola può contribuire a educare? Che cosa consigli di fare agli insegnanti? Cosa sui può fare per avvicinare ragazzi e scuola alla percezione dell’utilità, ma anche della bellezza e della nostra parentela con l’acqua?
Io giro parecchio per le scuole e trovo delle scuole molto preparate a questo livello, con delle insegnanti che fanno un bellissimo lavoro educativo. Ma in generale direi che tra gli insegnanti spesso c’è scarsa conoscenza, e quindi anche tra gli studenti. Però è inutile che ci lamentiamo degli studenti, penso che il problema, davvero, è prima di tutto degli insegnanti. Che cosa si può fare? Prima cosa fondamentale, secondo me, è quella dell’informazione. Buona parte dei nostri insegnanti non è informata sulla questione. Quando parlo di informazione intendo un’informazione seria sull’acqua, per esempio su quanta acqua abbiamo, per esempio che di tutta l’acqua che abbiamo solo il 3 per cento è potabile, che di questo tre per cento il 2,7 per cento è usata dall’agricoltura e dall’industria, (il 70 % uso agricolo e il 20% uso industriale) e questo ci lascia già con pochissima acqua, e allora assistiamo alla corsa delle multinazionali per accaparrarsene l’uso come hanno fatto per il petrolio. Parlo cioè di una conoscenza minima di quello che è la realtà dell’acqua e possederla diventa, prima di tutto per gli insegnanti, davvero fondamentale. Seconda cosa, c’è una riflessione più profonda che deve essere fatta e cioè gli insegnanti lentamente dovranno scoprire che cos’è l’acqua, l’acqua come vita, come base della vita, come la madre; ci sono molti scienziati oggi che ci dicono che non è neanche il dna forse la base della vita ma l’acqua e quindi sono passaggi questi che prima di tutto gli insegnanti devono fare e dopo trasmettere ai ragazzi. In questo senso molti chiedono dov’è che si trovano le informazioni di cui abbiamo bisogno. Di informazione sull’acqua ce n’è a non finire. Prima di tutto direi che basterebbe entrare in un sito internet come http://www.acquabenecomune.org/ per trovare moltissime informazioni; ci sono poi tantissimi libri, in questo periodo sono usciti molti libri, alcuni più piccolini fatti anche bene, altri più voluminosi… quindi c’è tantissimo materiale, c’è tantissimo materiale anche video per esempio un dvd come “Per amore dell’acqua” della Feltrinelli, è fatto molto bene basta proiettarlo, oppure “Il pianeta acqua”. Ma c’è di tutto in giro, c’è una grande ricchezza. Questa però deve essere davvero data agli studenti, e in questo senso c’è una responsabilità, non soltanto di coloro che insegnano nelle scuole ma di quelli che insegnano anche a livello religioso, coloro che fanno catechesi nelle parrocchie. L’acqua è la vita, è la madre, dovrebbe entrare come qualcosa di fondamentale in tutta l’etica anche cristiana; il rispetto per l’acqua, la sobrietà, l’uso che ne facciamo dovrebbe diventare davvero parte della catechesi che avviene nelle parrocchie, nelle chiese o anche nelle scuole a livello religioso. Per cui direi che è questo il vero nodo: creare una nuova cultura di rispetto per l’acqua come diritto fondamentale umano, come bene comune.
Le nuove generazioni sono cresciute con una pressoché infinita (o grande) quantità di beni a disposizione: ogni risparmio, ogni rinuncia allo spreco viene sentita come perdita, inutile sacrificio piuttosto che come aiuto all’accesso per tutti. Che possiamo fare oltre, prima e dopo le parole?
Anche a questo livello chiaramente penso che deve nascere davvero un nuovo rapporto con i beni, con la realtà. Cioè noi siamo stati educati, diciamo pure dal dopo guerra, a pensare ad una crescita illimitata e che di beni ce n’erano per tutti, che l’importante era consumare. Questa è stata la filosofia che ha dominato. Oggi abbiamo capito che questa filosofia ci sta portando all’autodistruzione, alla distruzione della terra. Quindi oggi cominciamo a capire che dobbiamo radicalmente cambiare. Il problema risale a monte. Come dicevo prima, dietro a questa filosofia del consumare ci sta una visione del mondo ridotto a cosa, a materia, a merce, per cui tutto è da sfruttare. No! Questo pianeta è una cosa talmente bella, io sono credente, e credo che Dio ha impiegato 4 miliardi e 6oo milioni di anni per portare la vita dove è arrivata. Quindi è necessario un senso di rispetto, usare quello che si deve usare per vivere ma avere un profondo rispetto per questo stupendo gioiellino che è il pianeta che dobbiamo consegnare poi ai figli ai nipoti… qualcuno dice che l’abbiamo preso in prestito da loro, ed è un concetto molto bello questo. Queste considerazioni devono portarci assolutamente a un cambiamento radicale rispetto all’uso dei beni. Una parola che dovremmo usare molto più spesso è: sobrietà. C’è chi parla di decrescita, tipo Serge Latouche, ma io preferisco parlare di sobrietà, cioè l’uso sobrio dei beni: i beni servono per vivere e devo sapere che altri dopo di me avranno bisogno di questi beni. Quindi è necessario un uso attento, accorto dei beni e questo chiaramente domanda una riflessione totale che vuol dire che dobbiamo per esempio cominciare a capire che dobbiamo riciclare tutto, che dobbiamo riusare tutto. . L’altro giorno, in una lettura durante la messa, il profeta Amos diceva che è finita l’era dei buontemponi, o meglio l’orgia dei buontemponi. Penso che nessuna frase sia più bella per descrivere questi 40 anni dopo la seconda guerra mondiale: è stata l’orgia dei buontemponi, deve finire. In particolare, per esempio, è chiaro che l’acqua è un bene limitato. Già oggi ne abbiamo poca. Con l’uso che ne facciamo, che è incredibile, diventerà sempre di meno e a questa diminuzione contribuiranno i cambiamenti climatici perché perderemo i ghiacciai, i nevai dove c’è moltissima della nostra acqua , quindi avremo sempre meno acqua a fronte di una popolazione che cresce, arriveremo almeno a nove miliardi di esseri umani. E quindi è chiaro che se, come dice l’Onu, ogni uomo dovrebbe consumare
In che senso nella battaglia contro la privatizzazione dell’acqua ci giochiamo tutto, anche la democrazia?
Io direi che giunti a questo punto della storia umana c’è molta gente che è pessimista e dice che ormai è finita. Io non penso che sia finita. È un momentaccio questo, difficilissimo, e non sarà così semplice ritornare sui nostri passi ma io penso che con la questione dell’acqua forse potremo aiutare le persone a capire anche altro, perchè l’acqua è qualche cosa che le persone capiscono facilmente; se io parlo di sementi, di conoscenza, di tante altre cose, bisogna star lì a ragionare, poi alla fine ci arrivano; ma se parlo dell’acqua tutti riconoscono che l’acqua è un diritto, che l’acqua è un bene comune. Infatti spesso si sente la meraviglia della gente che . dice: “Come, privatizzate l’acqua? Ma come si fa a privatizzarla”. La masse popolari sono sensibili alla tematica dell’acqua, per cui diventa più facile promuovere un impegno a questo livello e ottenere il consenso popolare, politico. Basta vedere, ad esempio che con il referendum siamo riusciti in due mesi, senza partiti, senza soldi e senza la grande stampa, ad ottenere un milione e 400.000 firme; il che vuol dire che tanta gente si è mossa spontaneamente perchè ha capito che evidentemente era qualcosa d’importante. Vorrei ricordare che sull’acqua stiamo chiedendo qualcosa di grosso, stiamo chiedendo qualcosa che va radicalmente contro il sistema con le tre domande referendarie. Se riusciremo a far passare questi concetti in pieno neoliberismo, in piena stravittoria del mercato; se riusciamo a vincere su questo, allora c’è speranza davvero che, lentamente, potremo recuperare tutti gli altri beni comuni ed è così che potremo permettere allora ai processi democratici, cioè alle comunità locali, di riappropriarsi delle proprie decisioni. Se noi non ridiamo questo in mano alle comunità locali e non facciamo in modo che siano loro a decidere, non c’è speranza per la democrazia. Oggi ci riempiamo la bocca con la parola democrazia ma la gente non decide quasi più su nulla, tutto viene deciso dai potentati economici e finanziari, per cui questo impegno sull’acqua è un impegno per salvare davvero i processi democratici e la democrazia. E anche il futuro del pianeta.
Adesso stiamo attendendo la risposta della Corte di Cassazione sulla validità delle firme del referendum. Questo dovrebbe avvenire verso il 15 ottobre e poi
7 commenti:
Buongiorno. Alex ha proprio ragione, sia sul potere, sia sulle manipolazioni. Mi chiedo: ma come fa la chiesa di Roma a non prendere così sul serio le proteste di questo comboniano? Livio
grazie alex le tue parole escono veramente dal cuore sei un uomo di dio sei un umile servitore se una persona che sa veramente cos'è la gestione pubblica cosa sono i beni pubblici dobbiamo lavorare con te e per te e per glie altri e anche se non tutti capiscono il perchè noi dobbiamo andare avanti senza fermarci e senza aver paura. un grazie per quello che fai e per quello che dici.
la disinformazione è l'arma sulla quale il nostro pseudo governo ci rende prigionieri e noi di fatti non capiamo che viviamo in dittatura e c'è ancora gente che lo difende e noi qui, a volte stanchi e inermi non sappiamo cosa fare. sai qual'è la verità è che ci sono dei momenti in cui ti senti talmente stanco da non riuscire a gridare e purtroppo questi momenti fatti anche di un solo minuto sommato a tutti i minuti di ogniuno di noi,di ogni essere vivente diventano l'omertà del mondo
"Si seminava, da quelle sementi si otteneva tutta una serie di semi… c’era una ricchezza enorme di semi, veramente bella come biodiversità, si avevano centinaia e centinaia di semi alcuni anche molto resistenti". Questo esempio Caro Alex può essere fatto per altre moltissime cose, pensiamo al carburante, all'energia... E' una forma di repressione legittimata che ci rende schiavi di una forma "libera" di pensiero.
Alex Ti seguo sempre.
La mia vita è stata un lungo ‘toccarsi', abitarsi… Sembra tutto un caso! E poi scopri che… Ho sessantacinque anni e spesso mi domando chi sono io. L'unica risposta che mi do è: ‘Io sono le persone che ho incontrato'. Sembra tutto un caso, ma poi scopri che nulla è a caso. Alex Zanotelli
Nato a Livo (Trento) il 26 agosto 1938, è ordinato sacerdote nel 1964. Missionario comboniano, ha operato per otto anni in Sudan. Ha assunto la direzione di Nigrizia nel 1978; costretto a lasciarla, nel 1987, su richiesta di esponenti politici e vaticani, parte per Korogocho, una delle baraccopoli che attorniano Nairobi, la capitale del Kenya, e vi resta otto anni. Lì ha dato vita a piccole comunità cristiane, ma anche a una cooperativa che si occupa del recupero di rifiuti e dà lavoro a numerosi baraccati; ha propiziato la nascita di Udada, una comunità di ex prostitute che aiuta le donne che vogliono uscire dal giro e, nello stesso tempo, si è battuto per le riforme che riguardano la distribuzione della terra, uno dei temi-chiave della politica keniana.
È direttore responsabile di Mosaico di pace sin dalle origini della rivista – settembre 1990 – e per espresso volere di don Tonino Bello, allora presidente di Pax Christi Italia e vescovo di Molfetta (Bari).
Caro alex Ci sono cose che a volte non si possono modificare ed è meglio che le accettiamo così come sono. A volte protestare serve solo a riscaldare gli animi, hai visto cose è successo a Roma il 14? La cosa migliore è il dialogo, so che tu sei a favore di queste cose ma sei anche in prima linea quando ci sono delle manifestazioni. Dovesti fare un po' più il prete, quello bigotto magari, ma dedicarti di più alla religione. Meno politica è più sacrifici. Questo è quello che penso di te pur rispettando le tue idee.
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