Eravamo a pochi passi dall’uscita di una scuola e i ragazzini pascolavano pigramente su entrambi i lati di Avenue de Champel. Di colpo è partito l’inseguimento. Un quindicenne con i capelli neri e la carnagione scura urla qualcosa in tono aggressivo a quelli dall’altro lato della strada e un piccoletto con gli occhiali, dopo essersi voltato indietro un paio di volte, scatta in avanti in una corsa disperata. Il gregge si sveglia e, come leoni affamati, tutti cominciano a inseguire il povero agnellino. Lui affretta il passo, continua a voltarsi per vedere quanta distanza ha preso, ma tutti lo rincorrono ferocemente.
“Massimo”, dico al mio amico con cui assistevo alla scena, “credo che questo sia bullismo bello e buono. Forse dovremmo intervenire”. “Sì, però…”, risponde lui perplesso, senza distogliere lo sguardo dall’inseguimento, “Mi sembrano tutti un po’… non so, un po’ handicappati”. Osservando meglio i ragazzini, mi rendo conto che c’è qualcosa di strano. Ce n’è uno gigantesco, che corre creando enormi onde di grasso lungo tutto il corpo, senza mollare la presa del suo panino. È cattivissimo. E poi ce ne sono di magrissimi, uno che zoppica, uno sulla sedia a rotelle. Tutti un po’ sporchini e brutti. Ho un’illuminazione. “Oh mio dio, Massimo, questo paese sta davvero avanti: l’accessibilità e l’integrazione sono talmente alte, che questa è una battaglia tra gang rivali di disabili!”. In realtà la mia utopia di civiltà è durata poco. Fino a quando il piccoletto scappato via come un fulmine non è arrivato alla fermata ed è salito sull’autobus. Uno a uno, i liceali sporchini e brutti sono arrivati alla fermata e sono saliti anche loro. Compreso quello obeso.
Insomma, stavano solo correndo disperatamente per non perdere l’autobus, avvertiti dal grido del primo ragazzino che l’ha visto arrivare. E il piccoletto si voltava continuamente per vedere a che punto fosse. È evidente che io e Massimo ci siamo dimenticati quanto eravamo brutti e sporchini anche noi quando andavamo al liceo. Forse ho corso troppo. Per vedere una Svizzera con le bande di teppisti disabili ci vorrà ancora qualche anno. Eppure questa settimana la mia dose di utopia di civiltà non è finita qui. L’altro giorno sono passato al consolato italiano. Dovevo chiedere una lista di documenti necessari per sposare il mio compagno. Ebbene, fin dal momento in cui ho parlato con il custode all’entrata, mi sono reso conto che mi sentivo in modo molto diverso rispetto all’Italia.
Sia ben chiaro: a Roma nessun funzionario pubblico a cui descrivevo la mia famiglia mi hai mai tratto male o in modo poco rispettoso. Però io dovevo sempre affidarmi al suo buon cuore: sulle scale dell’ufficio pubblico, tiravo un sospiro e mi auguravo di trovare una persona tollerante e aperta di mente. Qui, sulle scale del consolato, non ho tirato nessun sospiro: la legge è dalla mia parte e se il funzionario ha qualche problema, il problema è solo suo. Una volta entrato nell’ufficio di competenza, però, ho visto il futuro: questo signore di mezza età con forte accento pugliese – e la foto di Napolitano alle spalle – mi ha elencato i documenti necessari per sposare il mio compagno: “Ma certo, deve richiedere gli estratti di nascita, fare le fotocopie dei documenti, i documenti delle vostre bambine e così via”.
Improvvisamente, in quell’ufficio pubblico italiano, io, Manlio, Clelia e Maddalena abbiamo cominciato a esistere per lo stato italiano, o almeno per quel suo lembo di terra all’interno della città di Ginevra. Improvvisamente, mi sono trovato nell’Italia che esisterà tra dieci, forse vent’anni. Io ripeto continuamente che noi non siamo fuggiti dall’Italia, con tutto che sarebbe molto comprensibile decidere di farlo. No, noi in Italia stavamo bene e gli italiani ci trattavano ancora meglio. Ma stando qui mi rendo conto che avere la legge che ti tutela è tutta un’altra storia. Improvvisamente l’omofobia non è più un problema tuo e quindi puoi smettere di preoccuparti di cosa pensa il funzionario che hai di fronte. Quando c’è la legge, se un funzionario pubblico è un omofobo, fosse anche un presidente del consiglio, il problema è solo suo. [claudio rossi marcelli - fonte: internazionale.it]
4 commenti:
leggo questo articolo e non posso fare a meno di pensare che è tutto "drammaticamente" vero. io credo che se le leggi fossero rispettate, ma per fare delle buone leggi bisogna comprendere a pieno cosa significa RISPETTO, tutto questo disordine e queste ambiguità nel definire L'altro sarebbe superato con la chiarezza di intenti.
Un'utopia (pron. utopìa) è un progetto o la sua realizzazione (prevista o attuale), quando questi si propongano come idealisticamente desiderabili e dotati di valore. Può anche indicare una meta intesa come puramente ideale e non effettivamente raggiungibile; in questa accezione, può avere sia il connotato di punto di riferimento su cui orientare azioni pragmaticamente praticabili, sia quello di mera illusione e di falso ideale. L'utopista, sia come coniatore di utopie sia come semplice propugnatore, può quindi essere tanto colui che costruisce le sue preferenze e le sue scelte ideologiche esimendosi dallo studio e dalla comprensione della realtà e delle sue dinamiche, quanto colui che indica un percorso che ritiene al contempo auspicabile e pragmaticamente perseguibile. Benché non sia un costituente essenziale del concetto di utopia, molte utopie presentano un carattere universalista; esistono, però, anche utopie di natura settaria o comunque non inclusiva. Nell'uso comune, utopia e utopismo sono spesso associati al velleitarismo.
quest'articolo è bellissimo.
Leggo questo articolo... e' bellissimo. E' scritto con una lucidita' e sensibilita' sorprendenti.La certezza del diritto e' una cosa sacrosanta, ci rafforza e ci aiuta a non soccombere alle ingiustizie... ma basta per far progredire la mentalita' di un paese? Quante volte ci capita di vedere i nostri diritti (garantiti dalla legge)calpestati nella stessa misura di quelli a cui tali diritti non sono affatto garantiti? L'utopia ultima dell'uomo, la piu' suprema e irragiungibile non e' forse quella di riuscire a vivere in armonia senza l'imposizione di una Legge?
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