Diversi mesi fa moriva il piccolo Elvis, dopo circa un mese anche la mamma Manuela. La lettera di cui sotto ci è arrivata in redazione, l’autrice non aveva intenzione di pubblicarla. Oggi a 3 mesi dalla morte, nessuno più ne parla. La rendiamo nota perché non dimentichiamo e ringraziamo la donna che c’ha dato l’opportunità di renderla pubblica. L’ingiustizia ha sempre un suo tempo, tempo che non deve cadere nell’oblio.
NAPOLI. E’ MORTO ELVIS IL NOSTRO PICCOLO AMICO
Vidi il primo giorno di scuola, 15 settembre, Elvis Junior con il grande zaino sulle spalle e pieno di orgoglio mentre si accompagnava alla mamma, che con la fronte alta e gli occhi pieni di allegrezza teneva per mano il suo bambino. La felicità del figlio era pienamente intrecciata a quella della mamma, che con altre mamme e bambini attraversavano il cortile della scuola “F Ozanam” nel cuore del rione Sanità. Un senso di pienezza e di festa si diffondeva nell’ambiente ed Elvis con la mamma Manuelae con spontaneità entrava in contatto profondo con questa nuova realtà. Rividi più volte la mamma che accompagnava e veniva a riprendere il piccolo Elvis; ci scambiavamo sempre qualche parola, gesto, pensiero... poi frettolosa correva a fare qualche ora di lavoro qua e là per racimolare il necessario per vivere. Lei conosceva bene il sapore vero delle cose, il gusto del pane guadagnato a caro prezzo e la libertà di donna sola, che si vive nel cammino dei poveri. Il 25 settembre entrai in classe 1° per l’ora di religione. Parlai insieme ai bambini della bellezza della Creazione e della bellezza originale di ogni bambino/bambina. Poi scrissi a carattere grandi: “O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!”... Elvis saltando in piedi e con voce squillante disse: “Dio è grande”. “Io sol Leggere”. Si avvicinò alla lavagna e col dito puntando sulle parole leggeva felice ogni lettera. Contemplai la sua espressione beata e ci lasciammo contagiare dalla gioia che sprizzava dal suo corpo bello e armonioso. Il 19 ottobre tutta la città attonita ascoltò la dolorosissima notizia: “Elvis bambino di sei anni è morto”. Fu trovato dai pompieri che abbatterono la porta del piccolo ambiente a piano terra nel rione Sanità. Era appoggiato al corpo di sua madre agonizzante. Le esalazioni di monossido di carbonio sprigionatesi dal braciere con la carbonella, che la mamma aveva acceso proprio nelle prime giornate di freddo, dal momento che l’Enel aveva staccato la corrente per morosità della loro casetta: un basso con un piccolo soppalco, lo avevano asfissiato. Stasera, ogni sera ci rimane un legame profondo con questa storia, con tutte le storie degli innocenti condannati, degli inermi dimenticati, di questa città di Napoli, di tutte le città del mondo. Una appartenenza indissolubile ci fa sentire responsabili e colpevoli di fronte a questa piccola famiglia distrutta dalle antiche radici a Capo Verde. La comunità scolastica, la comunità parrocchiale, la comunità di Capo Verde, residente a Napoli, la gente tutta di questo territorio esprimono dolore e tenerezza per la vita che muore e si fanno attorno con infiniti gesti di solidale partecipazione. Pietà di noi Elvis, nostro piccolo amico, tu che sapevi gustare le piccole-grandi gioie che la vita di offriva. Pietà di noi mamma Manuela, che conosci la bellezza e la responsabilità del tuo compito di madre e la gioia dell’unico figlio che ha riempito la tua vita. “Signore, anche ti te noi abbiamo pietà, perché devi avere il cuore che scoppia, e le notti che certo piangi per noi”. [religiosa dell’Ozanam]
8 commenti:
"O anima ormai acquietata,
ritorna al tuo Signore soddisfatta e accetta;
Entra tra i Miei servi,
Entra nel Mio paradiso."
Il Corano Sura LXXXIX, 27, 28,29,30
la donna che ha scritto questo articolo per elvis e la mamma è sicuramente una persona buona e di grande animo. ma chi aiuterà adesso i poveri?
una bellissima lettera scritta con un grande cuore. come dice Gibran: siamo noi che abbiamo Dio nel cuore o è Dio che ci porta nel suo cuore?!
Per non dimenticarci e dimenticare. leggetela tutti. Rosa
La sicurezza e la vita di Elvis e Manuela
È un dramma contemporaneo eppure antico, quello di Manuela Rodriguez e di suo figlio Elvis che si è consumato in un basso del Rione Sanità, a Napoli. Il piccolo è morto, lei, Maria, è in coma, entrambi asfissiati dalle esalazioni di un braciere che la madre ha acceso per riscaldare l’ambiente, dopo che era rimasta senza elettricità e quindi senza stufetta per una bolletta non pagata.
Contemporanea è la nazionalità di Manuela Rodriguez, venuta da Capoverde nel 1992, una donna speciale, unica, dicono con le lacrime agli occhi i vicini intervistati dalla televisione. Contemporanea è la condizione di “madre sola con figlio”, un’esperienza limite sulla frontiera verso il basso nell’attuale battaglia per la vita, per la sopravvivenza. Antica è la dignità, la volontà di Manuela Rodriguez di far vivere al meglio Elvis, che da grande voleva fare l’ingegnere, senza chiedere nulla a nessuno, se non al proprio lavoro. Una povertà che voleva bastare a sé stessa, che ha trovato accoglienza nell’antico quartiere di una grande città che custodisce la memoria di tante storie di povertà. Manuela Rodriguez, evidentemente messa in crisi nel proprio modesto, tirato bilancio da una bolletta forse mai recapitata in precedenza, ha trovato ancora una volta una soluzione da sola, per fare fronte al freddo improvviso. In attesa di poter pagare.
Non sapeva, le mancava la memoria, che il fuoco acceso in una stanza chiusa è pericoloso, in quanti sono morti in passato nei bassi napoletani per questo stesso motivo? Lavoro, dignità, povertà sono antiche parole contemporanee. Parole di una presa di coscienza, che dovrebbe essere nuova, attuale, contemporanea, che dovrebbero fare piazza pulita dell’osceno sbandieramento della sicurezza.
Chi ha messo in sicurezza la vita di Manuela e di Elvis? Perché la loro vita – la vita di tutti quelli come loro – deve essere esposta al pericolo della mancanza di quello che serve per vivere? Dovrebbero essere questo, l’amore per Manuela e suo figlio, l’indignazione, la rabbia per questa colossale ingiustizia, la motivazione di una scelta politica, di un impegno, della volontà di far sentire la propria voce. O è troppo antico?
Discutendo di questo immane dramma con mia figlia, mi sono sentito dire: “Papà, se la politica non riesce a salvare la vita ai tanti, ai troppi Elvis, allora la politica non serve a nulla”. In modo semplice ed immediato ha colto l’essenza ultima e vera della Politica con la P maiuscola. Una Politica che, adesso, deve prendere fra le braccia il corpicino di Elvis e portarlo, con delicatezza, al cospetto di Cristo e gridare tutta l’indignazione possibile, tutto il dolore possibile, versare tutte le lacrime senza risparmiarne alcuna. Poi, con risolutezza, la Politica dovrebbe prendere con mano le migliaia di Elvis costretti a vivere nei tuguri dell’ipocrisia e della menzogna e accompagnarli a scuola, in scuole allegre, colorate, sicure e poi accompagnarli a casa, in case vere, modeste anche, ma dove non vengano mai a mancare l’aria, la luce, l’acqua, il caldo, cibo sano, beni inalienabili della persona.
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Siamo testimoni di una nuova tragedia nel mondo silenzioso e troppe volte calpestato degli immigrati, una tremenda tragedia che fa alzare forte un urlo di dolore e di denuncia: ci vogliono più attenzione, strumenti adeguati e politiche mirate per salvaguardare i diritti e la salute delle popolazioni immigrate.
E' questo l'appello accorato della segreteria della UIL Campania, a poche ore dalla funesta notizia di cronaca riguardante la morte del piccolo Elvis, il bambino di solo sei anni di origine capoverdiana, nato in Italia e morto per le esalazioni di monossido di carbonio.
E' grande il dolore per la morte del bambino e con trepidazione la segreteria della UIL Campania e tutti gli immigrati degli Sportelli UIL sono in attesa per la sorte di Manuela Rodriguez Fortez, la donna, madre del bimbo, che è ancora in pericolo di vita presso il Cardarelli di Napoli.
"Era un bellissimo bambino, dice con le lacrime agli occhi Celeste Ramos, responsabile dello Sportello Immigrati della UIL Campania, vivace ed intelligente nonostante la sua tenera età. E la madre, Manuela, è una onesta lavoratrice, collaboratrice domestica, che vive in Italia dal 1992. Con molta dignità e orgoglio, lo cresceva amorevolmente, continua la Ramos, e certamente si era preoccupata di non fargli soffrire il freddo, accendendo la stufetta, purtroppo fatale. Pare inoltre che la bolletta della luce non sia mai arrivata a destinazione e che la corrente sia stata staccata inesorabilmente da 15 giorni."
Le donne immigrate, afferma la segreteria della UIL Campania, sono doppiamente penalizzate: perché sono donne ed immigrate. La condizione, poi, di essere madri sole e le stesse condizioni di indigenza, molto spesso le vede braccate in una forte paura, come quella di vedersi strappare i figli. Non si può restare fermi, non si può restare indifferenti di fronte agli enormi disagi di donne e di uomini, ancor di più se essi sono scampati a realtà terribili per una vita più umana e dignitosa.
invece di fare gli ipocriti cari "compagni" della uil, ricordate quello che avete fatto con il contratto dei metalmeccanici, accordandovi con i padroni e con il governo con un infame "golpe", disdettando unilateralmente un contratto che scadeva alla fine di quest'anno. la dignità dei lavoratori, immigrati e non , passa anche attraverso un sindacato che non svende i diritti dei lavoratori e da dignità a quelli che sono considerati "l'utima ruota del carro".
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