iniziano dopo…

Sei piccolo e ti obbligano ad andare a scuola. Cresci, e dopo il diploma, se lo prendi, decidi se andare all’università. In Italia il 40% dei giovani, e dei meno giovani, sono disoccupati. Ma leggiamo le scelte: ti diplomi o ti laurei, pensi di lavorare, magari nel tuo campo; chiedi lavoro, e se hai delle competenze le devi nascondere, meglio scrivere un curriculum con poche referenze. Inizi. Lavori, e vuoi far capire che sei bravo, ma dopo un mese di contratto a progetto, se ti va bene, ti licenziano. Sempre se ti va bene ne accetti un altro e poi un altro ancora, magari con mansioni differenti: il libraio, il webmaster, la guida turistica, l’insegnante di sostegno.

Dopo i venti anni iniziano i trenta. Continuo a prepararmi, ad imparare programmi, lingue, a seguire corsi per tenermi informato. Il lavoro ti offre un posto come guardiano, devi sostituire uno che va in ferie. Accetti, ma il curriculum non serve. Finiscono anche i giorni di sostituzione. “Vuoi fare tre giorni il portiere?” – “Ma io non ho mai giocato a calcio?”. Si tratta di una portineria. Accetti, non hai scelta, vuoi guadagnare per vivere. “Che faccio? Presento il mio curriculum per un nuovo concorso pubblico?”. “ok, non mi scoraggio”. Il tempo passa è l’incertezza sbilancia la quotidianità.

Dopo i trenta iniziano i quaranta. Speri ancora, anche se la speranza ti fa sentire fallito, un termine che ormai non si usa più per fortuna. Vagheggi. “Mi scusi, ma sono un laureato, lei mi offre un posto come garagista? Con tutto il rispetto per questo lavoro… ma per quanto tempo?” Accetti! Finiscono, un po’ per la depressione un po’ perché non c’è lavoro, anche queste piccole attività, finiscono quelle 600/700 euro al mese, finisce la depressione che lascia il posto all’apatia. Dovevo andarmene all’estero, fuggire e provare a sfondare nel mio campo.

Dopo in quaranta iniziano i cinquanta. Per fortuna che mia moglie lavora! Per fortuna che mio suocero ha qualcosa di soldi! Ormai non ci speri più. Le tue competenze e la tua età sono obsolete. Intanto hai finito di sperare in un sms che arriva, in una mail, in un amico, in una raccomandazione. Per tent’anni hai “sorpassato” fallendo, infondo volevi guadagnare solo 1000 euro al mese con un po’ di contributi. Ti lasci penetrare dal fato. Guardi le nuvole che sono di un colore indefinito: le vedi bianche, grigie, argento, rosa, le vedi dello stesso colore del tuo curriculum che nonostante tutto porti ancora con te.

Dopo i cinquanta iniziano i sessanta… Quel colore è diventato magia. Vagheggi razionalmente. Prima ti sentivi svuotato perché il lavoro finiva, oggi ti senti vuoto perché non ti sei mai riempito. Allora la magia diventa realtà, allora costruisci con il pensiero le tue passioni, il tuo lavoro, la tua dignità. Ripensi a quando dicevi: “ti faccio vedere, io sono un laureato”. Sorridi e nel continuare, coccolato dall’ineluttabilità, ripensi che tutte le tue cose iniziano dopo. [+blogger]


9 commenti:

Rosa C. ha detto...

Un dialogo interiore che non fa una piega. Viviamo un po' tutti noi laureati e non questa situazione di tragicità. Giusto, adesso la consideriamo alla stregua di un sortilegio. Infatti io la notte prego molto. ciao

Anonimo ha detto...

Negli ultimi anni il mondo del lavoro è notevolmente cambiato: le aziende sempre di più richiedono personale “flessibile”, adattabile cioè alle esigenze produttive. Questa è la realtà con cui si scontra un giovane alla ricerca di lavoro e con la quale deve fare i conti. Non è più realistico pensare al “posto fisso”, quello che ti accompagna fino alla pensione, e ti garantisce reddito fisso e sicurezza, ma bisogna abituarsi all’idea di cambiare spesso lavoro, accettando contratti temporanei. Naturalmente, in condizioni ottimali (lavoro sempre a disposizione) cambiare spesso lavoro può essere perfino divertente e stimolante, perché costringe a uno sforzo creativo di cambiamento e riadattamento a situazioni e professioni nuove. In ogni caso, è meglio attrezzarsi per fronteggiare culturalmente e operativamente questa realtà.

Sara ha detto...

caro anonimo, cambiare spesso lavoro può essere divertente e stimolante, ma, se vogliamo parlare in termini economici (visto che il lato umano e sociale è stato totalmente fatto fuori dalla attuale logica aziendalista), non è favorevole nè al lavoratore nè alle imprese. La flessibilità, sempre ammettendo, come giustamente fai notare, che ci sia sempre lavoro a disposizione, non permette alle persone di specializzarsi e pertanto di poter garantire un'alta professionalità. D'altro canto, il continuo ricambio di personale nelle aziende, non contribuisce certo a creare spirito di gruppo, coesione e stimolo al confronto, o anche alla competizione e quindi non crea produttività, senza contare i problemi che si possono creare nella formazione del nuovo personale. Ma in fondo allora, questa flessibilità a chi conviene?

Pip ha detto...

Conviene solo ai padroni e alle persone che non si firmano.

1 ha detto...

Un moNito PER TUTTI quelli che sono DOvuti ANDARE FUORI per lavoro, una grande opportunità per restare disoccupati. Fuori si soffre ma anche dentro non c'è aria. Coraggio. CIao.

Abu Abbas ha detto...

Non vi sfiora nemmeno per un istante l'idea che fra i 20, i 30 i 40 i 50 e i 60 anni, piuttosto che vivere una vita che non vale la pena di vivere, si potrebbe (dico potrebbe) anche andare a manifestare vigorosamente sotto le sedi istituzionali e, come hanno fatto in grecia, in inghilterra, in irlanda, in algeria, in tunisia ecc. ecc. si vada a sfasciare la testa dei politici e dei governanti che ci hanno portato a questo?.....
qualcuno ha qualcosa da perdere se non questo schifo di esistenza?
Uh!!!...Ma che sto dicendo?.....
Figuratevi.....No!
Anzi chiedo scusa se ho ferito la vostra sensibilità....
scherzavo eh???

+blogger ha detto...

Ben tornato Abu.

http://aboliamolavoroprecario.blogspot.com/ ha detto...

Il conflitto Fiat-Fiom scoppiato a fine 2010 sul progetto per lo stabilimento di Mirafiori a Torino – che segue l’analoga vicenda per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco – è importante per il futuro economico e sociale del paese. Giornali e tv presentano la versione Fiat, sostenuta anche dal governo, per cui con la crescente competizione internazionale nel mercato dell’auto i lavoratori devono accettare condizioni di lavoro peggiori, la perdita di alcuni diritti, fino all’impossibilità di scegliere in modo democratico i propri rappresentanti sindacali.

Vediamo i fatti. Nel 2009 la Fiat ha prodotto 650 mila auto in Italia, appena un terzo di quelle realizzate nel 1990, mentre le quantità prodotte nei maggiori paesi europei sono cresciute o rimaste stabili. La Fiat spende per investimenti produttivi e per ricerca e sviluppo quote di fatturato significativamente inferiori a quelle dei suoi principali concorrenti europei, ed è poco attiva nel campo delle fonti di propulsione a basso impatto ambientale. A differenza di quanto avvenuto tra il 2004 e il 2008 – quando l’azienda si è ripresa da una crisi che sembrava fatale – negli ultimi anni la Fiat non ha introdotto nuovi modelli. Il risultato è stata una quota di mercato che in Europa è scesa al 6,7%, la caduta più alta registrata nel continente nel corso del 2010.

2 ha detto...

diciamo sempre i padroni i padroni, ma per agire tutti insieme in un piano unico, devono pure organizzarsi no? Dove, quando e come?? Non riesco a capire...prendermela con Berlusconi, sento che anche se morisse domani i miei problemi non sarebbero risolti....In Algeria e in Tunisia e' facile ci sono dei dittatori mal travestiti da Presidenti...ma in Europa? Cosa accomuna Irlanda Inghilterra Grecia Romania ??Tutte sull'orlo del fallimento??Perche'?? Sono tutti capi di governo incapaci? Cosa abbiamo imparato della democrazia allora in tutti questi anni?? Chi mi sa rispondere??Fatemi sapere che io mi sto scervellando!