Leggo, sulle pagine napoletane de ‘La Repubblica’ del 28 luglio 2010 (pag. 5) un articolo, il cui titolo (“tentato omicidio, arrestati due pacifisti”) ed il cui contenuto fanno uso a dir poco disinvolto, rilassato, se non improprio o errato, o strumentale, del termine “pacifista”. Si descrive, nel pezzo, l’aggressione violenta e omicida di due partecipanti ad uno dei cortei napoletani del 1° Maggio scorso, i quali inseguono tre militanti dell’Associazione nazifascista “casaPound” (che assistevano da un marciapiede al corteo) fino a colpire più volte, mortalmente, a coltellate, uno di essi che - tempestivamente portato in ospedale - poi si è salvato.
I due partecipanti al corteo fanno parte, dice l’articolista, della sinistra radicale (espressione anche questa generica e imprecisa fino a sconfinare in un “luogo comune”) e sono abituali partecipanti a “manifestazioni pacifiste”; verso la fine del ‘pezzo’ si citano le loro presenze ai presidi contro la discarica di Pianura - dove, in realtà, c’erano militanti della estrema sinistra e ambienti di varia estrazione politica ivi incluso l’assessore Nugnes (“Margherita”) nonché cittadine/i del luogo non legati ad alcuna forza politica - e a quella in contrada Pisani. Anche il corteo, cui i due incriminati stavano partecipando, viene definito - erroneamente - “pacifista”: si dice che quel giorno ci fu da piazza Mancini un “corteo pacifista lungo le strade cittadine”. Dal quale, poi - dice l’articolo - circa trenta partecipanti si staccarono per aggredire i tre giovani militanti nazifascisti, uno dei quali sarà poi accoltellato da due di tali trenta giovani della manifestazione pacifica “(questa espressione mi sembra corretta).
Non intendo fare l’esegesi del testo ma far rilevare una sottile equazione: pacifista = violento. E quindi la conseguente criminalizzazione di questo aggettivo. In questi decenni ci sono state parole-chiave utilizzate da stampa e politici per operare - anche sotto il profilo lessicale - una mistificazione che bollasse di volta in volta come “estremisti”, “autonomi”, “filocinesi” indiscriminatamente tutte/i i partecipanti a movimenti, manifestazioni, cortei, assemblee… Lo stesso Berlusconi bolla come “comunista” o “compagno” chiunque non la pensi come lui: da Rosy Bindi a Gianfranco Fini! E la stessa titolare del Ministero dell’Istruzione, la Gelmini, ha proclamato all’atto della sua nomina, di proporsi come compito principale di sradicare del tutto dalle Scuole i valori del “Sessantotto” !
Altro termine in odore di criminalizzazione ed equiparato alle espressioni “terrorismo”, “anni di piombo” e simili. Secondo questo stile “maccartista“ di marca berlusconiana, fanno parte del comunismo in auge da abbattere: la Costituzione italiana, il CSM, la Corte costituzionale, la Magistratura, Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi ecc, ecc,: anche “pacifismo” è - secondo questa manipolazione – un termine assimilato a comunismo/terrorismo/violenza. E invece: pacifista è chi è politicamente impegnato per la pace, perseguendola con metodo nonviolento; lo stesso presidente Obama, Capo di uno Stato impegnato tuttora in due guerre in Asia, si è giustamente stupito per l’attribuzione del Premio Nobel per la pace che certamente egli non merita. Pacifisti sono Gandhi, Capitini, N. Mandela, don Milani. O Claudio Miccoli che va incontro, inerme, ad alcuni squadristi in piazza Sannazaro per chiedere loro perché usassero violenza nel propagandare le loro idee politiche. Pacifisti non sono i partecipanti a cortei, anche “per la pac”, che bruciano la bandiera israeliana. Né sono “missioni di pace” quelle, cui partecipa anche l’Italia da un ventennio, che vogliono perseguire la pace attraverso la guerra: il “si vis pacem, para bellum” dei bellicosi Romani.
Di qui la mia, scusate, indignazione per il titolo e il contenuto dell’articolo citato che porta acqua all’equazione pacifismo = violenza, contribuendo (nel suo piccolo) a discreditare il movimento per la pace come violento e perciò negativo. L’equazione pacifismo = violenza fa parte della moda d’inventare/usare un gergo politico/giornalistico per farlo diventare “senso comune” da utilizzare a scopo di dominio politico-culturale. L’assimilazione del pacifismo “comunista” alla violenza fa parte di un disegno preciso: screditare il movimento per la pace. Ma, io credo, c’è un solo e ultimo argomento che rende fuorviante ed errato l’uso inflazionato e obiettivamente strumentale e criminalizzante del termine “pacifista”. Ed è questo: i due responsabili dell’azione delittuosa dello scorso Primo Maggio non si auto-definirebbero - coerentemente - mai “pacifisti”! Primo: perché non lo sono. Secondo: perché ripudiano questa qualifica in quanto non corrispondente al loro modo di pensare e agire. Ringraziando per l’ospitalità che, spero, vogliate pacifisticamente accordarmi. [francesco ruotolo]
3 commenti:
Il pacifismo è il rifiuto della violenza e della guerra come strumenti per la soluzione di conflitti. Il termine si riferisce in effetti a un ampio spettro di posizioni, che vanno dalla specifica condanna della guerra a un approccio totalmente nonviolento alla vita.
In definitiva, il pacifismo può avere basi etiche (la convinzione che la violenza sia moralmente sbagliata) oppure pragmatiche (la convinzione che la violenza non sia mai efficace).
Il pacifismo si esprime in un ampio ventaglio di posizioni, da quell più moderate a quelle più estremiste. Esistono difatti specifiche concezioni di pacifismo fondate essenzialmente su credenze religiose (e quindi su basi fondamentalmente etiche), oppure su ideologie politiche (con combinazioni variabili di etica e pragmatismo)[2].
« Se guerra ci sarà per molto tempo ancora, forse per sempre, il superamento della guerra rimarrà il nostro fine più nobile e l'ultima conseguenza della civiltà cristiano-occidentale. »
(Hermann Hesse[1])
Il movimento pacifista è un movimento sorto nelle ultime decadi del XX secolo che ha come obiettivo contrastare il verificarsi di guerre e ridurre, per quanto possibile, la violenza tra esseri umani. Ha inoltre l'obiettivo di garantire la sicurezza sanitaria fondamentale ponendo fine alla guerra ed implementando diritti umani fondamentali, compreso l'accesso universale almeno a livelli minimi di sopravvivenza di aria, acqua, cibo, assistenza medica e giustizia sociale.
È caratterizzato principalmente dalla convinzione che gli esseri umani non dovrebbero farsi guerra l'un l'altro o ingaggiare violenti conflitti etnici a causa di lingua, razza o risorse - o conflitti etici a causa di religioni o ideologie.
Il movimento pacifista si oppone alla proliferazione di tecnologie pericolose ed armi di distruzione di massa, in particolare armi biologiche e nucleari. Come molti altri movimenti analoghi che si battono a favore dei diritti civili, ha sostenuto e favorito la formazione di associazioni politiche e Partiti Verdi in molti Paesi democratici verso la fine del XX secolo.
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