Di lei non sapevamo nulla. È salita alla ribalta suo malgrado, ma anche ora di lei sappiamo poco. Per il momento. Non conosciamo il suo nome, quello vero intendo: i soliti ben informati ce ne hanno offerte almeno tre versioni. Non sappiamo l’età esatta. Forse è una trentenne. Stanno preparando un dossier sulla sua vita, con dovizie di particolari, ci assicurano. Quindi, presto di lei conosceremo vita, morte e miracoli. Per ora si sa solo che è una donna, africana, immigrata da qualche ex colonia francese (pure ingrata, dunque), cameriera. Ma è quanto basta per renderla poco attendibile, sussurrano nei corridoi alti.
L’hanno promesso: di lei, tra poco tempo, sapremo molte cose. Scaveranno nel suo passato, nell’intento di trovare sufficienti prove per minarne la credibilità, fino ad annullare la sua accusa. Ci hanno assicurato che forniranno prove del suo passato dubbio. Giornali di mezzo mondo hanno già cominciato a spettegolare su di lei. Un’altra cosa certa sappiamo di lei: ha osato, lei donna, africana, immigrata e cameriera, denunciare un’aggressione e, così facendo, ha messo alla gogna un uomo che, guarda caso, risulta essere uno dei più potenti del mondo. E oggi è un ex. Grazie a una donna, anonima. Lei, immigrata africana e cameriera, ha osato denunciare un uomo che ora è imputato per “presunta” aggressione sessuale. Lei “ha osato”. E s’è scatenata una guerra impari.
Si è parlato di complotto, di trappola, di azione premeditata. Ci si è perfino chiesti come abbia potuto, lui, uomo potente, cadere in un “banale” errore. Già! Abusare di una donna, africana, immigrata e cameriera, non può che essere una banalità. Di questa storia, di cui abbiamo iniziato a vedere il primo atto, una cosa balza alla vista: nonostante l’evoluzione e il progresso, sono rimasti indelebili i tratti di una mentalità neolitica, che considera la donna – peggio se anonima – oggetto più che soggetto. Allora appare chiaro che il cammino del riscatto femminile è davvero tutto in salita. Denunciare una violenza, oggi come ieri, è molto difficile. Soprattutto se la donna è “solo una cameriera immigrata e per giunta africana” e l’uomo di turno ha mezzi sufficienti per intimidirla o, peggio, per zittirla.
Al momento, non conosciamo tutta la verità. Sappiamo che c’è stata una brutale aggressione di un uomo su una donna. Dovrebbe essere contingente il fatto che l’aggredita sia un’africana e l’aggressore sia uno che aspira a diventare presidente della Francia. Invece, no! Questo è ciò che ora importa. Questo è ciò su cui si fa leva, facendo passare in secondo ordine l’aggressione stessa e – cosa più rilevante – il fatto che una donna abbia avuto il coraggio di denunciare. Tutto questo ha il sapore di una minaccia, di un tacito monito ad altre donne.
L’uomo accusato si è dichiarato innocente. Il processo sarà lungo. Si muoverà la macchina del fango che sfornerà dettagli, presunti o reali, della vita della cameriera immigrata in America dall’Africa. Qualcuno – forse anche qualcuna – si chiederà se è valsa la pena mettersi contro un gigante, anzi, contro un’istituzione, contro un vizio maschile becero, sì, ma ancestrale. Riusciranno a convincerla a ritrattare? Si parla di offerte di somme da capogiro, nel caso dovesse ripensarci. Comunque, rimane il suo gesto coraggioso. Il dopo è storia da manuale.
Tra qualche secolo, forse, le nostre discendenti daranno titoli postumi alla cameriera africana immigrata per aver osato tanto. Non so se il confronto regge, ma a me, leggendo questa storia, è venuta in mente Rosa Parks, l’umile sarta afroamericana, che con enorme coraggio, il 1° dicembre 1955, si rifiutò di cedere il posto a un bianco sull’autobus. Fu arrestata e incarcerata. Ma riuscì a dare una svolta storica agli Stati Uniti d’America. Significativo quanto scrisse nella sua autobiografia: «Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Non è vero. Ero, invece, stanca di cedere».
Chissà. Forse anche la cameriera venuta dall’Africa per lavorare al Sofitel Hotel di New York, incurante dei falsi steccati che dividono l’umanità, ha voluto dire basta a tutto ciò che è sopruso nella vita. E forse ha già dato una svolta storica all’arroganza di chi crede di poter comprare tutto, anche la dignità di una donna. [Elisa Kidané, nigrizia.it]
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