Certo non è proprio un felice anno quello che si profila. Si parla di uscita dalla crisi, di “ripresa”, di “rally delle borse di fine anno” e altre idiozie del genere. Comincio con un esempio. Nel deserto accade uno strano fenomeno: la distorsione della percezione delle distanze. Immagini che un punto, ad esempio una duna particolarmente alta, disti da te circa 100-150 metri, tu ti avvicini e dopo un ora di cammino ti ritrovi a guardare la stessa duna che dista gli stessi metri che tu avevi stimato all’inizio. Non diventa né più grande ne più piccola e sembra allontanarsi alla stessa distanza con la quale tu ti avvicini. E’ una illusione ottica che ti fa comprendere quanto tu sia piccolo e insignificante di fronte all’immenso spazio del deserto. Ecco che gli imbonitori di turno ci fanno credere che la ripresa è vicina: eccola lì a portata di mano: bisogna solo crederci. Ma è un’illusione. Come quella duna nel deserto. Mentre c’è chi già intravede la fine della recessione, le statistiche ufficiali descrivono un Natale che verrà ricordato per la scarsezza dei regali. Lo conferma l’Istat che, evidenziando come siano oltre 500mila i posti di lavoro persi soltanto nel terzo trimestre del 2009, lascia pochi dubbi sulla pesantezza della crisi e sui suoi effetti. Dietro i proclami dei vari top manager che parlano di “fabbriche scarsamente profittevoli” di “riconversione di aree produttive” si nasconde il dramma di intere famiglie ridotte al fallimento (a Termini Imerese, tra diretti e indiretti, la Fiat occupa 3000 persone). Ma non è tutto: Il lavoro sta subendo trasformazioni epocali, così come diventa epocale il divario tra i più ricchi e i più poveri del mondo. Il rapporto dell’ILO (International Labour Organisation) conferma che la disoccupazione mondiale è passata nel 2009 da 190 milioni fino a 240 milioni di unità, il numero di lavoratori poveri che guadagnano meno di due dollari al giorno in aumento fino a 1,4 miliardi di unità (il 45% degli occupati mondiali); il numero di quelli con lavoro privo di reti di salvataggio, in incremento fino al 53% del totale. Il rapporto tra redditi dei top manager e retribuzione media - che era di 30 volte nel 1979 - giunge oggi a superare le 200 e perfino le 400 volte (Fonte ILO). L’Italia si colloca fra i paesi più diseguali, i quali restano Stati Uniti e Regno Unito, con una forte accentuazione delle sperequazioni nella composizione interna dell’allocazione delle risorse (della diseguaglianza distributiva della ricchezza prodotta). Nel caso italiano, vedono tra il 1993 e il 2006 il reddito disponibile equivalente reale aumentare del 2,6% per le famiglie dei lavoratori autonomi e solo dello 0,6% per le famiglie degli operai e dello 0,3% per quelle degli impiegati (Fonte CGIL). Secondo un rapporto del centro studi di CONFINDUSTRIA si sottolinea che il tasso di disoccupazione arriverà quest’anno all'8,6% e nel 2010 al 9,3% – affermano gli imprenditori – livello che non veniva più toccato dal 2000. La situazione tratteggiata dal centro studi è dunque critica, anche perché il deficit pubblico italiano nel 2009 si attesterà al 4,9% del p.i.l., scendendo nel 2010 al 4,7%. Il debito salirà al 114,7% quest'anno e al 117,5% nel 2010, (era del 105,7% nel 2008). Il livello del deficit per il 2009, sottolinea Confindustria, è attribuibile principalmente alla dinamica delle entrate che, per la prima volta dal dopoguerra, sono stimate in diminuzione: 1,4% rispetto al 2008.
Ma c'è di più. A continuare è anche il calo dei consumi degli italiani. Nel 2009, secondo le stime, si riducono dell'1,9%, accelerando il calo dello 0,9% che si avuto nel 2008.
Nei giorni prima di Natale ero in autobus e sentivo un signore lamentarsi delle strade cittadine perennemente piene e trafficate da gente dedita allo shopping natalizio. “E poi dicono che c’è crisi!”, concludeva. E’ vero. Quante volte ci siamo detti: “Ma quale crisi! E allora cosa ci fa tutta sta gente per strada e in auto?”. Ripeto: è una giusta considerazione. MA E’ UN’ALTRA ILLUSIONE! Questa volta tipica, non delle zone sahariane, bensì delle grandi metropoli mondiali. Qui faccio un altro esempio, questa volta avvalendomi di un noto film di Romero: “Zombie, L’alba dei morti viventi”. A un certo punto del film, gli zombie si riversano nei grandi centri commerciali statunitensi. Alla domanda: ”perché molti di loro vanno lì?” la risposta: “Assecondano un istinto, una reminiscenza di quando erano vivi: questo era un posto importante per loro ed ora anche da morti tornano qui”. Ecco la risposta: siamo diventati zombie, persone che vivono reminiscenze passate senza capire che sono morte da tempo, (in senso metaforico) e si aggrappano ai resti di una tradizione consumistica per esorcizzare la loro morte sociale (sancita per decreto dai potenti) e per godersi l’illusione di un barlume di vita, magari spendendo poco, nulla o tutto dei pochi spiccioli del bilancio familiare Forse esagero, lo so … . Ma alla fine gli zombie risultano oggettivamente invincibili e inestinguibili e col tempo si evolvono. [abu abbas]
12 commenti:
Sino a quando il nostro "costo lavoro" non avrà confronti con l'esiguità di quello dei paesi ad est, non vedo una soluzione alla disoccupazione industriale. Che poi da anni ci promettano le "riforme",( ma quali?)fa parte dell'imbonimento collettivo. Vedo NERO...lucio r.
in effetti, caro Lucio, si continua a ragionare con la mentalità dell'"economico", distruggendo ogni forma umana di pensiero e di ragione. l'uomo è nato per "sfruttare" in modo equilibrato quello che la terra gli offre, e non per abusare e distruggere o meglio sfruttare illogicamente le sue risorse. dallo sfacelo alla ribellione della "madre terra" che non ha più intenzione di sopportare "riti" costruiti che invadono ogni campo delle natura e del sociale.
in effetti anch'io mi ponevo le stesse domande del post ma non riuscivo ad esprimerle con la necessaria lucidità. Forse veramente siamo tutti morti socialmente perchè le vere informazioni che ci possono salvare vengono opportunamente occultate.
SI SI CERTO E' COSì, MA IO CONTINUO A CREDERE CHE VOI DALL'ALTO NON FATE REALMENTE NIENTE PER QUESTA CITTA'.
Nelle credenze popolari di Haiti, alcuni sacerdoti detti bokor sarebbero in grado di catturare una parte dell'anima di una persona detta piccolo angelo guardiano, producendo uno stato di letargia che rende come morto un essere vivente, e che anche anni dopo la sua sepoltura, essi siano in grado di riesumare il corpo rendendolo loro schiavo. Passando sotto il naso del morto una bottiglietta contenente il suo piccolo angelo guardiano lo si potrebbe far risvegliare e controllarlo a piacimento. Secondo alcune tradizioni se lo zombi dovesse assaggiare del sale per un qualsiasi motivo, riprenderebbe coscienza e la fattura verrebbe spezzata (Peter Kolosimo nell'introduzione a Tex contro Mefisto, Sergio Bonelli editore).
A partire dagli anni ottanta del Novecento si sono intrapresi studi a carattere scientifico sull'origine e la natura delle droghe che possono portare ai sopraccitati effetti. Trattasi di mix di sostanze neurotossiche di origine animale, probabilmente dal pesce palla (tetradotossina) e da molluschi gasteropodi della famiglia dei Conidi, che indurrebbero le vittime ad uno stato catatonico confondibile con la morte.
Si narra [senza fonte] più realisticamente di individui haitiani del ceto povero, indotti ad uno stato di morte apparente da individui senza scrupoli, frettolosamente sepolti dai familiari e presto riesumati per venir loro somministrato un blando antidoto che ripristinerebbe le funzioni vitali senza però restituire la volontà. Le vittime incapaci di qualsiasi resistenza verrebbero asserviti come schiavi per le piantagioni di canna da zucchero.
Le popolazioni haitiane dunque non temerebbero gli zombi ma di divenirne loro stessi[senza fonte]. Il regime dittatoriale della famiglia Duvalier, al potere fino agli anni ottanta, esasperava il clima di superstizione sugli zombi, conferendo ai capi della polizia segreta, i cosiddetti Tonton Macoutes, il potere di disporre delle droghe malefiche[senza fonte].
L’albero di Natale in letteratura
Molti classici della letteratura internazionale hanno raccontato il Natale parlando di uno dei simboli delle feste, l’abete decorato con luci e palline colorate. Il New Yorker passa in rassegna questi riferimenti da Truman Capote ad Anton Cechov.
Truman Capote ricorda quando da ragazzo con un suo amico aveva abbattuto un abete per portarselo a casa in A Christmas memory: “‘Dovrebbe essere alto il doppio di un ragazzino, così che un ragazzino non possa rubare il puntale’, disse il mio amico. L’albero che scegliemmo era alto il doppio della mia altezza”.
Poi c’è Un albero di Natale di Charles Dickens: “C’era di tutto e anche di più. Una variopinta collezione di oggetti strani era appesa all’albero di Natale come frutti magici. Una materializzazione delle fantasie dell’infanzia. Tutto questo mi faceva pensare al fatto che tutti gli alberi e tutte le cose che esistono sulla terra avevano le loro decorazioni naturali, in quei tempi tanto belli da ricordare. Ora che sono a casa di nuovo e da solo, i miei pensieri vanno indietro a quel tempo, non riesco a resistere al fascino della mia stessa infanzia”.
L’albero di Natale di David Herbert Lawrence è in Aaron’s Rod: “‘Quello che ha detto Josephine è semplicemente che vorrebbe mettere delle candele su uno di quegli alberi là fuori invece di portarne uno dentro casa’, spiegò Robert. Subito dopo erano tutti intorno all’abete alla fine del prato. La notte intorno era silenziosa, calma. Non c’era vento. Solo qualche rumore di motore in lontananza. ‘Le accendiamo appena le abbiamo fissate o le conserviamo per il brindisi finale?’, chiese Robert”.
MI incuriosisce... perché hai tolto il commento 27 dicembre 2009 12.53
C'è una sorte di perversione umana che cammina lentamente nella mente della gente anche in quelli che se non fanno beneficenza si sentono male e non possono mangiare di più a Natale o a Capodanno. Un richiamo alla natura e alle schifezze umane, certo umano sono anche io e faccio forse più schifo degli altri, ma la differenze c'è ed è grande tra uno schifoso povero e uno schifoso.
C'è una sorte di perversione umana che cammina lentamente nella mente della gente anche in quelli che se non fanno beneficenza si sentono male e non possono mangiare di più a Natale o a Capodanno. Un richiamo alla natura e alle schifezze umane, certo umano sono anche io e faccio forse più schifo degli altri, ma la differenze c'è ed è grande tra uno schifoso povero e uno schifoso.
Finchè ci resteranno sempre quei (pochi) soldi per fare i soliti regalini o rispettare le secolari tradizioni natalizie, ma il discorso si potrebbe allargare anche ad altri "periodi", non reagiremo mai per rovesciare questo sistema.
Eppure basterebbe aumentare gli stipendi...(ma che dico??!!) per fare in modo che le persone abbiano maggiore capacità di spesa e l'economia riprenda il suo corso. Tra l'altro, se non erro, quando la popolazione raggiunge una certa posizione sociale nascono altri bisogni per i quali essa tende ad occupare delle posizione ancora più alte nella scala sociale. Se non erro di nuovo questa si chiama evoluzione...
d'accordo con te, pendolare.
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