rione sanità massa/moretti

Sul capitolo del libro di Cinzia Massa e Vincenzo Moretti, “Rione Sanità” storie di ordinario coraggio e di straordinaria umanità: mi concentro solo sull’intervista fatta alla preside della scuola Francesco Caracciolo, senza, per adesso, analizzare gli altri capitoli e ringrazio gli autori dell’intervista e della loro onestà intellettuale nel raccogliere e senza modificare nulla di quello che avevo detto.

Gli autori sottolineano che il rione è pieno di buona volontà e in parte di gente onesta e capace. La cosa che più mi fa arrabbiare è quando leggo interviste che, se capovolte, raccontano tutto e il contrario di tutto. Mariarosaria Pangia afferma “inorridita” che 1 ragazzo su 5 nella scuola ha avuto a che fare con la giustizia, se avesse detto che 80% dei ragazzi è di buona famiglia il dato sarebbe stato letto differentemente. Eppure sta dicendo la stessa cosa.

Si afferma ancora che i ragazzi della scuola Bernini di Mergellina hanno una concezione differente della scuola perché hanno genitori professionisti, mentre quelli del quartiere sanità sono semianalfabeti e, cito testualmente, “che parole come insegnante, studente, famiglia, scuola, a Chiaia significano una cosa, alla Sanità un’altra”. Adesso dovete spiegarmi voi cosa avete affermato. Che cosa significa avere genitori professionisti? Che cosa significa abitare a Chiaia? Perché per gli studenti del rione Sanità la scuola significa Vesuvio oppure treno, o ancora cantata dei pastori? Adesso per non essere “lezioso”, cara preside, si legga questa ricerca fatta proprio nella sua scuola, e stia attenta anche ai tanti commenti, poi la commentiamo assieme. LEGGI

Altra affermazione tendenziosa, cito: “e così il ragazzo si demotiva ancora di più, la scuola gli interessa sempre di meno, appena può va a lavorare al bar, dal macellaio, oppure alle bancarelle dei genitori che, diciamo così, operano nel commercio”. Diciamo così? Ma che significa? Questo luogo, storicamente, è sempre stato un quartiere di commercianti e ambulanti, bottegai e operai. Quel “diciamo così” ha il sapore amaro e per un figlio di un operaio che ha lavorato per 40 anni e ammalato di cancro è stato licenziato senza liquidazione e senza contributi, beh tutto questo la dice lunga sulla differenza di definizioni e di prospettive che vivono i figli dei professionisti. Ma poi chi glielo ha detto che quest’ultimo non delinque? Conosce i dati sulla delinquenza dei colletti bianchi? 

Aldilà del singolo caso, che tanto singolo non è, non credo che nel rione tutti vogliano sentirsi leader e ostentare prepotenza verso i più deboli, come scritto nel libro, una cosa è la malavita, un’altra è l’adolescenza. Il bullo vive in tutte le scuole d’Italia famiglia a parte. C’è scritto ancora che: “…dinamiche strane: …una ragazzina che ha avuto una bimba, poi è tornata e le compagne la guardavano come una persona adulta, come un punto di riferimento, lei stessa si poneva in questo modo, la preside ha dovuto chiamare i genitori per dire che la ragazza doveva cambiare atteggiamento perché si rischiava di rovinare la classe. …la filosofia del se il ragazzo mi picchia vuol dire che mi vuole bene, se non mi lascia libera è perché è innamorato”.

Rovinare la classe? Mi piacerebbe sapere se quest’adolescente ha poi continuato scuola. Che significa “ha dovuto chiamare i genitori?”; credo sia normale che la ragazzina abbia spiegato alle sue compagne, in parte anche volendo mostrare la sua “esperienza”, la nuova situazione di mamma?! I giovani in particolari circostanze hanno particolari atteggiamenti, come del resto anche gli adulti. Un po’ di buona volontà da parte del docente e la classe non si rovina.

Un articolo a parte meriterebbe la concezione degli eroi, gli eroi del rione sanità, io stesso sarei un eroe. Qui nel 1943 hanno fatto le barricate; qui c’è la criminalità sottoproletaria; qui non c’è il cuore, ma la vita che s’interseca con il cingalese, con il bielorusso, con la povertà; qui ci sono storie di uomini e di donne “perdute”, qui c’è l’amarezza di non raggiungere il benessere. Qui si ostenta il gruppo di riferimento: del resto anche i professori ambiscono a diventare presidi e i preti vescovi.  Una cosa è certa: da quello che leggo, per adesso cambierei i docenti più che gli alunni. [+blogger] 

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Pessimo, basta anche leggere solo i commenti di una sola frase su facebook area blog per capire l'indignazione.
Per me tabula rasa meglio

Mauro ha detto...

gli stereotipi sul quartiere non bastavano, adesso si mettono anche i professori, mi stupisce questo.

chi sta qui non si accorge di niente, parlassero mai dei poveri lavoratori, come ha fatto questo blog.....

vincenzo moretti ha detto...

Si può scrivere delle storie senza avere la pretesa di dire tutto, di capire tutto, di scoprire tutto? Secondo me sì, Cinzia Massa e io abbiamo cercato semplicemente di raccontare l'umanità e il coraggio di persone, associazioni, giovani che popolano il quartiere e posso dire che, con tutti i nostri limiti, andando in giro per l'Italia a parlare del libro e dei suoi protagonisti abbiamo avuto sempre più la conferma che ne è valsa la pena. Detto questo, nessuno ė perfetto, e alla regola non sfugge certo il nostro libro, ho voluto semplicemente ribadire che personalmente continuo a essere molto contento di esserne uno degli autori. Con simpatia e amicizia. Vincenzo

+blogger ha detto...

La prevaricazione che c'è nei confronti della gente del rione, aldilà degli "supermen" e delle "statuine", non ha eguali se non nel sud del mondo. Quando si rendono pubbliche certe affermazione bisogna avere la capacità poi di suffragarle con prove. Il linguaggio, così come i media, fa disastri enormi e mettono a repentaglio la vita di molte persone. Ho letto il libro e ripetuto diversi capitoli. Ho letto anche alcune interviste di Massa/Moretti, non le commento perché la loro critica non lascia nulla da eccepire. La critica la faccio nei confronti di chi si spaccia per “eroe”, come quelli che vengono nel quartiere per “santificare e redimere”. Queste persone non conoscono il rione e ancora di più, come in un commento su facebook, forse “non conoscono Napoli”. Ha letto sig. Moretti la statistica che ha fatto un professore della Caracciolo qualche anno fa? In parte è postata su questo blog, ma se vuole gliela faccio legge integralmente. Sono offeso come cittadino del rione sia dal fatto che c’affibbiano etichette e stereotipi sia dalla mancanza di informazioni e di attenzione che pongono molte persone parlando e sentenziando gratuitamente. Io non credo agli eroi, anzi nei film non li sopporto, invece credo nella storia di questo luogo: credo nell’intersecazione della tradizione e dell’attualità; credo nel cambiamento che forse partirà proprio dal più ciuccio degli alunni della Caracciolo; credo in quella ragazza incinta che ha partorito e poi e ritornata a scuola; credo in quei genitori che dicono che non hanno tempo… sarò un romantico, ma dietro quelle persone ci sono altre persone e, dietro ancora, ancora altre.

Anonimo ha detto...

penso che il libro con tutti i suoi limiti nella descrizione del nostro rione comunque fa uno sforzo nella lettura delle cose positive è negative che QUI si vivono un aPPROFONDIMENTO E NECESSARIO INVITO IL NOSTRO BLOGGER HA FARLO SCRIVENDO NON SOLO ARTICOLI MA ANCHE UN LIBRO

Drik ha detto...

si,si blogger ha ragione scrivi un libro, magari pubblica i numerosi articoli già scritti, sono pur sempre un libro! ciao.

Anonimo ha detto...

penso che sia giusto che tu esponga la tua lettura del quartiere sopratutto perche la vivi quotidianamente scrivendo un libro cosi di poterne aprire una discussione fattiva

Anonimo ha detto...

l informazione quando si tramuta nella realta è pluralistica questa ne fa da sale alle coscenze scrivi blogger scrivi