Appello ai giornalisti. Il 9 luglio 2011 verrà proclamata l’indipendenza del Sud Sudan, il 54° stato dell’Africa. E’ con gioia che salutiamo questo giorno dopo tanta sofferenza e morte! Ci sono voluti 191 anni di lotte per arrivare a questo traguardo - così ha sostenuto in un messaggio alla nazione il primo presidente del nuovo stato Salva Kiir Mayardit. E’ infatti dal 1820 che i popoli del Sud Sudan hanno lottato contro schiavisti e colonizzatori, sia arabi che europei. Ma anche dopo l’indipendenza del Sudan (1956), il Sud resistette ai regimi oppressivi di Khartoum con due guerre civili, durate quasi 40 anni. Guerre spaventose che hanno fatto almeno due milioni di morti e milioni di rifugiati. L’accordo di pace fra il Nord e il Sud del Sudan siglato a Nairobi nel 2005, prevedeva anche un referendum in cui i popoli del Sud potessero liberamente esprimersi sul loro futuro. (Purtroppo il popolo Nuba, che aveva lottato con il Sud, non è stato incluso in questo accordo!).
Il 9 gennaio 2011 il Sud Sudan ha tenuto in maniera pacifica quel referendum, che ha sanzionato quasi all’unanimità l’indipendenza. Il regime di Khartoum, nella persona di Omar El Bashir, anche se ha formalmente accettato il verdetto, ha mal digerito quella soluzione. Ed ora sta rendendo la vita difficile al nuovo Stato che i vescovi cattolici hanno definito “ una unica nazione da tante tribù, lingue e popoli”. Il governo di Khartoum, sta infatti scatenando una guerra militare ed economica contro il Sud. Il 21 maggio 2011, dopo due giorni di pesanti bombardamenti, le Forze Armate Sudanesi, hanno occupato la cittadina di Abyei, al confine tra i due stati, ricca di petrolio e di importanza strategica. Ben 100.000 persone hanno dovuto fuggire. Sembra che, tramite l’Unione Africana si sia raggiunto il 21 maggio un’intesa che prevede l’invio ad Abyei di 4.000 caschi blu dell’ONU e il ritiro dei soldati di Khartoum. Il governo di Khartoum ha poi deciso che, a partire dal primo giugno, tutti i soldati SPLA (Esercito di liberazione del Sud Sudan) trovati nelle regioni del Nord, dovevano consegnare le loro armi o essere attaccati. Particolarmente toccata da questa decisione è la regione dei Monti Nuba, nel Nord del paese, dove vivono popolazioni nere che hanno combattuto con il Sud per l’indipendenza.
Riteniamo che nessun popolo in Africa abbia così tanto sofferto come i Nuba, asserragliati sulle colline del sud Kordofan. Il tentativo dell’esercito sudanese di disarmare i sodati Nuba ha spinto il 5 giugno l’esercito di liberazione dei Monti Nuba ad occupare gran parte del territorio. La reazione dell’esercito sudanese è stata feroce: pesanti bombardamenti, arresti, esecuzioni sommarie. L’aeroporto di Kadugli (la capitale della regione) è stato chiuso, la pista di Kauda (importante per le agenzie umanitarie) è stata bombardata. Molte chiese sono state saccheggiate e distrutte. Per di più il governo di Khartoum ha deciso la guerra economica contro il nuovo stato: chiusura delle vie di comunicazione verso il Sud dove ora scarseggiano i viveri e il carburante.
Noi missionari/e comboniani abbiamo vissuto e viviamo sulla nostra pelle questi avvenimenti, fin da quando il nostro fondatore S.Daniele Comboni, ha fatto di quella terra la sua terra, scelta pagata con la vita(1881). E pagata anche da tanti missionari/e sepolti nella valle del Nilo. Per questo, mentre esultiamo con i popoli del Sud Sudan per l’indipendenza, tanto agognata, chiediamo al popolo italiano di solidarizzare con questo nuovo Stato che ora inizia il suo nuovo cammino. Una nazione fra le più povere del pianeta, ma con immense potenzialità. Altresì chiediamo al governo italiano di rivedere i suoi forti legami (per il petrolio!) con il regime di Khartoum di Omar El Bashir, che ora potrebbe ripetere i crimini commessi in Darfur, anche contro il popolo Nuba. Infatti è in atto un “genocidio Nuba”, così afferma il vescovo anglicano di Kadugli Andudu Adam Elnail, la “distruzione del nostro stile di vita e della nostra storia”. Davanti a questi eventi noi missionari/e comboniani chiediamo prima di tutto alla Chiesa italiana di dedicare una domenica invitando tutti i cristiani a pregare in solidarietà ai popoli del Sudan, in particolare al popolo Nuba.
Altresì chiediamo al mondo associativo sia laico che cattolico di mobilitarsi in difesa dei diritti umani del popolo sudanese, specie dei Nuba. E a voi giornalisti, che potete così tanto nella vostra professione, noi missionari/e comboniani vi chiediamo di divulgare queste importanti notizie che riguardano sia il Sudan che il Sud Sudan, con particolare attenzione al popolo Nuba. Con l’augurio che il Nord e il Sud Sudan ritrovino pace e giustizia. [P. Fernando Zolli, mccj - P. Alex Zanotelli, mccj - Fr. Enrico Gonzales, mccj - Per adesioni scivere a fernando.zolli@gmail.com egir@hotmail.com]
5 commenti:
Esiste solo un modo per fare capire ai ricchi come e in che modo vivono i poveri: bisogna trasformarli e farli diventare poveri, poverissimi, patire la fame, la sete, il caldo, le pustole, il freddo, l'abbandono, la miseria, la solitudine. E' l'atto più rivoluzionario e insignificante che possa esistere.
muoverci tutti, protestare, per togliere il marcio, a volte purtroppo anche con la violenza.
La Repubblica del Sudan (arabo: جمهورية السودان الديموقراطية) è uno Stato dell'Africa subsahariana.
Il Sudan confina ad est per circa 600 km con il Mar Rosso, l'Eritrea e l'Etiopia, a sud con il Sudan del Sud, ad ovest con il Ciad e la Repubblica Centrafricana e a nord confina con l'Egitto e la Libia.
In termini di superficie è stato il più grande stato del continente africano, fino al l'8 luglio 2011; in seguito alla scissione del Sudan del Sud, l'Algeria è diventato lo stato africano con la maggiore estensione geografica. Attualmente il Sudan è una repubblica presidenziale retta però da una giunta militare.
Il nome deriva dall'arabo Bilād al-Sūdān, che vuol dire "Paese dei Neri", poiché gli arabi così chiamavano i territori confinanti col Sahara meridionale, le cui popolazioni erano appunto di colore.
c'e' scritto: aiuta il prossimo e aiuterai te stesso. Aiuta che Dio ti aiuta.
Il sito Avaaz ha lanciato una petizione, una volta firmati si chiede di telefonare o mandare un e mail alla segreteria dei propri leader politici http://www.avaaz.org/it/sudan_enough_is_enough/?fp e poi commentarne la risposta.
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