chiude la scuola materna

Nel rione “Sanità” manca la scuola media, nel rione “Sanità” manca l’asilo-nido; nel rione “Sanità” ora viene chiusa la scuola materna di salita Mauro (aperta appena 1 anno fa)

LA SCUOLA MATERNA “ S. Antonio La Palma” di SALITA MAURO NON DEVE CHIUDERE !

“Come potranno pagarsi scuole private famiglie tanto disagiate ? Come si pensa di prevenire povertà, emarginazione, macro e micro delinquenza, se vengono negati i presidi socio-culturali della democrazia, della legalità, dell’identità collettiva, fin da tenera età ?” Lo afferma Francesco Ruotolo, uno dei genitori del Consiglio di Circolo - La componente genitori si mobilita con una petizione popolare. Dal 1° settembre, ad appena un anno dalla sua istituzione, chiude la scuola statale dell’infanzia di Salita Mauro, in una delle aree più emarginate del rione Sanità. Infatti, il 22-4-2008 il Dirigente scolastico, dr.ssa Emma Valenza, ha comunicato che la sezione di scuola materna del plesso S. Antonio La Palma non sarà costituita nell’anno scolastico 2008-2009, a causa dell’esiguo numero di iscritti. “Tale sezione di scuola materna (che oggi sfiora i 15 iscritti) serve un territorio fortemente svantaggiato – per gravi forme di disagio familiare, economico e sociale – ubicato nella parte collinare più periferica della “Sanità” – afferma Francesco Ruotolo, membro del XVII Consiglio di Circolo.
Ricordando che il Capo dello Stato, il Sindaco, l’Assessore comunale all’Istruzione, negli incontri con la cittadinanza della ‘Sanità’ hanno sempre ribadito l’impegno – tramite l’estensione dei presidi formativi sul territorio – delle istituzioni a tutela della legalità, il genitore stigmatizza che “la presenza di una scuola materna in una realtà così svantaggiata non può dipendere da un atto ragionieristico di taglio alla spesa pubblica; basti pensare che per circa 70 alunne/i della scuola di salita Mauro c’è un solo computer, una sola bidella sia per le ‘elementari’ sia per la ‘materna”.
Ad un anno dalla sua istituzione, la chiusura provocherebbe disorientamento delle/dei bambine/i nell’attività didattica costringendo le famiglie, anche per motivi di lontananza dalla sede centrale, a rinunciare a questo servizio, non avendo la gran parte di esse la possibilità di pagare un asilo privato: pur non essendo quella dai 3 ai 6 anni scuola dell’obbligo, è orientamento affermato di operatori della scuola, pedagogisti, pubblici amministratori, il considerare l’intera fascia 3-11 anni titolare del diritto alla formazione.
Secondo Francesco Ruotolo, “nella scuola di salita Mauro, ove la scolaresca con un progetto didattico ha realizzato coloratissimi murales in tutte le aule, ove il forte impegno della componente ‘genitori’ ha ottenuto il totale rifacimento delle finestre di tutte le aule, ove in occasione dell’istituzione dell’asilo - un anno fa - sono stati rifatti i servizi igienici per i nuovi piccoli ospiti, è fortemente contraddittorio che tale nuova scuola materna venga chiusa a causa sia dei risicatissimi organici del personale A.T.A., sia dei fondi assolutamente insufficienti per le supplenze, sia del numero di iscritti; una burocratica decisione, inflessibilmente ragionieristica, non idonea a dare una risposta concreta ai bisogni delle/dei bambine/i, cui – per motivi contabili di stampo aziendalistico – verrebbe negata la scuola dell’infanzia in un rione ad alto rischio e disagio, infantile e non.
In un quartiere privo di scuola media, privo di asilo-nido, è paradossale sia chiusa la scuola materna di Salita Mauro 21, per mancato raggiungimento (per una o due unità) del numero minimo di iscritte/i: “Entro metà giugno la cifra di 15 iscritte/i sarà superata – afferma il genitore – ma è necessario rilevare che la chiusura della scuola materna di salita Mauro contribuirebbe ad un ulteriore peggioramento delle condizioni socio-culturali del rione ‘Sanità’ e ad un abbassamento della prevenzione contro disuguaglianze, marginalità, illegalità”.
I genitori del plesso di salita Mauro sono decisi nel perseguire l’obiettivo del mantenimento di questa scuola dell’infanzia nella parte più emarginata del ‘rione Sanità che resta una delle periferie più degradate al centro della Città, non essendo la “Sanità” una priorità nell’agenda politica della Città.
Una petizione popolare sarà sottoscritta dai genitori della succursale di salita Mauro, affinché non siano disattesi i diritti delle/dei bambini, scongiurando che l’abbandono, la solitudine, il caos di questo quartiere costituiscano un eccellente esempio di negazione del diritto, della democrazia, dell’identità collettiva. Napoli, maggio 2008 - [Francesco Ruotolo]

acqua sbottigliamola

L'Italia è il Paese in cui si ha il maggior consumo di acqua in bottiglia nel mondo, con 194 litri pro capite solo nel 2006 (oltre mezzo litro a testa al giorno). Un dato in costante aumento, triplicato in poco più di 20 anni (nel 1985 erano appena 65 litri), e con esso anche il volume di affari per i produttori di acqua minerale è aumentato e di molto. Nel 2006, in Italia, erano attive 189 fonti e 304 marche di acque minerali in grado di generare un volume di affari di 2,2 miliardi di euro, grazie all’imbottigliamento di 12 miliardi di litri di acqua (Beverfood). Il business miliardario per le industrie dell'acqua minerale è favorito, secondo Legambiente e Altreconomia, anche dai canoni di concessione molto bassi che vengono versati alle Regioni, costi che spesso non tengono conto neanche dei reali volumi di acqua prelevati. Sono solo otto infatti le regioni italiane che prevedono un canone in base alla quantità di acqua imbottigliata: si va dai 3 euro ogni mille litri prelevati in Veneto ai 5 centesimi ogni mille litri della Campania. In sostanza le industrie pagano alle Regioni molto poco l'acqua che prelevano, rispetto a quanto guadagnano dalla vendita del loro prodotto. In molti casi questi introiti non sono neanche sufficienti a coprire le spese sostenute per lo smaltimento delle numerose bottiglie in plastica derivanti dal consumo di acque minerali che sfuggono alle raccolte differenziate. «È giunto il momento di definire e applicare una volta per tutte un criterio unitario a livello nazionale e più oneroso per il rilascio delle concessioni, fondato su sistema penalità e premialità – dichiara Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente – penalizzando ad esempio chi utilizza bottiglie di plastica o esegue il trasporto su gomma e premiando invece chi favorisce il vuoto a rendere o utilizza la ferrovia». L’impatto ambientale derivante dalla filiera delle acque minerali è altrettanto preoccupante: nel 2006, per la sola produzione delle bottiglie, sono state utilizzate 350 mila tonnellate di polietilene tereftalato (Pet), con un consumo di 665 mila tonnellate di petrolio e un'emissione di gas serra di circa 910 mila tonnellate di CO2 equivalente. Ma anche la fase del trasporto dell’acqua minerale influisce non poco sulla qualità dell’aria: solo il 18% del totale di bottiglie in commercio viaggia sui treni, tutto il resto lo fa su strada. Inoltre solo un terzo circa delle bottiglie di plastica utilizzate sono state raccolte in maniera differenziata e destinate al riciclaggio. Secondo i dati forniti dall’associazione di categoria Mineracqua e dal Corepla, il consorzio per il recupero degli imballaggi in plastica, nel 2006 sono stati immessi al consumo circa 2,2 milioni di tonnellate di imballaggi plastici, di cui 409mila in polietilene tereftalato.
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l'inutilità di essere utili

Devi fare, ti devi muovere, devi stare al passo con i tempi. Flessibile come l’economia, intraprendente per non rimanere indietro, dinamico, ingegnoso, caparbio e testardo. Non muoversi è la morte, industriarsi per vincere e restare al passo con i tempi. Inventare ed essere imprenditori di se stessi. Questi termini, che nel vocabolario italiano significano mentalità vincente, al cospetto di un rione retrogrado e inetto, dove la cultura della povertà, come qualcuno l’ha definito, impera sovrana nell’inettitudine, appaiono [in]comprensibili definizioni all’origine di ogni male precostituito. Il continuo fare e la fretta di arrivare primi ha generato mostri come la “razionalità [a]pensante e la consapevolezza di non sapere. Non sappiamo se questi termini esistono veramente né se la comunità scientifica li riconosce. Basta con l’iper-attivismo, noi vogliamo rimanere indietro, essere all’antica, pensare lentamente e con garbo. Non volgiamo muoverci, né correre, siamo contro ogni forma di fretta sociale. Perché se l’attività maniacale ha prodotto obbrobri mostruosi allora meglio restare indietro sapendo di vivere e far vivere. Meglio l’immobilismo al sapere infetto, meglio l’inattività che l’incessante e minuziosa ricerca (creando bombe intelligenti che si aprono a grappoli oppure gas che infettano il mondo); meglio ignorare che seppellire rifiuti tossici; meglio restare seduti che camminare su un cumulo di teschi; meglio essere chiamati poltroni, fuori dagli schemi economici e privi di sensibilità manageriale; meglio la tradizione lenta e poco rumorosa che il brivido di una società virile che vende l’inconsistenza in cambio di idiozia. [+Blogger]