Da diversi giorni sto
intervistando persone che in qualche modo hanno avuto a che fare con la jella,
e direttamente con qualche jettatore. Un caso molto particolare mi è parso un
lavoratore che mi ha raccontato la sua odissea dopo aver scoperto che una
persona, suo vicino, è un vero “profeta predicatore”. Gli ultimi venti anni
della sua vita li ha passati a collezionare amuleti, corni, ferri di cavallo,
scope e cornucopie. Una vera è propria catastrofe si abbatte sulla sua
esistenza nel momento in cui qualcuno pronuncia il nome dello jettatore. Un
uomo abbastanza intelligente che comprende le sue esagerazioni ma che non ha la forza di liberarsi da una credenza
che lui ritiene provata scientificamente. Mi spiega: “la scienza prova un
evento se e in quale situazione si verifica, beh io sono vent’anni che verifico
ogni volta la stessa cosa. Il mio vicino porta scalogna, le prove sono
schiaccianti e verificabili”. Mentre parla con me ha in mano un corno grande
quanto un avanbraccio, riprende più volte un martello e qualsiasi cosa possa
somigliare al ferro. Non vuol dirmi come si chiama lo jettatore, se solo lo
pronuncia (e se solo gli capita di pensarlo), può succedere qualcosa di
spiacevole. Mi dice che neanche io devo pronunciare quel nome, al massimo devo prima
fortificarmi.
In realtà "e per fortuna" non c’è
tanta gente che parla in questo modo, il più delle volte si crede alla
“negatività”, che mi è parso un discorso più filosofico. Ma credo che poche
settimane di dialoghi e confronti non possono esaurire una ricerca specialmente
se a condurla è un editore antropologo. Un artista abbastanza conosciuto a
Napoli ha una sua singolare teoria a riguardo. “I napoletani in parte sono protetti dalla malasorte, questo perché nel
golfo partenopeo c’è il Vesuvio. Il protettore è san Gennaro che squaglia il
sangue. Il vulcano (che sputa fuoco), è annichilito dalla sagoma del santo che
in testa ha un corno”. Infatti in tutte le raffigurazioni artistiche il mezzo
busto di san Gennaro assomiglia alla sagoma del Vesuvio. Un immenso cratere
tappato da un corno.
C’è chi in realtà uno jettatore
non l’ha mai conosciuto, chi invece è agnostico, chi non ci crede e chi
attribuisce la sfortuna ad una condizione di vita personale. In parte chi crede
di essere sfortunato (e davvero lo è), percepisce tale sfortuna attraverso la
mancanza di un bene materiale. Può darsi che l’attaccamento a qualcosa è così
forte che il solo pensiero di perderla crea credenze minacciose. Ma anche
questa supposizione trova la sua antitesi. La jella è un fenomeno che
attraversa un po’ tutti gli strati sociali, le spiegazioni di chi ci crede, e
di chi non ci crede, sono in parte simili ed affascinanti. La mancanza come
forma di una esistenza critica e per contro una forma di bullismo invertito, che
stigmatizza per sopravvivere. L’etichetta allo jettatore è una forma magica,
quest’ultimo vive in un limbo corazzato, giocoforza chi subisce è sempre il
credente. Aldilà degli stati d’animo un profeta
nel 2016 non può esistere, lo jettatore è fuori tempo, è in una condizione anormale
ed è per questo che minaccia.
Ma per contro c’è chi afferma l’esatto opposto. Un altro testimone è un artista di strada napoletano che ha dichiarato non solo di non aver mai conosciuto una persona che porta sfortuna, ma che non ha mai sentito parlare nessuno di questo argomento. Ha sì accennato a qualche episodio mettendolo però in relazione con le coincidenze della vita. “Non è vero ma ci credo” anche se ci sono uomini e donne in cui l’argomento non li ha neanche mai sfiorati. Mi rendo conto che in queste poche righe non ho per niente esaurito la mia fama di persona interessata all’argomento, in realtà prima di essere contattato dall’editore neanche io ci avevo mai pensato, ma il fascino di parlare con la gente, di scoprire che dietro ogni singolo c’è un altro singolo e forse altri ancora, è così meraviglioso che le sole prime interviste mi hanno fascinato l’anima. Mi piacerebbe diventare anche io come il mio primo informatore. Giovanni, così si chiama. Egli ha così tante convinzioni che mi ha sfidato dicendomi che non appena incontro l’innominabile la mia esistenza è segnata. Se così sarà, speriamo, avrò provato che davvero la jella non esiste. [+blogger]
4 commenti:
interessante come argomento anche se molta psicologia ingenua
La superstizione è il fatto di avere credenze e compiere pratiche che, nella valutazione della cultura e delle religioni superiori, ufficiali e dominanti, sono ritenute frutto di errore e d'ignoranza, di convinzioni e istituzioni inferiori e sorpassate.
La figura dello sfortunato è molto sfruttata nel cinema e nella letteratura, soprattutto di genere comico. Esempio dello sfortunato cronico sono il ragioniere Ugo Fantozzi, impersonato da Paolo Villaggio, o Paperino. In queste opere, quando non viene esplicitato, come appunto nei due esempi citati, si tenta di instaurare nello spettatore/lettore il dubbio che la sfortuna sia una caratteristica intrinseca al personaggio e che sia contagiosa nei confronti di chi gli sta vicino, come per i cosiddetti "jettatori". Nonostante siano state date esaurienti spiegazioni sul perché alcuni eventi vengano considerati nefasti (vedi paragrafo seguente), oggi le persone superstiziose sono ancora molte. Ancor di più sono le persone che, pur non proclamandosi superstiziose, preferiscono evitare certi comportamenti, sostenendo che in ogni caso sia meglio non sfidare la sorte (e quindi, di fatto, ammettendo di credere nella superstizione).
Un modo come un altro per esorcizzare il male per farselo "amico". Le religioni prima e la società poi hanno la capacità di resistere assieme perché ognuno singolarmente è spacciato se agisce da solo.
La jettatura non esiste, solo chi ci crede è iellato.
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