cercavo maradona...


ciak della arcuri

Un film nel rione sanità, forse solo una scena o un piccolissimo frammento. Ho chiesto al meccanico pippotto che mi ha detto che sta girando Manuela Arcuri. Anche se mi interessa poco, per muoversi l’attrice si è portata dietro di se tre camion enormi fermati a piazza san Severo e altri quattro in piazza Sanità. È inutile dire che c’è divieto di sosta, ma questi il premesso per sostare ce l’hanno 24 ore su 24. In realtà per essere Manuela non c’era poi tanta gente, sono passato pochi minuti fa (forse l’orario della pennichella o del pranzo) e non ho visto poi tanti curiosi chiedere l’autografo.

Io invece mi sono fermato apposta per guardarla, non l’ho vista naturalmente, ma ho visto però una cosa più interessante. Le auto non sostavano come normalmente fanno in doppia e tripla fila. C’era un nastro di plastica, rosso e bianco, che delimitava il parcheggio della sosta che sorprendentemente tutti rispettavano. Le auto sì erano ferme ma non in modo indiscriminato, non come quando devono passare le ambulanze o i pompieri.

Che bello!, ci voleva Manuela per sbloccare la situazione del traffico nel rione... Se sì allora viva l’Arcuri che d’altronde è anche bella, ma questo non c’entra niente, …e invece si!, anche l’occhio vuole la sua parte, una parte per guadare l’attrice l’altra per non vedere più l’abusivismo della sosta. Ma, il parcheggio potrebbe anche essere un pretesto, a Napoli non c’è la possibilità di fermare l’auto e soprattutto nel rione, e così siamo costretti a sfruttare le cavità greco/romane per il refrigerio automobilistico.

Ma allora non è vero che il mondo del cinema non dà possibilità, pensate a quel vigile romano che per caso ha girato con tanto di copione e battuta una parte nel film di Woody Allen? A Roma è successo un miracolo, un Albertone che sfida il potente il sindaco facendolo finire nel burrone, (Il vigile) mentre qui invece, nel nostro quartiere, è bastata una scena di un’attrice qualunque (che per me recita anche molto male) perché si potesse finalmente liberare la Sanità dai vigili urbani. [+blogger]

nel porto di napoli

Con il prossimo dicembre ci avviciniamo a Durban ma anche al 2015 che è stato indicato come il momento in cui le emissioni di gas serra del pianeta raggiungeranno il picco oltre il quale potrebbe essere superata la soglia di concentrazione delle 450 parti per milioni di Co2 in atmosfera, con il conseguente pericolo d’innalzamento della temperatura globale oltre la quale c'è il grosso rischio d’innesco di cambiamenti climatici irreversibili. Il problema delle emissioni di gas serra delle navi ormeggiate nei porti è una questione molto importante. Una sola grande nave da crociera, quando è in banchina per produrre l'energia elettrica di cui ha bisogno per le attività di bordo, consuma circa 2,5 tonnellate di combustibile ed emette durante una sosta media di sei ore circa 45 tonnellate di sola Co2: se pensiamo che in un anno arrivano circa 650 navi da crociera a Napoli ci rendiamo conto dell'enorme impatto ambientale che il porto ha immediatamente sull'atmosfera della città.

Anche perché oltre alle navi da crociera tanto pubblicizzate bisogna contare le portacontainer, le navi delle autostrade del mare, le navi cisterna e tutte le altre e sebbene per Napoli non siano mai stati effettuati calcoli c'è uno studio di ARPA Veneto su circa 1350 navi che in un anno hanno sostato nel porto di Venezia che ha calcolato emissioni di Co2 per 200.000 tonnellate e che può essere menzionato qui per analogia e per capire di che ordine di grandezze parliamo quando parliamo di un porto come quello di Napoli. L'Unione Europea già nel 2005 prevedeva che le emissioni del trasporto marittimo avrebbero superato quelle delle industrie a terra e senza interventi appropriati gli stessi sforzi fatti per ridurre le emissioni del comparto industriale sarebbero stati vanificati:

venne perciò emessa la Direttiva 2005/33/CE sul contenuto massimo in zolfo del combustibile da utilizzare obbligatoriamente per tutte le navi che entrano nei porti UE a partire da gennaio 2010. Vennero così dati cinque anni agli Stati nazionali affinché si preparassero. Ridurre il contenuto in zolfo del combustibile è una delle misure per contenere l'impatto ambientale delle navi: quello reso obbligatorio in porto dal primo gennaio 2010 non deve superare lo 0,1%; per avere dei riferimenti si pensi che quello in uso per autotrazione è allo 0,001% quindi cento volte più pulito mentre quello attualmente usato dalle navi arriva fino al 3,5% in contenuto in zolfo. Il contenuto in zolfo
del combustibile è importante perché più è alta la sua percentuale più è alta la percentuale di polveri sottili emesse. Chiaramente la combustione in porto considera anche enormi quantità di ossidi di azoto e altri componenti.


In Italia è stato affermato da Ispra-APAT che i porti sono responsabili dell'80% delle emissioni di ossidi di zolfo e polveri sottili. Da questi semplici numeri si capisce perché sia importante chiedere e ottenere che la Direttiva sul contenuto in zolfo dei combustibili marittimi da utilizzare obbligatoriamente in porto dal primo gennaio 2010 venga rispettata. Le Autorità Portuali sono gli enti che secondo il DLgs 205/2007 che ha recepito la Direttiva nell'ordinamento italiano devono erogare le sanzioni per gli armatori inadempienti dopo che le capitanerie di porto e la guardia costiera hanno effettuato i controlli sulla qualità del combustibile usato in porto. Quando questo non avviene siamo di fronte ad un evidente furto di democrazia con il risultato di gravissimi danni per la salute dei cittadini.

Nel momento in cui si discute di salvare la Pachamama bisogna considerare la possibilità di intervenire qui e ora per ottenere risultati misurabili in termini di riduzione delle emissioni di gas serra in una città con il porto. L'obbligo sul contenuto in zolfo del combustibile della Direttiva è alternativo all'obbligo di utilizzo delle banchine elettrificate: cioè la UE prevedendo che il combustibile a bassissimo tenore di zolfo sarebbe costato molto di più di quello attualmente in uso ha previsto in alternativa l'obbligo di allacciare le navi alla rete elettrica di terra tramite le banchine elettrificate affinché in porto le navi possano spegnere completamente i motori diesel ausiliari.

Le banchine elettriche sono in uso in Nord Europa ed alcune sono alimentate con energia eolica. E' dimostrato perciò che l'energia elettrica fornita dalla rete di terra è più economica del combustibile attualmente in uso in porto e che una centrale elettrica a ciclo combinato emette il 90% in meno di ossidi di zolfo e polveri sottili dei motori diesel delle navi in porto così come emette meno ossidi di azoto e Co2. Il mio invito è a costruire a partire da Napoli il dibattito per ottenere l'adozione delle banchine elettrificate nel porto di Napoli e poi in tutto il Mediterraneo: finora non solo le Autorità Portuali hanno ignorato la legge ma quella di Napoli ha speso molti milioni di euro per il progetto del waterfront che prevede anche una nuova banchina per navi crociere e ha dato in concessione la costruenda Nuova Darsena di Levante, nella quale attraccheranno megaportacontainer, senza richiedere che i lavori prevedessero la costruzione delle banchine elettrificate. Anche quella di Salerno, insieme al Comune, sta costruendo la nuova stazione marittima senza prevedere le banchine elettrificate ma solo pensando ad un aumento del traffico crocieristico.

Tutto questo non ha niente a che vedere con lo sviluppo sostenibile ma è solo un modo a dir poco miope per favorire nell'immediato gli interessi degli armatori mentre sul medio periodo lavorare per ottenere energia economica e pulita per le navi in porto è sicuramente una strategia vincente per tutti nel rispetto della Pachamama. Nei fatti non applicare una legge favorendo qualcuno a discapito di altri probabilmente comporta anche grosse responsabilità penali. [carmine villani]


le beghe

Le beghe tra i vertici provinciali dei partiti bloccano le municipalità. A 4 mesi dei rinnovi dei consigli delle Municipalità, i vertici provinciali dei partiti, sia del centro-sinistra che del centro-destra, sono ancora impegnati in un ridicolo braccio di ferro sulla spartizione dei 4 assessori delle 10 Municipalità (40 incarichi essenziali al funzionamento del decentramento e dei servizi al cittadino), secondo dosaggi tra correnti, gruppetti e potentati vari che stanno bloccando l’azione di rinnovamento nelle Municipalità della Città.

Anche a Stella/San Carlo all’Arena la presidente non ha potuto ancora nominare i 3 assessori e il vice-presidente. Il gruppo consiliare prc e federazione della sinistra esortano la presidente Giuliana Di Sarno che ha sottoscritto giovedì 15 settembre ’11 con tutti i gruppi consiliari (maggioranza e opposizione) un verbale in cui si impegna ad effettuare le quattro nomine entro in 20 settembre ’11; a concludere ad horas le consultazioni con i partiti e ad effettuare le nomine previste dalle norme vigenti.

Per far funzionare dovutamente una Municipalità che deve prodigarsi con tutte le sue energie politiche,amministrative ed umane per affrontare le urgenti problematiche di un territorio dagli enormi bisogni disattesi, il cui lungo elenco è a tutti ben noto. [francesco ruotolo]


senza dio dal meccanico

Come sempre la vespa di anni 26 non cammina decentemente, questa volta è toccato alle marce, ho già fatto il freno, comprato la ruota posteriori, pulito il carburatore ecc, ecc. Oggi mentre Giovanni l’aggiustava mi sono messo a parlare con un amico di vecchia data, uno che nella Sanità è cresciuto e ci è rimasto volentieri. Mi ha detto che si è convertito, adesso è un evangelista fiero e timorato. Gli ho chiesto cosa l’ha spinto a diventare un evangelista, mi ha confermato che è stato lo spirito santo e la sua fede.

Quando mi parlava usava sempre la parola segno, "Dio è un segno e da ogni cosa posso dedurre che esiste. Lui mi da numerosi segni durante la giornata. Mi ha detto che quest’estate è stata particolarmente toccante perché mentre era in crociera la figlia si è spaccata tutti i denti. Le avevano già prospettato una dentiera ma quando è andato in ospedale si è rimessa completamente: “è caduto solo un dente”. “Un miracolo, anche perché il capitano della nave che doveva partire alle 17,30 è partito alle 18,00 per aspettarci. Questo non è un segno?!”.

Continuando a parlare mi faceva capire che tutto è un miracolo: mi ha detto: “ti ricordi di Sebastiano, facevamo le elementari assieme?, l’ho rivisto dopo 30 anni… è stato dio”... poi ha continuato: “ho lavorato molto grazie a dio; avevo un problema fisico adesso non ho più niente, è sempre opera di dio; ieri ho discusso con una persona poco raccomandabile ma non è successo niente, è sempre opera di dio. Non riuscivo a trovare il latte per la bambina ma dio era con me e ci sono riuscito; non trovavo un parcheggio per l’auto, poi come per magia l’ho trovato.

Dopo che ci siamo salutati ho ripensato alla discussione e alla fine mi sono chiesto: e se l'onnipotente fosse anche in quella scritta che appare ogni tanto sull'autostrada, quelle che recita, dio c'è? [+blogger]


miracolo... povera santa

Stamattina appena mi sono connesso ho letto: “miracolo, miracolo”. Come sempre San Gennaro l’ha fatto. Non so più se sono incazzato o divertito. Ma in realtà cos’è il miracolo di san Gennaro? È il sangue che indurito si scioglie, come del resto fa santa Patrizia alla via san Gregorio ogni martedì della settimana. Ma per quest’ultima non c’è scalpore, non ci sono grida, non si muovono i media, le persone non lo scrivono su face book ecc, ecc.

Ecco perché sono incazzato, ancora una volta la chiesa continua ad essere maschilista. Ma insomma, va bene per le suore, voglio pure capire che non possono celebrare la messa, che devono servire i vescovi, che devono restare in clausura, ma dio mio!, la santa no, la santa è superiore a tutti i vescovi di Roma e del Mondo, è anche superiore al papa.

Non capisco le gerarchie ecclesiastiche: se rispettate così bene le autorità, prima su tutti l’onnipotente, poi se non mi sbaglio dovrebbe esserci la madonna (anche lei però sta indietro), i santi ecc, ecc, ma allora perche una cosa così “semplice” come il miracolo della liquefazione è attribuito solo al padrone (pardon, volevo scrivere patrono), di Napoli? [+blogger]


bambini che ammaccano

Amianto fresco di stagione, per polmoni piccoli, per i bambini più irrequieti e svogliati. Alla via Mario Pagano la scuola elementare Angiulli "fa uno scherzo ai suoi alunni più indisciplinati: il primo che non si comporta bene viene
mandato fuori a calci".

Voi bambini che uscite dalla scuola state attenti alle auto, non urtatele perché potreste romperle. Attenzione: se vi colpiscono si possono ammaccare. Un parafanghi nuovo, un portellone grigio perla, la vernice metallizzata... sono unti del signore, e con signore non si scherza!


13 settembre ’11

Due giorni fa l’emozione delle vittime delle torri gemelle. Le televisioni di mezzo mondo non hanno fatto altro che trasmettere ininterrottamente le immagini dell’11 settembre 2001. Ogni anno puntualmente si commemorano le stragi del Nazismo.

Oggi/Ieri: Oleodotto esplode in kenya bruciati vive più di 160 persone; in Libia si muore ogni istante: anche in Palestina; uccisioni di massa, sterminati interi popoli in Nicaragua; Tanzania, affonda un traghetto con 160 uomini. Operai in Italia: muore schiacciato da una pressa meccanica; 3 vittime di un depuratore; cade dall’impalcatura; muore fulminato da una scarica di 3000watt; sprofondato per negligenza… ecc ecc.

Oggi 13 settembre ’11 c’è chi ancora muore di fame, muore sì, non per malattia, non perché gli è caduta, così per caso, una bomba a grappolo in testa, muore perché il suo stomaco si contrae, perché si gonfia, si dilata e alla fine si spappola nel corpo. Dovremmo ricordarci sempre di queste cose, soprattutto quando mangiamo a tavola e la tv trasmette un reportage sull’11 settembre! [+blogger]


cameriera donna...

Lo scorso maggio, ha denunciato Dominique Strauss-Kahn, presidente del Fondo monetario internazionale, che è stato arrestato per aggressione sessuale e tentato stupro. Come ha osato?

Di lei non sapevamo nulla. È salita alla ribalta suo malgrado, ma anche ora di lei sappiamo poco. Per il momento. Non conosciamo il suo nome, quello vero intendo: i soliti ben informati ce ne hanno offerte almeno tre versioni. Non sappiamo l’età esatta. Forse è una trentenne. Stanno preparando un dossier sulla sua vita, con dovizie di particolari, ci assicurano. Quindi, presto di lei conosceremo vita, morte e miracoli. Per ora si sa solo che è una donna, africana, immigrata da qualche ex colonia francese (pure ingrata, dunque), cameriera. Ma è quanto basta per renderla poco attendibile, sussurrano nei corridoi alti.

L’hanno promesso: di lei, tra poco tempo, sapremo molte cose. Scaveranno nel suo passato, nell’intento di trovare sufficienti prove per minarne la credibilità, fino ad annullare la sua accusa. Ci hanno assicurato che forniranno prove del suo passato dubbio. Giornali di mezzo mondo hanno già cominciato a spettegolare su di lei. Un’altra cosa certa sappiamo di lei: ha osato, lei donna, africana, immigrata e cameriera, denunciare un’aggressione e, così facendo, ha messo alla gogna un uomo che, guarda caso, risulta essere uno dei più potenti del mondo. E oggi è un ex. Grazie a una donna, anonima. Lei, immigrata africana e cameriera, ha osato denunciare un uomo che ora è imputato per “presunta” aggressione sessuale. Lei “ha osato”. E s’è scatenata una guerra impari.

Si è parlato di complotto, di trappola, di azione premeditata. Ci si è perfino chiesti come abbia potuto, lui, uomo potente, cadere in un “banale” errore. Già! Abusare di una donna, africana, immigrata e cameriera, non può che essere una banalità. Di questa storia, di cui abbiamo iniziato a vedere il primo atto, una cosa balza alla vista: nonostante l’evoluzione e il progresso, sono rimasti indelebili i tratti di una mentalità neolitica, che considera la donna – peggio se anonima – oggetto più che soggetto. Allora appare chiaro che il cammino del riscatto femminile è davvero tutto in salita. Denunciare una violenza, oggi come ieri, è molto difficile. Soprattutto se la donna è “solo una cameriera immigrata e per giunta africana” e l’uomo di turno ha mezzi sufficienti per intimidirla o, peggio, per zittirla.

Al momento, non conosciamo tutta la verità. Sappiamo che c’è stata una brutale aggressione di un uomo su una donna. Dovrebbe essere contingente il fatto che l’aggredita sia un’africana e l’aggressore sia uno che aspira a diventare presidente della Francia. Invece, no! Questo è ciò che ora importa. Questo è ciò su cui si fa leva, facendo passare in secondo ordine l’aggressione stessa e – cosa più rilevante – il fatto che una donna abbia avuto il coraggio di denunciare. Tutto questo ha il sapore di una minaccia, di un tacito monito ad altre donne.

L’uomo accusato si è dichiarato innocente. Il processo sarà lungo. Si muoverà la macchina del fango che sfornerà dettagli, presunti o reali, della vita della cameriera immigrata in America dall’Africa. Qualcuno – forse anche qualcuna – si chiederà se è valsa la pena mettersi contro un gigante, anzi, contro un’istituzione, contro un vizio maschile becero, sì, ma ancestrale. Riusciranno a convincerla a ritrattare? Si parla di offerte di somme da capogiro, nel caso dovesse ripensarci. Comunque, rimane il suo gesto coraggioso. Il dopo è storia da manuale.

Tra qualche secolo, forse, le nostre discendenti daranno titoli postumi alla cameriera africana immigrata per aver osato tanto. Non so se il confronto regge, ma a me, leggendo questa storia, è venuta in mente Rosa Parks, l’umile sarta afroamericana, che con enorme coraggio, il 1° dicembre 1955, si rifiutò di cedere il posto a un bianco sull’autobus. Fu arrestata e incarcerata. Ma riuscì a dare una svolta storica agli Stati Uniti d’America. Significativo quanto scrisse nella sua autobiografia: «Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Non è vero. Ero, invece, stanca di cedere».

Chissà. Forse anche la cameriera venuta dall’Africa per lavorare al Sofitel Hotel di New York, incurante dei falsi steccati che dividono l’umanità, ha voluto dire basta a tutto ciò che è sopruso nella vita. E forse ha già dato una svolta storica all’arroganza di chi crede di poter comprare tutto, anche la dignità di una donna. [Elisa Kidané, nigrizia.it]


è vivo

Ieri ore 09,00 tra piazza Cavour e la salita Stella… giù lenzuolo bianco. A terra tra il terriccio e l’aiuole la gamba coloro rame e un calzino bianco putrido. Circoscritta l’area con del nastro, due carabiniere facevano il “palo”; sopra la polizia municipale redigeva il verbale, c’erano anche i pompieri. Non ho chiesto, non ho visto, non ho sentito! Era un senzatetto, un senza fissa dimora o meglio di moda si dice clochard.

Mangiava per strada, beveva per strada, ruttava per strada e scoreggiava per strada. “Se si avvicina non dategli niente altrimenti si compra del vino o della birra e si ubriaca”. Puzzava! Se urlava nessuno lo ascoltava, se pisciava per terra, anatema, se aveva voglia di far l’amore, porco.

“Allora perché non dargli una possibilità? Sì diamocene una e vediamo come reagisce”. Oggi ha avuto il suo momento se poi non l’ha saputo sfruttarlo non è sicuramente colpa nostra. Ok! Adesso hai avuto la tua ricompensa: la gente ti ha guardato, ti ha ammirato, ha parlato di te, perfino le forze dell’ordine sono intervenute, proprio come un vero capo di stato.

Per qualche ora sei stato il primo uomo, hai avuto il tuo momento di celebrità. Ti sei sentito veramente bene. Nessuno aveva protestato perché tu non morissi. Ora sai realmente cosa vuol dire vivere. [+blogger]

alternativa

È il decimo anniversario delle spaventose stragi dell’11 settembre 2001, che a detta di tutti hanno cambiato il mondo. Le conseguenze di quegli attentati sono indiscutibili. Tanto per limitarci all’Asia occidentale e centrale, diremo che da allora l’Afghanistan sopravvive a stento, l’Iraq è stato devastato e il Pakistan è sempre più sull’orlo di una crisi che potrebbe rivelarsi catastrofica.

Il 1 maggio di quest’anno Osama bin Laden è stato assassinato proprio in Pakistan, e in quel paese si sono registrate anche le conseguenze più significative dell’11 settembre. A febbraio uno dei massimi specialisti di questioni pachistane, lo storico militare britannico Anatol Lieven, ha scritto sulla rivista The National Interest che la guerra in Afghanistan “sta destabilizzando e radicalizzando il Pakistan, e questo comporta, per gli Stati Uniti e per il resto del mondo, il rischio di una catastrofe geopolitica che farebbe impallidire qualsiasi cosa possa mai accadere in Afghanistan”.

A tutti i livelli della società pachistana, scrive ancora Lieven, si registrano consensi nei confronti dei taliban afgani: non perché i pachistani li amino, ma perché li considerano “una legittima forza di resistenza contro l’occupazione straniera”, proprio come venivano visti i mujahidin afgani negli anni ottanta, quando lottavano contro i sovietici.

Questi sentimenti sono condivisi dai militari pachistani, che detestano Washington perché li ha coinvolti nella guerra contro i taliban. In Pakistan le forze armate sono un’istituzione stabile, quella che tiene insieme il paese. Gli interventi statunitensi rischiano, scrive ancora Lieven, “di provocare rivolte in alcuni settori dell’esercito”. Se dovesse succedere, “lo stato pachistano si disgregherebbe rapidamente, con tutte le disastrose conseguenze del caso”. Aggravate dal fatto che il Pakistan possiede un arsenale nucleare enorme e che nel paese esiste un forte movimento jihadista. Nel suo libro, Lieven sintetizza così la sua tesi: “Si può dire che i militari americani e britannici vanno a morire in Afghanistan per rendere il mondo più pericoloso per il popolo americano e per quello britannico”.

Più di un analista ha osservato che nella sua guerra contro gli Stati Uniti, Osama bin Laden ha ottenuto alcuni importanti successi. Per esempio, nel numero di maggio di The American Conservative, Eric S. Margolis scrive: “Osama ha ripetutamente affermato che l’unico modo per cacciare gli Stati Uniti dal mondo musulmano è attirare gli americani in una serie di guerre piccole ma costose, che alla fine li mandino in fallimento”. E subito dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 si è capito che Washington era decisa a realizzare gli obiettivi di Bin Laden. Michael Scheuer è un analista della Cia che ha seguito le tracce di Bin Laden dal 1996.

Nel suo libro del 2004, Imperial hubris, Scheuer scrive: “Bin Laden è stato chiarissimo quando ha spiegato all’America per quali motivi ci fa la guerra. Vuole modificare la politica degli Stati Uniti, e di tutto l’occidente, verso il mondo islamico”, e in larga misura è riuscito a farlo. Prosegue Scheuer: “Le scelte politiche statunitensi stanno causando la radicalizzazione del mondo islamico, cosa che Osama bin Laden aveva tentato di fare con un successo relativo, fin dai primi anni novanta. Quindi mi sembra lecito concludere che Washington rimane l’unico alleato indispensabile di Osama bin Laden”. E si può dire che continui a esserlo anche dopo la sua morte.

La sequenza di orrori che ha segnato questi dieci anni fa sorgere una domanda: c’era un’alternativa alla reazione dell’occidente agli attentati dell’11 settembre? Dopo le stragi del 2001, il movimento jihadista, in gran parte critico verso Bin Laden, si sarebbe potuto dividere e neutralizzare se il “crimine contro l’umanità” – come quegli attentati sono stati giustamente definiti – fosse stato affrontato appunto come un crimine, cioè con un’operazione internazionale per catturare i presunti responsabili. Ma nella fretta di fare la guerra quest’idea non è stata neanche presa in considerazione. Anche se Osama bin Laden era stato condannato in gran parte del mondo arabo per gli attentati.

Al momento della sua uccisione Bin Laden era da tempo una figura sempre più sbiadita, e negli ultimi mesi era stato eclissato anche dalla primavera araba. Il suo peso è stato ben descritto dal titolo di un articolo pubblicato sul New York Times da Gilles Kepel, noto specialista di questioni mediorientali: “Bin Laden era già morto”. Quel titolo avrebbe potuto essere fatto molto tempo prima, se gli Stati Uniti, con il loro attacco per rappresaglia contro l’Afghanistan e l’Iraq, non avessero mobilitato il movimento jihadista. Certo, nei gruppi jihadisti Osama bin Laden era venerato come un simbolo, ma ormai non sembra che avesse più un ruolo di primo piano all’interno di Al Qaeda, divisa in sezioni che agiscono spesso in modo indipendente.

Insomma, anche i dati di fatto più evidenti e più elementari di questo decennio ci spingono a riflessioni amare nel momento in cui valutiamo l’11 settembre, le sue conseguenze e le ipotesi sul futuro. [noam chomsky - internazionale 2/9/'11]

massimo e pino


al bosco di capodimonte

Domenica ho rinunciato ad andare al mare e come faccio ormai da molto tempo, prendo la colazione e vado a rilassarmi al bosco di Capodimonte. Panino pieno, acqua fredda, libro, tovaglia. Trovo un posto al fresco e giù senza inibizione, senza scarpe e maglietta per mezza giornata. Uscire dalle pietre quotidiane è veramente una delizia, la pulizia spasmodica della casa si sostituisci all’insetto che punta diritto il tuo panino, alla formica che ti sale fin sopra la testa, al passero (ma anche i piccioni ecc, ecc.), che svolazza continuamente sulla tua testa.

Gruppi di srilankesi che passano l’intera giornata a suonare, giocare a cricket, cantare. È una delizi. La pace nella città di Napoli non è mai stata così vera come quella che si consuma il fine settimana al parco di Capodimonte. Nulla può turbare la nostra tranquillità, anche se c’è sempre il caso che travalica la stupidità.

In fondo agli alberi vedo una cicciona con un ragazzo (immagino dalla sua morbida postura che sia il suo fidanzato), altrettanto grasso, gonfio fin sopra il collo. La maglietta attillata fa presagire cumuli di flaccida corpulenza immonda. Mi spiego meglio: non ho intenzione di offendere chi soffre di obesità o altro, ma la mia tanta indignazione sta nel fatto che la panzuta donzella aveva in mano quella che sembrava una racchetta da tennis ma che invece altro non era che un disintegratore per insetti.

Io che sono un po’ “cecato” non avevo visto le scintille violacee e graziose che bruciavano a volo gli animali. La cosa che mi ha fatto più arrabbiare è che non solo la cicciobomba provava un senso di spietata soddisfazione nel uccidere degli insetti indifesi, essa li cercava parsimoniosamente, li braccava di continuo come una tigre bracca un cervo. Se un animale se ne stava per cazzi suoi nel giro di mezzo ettaro di terra veniva polverizzato dalla strega lardosa.

Mo dico: adesso capisco, puoi avere paura degli insetti, ti fanno schifo, ti cachi sotto per via delle “punture assassine”, sei una “insetticida”, hai l’odore di una femmina che non attira gli uomini ma gli animali… ma allora che cazzo ci vieni a fare al bosco di Capodimonte la domenica pomeriggio? [+blogger]