il quartiere ritorna non il passato

Riviviamo così nella sostanza a contatto con il passato che ritorna. Prima nella nobiltà attraverso le effigi, poi nella povertà di un misero operaio, adesso nell'inefficienza che s'improvvisa scalmanata e scaltra. Bollono i progetti, si liquefa così come il sangue di san Gennaro e santa Patrizia. Ordalia di una misericordia che non fa scena: l'impatto del cittadino stanco di essere deriso, capace di urlare, di difendersi così come per darsi degna sepoltura. E' l'inizio di una fine già scontata, la solita battaglia, le solite conclusioni, i soliti eroi. 

Tutti hanno attraversato questo rione: politici, preti, affaristi, speculatori, imbonitoti, maghi e ciarlatani. Dentro una triste verità, ma anche una recrudescenza attiva, un sentir l'anima che implode, che balla, canta, che gira, salta, rigira, sgomenta si spegne. Nell'istante vomita latrati di bile, poi ruggisce, così come gli animali difendono la loro prole. Passato e presente si forgiano, si convertono, si piacciono. Passato e presente rivivono nella costruzione di un ideale afflitto. E’ il quartiere che ritorna e non il passato. E’ il conflitto che costruisce, che si oppone, che scalpita. Il nemico è sempre pronto, è sempre forte, è sempre ricco. Con i soldi tutto è possibile?, tranne comprare la pura e semplice verità. [+blogger]

campi estivi

Recentemente nella sala conferenze dei Missionari Vincenziani di via Vergini, si è svolta una bellissima iniziativa delle associazioni e delle scuole del quartiere. L'iniziativa riguardava una mostra delle foto del campo estivo "Guardiamo il quartiere con altri occhi", con testimonianze dei bambini e dei ragazzi preadolescenti che hanno partecipato. Davanti ai genitori e parenti che affollavano la sala i protagonisti, ragazzini ed educatori, insegnanti e volontari, tra cui c'erano Ugo Pugliese, Mario Vitrone, Mauro o roman e anche se verso la fine, il sottoscritto, hanno illustrato le attività svolte tra le settimane nel quartiere e quella residenziale a Marechiaro. Quest'anno rischiamo di non ripetere questa esperienza educativa e ludica. Le richieste aumentano, ma i problemi sono i medesimi di quelli del 2011: gli operatori della Ludoteca di piazza Miracoli non ricevono lo stipendio da mesi, il comune è perennemente in rosso (salvo poi trovare magicamente i soldi per l'America's cup o per il Giro d'Italia, ovvero, gli eventi). La Ludoteca rischia la chiusura, e sarebbe un vero peccato buttare via il lavoro di anni, c'era un gruppo di bambini Sarawi che dovevano essere ospitati per le vacanze, e ora chissà se ne avranno la possibilità. Chiedo a questo punto alla giunta De Magistris quali siano le sue intenzioni. Si rendono conto questi signori, sindaco in testa, che siamo stanchi di promesse mai mantenute? di sentire lamenti sulla dispersione scolastica quando per compiacere le politiche di "razionalizzazione" del governo nazionale e regionale, chiudete scuole e centri aggregativi, biblioteche, i luoghi vitali per la cultura democratica? Speriamo che si passino una mano sulla coscienza e una nel portafogli, altrimenti sarebbe giusto quello che dice Pino Daniele, quando canta "Napule è na carta sporca, e nisciun se ne' mporta [vincenzo minei]

operazione san gennaro

Ho letto il libro uscito poche settimane fa del parroco della basilica di piazza Sanità, conosciuta come chiesa di San Vincenzo. Aldilà del giudizio personale, ho invece intenzione di soffermarmi sulla questione, che ricorre un po’ in tutto il testo, del turismo nel quartiere. E’ chiaro che l’autore è un fautore della concezione classica del turismo di massa: restaurare le catacombe, le chiese, i palazzi, fare visite guidate per il rione, ecc ecc. Il progetto, don Antonio, lo ha battezzato con il nome di "Operazione San Gennaro": progetti per sfruttare le cave (cave di tufo greco/romane), costruendoci piscine, terme, centri di massaggio, bagni turchi, discoteche... 

Due anni fa ho visitato Taormina: è sensazionale. Il panorama si “apre” nella sua bellezza quasi irreale, le strade sono pulitissime, gli alberi sono perfetti. Mentre si sale con l’auto per raggiungere il centro storico, decine di alberghi ti accolgono attraverso il profumo di gelsomini e fiori di campo, la stazione ferroviaria è perfetta, una pulizia spasmodica. Il centro poi è immaginario, ti sembra di stare in un film di Dino Risi. Ovunque turisti, negozi che vendono souvenir, per parcheggiare l’auto devi spendere una fortuna. Questo splendore turistico è diventato un luogo solo per ricchi, per chi ha uno yacht e milioni da spendere. La sensazione è stata quella, dopo averla visitata, di essermi trovato in un luogo falso. La bellezza di Taormina sbilancia così tanto che alla fine ho creduto di aver visto un luogo costruito da un macellaio che si improvvisa architetto (con tutto il rispetto per le due professioni). Questa città è stata espropriata della sua gente e della sua storia per lasciare posto ai b&b, agli albergatori, ai ristoratori e gli affaristi di turno. Ed è per questo che è diventata brutta. Tutto sa di falsità, di pomposità, così come l’eccessiva maniacale perfezione.

Il rione Sanità, in 5 km quadrati, ha tutto quello che la gente non è mai riuscita a raccontare degnamente. Palazzi straordinari, cave sotterranee, ossari, catacombe, affreschi, chiese, ipogei. E’ il quartiere del Sanfelice, di Totò e di Chiurazzi; è il rione dei monasteri, delle vie, dei vicoli, della Salita del presepe e della discesa dei cinesi. Il quartiere è bello perché è così, perché ci vivono ancora le stesse persone che quaranta anni fa cucivano i guanti per strada, ci vivono ancora i calzolai, gli operai, i falegnami, i cappellai. Se dovesse succedere la stessa cosa che è successa a Taormina sarebbe la fine di questo luogo, la storia sarebbe espropriata, la falsità echeggerebbe nella sua forzatura, nella sua grettezza eccessiva, nella sua ossessionante concezione del bello. 

Ecco perché sono contro l’autore del libro di cui sopra. Non si può e non si deve pensare alla concezione economica incontrollata così come il mercato l’ha imposta. Questo sarebbe la fine di questo meraviglioso rione. Il turismo va pensato attraverso una moderata concezione, attraverso l’equilibrio che può crearsi tra la gente del luogo e lo “straniero”. Se, per esempio, durante un percorso guidato, 30 turisti tedeschi sono obbligati a fermarsi in quella tale pizzeria, in quella tale pasticceria oppure in quel tale b&b, allora questo significa che i 50 mila abitanti del rione continueranno a rimanere nella povertà mentre solo una piccolissima minoranza ne beneficerà con risultati disastrosi e mortificanti, evidente agli occhi di tutti.[+blogger]       

gentrificazione o gentrification

Continua il magna magna nel rione, classica economia che distruggerà definitivamente la gente del quartiere, con le sue tradizioni e la sua storia. Se abbiamo il coraggio di combattere opponiamoci con tutte le nostre forze oppure sarà la fine. C'è una continua e bieca espropriazione, i ricchi si approprieranno del rione (padre Alex Zanotelli lo dice da anni),  cacceranno i poveri, gli emarginati, i deboli. Saranno gli stessi pochi, pochissimi, cittadini della Sanità che, beneficiandone, si opporranno per non perdere i privilegi, come sta succedendo già da qualche anno.

Questa è una tecnica vecchia usata dai potenti di turno, mettere contro chi vive nelle stesse condizioni, tirare fuori qualcuno o qualcuna e alla fine sequestrare per guadagnare. Hanno capito che il rione Sanità è ricco e non hanno nessuna intenzione di lasciare questa ricchezza a quattro “ignoranti” del posto. Ogni giorno compaiono progetti per il rione finanziati a fior di milioni di euro, e così ogni giorno pensano lucrare, di guadagnare, di sfruttare, così come è successo in diverse altre metropoli del mondo come Buenos Aires, Calcutta, Lima… e ora anche a Napoli.

Il nuovo concetto si esprime in una parola: gentrificazione o gentrification, rigenerazione urbana e ricambio sociale, con l’appropriazione forzata a fior di illusioni. Nel film, “cose da pazzi” del 1953, Aldo Fabrizi alla domanda, “chi comanda”, risponde sempre la stessa cosa: “i dindini”. Ed è vero! I soldi, come diceva Eduardo, fanno venì a vista e cecati, e nel quartiere i ricchi hanno messo gli occhiali. Ci sono tutte le caratteristiche per un business all’ennesima potenza, trasformare il rione in una Milano2, con un suo capo che detta le condizioni, che blasfema e che si cela sotto false spoglie. [+blogger]                

guardiamo il quartiere ...

Guardiamo il quartiere con altri occhi - Laboratorio di educazione al territorio anno 2013. 

Un elemento che incide fortemente sulla vita dei bambini e delle bambine, che caratterizza molti aspetti del loro vivere quotidiano e spesso ne condiziona anche il successo scolastico è la città, l’ambiente, il contesto di vita. I processi formativi che si mettono in atto nei “luoghi” educativi formali ed informali devono tenere conto di questo elemento ineludibile che inevitabilmente condiziona il raggiungimento degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Un impegno sul versante educativo deve tenere conto anche del contesto di vita, delle condizioni economiche e socio-culturali dei bambini a cui si rivolge, degli aspetti macro e micro economici che ne condizionano la vita. Come diceva Paulo Freire “Non c’è testo senza contesto”. Bisogna cioè tenere conto del contesto nel quale si svolge l’azione educativa se si intende l’educazione come pratica della libertà: L’educazione come pratica della libertà, all’opposto dell’altra che è pratica di dominio, comporta la negazione dell’uomo astratto, isolato, senza legami col mondo, e anche la negazione di un mondo slegato dagli uomini.[1]

Una prima analisi molto approssimativa del contesto di vita dei bambini della nostra città ed in particolare nel nostro quartiere (la Sanità), mostra come una parte dei nostri ragazzi vive “alla giornata”, senza memoria di sé e senza memoria collettiva del loro passato e del loro essere, spaesati, senza sogni e senza aspettative. Alcuni di essi vivono in contesti abitativi privi dei requisiti di minima vivibilità (alta densità abitativa, degrado, scarsa igiene). La loro casa è la strada dove trascorrono la maggior parte del loro tempo e il loro territorio è preda dell’antistato, la camorra, che ne controlla tutti i gangli vitali, ne controlla le dinamiche, lo gestisce a suo piacimento. Dunque alcuni dei nostri ragazzi crescono in questo mondo, del quale hanno interiorizzato profondamente le leggi, dove domina la legge del più forte, dove bisogna aggredire per non essere aggrediti. E dove si cresce troppo in fretta. Sono soggetti deboli, gli anelli più delicati di un’intricata catena.


Altri bambini e bambine vivono invece in case decenti, ben arredate, in zone connotate da un arredo urbano e una struttura urbanistica con caratteristiche accettabili da un punto di vista estetico anche se non brillano per gli aspetti che riguardano la qualità della vita delle persone che vi ci abitano. Ma nondimeno sono bambini e bambine che vivono in un contesto socio-ambientale-culturale poco, o per niente attento, ai veri bisogni dell’infanzia. Il loro rapporto con la città si limita al fatto di osservarla dai vetri del finestrino di un’automobile perché vengono accompagnati dagli adulti di riferimento (genitori, nonni, baby sitter…) in ogni posto in cui si recano. Passano da una scatola all’altra: dalla scatola stanza alla scatola ascensore, e poi all’automobile, alla palestra o alla scuola di danza, di musica ecc., e quindi di nuovo all’automobile e così via. Questi bambini vivono nella città ma non vivono la città. La abitano come osservatori esterni, non ne fanno esperienza diretta e in questo modo vengono privati del loro diritto alla curiosità, alla scoperta, all’avventura, al misterioso; vengono privati del loro diritto ad una conoscenza del mondo che li circonda.

Nella concezione organizzativa delle nostre città, i bambini che stanno per strada, che la frequentano, che ci giocano, sono solo quelli delle periferie e della povertà, trascurati dai genitori. L’assenza di un tempo organizzato è visto come sinonimo di incuria, pochezza e trascuratezza. Più i quartieri sono ricchi, più le strade sono libere da bambini che giocano e si riempiono palestre, corsi di musica, di pittura, di inglese, posti dove si impara qualcosa che servirà per il futuro da adulti. Spazi dove il tempo e l’organizzazione sono rigidamente regolati. Nelle nostre città i bambini, a qualunque ceto sociale appartengano, per motivi differenti ed a volte contrapposti, non hanno diritto di cittadinanza. Per recuperare questa dimensione bisogna tenere insieme pratica educativa e impegno sociale: una pratica educativa consapevole che porti la ‘vita’ al centro del suo interesse (fondare il progetto educativo sulla passione per la vita, per la relazione), che metta al centro della sua riflessione teorica e della sua azione il bambino con la sua storia, i suoi sentimenti, le sue esigenze; un impegno sociale ed educativo che promuova una nuova cittadinanza, una cittadinanza attiva, consapevole; un impegno che tenda a ridurre gli steccati che ci sono tra le diverse culture che convivono nella stessa città, nello stesso quartiere e che a volte sono più impermeabili di culture lontane migliaia di chilometri da noi.

Il nostro è un progetto di educazione al territorio che parte dalla necessità di stimolare nei bambini e nelle bambine una nuova consapevolezza rispetto al loro contesto di vita per guardare il quartiere con altri occhi, senza nascondere le problematiche più grosse ma facendo anche scoprire/riscoprire la parte positiva del quartiere, facendo riemergere dalla cappa di problemi che ci attanagliano quello che di bello e di buono (luoghi e persone) abbiamo nel nostro territorio. Tutto il percorso educativo tenderà a far sì che i bambini si sentano sempre di più parte di una comunità estesa e possano percepire il territorio non come una minaccia ma come una risorsa. Pensiamo che un progetto come questo possa contribuire ad una nuova idea di città, e questa ci sembra l’unica strada praticabile perché, come dice Colin Ward: … nessuna città è governabile se alleva cittadini che non la sentono propria.[2] [ugo pugliese - a cura di: Ludoteca Cittadina del Comune di Napoli 17° Circolo Didattico “Angiulli”]



[1] Paulo Freire, La pedagogia degli oppressi, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2002
[2] Colin Ward, Il bnambino e la città, L’ancora del Mediterraneo, Napoli, 2000

non solo italiano

La scuola d’italiano per stranieri agisce sul e dentro il territorio Sanità, la scuola è la rete Sanità, la scuola è Padre Alex Zanotelli; la scuola sono io, Terrance, Tiziana, Loshan, Valentina, Lakman, Antonella, Rajage, Suor Lucia, Nisansala, Vincenzo, Mattia, Kawya, Cinzia, gli srilankesi, i russi del Caucaso, i palestinesi, … essa non è solo una scuola d’Italiano, come recita lo spot realizzato volontariamente. (per vederlo clikka qui)     

La scuola d'italiano per immigrati è nata diversi anni fa grazie all'impegno della rete Sanità e all'ospitalità che ci è stata subito offerta dall'Istituto Ozanam di piazzetta san Severo. Prima insegnavano Gennaro, Carmela, Anna Maria, Sara, Giovanna, Andrea ... adesso invece insegnano Tiziana, Antonella, Valentina, Suor Lucia, Antonio, Vincenzo, Mattina, Cinzia ... Ogni anno organizziamo una festa, anzi, ne facciamo una a Natale, una a Pasqua e una a fine anno. Tra poco circa 25 studenti sosterranno l’esame di media inferiore con una buona preparazione, tutti sanno leggere e scrivere abbastanza bene, tranne qualche eccezione, tutti comprendono benissimo l’italiano e lo scrivono con margini d’errore accettabili.


Tutti quelli che intendono collaborare per insegnare o fare altro aiutandoci sono i benvenuti. Come docenti, per chi ha intenzione di continuare e prendere una specializzazione, l’Istituto rilascia certificato di frequenza 150/300ore indispensabile per l’abilitazione e insegnamento dell’Italiano per gli stranieri. In alcuni Istituti invece il corso tirocinio è a pagamento, da noi è gratis. Per info contattate il blogger, recatevi a piazzetta san Severo 82, oppure chiamate il numero 081445223 e chiedete di Suor Lucia. Grazie. [+blogger] 

quanto va ai partiti?

Padre Alex Zanotelli ha lanciato un APPELLO dal titolo: TANGENTI SULLA VENDITA D’ ARMI : QUANTO VA AI PARTITI?
L'appello ha due scopi:
1.Una richiesta al parlamento affinché istituisca  una commissione incaricata di investigare la connessione tra vendita d’armi e politica che elimini il Segreto di Stato su tali intrecci.
2.Un appello a tutti i gruppi, associazioni, reti, impegnati per la pace, a mettersi insieme, a creare un Forum nazionale come è stato fatto per l’acqua. Per sottoscrivere l'appello di p. Alex si può cliccare sul seguente link ILDIALOGO

Articolo:  TANGENTI SULLA VENDITA D’ ARMI : QUANTO VA AI PARTITI?
L’inchiesta giudiziaria della Procura di Napoli su Finmeccanica, il colosso italiano che ingloba una ventina di aziende specializzate nella costruzione di armi pesanti, mi costringe a porre al nuovo governo Letta e al neo-eletto Parlamento alcune domande scottanti su armi e politica. Questa inchiesta, condotta dai pm. V. Piscitelli e H. John Woodcock della Procura di Napoli (ora anche da altre Procure), ci obbliga a riaprire un tema che nessuno vuole affrontare: che connessione c’è tra la produzione e vendita d’armi e la politica italiana? E’ questo uno dei capitoli più oscuri della nostra storia repubblicana.

Le indagini della Procura di Napoli hanno già portato alle dimissioni nel 2011 del presidente e dell’amministratore delegato di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, nonché di sua moglie, Marina Grossi, amministratrice delegata di Selex Sistemi Integrati, una controllata di Finmeccanica. Anche il nuovo presidente di Finmeccanica, G.Orsi, è stato arrestato il 12 febbraio su ordine della Procura di Busto Arsizio e verrà processato il 19 giugno, per la fornitura di 12 elicotteri di Agusta Westland al governo dell’India, del valore di 566 milioni di euro, su cui spunta una tangente di 51 milioni di euro. Sale così di un gradino l’inchiesta giudiziaria per corruzione internazionale e riciclaggio che ipotizza tangenti milionarie ad esponenti politici di vari partiti.

Nell'altra indagine della Procura di Napoli spunta una presunta maxitangente di quasi 550 milioni di euro (concordata, ma mai intascata) su una fornitura di navi fregate Fremm al Brasile, del valore di 5 miliardi di euro. Per questa indagine sono indagati l’ex-ministro degli Interni, Claudio Scajola e il deputato PDL M. Nicolucci. Un’altra ‘commessa’ sotto inchiesta da parte della Procura di Napoli riguarda l’accordo di 180 milioni di euro con il governo di Panama per 6 elicotteri e altri materiali su cui spunta una tangente di 18 milioni di euro. Per questo, il 23 ottobre il direttore commerciale di Finmeccanica, Paolo Pozzessere è finito in carcere.

La Procura sta indagando anche su una vendita di elicotteri all'Indonesia su cui spunta ‘un ritorno’ tra il 5 e il 10%. E’ importante sottolineare che il 30% delle azioni di Finmeccanica sono dello Stato Italiano. Dobbiamo sostenere la Procura di Napoli, di Busto Arsizio e di Roma perché possano continuare la loro indagine per permetterci di capire gli intrecci tra il commercio delle armi e la politica. Noi cittadini abbiamo il diritto di sapere la verità su questo misterioso intreccio. E’ in gioco la nostra stessa democrazia. Soprattutto ora che l’Italia sta investendo somme astronomiche in armi. Secono il SIPRI di Stoccolma, l’Italia, nel 2012, ha speso 26 miliardi in Difesa a cui bisogna aggiungere 15 miliardi di euro stanziati per i cacciabombardieri F-35. Ecco perché diventa sempre più fondamentale capire la connessione fra armi e politica. E’ stata questa la domanda che avevo posto al popolo italiano come direttore della rivista Nigrizia negli anni ‘85-’87, pagandone poi le conseguenze. All'epoca avevo saputo che alla politica andava dal 10 al 15 per cento, a seconda di come tirava il mercato. Tutti i partiti avevano negato questo.

Noi cittadini italiani abbiamo il diritto di sapere se quella pratica è continuata in questi ultimi 20 anni. In questi anni l’industria bellica italiana è cresciuta enormemente. Abbiamo venduto armi, violando tutte le leggi, a paesi in guerra come Iraq e Iran e a feroci dittature da Mobutu a Gheddafi, che hanno usato le nostre armi per reprimere la loro gente. Noi chiediamo al governo Letta e ai neo-eletti deputati e senatori di sapere la verità sulle relazioni tra armi e politica. Per questo chiediamo che venga costituita una commissione incaricata di investigare la connessione tra vendita d’armi e politica. Non possiamo più accettare che il Segreto di Stato copra tali intrecci! Ci appelliamo a voi, neodeputati e neosenatori, perché abbiate il coraggio di prendere decisioni forti, rifiutandovi di continuare sulla via della morte (le armi uccidono!) e così trovare i soldi necessari per dare vita a tanti in mezzo a noi che soffrono. E’ immorale per me spendere 26 miliardi di euro in Difesa come abbiamo fatto lo scorso anno, mentre non troviamo soldi per la sanità e la scuola in questa Italia. E’ immorale spendere 15 miliardi di euro per i cacciabombardieri F-35 che potranno portare anche bombe atomiche, mentre abbiamo un miliardo di affamati nel mondo. E’ immorale il colossale piano dell’Esercito Italiano di ‘digitalizzare’ e mettere in rete tutto l’apparato militare italiano, un progetto che ci costerà 22 miliardi di euro, mentre abbiamo 8 milioni di italiani che vivono in povertà relativa e 3 milioni in povertà assoluta. E’ immorale permettere sul suolo italiano che Sigonella diventi entro il 2015 la capitale dei droni e Niscemi diventi il centro mondiale di comunicazioni militari, mentre la nostra costituzione ‘ripudia’ la guerra come strumento per risolvere le contese internazionali.

Mi appello a tutti i gruppi, associazioni, reti, impegnati per la pace, a mettersi insieme, a creare un Forum nazionale come abbiamo fatto per l’acqua. Cosa impedisce al movimento della pace, così ricco, ma anche così frastagliato, di mettersi insieme, di premere unitariamente sul governo e sul Parlamento? E’ perché siamo così divisi che otteniamo così poco. Dobbiamo unire le forze che operano per la pace, partendo dalla Lombardia e dal Piemonte come stanno tentando di fare con il convegno a Venegono Superiore (Varese), fino alla Sicilia dove è così attivo il movimento pacifista contro il MUOS a Niscemi. Solo se saremo capaci di metterci insieme, di fare rete, credenti e non, ma con i principi della nonviolenza attiva, riusciremo ad ottenere quello che chiediamo. [alex zanotelli]