Il cinema racconta e insegna. Dietro
ogni scena c’è un retroscena, una magia visiva ed una melodia nascosta.
Cinematograficamente Gomorra incanta, i suoi interpreti dialogano con gli
spettatori, con la platea, con la fiction. Ripensi anche dopo aver visto tre
quattro cinque volte la stessa scena. Gli attori interpretano il/un ruolo, così
come uno sconosciuto recita il/un suo
film. I personaggi sono “costruiti” per la loro parte. Il neorealismo ha
insegnato questo modo fare cinema. Non è un film che disarma, quel non te l’aspetti non c’è, c’è invece una
relazione causale, c’è invece un’immagine e una nuova forma comunicativa, c’è
un impulso creativo e un’emozione “vergognosa”. Cucito per essere il/un
personaggio, ho l’impressione che gli attori alla fine non possano fare più
nulla, un po’ come il protagonista di “ladri di biciclette”. Ed è per questo
che reputo Gomorra una finzione straordinaria, un film “strategicamente” vissuto
nella mente di un attuale Bram Stoker. Il cinema fa parlare: la stigmate
comicità o la sua simulata originalità finalmente lasciano il posto all’avanspettacolo,
alla prosa realistica, al canovaccio che nel divenire si realizza e sopravvive.
[+blogger]
0 commenti:
Posta un commento