Con questa chiave di lettura siamo di fronte a questo scenario: a) molti A.T.O. (in Italia) per obbligo di legge avvieranno gare d'appalto per la gestione del s.i.i.; b) molti Comuni visto le scadenze della legge Ronchi, ma soprattutto sollecitati dall'esigenza di fare cassa a fronte dello "spettro" del dissesto finanziario, venderanno i titoli azionari delle società nelle quali partecipano (miste) o ne posseggono la totalità dei titoli (in house). Anche le Regioni metteranno all’asta i titoli delle partecipate per fare cassa, a tal fine il Presidente della Regione Campania Caldoro sembra non avere dubbi. In pratica significa che la "zeppa" prodotta da un eventuale effetto Referendum arriverà tardi.
Fermo restando ai dati della chiave di lettura, veniamo al caso Arin s.p.a di cui si parla in questi giorni: 1) condizioni politiche: oggi non vi è un Consiglio Comunale del centro sinistra che può “rimangiarsi” la trasformazione dell’Arin che nel 2000 da azienda speciale diventò s.p.a. (Salvatore Carnevale: Campania dal disordine al possibile, febbraio 2010 ed Intra Moenia); 2) condizioni giuridiche: giuridicamente è possibile la trasformazione di un’azienda speciale in s.p.a., ma non è possibile il contrario se prima non si adotta una messa in liquidazione della s.p.a. da realizzarsi in una situazione di bilancio Comunale chiuso in pareggio (obbligo giuridico). Questo condizione nasce da un concetto (giuridico) di tutela della responsabilità nei confronti dei terzi creditori sia del Comune che della stessa Arin s.p.a.; 3) Inoltre, qualora ci fosse anche un tentativo di discutere della “cosa” in Consiglio Comunale chi si opporrebbe alla trasformazione avrebbe la meglio, evocando le passività di bilancio e concetti d’efficienza e d’efficacia nel rastrellamento di risorse finanziarie da usarsi negli investimenti sulla rete idrica. In una s.p.a. per trovare soldi immediati basterebbe fare un aumento del capitale sociale grazie all’immissione sul mercato dei titoli azionari.
Un’azienda speciale cosa farebbe per fare cassa? Dovrebbe intervenire il Comune? Dove prenderebbe le risorse visto che all’orizzonte vi è lo spettro del dissesto? Aumenterebbe le tariffe a discapito dei cittadini? La strategia di rivendicazione della ripubblicizzazione dell’acqua è quindi posta male. Quello che oggi occorre è una legge regionale che istituisce l’azienda speciale, di diretta emanazione della Regione, alla quale devono aderire i Comuni per bacino idrografico in una gestione responsabile e compartecipe del s.i.i.. Se così non sarà allora ci dobbiamo preparare alla “guerra” tra i Comuni. Infatti, nella loro autonomia gestionale del s.i.i., rientrante nella propria area geografica, il Comune che sta a monte potrebbe investire nel rinnovamento dell’impianto idrico e chiedere al Comune confinante un aumento di tariffa per metro cubo d’acqua e così via fino a valle. A Monte si berrebbe acqua e si pagherebbe acqua, a valle si berrebbe acqua e si pagherebbe champagne (l’acqua che diventa merce). Nel tavolo tecnico istituito dalla Sindaca Iervolino si parlerà di tutto ciò? Ho i miei dubbi.
Colgo l'occasione, sperando di farti cosa gradita, per informarti che sei stato inserito nella ML della rete informativa e indipendente per l'acqua pubblica un caro saluto. [salvatore carnevale]
2 commenti:
per fame saremo capace di fare tutto, quello che non ho mai veramente capito, è il perchè se uno è già straricco deve evuole ancora di più. non credo sia solo un fatto di egoismo, deve per forza esserci dell'altro.
CHI VUOLE METTERCI I BASTONI TRA LE RUOTE SONO LE GRANDI SOCIETA' CHE FANNO AFFARI D'ORO SULL'ACQUA E SU ALTRE COSE. DOBBIAMO ESSERE NOI A
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