il mattino: vergini e cinesi

Il 14 gennaio scorso il mattino di Napoli ha pubblicato un articolo dal titolo “vergini e cinesi nel rione sanità l’inferno dei vivi”. Due pagine intere dove, in parte, si paragonano i clochard che sostano in piazza Cavour, la munnezza di salita cinesi e i sotterranei della via s. m. Antesaecula. Ho la pagina del giornale davanti e cito un pezzo (copio testualmente ciò che ha scritto l’articolista Pietro Treccagnoli): “Alla Sanità, se passeggi, se ti guardi attorno, sgamano subito che vieni da fuori. Cercate qualcuno?, domandano con un sorriso stirato i ragazzi in motoretta. Non si capisce se è gentilezza o controllo del territorio. Sei sospetto, soprattutto perché non sei straniero. Hai la stessa pelle loro e perfino il medesimo accento. Potresti essere una guardia. Occhio. Non ti mollano. Poi sembra che sono andati via ma li trovi fermi, davanti ad un bar. Scompaiono. Poi ricompaiono affacciati ad un balcone e ti guardano beffardi. Infine, sono seduti in una Smart, ti passano accanto, aprono il finestrino per farsi riconoscere. Prendiamola come una scorta non richiesta, ma necessaria. Alla sanità ti ammali e puoi farti male. Ma se sei innocuo, esci sano come sei entrato”.

Non mi piace estrapolare una parte di un articolo e commentarne il contenuto, ma questo segmento mi ha fortemente incollato al giornale. Mi surriscaldavo ogni qualvolta superavo una riga, per poi riprenderne un’altra. Non sapevo se stavo leggendo qualcosa di vero, qualcosa di falso, oppure una scenografia cinematografica. A me che sono nato e vivo nel rione da sempre scritti del genere fanno sbellicare dal ridere. Non capisco perché i giornalisti devono recarsi sul posto quando una montagna di [s]letteratura è a loro disposizione. Decine di “scrittori” hanno già scritto cose del genere, basta cercare su internet o su altri quotidiani napoletani e nazionali. L’effetto dispregiativo ormai non mi va più di commentarlo, quello che mi dispiace raccontare è come dallo stile descrittivo si è passati a quello sensazionalistico. Per fortuna che non sono io il primo a dirlo, capisco che scrivere è una professione piuttosto difficile, per lo più antiquata, ma spesso la disinformazione ha dalla sua parte l’etichetta, uno stampino fatto apposta per essere usato al momento giusto.

Premesso che l’effetto di incollarti al giornale sia la formula giusta, così come il titolo e il sottotitolo, l’altra cosa che maggiormente mi dispiace è veder raccontare un luogo senza mai realmente criticarlo. Nello scritto di cui sopra non c’è una critica, non ci sono parole per cui un cittadino della sanità può trarne insegnamento, per cui si possa dire ad un bambino o ad un adolescente: “leggi che ti acculturi”. Quello che c’è scritto nell’articolo, e in quelle poche righe che ho riportato, è per lo più la spoliazione di un’anima o delle anime di Napoli, e in questo caso, del quartiere Sanità. E la valutazione di un effetto prevaricatore, il contrario di quello che dicevano De Sica ed Eduardo, pur citati dallo stesso Treccagnoli. Quello che c’è scritto nella pubblicazione è la valutazione di una politica che mette tutti contro tutti, il buono e bravo acculturato scrittore che rimprovera i suoi figli distratti; l’eroe che, lungimirante, cerca uno spiraglio nella sua paternalistica funzione, quello che insegue la verità nei suoi giudizi di valore.

“Non è sicuramente questa la letteratura che voglio insegnare a mia figlia”, mi ha detto un commerciante dopo aver letto l’articolo de “Il Matttino”. Nelle scene dei registi neorealistici il personaggio povero, sporco, ladro e balordo ha un suo spirito così come una sua “identità”; alla via Cinesi Mastroianni e la Loren hanno raccontato prima di tutto la gente, l’umiltà, la capacità di organizzarsi nella povertà e nel bisogno. Eppure in quegli anni la criminalità esisteva pari ad oggi, forse superiore e più cattiva, per certi aspetti. Raccontare come in un film dell’horror - prima della trama c’è l’emozione, la suspense, lo stordimento - è una condizione essenziale della stampa attuale. Scrivere senza cognizione di causa è una prerogativa che fa mala alle generazioni future; la letteratura da tavolo è superata così come l’eroe/politico che abbraccia la sua croce per il bene altrui. 

Se raccontare un rione, e i suoi 60 mila abitanti, vuol dire raccontare la trama di un film va più che bene; ma un film è pur sempre una finzione mentre la realtà è qualcosa di altro, qualcosa di normale, qualcosa che, quando la racconti, non ha uditori né pubblico. Ci saranno pure dei fetenti nel rione? Ma certo! ‘O marjuolo è marjuolo a Napoli, a Milano, a New York, a Calcutta e nel Burundi’, parafrasando un celebre difensore della povertà. La realtà è sfuggita di mano perché è semplice e la semplicità nessuno più ormai la sa descrivere. [+blogger].  

13 commenti:

Viviana ha detto...

questo giornalista si è fumato quest'altro http://www.quartieresanita.org/2013/07/il-manifesto-scimmiotta.html è ridicolo tutto ciò il li caccerei dall'ordine.

R. U. ha detto...

Sapessi come sono in accordo con te, queste parole fanno male a chi è nato in quei quartieri, ma anche a me che sono napoletana e ogni giorno mi sento sempre più derubata della mia identità ...

R. U. ha detto...

A me quello che mi intristisce è il dolce far niente di una politica che ci specula, politica meridionale a partire dalla regione. A volte mi sento in trappola ed ho bisogno di fermarmi un attimo per riprendere le forze e combattere sull'ignoranza delle persone e secondo me loro approfittano di questo nostri momenti di stanchezza per prendere il sopravvento ...

Emanuela ha detto...

Perdonami Antonio, ma la realtà è anche quella descritta in queste poche righe che ci proponi da leggere. È vero che ogni tanto bisognerebbe scrivere anche della buona realtà napoletana, ma purtroppo quella cattiva esiste e impera soprattutto in questi quartieri.

R. U. ha detto...

Non sono convinta di ciò che dici sai, anche se non ti conosco, posso dire che quei pochi fanno notizia

Anonimo ha detto...

E' una questione di mestiere!
Ti dici giornalista? Ed allora racconta i fatti e lascia che le tue sensazioni siano il corollario sensibile di ciò che succede realmente.
Se la suggestione prevale in ciò che scrivi, elevati e fai il romanziere, e vendi centomila copia!
Mi sa che è proprio questo il problema!!!!

Luciano ha detto...

Buon pomeriggio sono Luciano di origini napoletane ma residente in provincia di Frosinone. Non sono mai stato nel vostro quartiere xo mi ci sono affezionato xke e il quartiere di una persona speciale che ho amato e che da 5 anni e mezzo veglia su di me ogni giorno dal cielo.Napoli ed i Napoletani meritano stima e rispetto x bellezza cultura musicale artistica sportiva, per il cuore la passione la creatività, x il coraggio che avete ogni giorno per affrontare queste offese gratuite che fanno solo male alla città ed a chi ci vive ed anche a chi ha sognato ed ha desiderato viverci e crearsi una famiglia, e sopratutto Napoli ed i Napoletani dovete essere rispettati x la vostra grandissima dignità x il vostro attaccamento alla vostra città e x il vostro onore . Scusate se mi sono dilungato o se ci ho annoiato.scusate se non vivo a Napoli e se non ho il vostro accento xo mi sento anche io napoletano.buon pomeriggio

+blogger ha detto...

EMANUELA Un esempio: c'è un ricercatore tedesco che da qualche mese abita nel rione, a lui cose del genere non sono mai capitate. A vico Lammatari c’è una cittadina inglese che vive da qualche anno, non le è mai successo nulla simile. Alla via Cristallini ci sono uno scozzese e un francese che gestiscono un B&B, anche a loro mai nulla, c’è un romano, moltissimi studenti fuorisede, moltissimi professionisti che non sono della Sanità, bhé, li conosco tutti, e non mi hanno mai raccontato una storia così.

MARIO M. ha detto...

La sanità è un quartiere ricco, economicamente, avanguardia di economie poco formali. Le pescherie abbondano. Segno di facilità di spesa. Il resto che latita.

Sara D ha detto...

v I giornali non sono buoni neanche più per pulire i vetri.

Ulrich. V. L. ha detto...

Un bel commento tuo, antonio. volevo aggiungere, sempre da straniero, che il vero problema del giornalismo partenopeo - ma anche di chi giudica, sia in maniera positiva, sia in quella negativa la sanità- è la forte tendenza al provincialismo. descrizioni come quella del giornalista si trovano nella letteratura su napoli da secoli, e mi chiedo da come deriva quella incapacità di rinnovare lo sguardo sul territorio. su napoli si scrive tanto, ma si indaga poco. frutto del classismo, benché nascosto, che regge i rapporti della città? o semplicemente di una arretratezza intellettuale? parlano di guerre, povertà, sterminio - e l'orizzonte non va oltre i confini della città. al mio parere le pratiche del "ceto" , cioè ogni processione in onore della madonna dell'arco, porta in se più universalismo, più senso del comune, più profondità che queste osservazioni.

Anonimo ha detto...

ve lo assicuro, non succede solo a napoli, anche in Francia succede e spesso , il sensazionalismo giornalistico e' onnipresente quando si parla di banlieue, di quartieri popolari. E' un modo semplice per fare giornalismo senza sprecare energie: i dati , le descrizioni, le immagini, sono gia' li' pronte e stereotipate, una paccottiglia che si adatta a qualsiasi situazione...

Anonimo ha detto...

infatti non capisco perchè sprecano tempo ad alzare i loro bei sederi dalle sedie e venire qui se poi alla fine ripetono le stesse identiche e noiose cose sul quartiere e sulla città intera...