È da diversi anni ormai che nella
busta paga non ci sono più la tredicesima, il trattamento di fine rapporto, le
ferie, gli straordinari, per non parlare della quattordicesima mensilità. I
contratti di lavoro, flessibilissimi, hanno sradicato dal “linguaggio comune” i
diritti dei sottoposti facendo percepire che le differenze non esistono.
È altrettanto palese che le paghe mensili sono diminuite, che accettare un
lavoro oggi è una virtù, per non dire fortuna, che rinunciare invece è da
scellerati.
Queste che oggi possono chiamarsi
sottrazioni, sono state il sale della pluralità, dei diritti che attualmente si rovesciano
prepotentemente nella normalità. Ho sentito dire ad una mia amica che ha dovuto
rinunciare al suo contratto a tempo indeterminato, previo ricatto e licenziamento,
“se vado in ospedale devo prendermi una mezza giornata di ferie”. Tutto nella
totale abitudine, così come rinunciare ad avere uno stipendio equo, la liquidazione, i trasferimenti, ecc
ecc.
Quello che mi fa più paura è che
nel linguaggio comune i diritti di cui sopra sono spariti. La percezione di una
occupazione continua e costante è definita prestigiosa. Il lavoro, ossia la
fatica fisica e mentale, dei lavoratori è inesistente. La percezione dei
diritti, così come le loro definizioni, sono sparite dalla mente, dal linguaggio,
dalla normativa. Quello che resta, e che hanno voluto che restasse, è la
gratitudine che oggi c’è nei confronti di chi vende i rovesci dei lavoratori.
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2 commenti:
Poi dice che uno si butta a destra....
Sull'area blog di fb uno spamming
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