“Difficile pensare di votare seriamente e credere che questa democrazia sia realmente democratica”. Così ha esordito don Pasquale il salumiere dopo aver visto il manifesto che gli ho mostrato; poi lo ha preso e attaccato sul muro della sua bottega. Gli ho detto: dunque non andrete a votare? Mi ha risposto: “Sono in crisi, la stessa crisi di quando decisi di non essere più cattolico. Quando smetti di fare una cosa in cui hai creduto e che i tuoi genitori ti hanno insegnato come conquista, beh, allora la risposta a questa tua domanda non ha risposta”.
Ancora nel quartiere c’è chi promette lavoro in cambio dei voti, cosa vecchia e sorpassata che dovrebbe far ridere e piangere allo stesso tempo. Ma il giano non è sempre bifronte. C’è anche chi non ha accettato 500/1000 voti di scambio. Ecco la realtà che ti sbilancia, che ti mette in crisi, che ti lascia senza parole. Votare il meno peggio? Qualcuno mi ha anche posto un'altra domanda: “Hai una alternativa?” Gli ho risposto con la frase di Longanesi: “Non sono le idee che mi spaventano, ma le facce che rappresentano queste idee.”
Un candidato eletto esprime le sue idee (o quelle del partito… a volte), mai quelle della gente. Poi c’è una legge elettorale: io sono il candidato, votatemi. C’è chi si lamenta perché con 20mila euro al mese non riesce a vivere; chi viene condannato dalla magistratura per peculato, ma il suo spot è “viva l’onestà”. Insomma perché se non so scegliere, se non so votare, sono così scemo? Nessuno ha mai pensato che sono triste? Che sono spaventato? Che ogni sorriso e ogni frase mi sono indifferenti?
Non voglio neanche sentirmi chiamare onesto, se devo delinquere per aiutare un uomo che sta affogando in mare lo faccio volentieri e mi becco la condanna. Bisogna riappropriarsi della dignità della gente, non la nostra dignità. Bisogna ragionare con la mente di chi ha veramente bisogno non con la nostra mente. Il detto che mi diceva sempre mio padre, “fattelle c’u cchi è meglio ‘e te, e pavece ‘e spese”, forse come in nessun altro periodo storico è azzeccato. [+blogger]
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