Se trent’anni fa mio padre
guadagnava un salario di 1milione e 300milalire, l’equivalente dei circa 800 euro dei contratti che attualmente
ti offrono, sempre nelle migliori ipotesi, questo vuol dire che non solo il
nostro paese in tutto questo tempo non è avanzato, ma che è tornato indietro sottraendo
lavoro e ricchezza, un gap degenerativo a somma zero. Per i salariati e tutti i
nuovi contratti, la busta paga si calcola così: 1+1 = 1 oppure 1+1+1 = 1. Un mio amico, qualche giorno fa, mi ha detto che per mantenere il posto
di lavoro il calcolo dello suo stipendio è stato fatto in questo modo: 1+1 = 0. Mi spiego
meglio.
Nella ditta dove lavora è arrivata una comunicazione informale: “i dipendenti devono rinunciare volontariamente
al contratto stipulato precedentemente per firmarne un altro”. Quest’ultimo impone ai
lavoratori 30 ore settimanali rispetto alle 40 previste dall’altro. Tutti hanno
dovuto accettare per forza questa nuova imposizione previo licenziamento. La cosa
più “interessante” è che non solo alla fine del mese hanno visto diminuire del
25% la loro paga (senza discriminazione, da chi prendeva un stipendio di 1500
euro all’apprendista che ne prendeva solo 600), ma in realtà hanno
continuato a lavorare per 8 ore al giorno e per 5 giorni settimanali.
Questa nuova forma di lavoro “partecipato”
ha una sola univoca caratteristica: è legittimo. Oggi giovani laureati se non
hanno una sacrosanta “raccomandazione” (anche se questa sta perdendo i suoi presupposti
originari), sono costretti ad accettare paghe di 400 o 500 euro al mese. Diciamo
che ci si può anche accontentare se non fosse per le parole di un saggio senatore
della repubblica che qualche anno fa ha dichiarato su radio24 che “…15mila euro
al mese non bastano per vivere e fare la vita da politico”.
Se la nuova o vecchia classe
imprenditoriale, se i ministri e i sottosegretari e se le leggi che regolano il
mercato hanno in se i germi della disuguaglianza (anche questa parola sta
cambiando i suoi “connotati”), quello che ci deve mettere in guardia
maggiormente è la norma che definisce e che può rendere ovvio anche le
assurdità. Offrire uno stipendio da fame
attualmente è legittimo specialmente se negli affari si coinvolgono i poveri. Se
dietro un lavoratore ce n’è un altro che accetta questo stato di cose è assurdo
prendersela con quest’ultimo anche se è normale accusarlo. Questa normalità
è diventata regolare, tantoché gli stipendi non si elargiscono secondo i
propri bisogni ma secondo le proprie aspettative (figuriamoci se parliamo di lavoro
fatto con la forza fisica… anatema). Se dopo 30 anni torniamo indietro di 30
anni vuol dire che L’Italia è rimasta ferma nel 1950. [+blogger]
4 commenti:
alla fine io credo che sia sempre una questione di coscienza di classe dei lavoratori, mi spiego meglio: se 30 anni fa un operaio guadagnava un milione e 300 mila lire al mese e questa paga, seppur esimia, gli permetteva di vivere nella dignita' di un lavoro che, anche se sfruttato e sottopagato era un lavoro a tempo indeterminato,
se si viveva in una societa', diciamo dove il compromesso sociale della socialdemocrazia ha permesso a centinaia di figli di operai di studiare gratuitamente fino all'universita' e di avere i libri gratuiti, le borse di studio, c'era che ne so, l'equo canone, la scala mobile.
Adesso il problema, che non e' solo quello del salario da fame che e' al disotto del minimo dignitoso per vivere , ma e' anche il fatto che lo stato liberalista massacra la classe operaia e la classe media come lo faceva 60 o 70 anni fa. Purtroppo i diritti, non si ereditano,in ogni caso non per lungo tempo, i diritti si strappano con le unghie e con i denti. Per questo io direi piuttoso: non siamo rimasti agli anni 50 , ma peggio. Siamo ripiombati negli anni 50 , e sttiamo andando ancora piu' indietro nel tempo. Per recuperare i diritti che abbiamo perso bisognera' fare un'altra rivoluzione sociale, un altro 68, strappare altri compromessi , vincere la paura e solidarizzare. Se i nostri padri hanno meritato i loro diritti ,noi ne abbiamo approfittato per pochi anni ma adesso sta a noi conquistarla per i nostri figli....
sono d'accordissimo cn te.
Trovare un lavoro oggi è proibitivo, lasciarlo perché si è sfruttati è importante. non dobbiamo mai abbassare la guardi, il lavoratori sono la cosa più importante di questa terra.
"Oggi l'Italia si ferma, ribellarsi è un dovere: il governo vada a casa". E' l'urlo del Coordinamento 9 dicembre che, nel giorno della protesta dei Forconi, è sceso in piazza a Napoli per formare un unico fronte di rivolta contro il governo. Un centinaio di persone ha presidiato piazza Trieste e Trento e piazza Carlo III, dove il traffico è andato in tilt per i blocchi a singhiozzo organizzati dai manifestanti.
Problemi anche in provincia. Chiuse al traffico fino a poco dopo le 18 le rampe di accesso allo svincolo autostradale di Battipaglia dell'A3
Davanti alle auto imbottigliate nel traffico di via Foria, hanno manifestato operai, commercianti, disoccupati e studenti. "Quando un governo non fa ciò che il popolo vuole - si leggeva sui volantini - va cacciato anche con mazze e pietre. Ci hanno accompagnato alla fame, hanno distrutto l'identità di un paese"
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