”Me lo hanno fatto portare a casa, non è cosciente”- Appena superata
l’entrata, una branda, quasi a sbarrarmi il cammino. Tonino, il volto scavato e
violaceo respirava rumorosamente, gorgogliando in fondo alla gola. Una coperta
copriva il suo corpo magro, ma non celava quella sferica convessità del suo
ventre. I bambini mi guardavano. Sapevo che la mia visita non poteva avere
nessun valore e forse questo mi rendeva nervoso. Tolgo la coperta e scopro
questo ventre gonfio a sproposito, con la pelle gelida, tesa,lucida, che lascia
intravedere un reticolo di vene azzurre. Il rantolo è l’unico suono nel basso.
I figli sono appollaiati sui letti a castello e guardano muti. Mi trovo ad
usare un termine sbagliato, forse per stizza per la mia impotenza. -“ Ma non lo
potevano pungere, in ospedale, per alleviare questa tensione. Tra poco
scoppia!” In realtà Tonino non è cosciente e non soffre più, per cui questa
manovra volutamente non è stata attuata. Assunta mi guarda in silenzio mentre
compio un rituale di visita che non mi convince, ma che so che lei si aspetta.
Dalla scollatura della vestaglia ha estratto un lungo seno avvizzito e ha
introdotto un nero capezzolo nella bocca del bambino. Le spiego quello che in
ospedale le hanno già detto: non c’è altro che aspettare il decesso. Vado via
nell’imbarazzo della mia impotenza, senza guardarla negli occhi. Mi avvio verso
l’uscita del vicoletto .Qualcuno dalle finestre mi saluta. Alle mie spalle, i
passi affrettati di chi mi sta raggiungendo. E’ Assunta: - “ Dottore, scusate,
voi avete detto che può scoppiare, volevo sapere se ci può essere pericolo per
i miei figli?” [lucio ranieri]
la bomba
Assunta Bernarducci è una
donna magra, non più giovane, con un addome globoso a mo’ di pera. Attende
sempre un figlio, nonostante il marito venga ogni tanto dalla Germania. Abita
in Vicoletto S. Gennaro dei Poveri : un capillare mozzo dell’urbanistica
cittadina. Il vico si ferma per impotenza ai piedi della collina di
Capodimonte, non riuscendo a valicare le centinaia di moto e macchine
sequestrate dai vigili e ammonticchiate lì, tra ciuffi d’erba. E’ contornato da
case abusive, forse un tempo baracche che venivano spazzate via al primo
acquazzone che scendeva, giù dalla collina, a forma di torrente. Assunta abita
un basso, due vani, solo letti a castello e brande per i suoi dieci figli che
riempiono le maglie vuote di questa rete. Un cucinino che termina in un
cunicolo nero: il gabinetto. Lo stereo è sempre acceso e invade il vico con le
canzoni di Merola. Oggi sapevo che avrei trovato il fratello di Assunta,
dimesso dall’Ospedale S.Gennaro. Tonino è un alcolista e soffre di una delle
complicanze più tremende, la cirrosi, l’idrope degli antichi. Nello sconquasso
del fegato bruciato dall’alcool, l’addome si riempie di liquido. E’ di Caivano,
ma durante la malattia è stato ospitato dalla sorella. Assunta mi aspettava,
seria sulla porta con l’ultimo lattante in braccio. C’era il silenzio
rispettoso della morte.
2 commenti:
Questa storia è così Bella come scritta e raccontata.
molto tragico e divertente bello
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