Mercoledì 16 dicembre la notte bianca nel quartiere ha portato moltissima gente in strada, come non mai il rione è rinato
nell’intento di far comprendere che “altro” è possibile. Genuinità e
consapevolezza, una caratteristica che forse si respirava moltissimi anni fa,
quella che ci raccontavano i nostri nonni. La mattina dello stesso giorno un
convegno: “Un bene per tutti - Le catacombe di San Gennaro, bilanci e visioni.”
Tranne che per qualcuno, in verità si trattava di persone che non conoscevo
affatto, che non avevo mai visto né credo avessero delle conoscenze a riguardo.
Da qualche anno i progetti che
s’intendono realizzare nel rione sono quadruplicati, dal cimitero delle
Fontanelle alle catacombe e cava di san Gennaro. I bed & breakfast si
moltiplicano a vista d’occhio e tutti gestiti da non napoletani: lucani,
romani, scozzesi, inglesi, francesi. Cerco di darmi una spiegazione, in realtà
cerco di confutare quello che negli anni ho maturato, nella consapevolezza,
senza riuscirci. Cosa sta succedendo nel rione sanità? Già avevo scritto di gentrificazione… un bottino che nel
rione non ha eguali specialmente con l’aumentare del turismo a Napoli.
Ma questa volta voglio sbagliare
l’argomentazione e sfruttare di più la bontà degli imprenditori. Questa volta
non deve trattarsi di una economia classica altrimenti chi investe nel
quartiere dovrà avere per forza il suo tornaconto. Devo immaginare che questa
nuova fondazione riconduca tutto al sociale, con le banche che non chiedono interessi e con i benefattori che non
usino il rione per piazzare i loro “scagnozzi”. Devo immaginare che l’investitore del nord ci metta dei
soldi per il bene del fruttivendolo, della pizzeria, del disoccupato della
sanità, così come la congiuntura favorevole gira non verso il surplus ma verso
la distribuzione equa e solidale.
Aspetto che una fiumana di
giovani trovino lavoro, che ci sia meritocrazia e non raccomandazioni; aspetto
con ansia che intere famiglie della sanità “ritrovino” la loro storia, così come
la loro dignità che continuamente viene calpestata anche in nome di un presunto
sviluppo. Chi parla di civilizzare il quartiere è razzista senza mezzi termini.
Senza conoscenza non si va da nessuna parte. Di storie singole ne abbiamo
raccontate tante su questo blog, non ne abbiamo tratto insegnamento, abbiamo
soltanto ascoltato, descritto, al massimo polemizzato contro qualcosa che non
ci piaceva, ma questo fa parte del dialogo e del confronto.
Non si possono accettare
compromessi, o è bianco o è nero. L’approssimazione è una vigliaccata. Anche io
qualche volta ho lavorato a nero, ho fatto un senso unico in vespa e non ho
indossato il casco, ma non sono un assassino né un pusillanime. Dentro un
progetto deve esserci solidarietà non il do ut des (io ti do due voti a te e
tu mi dai tre appalti a me), come nel
più classico dei film di Sergio Corbucci. Il fermento così come l’attenzione sul
quartiere c’è ed è anche abbastanza appetitoso; come un qualunque ha voglia di
diventare noto e un nullafacente ricco, così i cani sono già all’opera per
espropriare, e quale occasione migliore per buttare fuori gli ignoranti, i
gonzi, gli imbecilli, i fessacchiotti...?! Ma per ora questa è una storia falsa.
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