“A proposito, non resistiamo a rammentare che la morte, di
per sé, da sola, senza alcuno aiuto esterno, ha sempre ammazzato molto meno
dell’uomo”. Così Saramago nella sua invenzione affronta un problema di straordinaria
importanza anche se nessuno ha voglia di occuparsene. L’affermazione dello
scrittore portoghese si riferisce alla crudeltà degli esseri umani, che non
hanno il benché minimo senso della percezione mortale se non quella d’aver solo
e singolarmente paura. Stavo in spiaggia e un signore con i figli si è
divertito a prendere un pesciolino, che era quasi a riva, con il secchiello.
L’ha mostrato ai più piccoli, alla moglie, ai suoceri, e dopo poco ho visto che
rovesciava il secchiello buttando via il pesciolino stecchito. Così come se la sua paura fosse stemperata di fronte alla
morte di un essere vivente che non dava fastidio a nessuno, che non era buono
da mangiare, che aveva avuto la sfortuna di trovarsi lì per caso, il signore
con la sua bella famiglia avrebbe sicuramente mostrato ben altra dimestichezza
se il pesciolino avesse fatto la stessa identica cosa ad uno delle sua
famiglia. La crudeltà di ammazzare agnellini, delfini, foche, maiali, farfalle,
lucertole e bambini è solo statistica, come diceva Charlie Cheplin, non c’è
nessuna differenza, quello che conta è la nostra definizione.
A Napoli se vai al cimitero ti vengono i brividi solo a
guardalo, se vedi un piccolo cimitero di montagna la cosa è differente. Io a
Poggioreale mi spavento, qui in un cimitero nei pressi di Capo D’Orlando la
cosa non mi impressiona più di tanto. Noi la morte la distruggiamo con le
nostre definizioni, che in realtà non sono niente, non hanno un briciolo di
prova, quello che sappiamo è che morte non è stata ancora definita, non si sa
cosa sia, si sa solo che il corpo si consuma, che non ci si muove più, non si
parla, non si fuma, non si fa l’amore ecc ecc. Ma allora perché abbiamo così
paura?
Ci divertiamo a cacciare, ad imbalsamare un uccello e
metterlo sul comodino in bella posta solo perché sappiamo che un giorno anche
noi saremo “imbalsamati”. L’insensibilità è una componente che ristabilisce la
nostra superiorità e la consapevolezza di non morire mai. A Napoli il cimitero di Poggioreale fa paura
solo perché dobbiamo continuare a vivere e definire la nostra “realtà”, se non
fosse così la morte sarebbe priva di fondamenta. La disumanità è scritta sullo
Zingarelli, è presente nella nostra quotidianità, è “normale”, quello che non è
normale, e per questo non è capito, è la cattiveria di cavare gli occhi ad un
passero per farlo cantare, di ingabbiare un elefante, di ammazzare pulcini, di
imprigionare cani, gatti, aquile, di sterminare rettili, aquatici, bambini,
donne, uomini… [+blogger, capo d’orlando]