i cazzimbocchi di via sanità

Sono anni che i cazzimbocchi della via Sanità saltellano su e giù all’impazzata. Per la strada vere e proprie voragini inghiottono l’indifferenza della Municipalità che, ogni tre o quattro mesi, interviene per otturare le proprie irregolarità. C’è una differenza che proprio non capisco: la strada di viale dei colli Aminei è rifatta quasi ogni anno, da poco una rotonda è stata “inaugurata” dalla presidentessa della III Municipalità. Nel rione Sanità se una donna incinta di pochi mesi osa prendere l’auto rischia un aborto spontaneo per movimenti tellurici improvvisi. Il manto è continuamente imbrattato di asfalto, che puntualmente fa saltare i restanti sanpietrini, creando anomalia e difformità. 

 Provate a percorrere vico Palma: alla fine, dove incrocia via Sanità, girate a destra, abbassate la testa e se le cassette della frutta e della verdura ve lo permettono, sul marciapiede notate un avvallamento strano, una specie di sinusoide che si placa alla testa di un tombino che traballa, anzi direi svolazza, fa rumore, è precario. Se ci cade una persona dentro?, peggio per lui/lei. E se ci cade un/a bambino/a?, colpa della madre e/o del padre. E se ci cade un/a vecchietto/a?, colpa della colf. E se la colf non se la possono permettere?, colpa dei nipoti che lasciano i nonni soli e abbandonati. Insomma come avrebbe detto uno scrittore drammaturgo: “Nessuna domanda è più difficile di quella la cui risposta è ovvia”. [+blogger]

preservare


fiera della solidarietà



il decreto del fare

Una violazione alla sicurezza sul lavoro. La scorsa settimana, alla Commissione Lavoro della Camera, purtroppo, soltanto una forza politica ha votato contro il D.Lgs. 69 del 21/6/2013 (Decreto del Fare), che, tra i tanti e frettolosi provvedimenti, introduce anche modifiche alla materia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Gli Art. 32,35,38 e 42 di tale Decreto Legislativo di fatto vanno a modificare concetti essenziali come quello del Duvri, delle procedure standardizzate,  del Psc e Pos, della Informazione, della comunicazione degli infortuni gravi o mortali, per ultimo, degli adempimenti per lo smaltimento di agenti chimici inquinanti

In qualità di lavoratore ed RLS non posso esimermi dall’esprimere il più forte e totale dissenso a tale manovra. In un clima politico che ha mostrato il tentativo di barattare il diritto alla salute con il diritto al lavoro (vedi questione ILVA) risulta inaccettabile la modalità di procedere attraverso D.Lgs, e si assiste,  senza alcun confronto con le parti sociali,  alla mancata attivazione della conferenza Stato Regioni, con palese violazione dell’Art. 117 della Costituzione. Inutile evidenziare il puntuale annullamento della Commissione Consultiva Permanente. E se i dati del rapporto annuale INAIL parlano di diminuzione di infortuni è solo perché esiste una diminuzione di offerta di lavoro ed una palese e diffusissima paura alla denuncia dell’infortunio. Lo scrive chi lavora e vive al sud, e come tale assiste sempre più ad una accentuata differenza nord-sud. Non è più possibile assistere ad incidenti mortali, a patologie fantasma ed alla eliminazione del diritto alla salute! Non è più comprensibile il silenzio su questa materia mostrato dalla maggioranza delle forze politiche! Il Decreto del Fare dovrà essere tramutato in legge nella seconda metà di agosto e queste brevi righe vogliono essere un appello per tutti coloro che, operando nei luoghi di lavoro, nelle associazioni e nelle forze politiche, hanno maturato la giusta sensibilità per difendere, per l’ennesima volta l’attacco al diritto alla salute ed al lavoro.  [lucio criscuolo] 

Per ulteriori approfondimenti sul decreto e le sue modifiche scrivete all'autore, l'indirizzo di posta elettronico è: lucio.criscuolo@alice.it

comune e ossario

Comunicato stampa. Sul sito del comune di Napoli è apparsa in bell’evidenza una foto del cimitero delle Fontanelle. A prima vista un’iniziativa positiva di pubblicizzazione di uno dei beni culturali più suggestivi della città. Ma chi clicca sulla pagina non trova un’adeguata descrizione del luogo o la sua storia. Trova invece la pubblicità di una delle tante associazioni che effettuano visite guidate a pagamento al cimitero, con contenuti che sul piano culturale, come si evidenzia dal sito dell’associazione in questione, cioè mani e vulcani, sono molto, ma molto discutibili. 

Dopo un primo contatto, l’assessorato ha dichiarato di ignorare l’esistenza di questa pagina e si è impegnato ad intervenire subito. Ma la pagina è stata eliminata unicamente dall’home page, mentre è rimasta nel sito del Comune. Di fatto, chi va su internet, alla voce cimitero delle Fontanelle, continua a trovare una pubblicità fatta dal Comune di Napoli a favore dell’associazione Mani e Vulcani. Gli interrogativi che nascono da questa pubblicità sono tanti. È un’iniziativa che ha il suo retroterra in uno strumento giuridico sottoscritto dall’Amministrazione Comunale e dall’Associazione Mani e Vulcani? Le altre associazioni che, alcune a pagamento, altre gratuitamente fanno visite guidate, potranno continuare a farlo? 

Quali benefici economici il Comune di Napoli ricava da simili iniziative? Nei mesi scorsi la Rete della Sanità ha presentato un documento di analisi e proposte sul Cimitero delle Fontanelle al Sindaco e all’Amministrazione Comunale: è questa la risposta? La Municipalità, che pure ha espresso impegni sul cimitero, appare totalmente ignorata. Lo stesso si deve dire delle Associazioni e delle forze politiche della Sanità. Bisogna dire, con rammarico, che questo è proprio un brutto inizio per il nuovo assessorato. 

L’Associazione Icare, che da anni è impegnata per la promozione del cimitero, è ben consapevole che il bene culturale è anche una risorsa economica da valorizzare, ma la strada intrapresa dall’Amministrazione sembra francamente sbagliata. Farà quindi il possibile affinché non si scriva un’altra brutta pagina nella storia, già penosa, del rapporto tra il Comune e il cimitero delle Fontanelle. Napoli 12.7.2013 [ICare Fontanelle]

oltre la moda

“Il gusto è gusto”, questa è una massima non sempre condivisa. Tutti pensiamo che sia giusta ma la realtà spesso è un’altra. Facciamo esempi generalizzati: un laureato del rione ama la musica classica, il blues oppure il jazz;  allo stesso modo, un lavoratore operaio che ha la terza media serale ascolta la neomelodia di Ciro Rigione e Gigi D’Alessio; in casa del primo possiamo trovare libri, mentre in quella del secondo riviste di gossip; mentre l’uno ama il cinema di Bergman, l’altro ha visto solo Scarface; in tv, il sabato sera, il laureato vede programmi di politica mentre il serale vede c’è posta per te. Queste differenze possono essere portate alle estreme conseguenze, così come la divisione netta di due mondi, di due idee, di due vite. La prima è sinonimo di eleganza, la seconda di ignoranza.

Nel quartiere alla via San Gennaro dei Poveri vive una famiglia con 4 figli, tre bambine e un adolescente. I genitori, lui ha la terza media mentre la mamma ha la quinta elementare. Tutti i figli vanno a scuola. Alla via  Luca Giordano, invece, vive una famiglia con 2 figli, un maschio e una femmina di 14 e 15 anni. Entrambi i genitori sono laureati, la mamma è medico mentre il padre è un commercialista. Se osservate i figli di entrambe le coppie la cosa diventa alquanto imbarazzante. I 4 ragazzi/bambini della prima famiglia sono di un’ educazione disarmante, non intervengono mai a sproposito, annuiscono e rispondono brevemente mai sovrapponendosi, si rivolgono con rispetto verso i genitori e verso gli adulti. L’esatto opposto sono invece i figli dei due professionisti del Vomero. Parlano Napoletano, maleducati sia a tavola che verso i genitori, non amano la scuola, la figlia preferisce già truccarsi, ha un iphone costosissimo  mentre il fratello gioca tutta la giornata con il videogame portatile, guarda la tv preferendo solo programmi calcistici.

Oggi le ragazze della Sanità (continuo a generalizzare), portano scarpe alte colorate, i cosiddetti zatteroni che un tempo, negli anni 70, venivano calzate da donne emancipate, attrici e femministe. Diversi anni fa avere una bella moto era roba da ricchi. Il tatuaggio se lo faceva solo l’ergastolano o chi aveva scontato diversi anni di galera. Le ragazze della Sanità sono cafone e prive di eleganza colpa di quelle scarpe arcobaleno; i ragazzi con le moto sono tutti buffoni e pagliacci; mentre resiste ancora il tatuaggio perché “chi ha il potere di confermare” lo ha imposto a tutti. La normalità la decidiamo giorno per giorno e quando non ci piace più pensiamo che chi la attua sbaglia incondizionatamente. Come la moda, un vestito prima è bello poi è brutto, insomma, prima se porta poi nun se porta cchiù!

Non tutti per fortuna ragionano così, ma la “stranezza” di chi ascolta un neomelodico educando i suoi figli in modo ineccepibile ed onesto rispetto a chi preferisce la musica classica e i libri senza curare la propria famiglia, non è sicuramente figlia dell’ignoranza popolana, né del gusto né della generosità. Essa è definita volta per volta da chi ha il potere di confermare e/o sconfermare la norma e, come la moda, resiste in un determinato periodo sottraendo tutto quello che di differente propone l’alterità.  Per dirla in modo diverso, laddove il linguaggio economico determina per definizione dei presupposti, le somiglianze e le definizioni cambiano a secondo degli interessi, che in seguito si trasformano in speculazione culturale. [+blogger]  

il manifestino

Ieri [30/06/13] il Manifesto ha pubblicato un articolo che parlava del rione Sanità, scritto da Angelo Mastrandrea dal titolo: Sott’o ponte della Sanità, dove la vita è tutta un teatro. La prima affermazione che sbilancia è quella di Zanotelli, il comboniano ipoteticamente avrebbe affermato: “Qui il sogno delle ragazze è diven­tare “veline” in tv e i ragazzi pen­sano solo al moto­rino e alla droga”. Verificheremo. Ma da quando frequento Alex non l’ho mai sentito dire una cosa simile. L’altra affermazione arbitraria ed illogica è quella dell’articolista: “Sarà per que­sto che buona parte dei ragazzi di que­sta énclave di 67 mila abi­tanti inca­sto­nata nel cuore della città, a un passo dal salotto buono di piazza Ple­bi­scito, non ha mai visto il mare”. Sono nato e vivo da 41 anni nel rione, praticamente da sempre, e vi assicuro che stupidaggini del genere non le ho mai sentite, se Mastrandrea mi trova un/a solo/a ragazzo/a del rione che non ha mai visto il mare giuro che chiudo il blog e tutte le aree internet che ho dedicato a questo quartiere.

Si continua a legge: “…la disgre­ga­zione sociale appena miti­gata dall'unica appar­te­nenza comune: il tifo sfe­ga­tato, quasi una reli­gione, per la squa­dra di cal­cio del Napoli”. Io e la mia famiglia siamo cittadini del quartiere da sempre, mia nonna era poverissima, cosi povera che a volte doveva mendicare per sfamare i suoi 8 figli. Oggi viviamo quasi tutti nel rione, eccezione qualche emigrato. Non tutti però tifiamo Napoli: i miei due cognati sono uno interista e l’altro milanista, il fratello di mia moglie è juventino: i miei nipoti sono chi milanista, chi napoletano, chi addirittura romanista. Non abbiamo mai tifato sfegatatamente, pochissime volte siamo andati alla stadio, al "pallone" domenicale preferiamo il bosco di Capodimonte, la montagna, in estate il campeggio. Ci sono più juventini nella sanità che in un qualsiasi altro quartiere di Torino.

Ma tutto questo non mi farebbe arrabbiare più di tanto visto ormai l’abitudine a trattare il rione e la sua gente con etichette e stereotipi, se non fosse per il fatto che a scrivere è sempre qualcuno che sa poco o niente del luogo, come i dirigenti che occupano un posto di responsabilità utilizzando la competenza di qualcun altro. Da anni lo ripeto e lo scrivo su questo blog, se non cambiate linguaggio, se non incominciate a trattare questa gente da esseri umani, voi giornalisti, scrittori, articolisti e intellettuali non ricaverete un bel niente né dalla gloria né dalla vostra stessa presunzione. Chi scrive dovrebbe almeno avere l’umiltà di informarsi e capire, dovrebbe avere la facoltà e l’intelligenza di non esprimere giudizi di valore.


Sul giornale si legge ancora: L'aspetto peg­giore sono i morti ammaz­zati per strada, il modello socio-eco­no­mico camor­ri­sta con­si­de­rato l'unico pos­si­bile …”. Il mio modello economico e quella della mia famiglia non è stato quello camorristico ma quello operaio. Diversi miei parenti vendono la frutta, altri lavorano come macellai, autisti. Alcuni di noi invece ci siamo laureati e per fortuna ci teniamo alla larga da gente priva di scrupoli che non “affolla” solo la Sanità ma Napoli, il sud, il centro e il bel nord Italia. [+blogger]  l'articolo de "Il Manifesto" 


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