immotivata chiusura dell'ascensore

Da diversi giorni l’ascensore dalla via sanità è chiusa al pubblico per motivi reconditi, nessuno conosce il perché, tanto è vero che la III Municipalità ha affisso manifestini per tutto il quartiere chiedendo spiegazioni a riguardo, anche se per adesso, pare, non sono arrivate notizie utili.

Alla chiusura della suddetta per motivi straordinari è prevista una navetta ANM, ogni 10minuti circa e senza sosta obbligatoria, che dalla via Sanità alla via santa Teresa e viceversa, accompagna gratuitamente le persone che fanno uso quotidiano dell’ascensore.

Questo grave disagio, senza avvertimento né preavviso, è inspiegabile e fuorilegge. Ricordando che sono centinaia le persone anziane che si recano all’Asl di Corso Amedeo di Savoia e all’unica posta del rione che è autorizzata a spedir e pacchi, raccomandate, ed è aperta fino alle ore 18. [+blogger]      

riusiamo il quartiere

Il TUTTOGRATIS nel rione sanità è una non attività economica. E’ l’antitesi del commercio classico e globalizzato. Il progetto nasce come alternativa alle forme di speculazioni e di sperequazione attraverso una rieducazione al baratto e alle forme di scambio sociale. Il TUTTOGRATIS è il baratto o il barattare classico di un tempo escludendo la moneta. Nasce così il progetto che integra il vivere con meno quando e se serve.


Il TUTTOGRATIS stempera la normale attività economica, la svuota della suo fine ultimo, per comprendere che, come dice un proverbio indiano, i soldi non si mangiano. Il nostro obiettivo non è andare contro i commercianti o i piccoli artigiani, il nostro scopo è quello di creare una nuova forma (che poi è vecchia), di “comunicazione” che serve a far comprendere che tutto ha un valore, che il bisogno dell’altro è anche il nostro e che la reciprocità è una virtù che ci aiuta a superare anche le nostre paure. Ecco perché la RETE SANITA’, attraverso il progetto del blog rione sanità, avalla la proposta di aprire una “casa della reciprocità” con l’insegna provocatoria, come il titolo di una vera attività commerciale, TUTTOGRATIS.


Partendo da questa semplice esperienza, in un locale possibilmente grande in una delle vie del rione, si può accogliere tutto quello che di vecchio o di superfluo: televisioni, libri, vestiti, elettrodomestici. Queste stesse cose possono essere riusate e date a chi ne fa richiesta. Quello che ci interessa è appunto il riuso, creare una forma di scambio sociale che comprenda l’importanza di riciclare, del rimettere nel circuito della non vendita e della non inutilità. Questo l’aspetto più importante in una epoca dove il consumo sta devastando la nostra terra, dove i materiali naturali si logorano nell’indifferenza e nella superficialità. Rimettere nel circuito del virtuoso una collana, un giocattolo, un cassapanca, un computer. Finalità intrinseca è la capacità di riciclare, di non inquinare, di stabilire un rapporto con le cose e con gli uomini più eguale e duraturo. Il TUTTOGRATIS comprende la voglia di non sprecare, di non inquinare, di non devastare inutilmente.


Il TUTTOGRATIS è forma di partecipazione diretta, la partecipazione che fa nascere un nuovo modo di pensare al consumo, al commercio, alla realtà che ci circonda e che può diventare altra. IL TUTTOGRATIS non è un rigattiere, né chi ha roba vecchia da smaltire oppure vendere. Il progetto nasce per sensibilizzare l’opinione pubblica a non sprecare; se qualcosa è ancora buona e si può ancora utilizzare, come un ferro da stiro, una un paio di guanti, una televisione meglio farlo avvantaggio un po’ di tutti. Importante: le persone non devono acquistare ma scambiare.


Saremo noi responsabili a scovare, ad esempio, chi si toglie una libreria o dei libri (in questo caso per riutilizzare la carta, si possono avviare le rubriche della reciprocità, ossia si può scambiare carta usata con libri o quaderni, si prendono ad esempio, le agende dell’anno prima o dell’altro anno addietro ancora e si scrivono con la penna i giorni ecc ecc). Chi non ha più bisogno di cose e chi non ne ha più bisogno, chi ha voglia di ridefinire il dono, chi vuole alternanza. Chi gestisce (gruppo o altro) il TUTTOGRATIS, avrà mansioni specifiche nel progettare anche eventi, discussioni, cineforum, questionari da somministrare ai potenziali “acquirenti”, gli effetti per creare nuove relazioni e scambi di sapere. Leggi ancora se ti va [+blogger]

privato

“Siamo ossessionati dal privato”, quello che facciamo nella nostra singola sfera non deve saperlo nessuno, neanche il nostro più vicino parente. Più in generale: in casa mia decido io, faccio entrare chi voglio, questa è la mia proprietà che eccessivamente diventa mia, come mie sono: la moglie, i figli, l’auto, i soldi. È l’esasperazione che diventa ossessione e a volte angoscia. Eppure non c’è cosa pubblica più evidente del nostro privato.

Facciamo le nostre cose, come fare la cacca, la pipì, l’amore, ci masturbiamo, guardiamo i film porno, ci scaccoliamo in segreto, la puzza poi è straordinaria perché in pubblico è difficile capire chi l’ha fatta anche se poi stiamo attenti a sganciarla. E’ di comune accordo, gli uomini hanno bisogno di queste cose, molte  fisiologiche, del resto è normale, però è il nostro privato, qualcosa che ripugna l’altro, che fa schifo, che ridicolizza.

L’eccessiva vergogna delle cose normali ha in se germi di disuguaglianza, è l’origine delle differenze, delle ambiguità, dell’indecenza. Ma del resto non faccio questa scoperta, mi piace però ribadirlo perché sono prigioniero anche io dei miei stessi pensieri. Adesso non voglio dire che scenderò per strada a pisciare davanti a tutti, rispetto attualmente chi difende la propria dignità, non posso dire “fai l’amore per strada” (anche se è meglio che lanciare missili), ma prendo atto delle mie “debolezze” che forse non mi fanno essere realmente quello che sono.

Un barbone qualche giorno ha fatto la cacca dietro la metropolitana, stava schiattando, dolori di pancia insopportabili. Lo stavano linciando. Nientedimeno si era permesso di farla davanti a dei bambini che passavano di lì. In effetti lui cercava di nascondersi ma per strada è quasi impossibile. Morale della favola: scrivetela voi se vi va. [+blogger]                

l’umanità infelice

Il 15 giugno, tre mesi dopo l’inizio dei bombardamenti della Nato contro la Libia, l’Unione africana (Ua) ha espresso al Consiglio di sicurezza dell’Onu la posizione dei cittadini del continente sull’attacco. Un attacco sferrato di fatto dagli ex aggressori imperiali dell’Africa – Gran Bretagna e Francia – affiancati dagli Stati Uniti, con un ruolo marginale di alcuni altri paesi.
In realtà gli interventi erano stati due. Il primo, in base alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 17 marzo, chiedeva una no fly zone, il cessate il fuoco e misure per proteggere i civili. Poco dopo, però, il trio imperiale si è unito agli insorti, diventando di fatto l’aviazione della ribellione.
All’inizio dei bombardamenti l’Unione africana aveva sollecitato dei tentativi diplomatici per cercare di sventare una catastrofe umanitaria. Agli appelli dell’organizzazione si erano uniti quelli dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e di altri paesi. In effetti il trio era piuttosto isolato nei suoi attacchi, intrapresi per eliminare il volubile tiranno che l’occidente aveva appoggiato fino a quando gli era sembrato conveniente. Ora serviva un regime più arrendevole verso le pretese occidentali sulle risorse della Libia e che magari potesse anche concedere una base al comando statunitense per l’Africa, Africom, fino a quel momento confinato a Stoccarda.
Non possiamo sapere se con i tentativi relativamente pacifici sollecitati dalla risoluzione 1973 dell’Onu, e appoggiati da quasi tutto il mondo, sarebbe stato possibile evitare la perdita di tante vite umane e la devastazione della Libia. Il 15 giugno l’Unione africana informava il Consiglio di sicurezza che “ignorarla per tre mesi e continuare a bombardare il sacro suolo africano era stato un atto di prevaricazione, arroganza e provocazione”. Nell’appello al Consiglio di sicurezza l’Ua osservava: “La sovranità è stata uno strumento di emancipazione per i popoli del continente che stanno cominciando a gettare le basi di un importante cambiamento per la maggior parte dei loro paesi, depredati per secoli dal commercio degli schiavi, dal colonialismo e dal neocolonialismo. Un assalto sconsiderato alla sovranità delle nazioni africane equivale quindi a infliggere nuove ferite al destino dei loro popoli”.
In occidente non si è parlato di quest’appello, apparso sulla rivista indiana Frontline. La cosa non sorprende, perché gli africani sono “non persone”, per usare il termine coniato da George Orwell per indicare chi era inadatto a entrare nella storia.
Il 12 marzo la Lega araba si è guadagnata lo status di “persona” appoggiando la risoluzione Onu 1973. Ma l’apertura di credito è subito finita quando ha negato il sostegno al bombardamento occidentale contro la Libia. E il 10 aprile la Lega araba è tornata a essere una “non persona”, chiedendo all’Onu di imporre una no fly zone anche su Gaza e di far cessare l’assedio israeliano. Un appello che è stato praticamente ignorato. Anche questo è comprensibile: come constatiamo regolarmente, i palestinesi sono il prototipo delle “non persone”.
Pensate, per esempio, al numero di novembre/dicembre della rivista statunitense Foreign Affairs, che si apriva con due articoli sul conflitto israelo-palestinese. Il primo, scritto dai funzionari israeliani Yosef Kuperwasser e Shalom Lipner, attribuisce ai palestinesi la colpa del conflitto, perché si rifiutano di riconoscere Israele come stato ebraico. Il secondo, dello studioso statunitense Ronald R. Krebs, attribuisce il problema all’occupazione israeliana. Il suo occhiello è: “L’occupazione sta distruggendo il
paese”. Ma quale paese? Israele, naturalmente, costretto a opprimere quelle “non persone”.
Un altro esempio: a ottobre, molti giornali hanno annunciato trionfanti la liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano catturato da Hamas. L’articolo del New York Times Magazine era dedicato alle sofferenze della sua famiglia. Shalit era stato rilasciato in cambio di centinaia di “non persone”, delle quali abbiamo sentito parlare appena, se si esclude il dibattito sull’eventualità che la loro liberazione potesse danneggiare Israele.
Non abbiamo mai saputo nulla neanche delle altre centinaia di detenuti rinchiusi per lunghi periodi senza accuse specifiche nelle prigioni israeliane. Tra questi ci sono i fratelli Osama e Mustafa Abu Muamar, due civili rapiti dall’esercito israeliano quando entrò a Gaza il 24 giugno 2006, il giorno prima che fosse catturato Shalit, e poi “scomparsi” nel sistema carcerario dell0 stato ebraico. Qualsiasi cosa si possa pensare della cattura di un soldato di un esercito durante un conflitto, rapire civili è chiaramente un crimine molto più grave, a meno che, ovviamente, si tratti di “non persone”.
Questa strana razza di “non persone” si può trovare ovunque, anche negli Stati Uniti, nelle carceri del paese, che sono uno scandalo per tutto il mondo, nelle mense dei poveri, nei quartieri ghetto in sfacelo. Ma citare solo questi esempi è fuorviante. L’intera popolazione mondiale barcolla sull’orlo di un buco nero. Povera umanità infelice! [noam chomsky - fonte internazionale 932]

costa discordia


Già si è detto tutto e l’impossibile, già si parla di crisi epocale, già l’Italia è declassata politicamente… adesso anche socialmente. L’ex Comandate Schettino sarebbe la faccia del paese, De Falco invece la mosca bianca che racconta la dignità degli italiani brava gente. I mass media mondiali così ci disegnano, la crisi europea è la crisi della nostra nazione, con un governo incapace, una economia al collasso in un tempo dove il paradosso ha superato la nostalgia. Il tempo che fu è improponibile, le lotte sono finite e la distruzione di un movimento arriva nel momento in cui quest’ultimo cavalca l’onda mediatica.

“A chi me schifo i dico: vuò vedè, c’o cuorpo tu t’o vinne comme a me! Nun me suppuorto e quest’o saccio già, io songo ‘o specchio a do tu nun te vulisso maje guardà!  [Traduzione] “A chi mi schifa dico: vuoi vedere, il tuo corpo tu lo vendi come faccio io. Non mi sopporti e questo già lo so, io sono lo specchio dove tu non vorresti mai guardarti!  (Nun Te Scurdà)

Una frase questa che descrive benissimo i paradossi Chestertoniani, tutti a chiedere la testa di Schettino nessuno che prende la distanze da Costa Crociere, nessuno che  si indigni veramente nei con fronti di Piscicelli che  mentre rideva dell’Aquila subito dopo ingeriva sonniferi pestilenti per epurarsi dal senso di colpa. È questa l’altra faccia dell’Italia.

Si ride, si piange, ma c’è anche differenza: non tutti ridono allo stesso modo e non tutti piangono per gli stessi motivi. Queste differenze le abbiamo incise dentro la nostra cultura, dentro il nostro sistema paese. Ma tutto è il contrario di tutto, come chi ha fatto il mondo ha ben pensato di fare anche il suo opposto. Io continuo a pensare che la brava gente è nascosta, perché non si fa vedere?, bhè, questo è un mistero. No, aspetta, ritratto, forse si può spiegare questa situazione con una metafora del maestro dei paradossi: “Ammazzo un uomo per salvargli la vita”. [+blogger]      

un gruppo inutile

Non è bello quando ti invitano a clikkare su di un gruppo facebook (mi piace la III Municipalità), come ho fatto io diversi mesi fa, e poi quando scrivi un post ti bannano perché non lo gradiscono. In realtà non ho molto da dire sulle municipalità, vorrei solo che fossero tutte bannate, eliminate perché non servono praticamente a niente. Si spendono soldi inutilmente per pagare diverse persone incompetenti, votate per “sentito dire”, senza un briciolo di esperienza e, quello che fa più rabbia, di conoscenza verso il proprio quartiere.

Non mi piace fare di un’erba un fascio e quello che ho scritto l’ho gettato di stizza, così come cittadino indignato. Alcune persone vogliono realmente impegnarsi ma vengono ostacolati anche dalla loro stessa coalizione. Non è solo il caso di un consigliere che ha deciso di ricorrere al TAR, in realtà chi percepisce veramente il cambiamento lo fa senza compromessi, senza fronzoli né bustarelle.

Un articolo è un articolo al massimo si precisa, si smentisce, si ricorre al tribunale, ma le cose che si scrivono e che si fanno devono pur essere giudicate e, in questo caso, visto che il reato è pubblico, la Municipalità ha il dovere di spigare il perché non ha rispettato la norma di genere. L’articolo di cui sotto spiega le circostanze. [+blogger]   

ruotolo al tar

Un consigliere delle 3° Municipalità ricorre al T.A.R.

Chiede il rispetto della norma sulla nomina degli assessori della Municipalità Stella-san Carlo all’Arena, per quanto riguarda la rappresentanza dei due sessi

Questa mattina è stato notificato alla Presidente della 3° Municipalità Stella-san Carlo all’Arena, Giuliana Di Sarno, in tempo utile (entro cioè i 60 giorni previsti dalla legge) il ricorso al T.A.R. di Napoli che, con il patrocinio dell’avv. Mario Montefusco, è stato inoltrato dal consigliere Ruotolo riguardo alla nomina dei quattro assessori della 3a Municipalità, avvenuta l’11 novembre 2011 e che ad avviso dell’esponente comunista non rispetta lo Statuto del Comune di Napoli, che all’art. 85 stabilisce che “la nomina degli assessori da parte del presidente di Municipalità deve garantire, in ogni caso, la rappresentanza dei due sessi”.
Tale iniziativa è stata intrapresa - spiega Ruotolo - in coerenza con i  principi ed i valori, in primis la legalità e il rispetto delle regole, alla base della vittoria del centro-sinistra, del quale sono orgoglioso di far parte, alle elezioni della Municipalità.

Si allega il testo di una precedente istanza inviata dal Ruotolo alla Presidente Di Sarno il 30 dicembre scorso e poi, per conoscenza, al Sindaco De Magistris e all’assessore alla Trasparenza del Comune di Napoli, Giuseppe Narducci.

Con questo atto, Ruotolo afferma che “qualunque accordo tra partiti è legittimo, purché rispetti le norme in vigore ed è questo ciò che l’elettorato ci ha chiesto, premiando la coalizione guidata da Giuliana Di Sarno alla 3° Municipalità”. Napoli, 10 gennaio 2012 [francesco Ruotolo, consigliere 3° municipalità]

i ragionieri casoria

Una espressione familiare (rubo perché è normale), in un’epoca dove, chi può, afferma tutto e il contrario di tutto. Andare a rubare non è poi così diverso di chi evade, da chi non paga le tasse, si fa raccomandare, elude, guadagna un surplus, aggira il fisco, trova scappatoie. Totò avrebbe detto: “questo al mio paese si chiama peculato”. E allora, una volta che ci siamo, “passiamo tutti dalla parte dei ragionieri Casoria e compagni…”. Basta lavorare, basta essere sfruttati, a cosa serve andare ad occupare un progetto, fare otto, nove, dieci ore di lavoro, con una remunerazione che non supera i 700euro, per poi essere cacciati senza una giusta causa?

Gli imprenditori lo fanno, tutti lo fanno a Napoli (tutti lo fanno in Italia, salva la pace di qualcuno veramente onesto), per non essere scoperti intestano contratti differenti con società differenti, è una vecchia storia, ti fanno firmare l’entrata e l’uscita, vedono se arrivi in tempo, non ti pagano a fine mese, e pretendono un lavoro continuo, sotto ricatto, con la possibilità di licenziarti quando vogliono.

Basta non lavoro più, vado a rubare appena posso, e quando la banda bassotto mio ingaggia, non esito a dimostrare tutta la mia bravura e intelligenza. Spero che non mi capiti sotto tiro un povero Dio, ma un arricchito sfruttatore di immigrati, uno vecchio strozzino in pensione, un evasore fiscale, uno dei ragionieri Casoria per comprenderci. A Napoli la megatruffa dei sotterranei non è mai stata scoperta eppure è sotto gli occhi di tutti, perché poi dovrebbero scoprire me? Sono pure sempre un pesce piccolo, e i piccoli ladri fanno sempre comodo. A napoli si dice: zzitto a chi sap ‘o juoco! [+blogger]  

nulla di più

Piazza sanità, una coppia di srilankesi con tre figli, un’altra che si è sposata da poco: per far venire in Italia suo marito ha dovuto sborsare 8000 euro. Vivono assieme in una casa di circa 30metri quadri. 400 euro al mese più 30 euro condominio a parte luce, il gas, ecc ecc. La prima coppia guadagna circa 700 euro al mese, lui fa il portiere di un albergo di notte, lei la sguattera per il quartiere. L’altra coppia, gli sposini, la donna lavora alle dipendenze di una vecchia baldracca di corso Vittorio Emanuele, lui per adesso non conosce la lingua e sta a guardare la moglie. Assieme le coppie guadagnano circa 1400 euro che devono ripartire per la casa, il condominio, le spese per le cure mediche, per mangiare, per mandare soldi ai parenti, per vivere, per amare nella felicità.

Una delle donne spesso mi chiede dove può comprare a buon prezzo il detersivo, la frutta, l’olio, i vestiti per i figli. Hanno lasciato i pareti stretti, hanno lasciato la loro infanzia, fanno l’amore per corrispondenza, si sposano per “successione”.

Queste persone emigrano dalla povertà, si fittano case che costano più di quello che guadagnano, si fidano delle “sanzare” povere che spiluccano soldi, accettano lavori sottopagati. Vivono una condizione ibrida in un paese straniero, vivono in un rione povero dove lo sfruttamento non è compreso abbastanza, vivono per dichiarare guerra alle monetine che ti permettono di campare. E’ la storia di Eduardo e del suo vicolo?, è la voglia forse di imparare una nuova lingua? E’ forse la forza della sincerità che ti trascina via, che ti lascia indietro, che ti fa capire che l’esistenza è solo questa? Malgrado tutto c’è la vita, se la sporchiamo o no, questi sono problemi nostri e non solo, se invece una persona è costretta a lasciare il paese d’origine è perché la sua terra ha deciso di non essere più “sfruttata”.

Mi avvicino con discrezione e spesso sento il loro disagio, è un disagio che vivo anche io qui a Napoli, da Italiano, un disagio che mi trapassa, mi respinge, che ritorna come ritorna il nostro passato. Vi consiglio di vedere un film: “Almanya – La mia famiglia va in Germania”. Non si parla di srilankesi ma di turchi che emigrano in Germania. [+blogger]

la befana viaggia in business

A Cortina nel profondo nord si guidavano ferrari, porche, jaguar, bentley e tutti i proprietari dichiaravano trentamila euro l'anno (notizia ansa), mentre qui nel rione sanità un operaio/precario guadagna ottocento euro al mese, se le guadagna, e domani sera scende per strada a fare la befana ai propri bambini. Voi direte: ma dove sta la differenza?

Infatti non c'è, c'è solo una piccola postilla se permettete, i cortinari compreranno mini ferrari o mini jaguar ai loro figli per il 6 gennario, mentre i sanitanesi mini bambole e mini giocattoli, come dire che, i cortinari, non baderanno a spese, mentre i sanitanesi faranno la cresta. Cosa c’è di male direte voi a fare la cresta? Ma niente dico io, la differenza è così piccola, ma così piccola che nessuno mai se ne accorgerà.

Direte voi ancora: finalmente li hanno beccati... li hanno beccati? Ma se erano anni che viaggiavano in business class e nessuno li aveva mai denunciati. Il prestanome in Italia è solo una filastrocca per fare addormentare i bambini, l'elusione fiscale una burla carnevalesca, la dichiarazione dei redditi una diceria metropolitana e la truffa un modo per far capire alla Befana che non è aria. [+blogger]  

il risultato più importante della rete

Una cosa è certa, se la Rete Sanità non avesse fatto un granché dalla sua costituzione, e se invece si fosse concentrata solo sulla scuola d’immigrati dell’Ozanam bhé, questa iniziativa da sola varrebbe il premio della “solidarietà” riconosciuta dalla gente del rione e dalle sue numerose associazioni. Un centinaio d’immigrati seguono i corsi d’italiano il lunedì e il giovedì dalle 19,00 alle 20,30. Suor Lucia, invece, insegna tutti i giorni di mattina e di pomeriggio.  Il 22 dicembre abbiamo festeggiato con una tavolata degna del più classico teatro di Viviani, come testimoniano le foto di cui sotto. L’anno scorso hanno superato l’esame di terza media 9 studenti su 12 (2 dei quali non si sono presentati). Quest’anno si prevedono nuovi esami, si spera che la scuola possa diventare essa stessa sede d’esame. E’ questo, a parer mio, il risultato più importante della Rete Sanità. Ci sono altri volontari? Benvenuti! [Suor Lucia, Gennaro, Giovanna, Sara, Tiziana, Anna Maria, Andrea, Antonio, Battista, Carmela, Francesca, Giada, Stefano, Cinzia]